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Vandamme Johan - 13 dicembre 1988
DEFINIZIONE FARMACOLOGICA E FARMACEUTICA DEL RIMEDIO OMEOPATICO IMPLICAZIONI LEGALI.
Dr. Johan Vandamme.

SOMMARIO: Il rimedio Omeopatico come medicamento nel senso legale del termine; la definizione farmaceutica del medicamento omeopatico e le applicazioni che ne derivano; la definizione farmacologica del medicamento omeopatico e l'opportunità della sua introduzione.

(Atti del Convegno trasnazionale sul tema "Rimedio omeopatico: il non farmaco. Una proposta di riconoscimento" - Roma, 12 e 13 dicembre 1988).

La natura particolare del Rimedio Omeopatico giustifica un trattamento speciale in materia di legislazione, di regolamentazione. Per arrivare a tale regolamentazione, tre tesi sono state sviluppate:

PRIMA TESI

Secondo l'articolo 1mo della Direttiva CEE 65/65, il Rimedio Omeopatico è un medicamento; ciò significa che questi prodotti, per quanto riguarda la distribuzione e la vendita, rientrano sotto il monopolio farmaceutico.

Nel corso di un'analisi di mercato è stato constatato che le medicine omeopatiche si possono suddividere in tre categorie:

- Le specialità a denominazione particolare (omeopatiche l.s.).

- Le specialità a nome comune (omeopatiche s.s. e l.s.).

- I preparati magistrali (omeopatiche l.s.).

E' da notare che la maggior parte delle specialità omeopatiche l.s. possiedono statuto legale in alcuni paesi membri della CEE.

SECONDA TESI

Dalla definizione farmaceutica del medicamento omeopatico e cioè il medicamento definito secondo le modalità di preparazione e ripreso da una farmacopea omeopatica ufficiale (ad esempio HAB, HPUS, ecc.) derivano due applicazioni in materia di regolamentazione:

1. La possibilità di regolamentare la loro fabbricazione facendo

appello ad una farmacopea officiale per i preparati magistra-

li.

2. La possibilità d'instaurare un regime d'autorizzazione di

massa sul mercato per le specialità a denominazione comune.

Tale regolamentazione è stata introdotta in Belgio, Germania e Francia.

TERZA TESI

La via puramente farmaceutica non consente nè di risolvere il problema della somministrazione dei preparati pseudo-omeopatici (tossici e non tossici), nè di regolare lo statuto delle specialità a denominazione particolare, nè di regolamentare l'informazione sugli omeopatici s.s. e l.s.. E' stata quindi proposta una definizione farmacologica ispirata all'HPUS:

"medicamento stabilito secondo la legge della similitudine utilizzato in dosi insufficienti a provocare un effetto fisiologico attivo (classico) e preparato secondo le procedure particolari proprie definite da una farmacopea omeopatica ufficiale".

Questa definizione consente di regolare il problema della somministrazione degli pseudo-omeopatici e d'instaurare un regime particolare per l'autorizzazione di messa sul mercato delle specialità a denominazione speciale e di regolamentare l'informazione sui prodotti omeopatici in generale.

Ci è stato segnalato, inoltre, che la Svizzera ed anche la Germania hanno adottato questa definizione farmacologica instaurando delle commissioni particolari incaricate di istruire una documentazione per l'autorizzazione di messa sul mercato per tutti i prodotti omeopatici s.s. e l.s..

La natura particolare del Rimedio Omeopatico - tutti coloro intervenuti sono d'accordo su questo punto - giustifica un trattamento speciale in materia di regolamentazione, di legislazione.

Questa regolamentazione deve essere chiara, senza equivoci e sopratutto - insisto su questo punto - applicabile; deve, inoltre, integrarsi nel diritto farmaceutico nazionale e nella realtà europea di domani. Quest'ultimo punto in vista di una libera circolazione dei prodotti prevista dal trattato di Roma.

La grande domanda che ci poniamo adesso è la seguente: "Come arrivarci?".

Considerata la complessità del problema, il legislatore non avrà certo un compito facile.

Questa è la ragione per la quale mi è parso interessante sviluppare in questo intervento tre grandi tesi fondamentali per l'elaborazione di tale regolamentazione. Queste tesi sono nell'ordine:

1. Il rimedio Omeopatico come medicamento nel senso legale del

termine;

2. La definizione farmaceutica del medicamento omeopatico e le

applicazioni che ne derivano;

3. La definizione farmacologica del medicamento omeopatico e

l'opportunità della sua introduzione.

Prima Tesi : IL RIMEDIO OMEOPATICO E' UN MEDICAMENTO.

Secondo l'articolo 1mo della Direttiva 65/65 CEE, il Rimedio Omeopatico è indiscutibilmente un medicamento: esso è, in effetti, presentato come un prodotto che possiede proprietà curative e/o preventive.

Inoltre, il preambolo e l'articolo 34 della Direttiva 75/319 CEE, menzionano l'esistenza di "specialità" Omeopatiche.

Effettuando una ricerca di mercato, si constata che i medicamenti omeopatici l.s. possono essere classificati in diverse categorie:

1. Le specialità a denominazione particolare.

2. Le specialità a denominazione comune.

3. I preparati magistrali.

Ho intenzionalmente usato il termine omeopatico l.s.: la suddetta classificazione comprende oltre ai prodotti omeopatici s.s. veri e propri, conformi alla dottrina hahnemanniana, anche prodotti derivati da terapie associate all'Omeopatia.

Questi prodotti, oltre a certi aspetti che riguardano la fabbricazione, hanno poco o nulla a che vedere con la dottrina concepita da Hahnemann. In vista dell'elaborazione di una regolamentazione, il legislatore non può ignorare la loro esistenza, tanto più che questi rappresentano una parte importante del mercato. Inoltre, la maggior parte di questi prodotti detti omeopatici l.s. possiedono uno statuto legale in alcuni paesi membri della CEE.

Con specialità a denominazione speciale s'intende tutti quei prodotti omeopatici preparati in anticipo e presentati sotto condizioni particolari e caratterizzati da una denominazione particolare. Si tratta chiramente di prodotti omeopatici l.s.

Logicamente, queste specialità devono essere sottoposte ad una autorizzazione per la messa sul mercato (abbreviata in AMM), quindi l'introduzione e l'istruzione di una documentazione detta AMM.

Va sottolineato che tali prodotti esistono in Germania, in Francia e in Belgio.

Per specialità a denominazione comune s'intende tutti quei prodotti omeopatici preparati sia in anticipo sia estemporaneamente e che figurano in un elenco dettato da un MM.S.P. di uno stato membro della CEE.

Questi elenchi generalmente comprendono degli omeopatici detti unitari e dei prodotti composti.

In Francia, questa lista è stato pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 Maggio 1967 (con retroattività dell'8 Maggio) e comprende 1.180 rimedi singoli e 39 composti.

Questi ultimi sono definiti col nome del prodotto principale seguito dal termine composto (ad esempio: Aconitum cps.). Nella lista dei prodotti singoli si trovano gli omeopatici s.s. ma anche quelli l.s., ad esempio gli organoterapici, i macerati glicerinati.

In Germania ed in Belgio, analoghi elenchi sono stati redatti da gruppi di lavoro formati da rappresentanti del Ministero e dei laboratori omeopatici. Con preparazioni magistrali s'intende tutti quei preparati nati da una prescrizione omeopatica l.s. e che non è nè una specialità a denominazione particolare nè una specialità a denominazione comune. La qualifica "magistrale" significa che questi prodotti sono destinati ad un singolo malato, che devono essere preparati al momento e che non possono essere oggetto d'incitamento alla prescrizione. Dato che comprendono i prodotti composti e quelli singoli, i prodotti magistrali rappresentano una parte molto importante del mercato.

I prodotti magistrali singoli si differenziano da quelli singoli a denominazione comune da una regolamentazione più severa che riguarda, ad esempio, la conservazione delle diluizioni che possono essere conservate solo per un tempo limitato. Logicamente, questi preparati dovrebbero essere confezionati dal farmacista di laboratorio; tuttavia, dato che nella maggior parte dei laboratori non ci sono le infrastrutture necessarie, i laboratori omeopatici s'incaricano dell'esecuzione di queste prescrizioni. Svolgono quindi un ruolo nell'interesse del malato. Si tratta di una deroga ufficiale o tacita che esiste in un buon numero dei paesi membri della CEE e cioè in Francia, in Germania, in Belgio e nei Paesi Bassi.

Per giungere ad una regolamentazione è ora necessario elaborare delle modalità specifiche che regolino l'autorizzazione di fabbricazione, la fabbricazione vera e propria, il controllo della qualità, l'autorizzazione della messa sul mercato (per le specialità a denominazione speciale e comune), la distribuzione, la somministrazione oltre che l'informazione presso il personale medico e farmaceutico e presso il pubblico.

Il problema non è uno di facile soluzione poichè in effetti si tratta di regolamentare tre categorie di prodotti ben diversi tra loro, che sono inoltre molto particolari per quanto riguarda la loro fabbricazione (aspetto farmaceutico) e la loro utilizzazione (aspetto farmacologico).

Notiamo che questa particolarità è riconosciuta dall'articolo 34 della Direttiva 75/319 che stabilisce che è necessario prendere dei provvedimenti idonei e particolari. In seguito, dimostreremo che queste disposizioni risultano in maniera semplice e logica dalle definizioni farmaceutiche e farmacologiche del medicamento omeopatico.

L'essenziale è il fatto che il Rimedio Omeopatico l.s. o s.s. è un medicamento. Ciò significa che, quanto alla distribuzione e alla somministrazione, esso ricade sotto il monopolio farmaceutico rendendo così possibile uno stretto e severo controllo.

Questo controllo è ancor più necessario in quanto si tratta, in generale, di prodotti analiticamente incontrollabili.

Seconda Tesi : LA DEFINIZIONE FARMACEUTICA DEL MEDICAMENTO

OMEOPATICO E LE APPLICAZIONI CHE NE DERIVANO.

Benchè la particolarità del medicamento omeopatico sia legalmente ben riconosciuto, il termine "Omeopatico" non viene precisato nel diritto farmaceutico europeo o nazionale.

Tuttavia, il termine "Omeopatico" viene ripreso in certe farmacopee ufficiali che hanno, come tutti sanno, effetto di legge. In questo modo, il medicamento omeopatico è legalmente definito attraverso le modalità di preparazione descritte nelle farmacopee ufficiali.

Notiamo che questa definizione farmaceutica viene ugualmente ripresa dal progetto di legge CEE riguardo i prodotti omeopatici. L'articolo 1mo, punto 2 stabilisce che la preparazione degli omeopatici si svolge secondo i principi della farmacopea di uno stato membro e/o secondo la tradizione omeopatica dello stato membro.

Soltanto la Germania e la Francia dispongono attualmente di una farmacopea omeopatica ufficiale:

1. La HAB (1978) con le aggiunte del 1981 e del 1983 e due

supplementi nel 1985, sostituisce la farmacopea omeopatica di

Schwabe resa ufficiale nel 1934.

2. La Farmacopea Francese, edizioni 1965 e 1983 comprende una

monografia generale; nell'edizione 1988, oltre ad una

monografia generale, si trovano anche delle monografie

specifiche su un buon numero di preparati.

Inoltre, esistono altre farmacopee omeopatiche ufficiali e/o ufficializzate:

1. La HPUS (Farmacopea Omeopatica degli Stati Uniti) del 1964

con supplemento del 1982.

2. La HPI (Farmacopea Omeopatica dell'India) che attualmente

comprende 4 volumi: vol. I del 1971, vol. II del 1974,

vol. III del 1978 e infine il vol. IV del 1978. A detta del

Dottor Chang, altri volumi sono in preparazione.

3. Infine, citiamo la FHB (Farmacopea Omeopatica del Brasile)

pubblicata nel 1976.

L'approccio omeopatico, limitandosi strettamente alla preparazione vera e propria, si è talvolta scontrata con difficoltà a prima vista insormontabili, ma che si sono poi risolte. Queste difficoltà erano dovute alla cattiva informazione sulla vera natura dei prodotti omeopatici.

Inoltre, in Francia ci si è posti il problema delle diluizioni immateriali. Ad esempio: il Codice accettava soltanto diluizioni fino a 9CH poichè ancora teoricamente materiali; in seguito, il Codice del 1983 e del 1988 hanno accettato diluizioni fino a 30CH, quindi certamente immateriali.

Constatando che la deconcentrazione secondo la procedura di Korsakov, misurata con isotopi radioattivi, non era nè lineare nè riproducibile, la Commissione della Farmacopea Francese li ha respinti. E' stata fatta domanda per riammetterli.

Due applicazioni derivano direttamente dalla nozione farmaceutica del Rimedio Omeopatico:

1. La possibilità di regolamentare la fabbricazione facendo

appello a una farmacopea ufficiale.

2. La possibilità d'instaurare un regime d'autorizzazione di

messa sul mercato (AMM) per almeno una categoria di prodotti:

la specialità a denominazione comune.

1. La possibilità di regolamentare la fabbricazione.

In linea di massima è sufficiente riferirsi a una farmacopea per regolamentare la fabbricazione. Nella realtà, la questione non è così semplice poichè esistono delle divergenze tra le diverse farmacopee in materia di preparazione, di definizione e di diluizioni autorizzate.

Di conseguenza, la HAB e la Farmacopea Francese non sono d'accordo sulle modalità di preparazione dei prodotti s.s. e lo stesso dicasi per i prodotti l.s., specialmente gli organoterapici (HAB, paragrafo 424) e gli isodi (HAB, paragrafi 43 e 44), prodotti ugualmente menzionati nella HPUS, supplemento A, la HPI [vol. IV] e la FHB. La HAB, paragrafi 16, 40a e 40b) e la farmacopea Francese ufficializzano i complessi degli omeopatici l.s.: per contro, la Farmacopea Francese è la sola, insieme alla FHB a introdurre i macerati glicerinati, la HAB le tinture antroposofiche e spagiriche, sconosciute alla HPUS e la HPI.

Se tutte le farmacopee riconoscono le diluizioni decimali e centesimali, non è purtroppo la stessa cosa per le cinquantamillesimali e le korsakoviane e nessuna farmacopea menziona le diluizioni ottenute per mezzo di un flusso continuo (metodo di Fincke e di Skinner) così care agli anglosassoni.

Le cinquantamillesimali sono nominate dalla HAB e la HPI, le korsakoviane dalla FHB.

Ogni paese deve dunque fare la sua scelta.

Segnaliamo a titolo di esempio che in Belgio, su proposta del Gruppo di Lavoro "Omeopatia" la Commissione des Médicaments ha riconosciuto sia la HAB che la Farmacopea Francese e che il Ministero della Sanità ha accettato tutti i tipi di diluizione con l'eccezione delle diluizioni a flusso continuo che sono tuttora soggette a discussioni.

2. La possibilità d'instaurare un regime di AMM.

Se ci si limita alla documentazione farmaceutica (cioè alla parte galenica ed analitica), l'instaurazione di un regime particolare dell'AMM per le specialità a denominazione comune è auspicabile. Si tratta del regime attualmente in vigore in Belgio e in Germania.

In Belgio, le specialità a denominazione comune sono regolate dagli articoli 28 bis, ter ot quater dell'AR del 05/08/85. Esse devono essere oggetto di una domanda di AMM limitata ad una documentazione galenica ed analitica e l'attribuzione d'indicazione terapeutica gli è vietata poichè la nozione farmacologica del prodotto omeopatico non è ufficialmente conosciuta. La stabilità delle soluzioni (tinture madri, chimiche) deve essere dimostrata con l'appoggio di documentazione. Quest'ultima esigenza, in effetti molto giustificata, rappresenta un ostacolo per molti laboratori.

In Germania, il diritto farmaceutico tedesco conosce un regime di AMM analogo a quello del Belgio. E' applicabile soltanto alle specialità a denominazione comune ed è regolato dai paragrafi 38 e 39 dell'AMG 76 modificati dai decreti del 24/02/1985 e 16/08/1986. Per quanto riguarda i costi, la Germania fa una netta distinzione tra le "Standardregistrierungen" (registrazioni sulla base di una monografia HAB) e le "Einzelregistrierungen" (registrazioni su monografia della ditta produttrice), quest'ultime essendo più care.

In conclusione, è innegabile che l'approccio farmaceutico ha fatto fare dei progressi ed ha regolato il problema della fabbricazione e dell'AMM delle specialità a denominazione comune.

Adattando i capitoli IV, V e VI della Norma di Legge 75/319 alle necessità particolari dei laboratori omeopatici, è ugualmente abbastanza facile trovare una soluzione adeguata per le esigenze relative alle infrastrutture dei locali, all'attrezzatura tecnica ed analitica, al controllo da parte di persone qualificate, ecc.

E' per questo motivo che il Gruppo di Lavoro "Omeopatia" Belga ha già redatto degli elenchi relativi all'attrezzatura tecnica ed analitica ed ha introdotto una serie di regolamenti relativi alla fabbricazione dei prodotti omeopatici.

TERZA TESI

La definizione farmacologica del medicamento omeopatico l.s. e s.s. e l'opportunità della sua introduzione.

L'approccio farmaceutico presenta un inconveniente molto rilevante: in quanto non consente quanto segue:

1. Di risolvere il problema della libera vendita di pseudo

omeopatici (tossici e non tossici).

2. Di regolare lo stato delle specialità a denominazione

particolare ed ancor meno di regolamentare l'informazione

relativa agli omeopati s.s. e l.s..

La soluzione di questi due problemi non è possibile se non s'incorporano delle nozioni farmacologiche nella definizione del medicamento omeopatico.

Questo è il motivo per cui il colloquio internazionale "Il Rimedio Omeopatico: il non farmaco" con sottotitolo "Una proposta di riconoscimento" è così importante e lo scambio d'idee su questo argomento è indispensabile ancor più che auspicabile.

Cerchiamo innanzitutto di dare una giusta impostazione ai due suddetti problemi:

1. La liberalizzazione degli pseudo omeopatici (tossici e non

tossici).

Non dobbiamo farci illusione: certe tinture madri, soluzioni madre o triturazioni madre come certe basse diluizioni sono decisamente tossiche. Il loro uso può essere pericoloso e, inoltre, può tirare in inganno perchè può trattarsi di veri e propri prodotti "allopatici" presentati in maniera omeopatica l.s.. Cosa pensare, infatti, di una prescrizione del tipo Cortisonum D3 in compresse, di Penicillinum D3 in fiale ineittabili e di Vitaminum D4 in gocce? Cosa pensare di certe prescrizioni magistrali dette "dimagranti" che contengono, oltre a vere diluizioni omeopatiche, delle dosi massicce di estratto tiroideo, di digitalina, d'anfetamine, ecc.., il tutto adeguatamente codificato in linguaggio omeopatico?

In effetti, nulla si oppone a che il farmacista venda simili preparati, se coperti da una ricetta. La vera vittima sarà soltanto il paziente, che crederà d'ingerire un prodotto innocuo perchè presentato in maniera omeopatica.

Ciò va contro il principio fondamentale dell'omeopatia s.s. e contro qualsiasi altra terapia ivi associata: "primum non nocere".

E chi potrebbe imnpedire ad un laboratorio omeopatico che ha ottenuto un'AMM per una specialità a denominazione comune relativa ad una cosa generica (ad esempio Cortisonum, le vitamine), di fabbricare delle compresse "allopatiche" in grande scala, raggirando in maniera elegante la legislazione sui generici?

Questi due esempi dimostrano che qualcosa non funziona, che c'è qualcosa di poco logico: in realtà ciò accade perchè la nozione farmacologica non è incorporata nella definizione del medicamento omeopatico.

Dobbiamo constatare che l'applicazione corretta, ma cieca della legislazione relativa alle sostanze velenose non risolve il problema degli pseudo omeopatici e porta perfino a situazioni ridicole. In Francia, ad esempio, l'etichetta deve essere conforme alla legislazione relativa ai tossici delle tabelle A, B e C. Di conseguenza, un Rimedio Omeopatico la cui soluzione è annotata nelle tabelle A, B o C a dosi che non figurano sulla tabella dei prodotti esonerati deve avere l'etichetta regolamentare dei prodotti tossici.

Ad esempio, Mercurius Cyanatus, Phosphorus e i sali di bismuto devono recare sull'etichetta la dicitura "non superare la dose prescritta" e il rettangono rosso fino alla 30CH. Inoltre, questi rimedi non possono essere venduti legalmente senza ricetta e devono essere registrati su un ricettario.

Altro esempio: l'Opium, registrato alla tabella B (stupefacenti) non potrà più beneficare, dopo il decreto dell'8 Marzo 1972, di alcun esonero a una qualsiasi diluizione; ciò è come una dichiarazione di "stupefacente" e di "somministrazione molto pericolosa". E' stato necessario un decreto speciale datato 20 Gennaio 1977, per ottenere un esonero a partire dalla 30CH. Per questo stesso prodotto si è presentata una situazione simile in Germania.

2. Lo statuto delle specialità a denominazione particolare e la

regolamentazione dell'informazione.

Per la stessa ragione (scarsa conoscenza della nozione farmacologica), non è tollerata alcuna denominazione particolare. Si teme che questa denominazione (nome di fantasia) possa ricollegarsi ad una indicazione precisa e ciò è da evitare poichè non si può riconoscere la farmacologia del rimedio omeopatico l.s..

Ma come possiamo allora, risolvere il problema posto dalle specializzazioni a denominazioe particolare, che esistono da anni sul mercato? Noi sappiamo che una revisione è prevista per tutte le specialità (allopatiche o omeopatiche) dalla CEE. Come avverrà questa revisione e che cosa verrà richiesto nessuno lo sa; ciò dimostra che bisogna stabilire un dialogo tra le parti interessate: da una parte le autorità competenti e dall'altra i laboratori omeopatici.

Permettetemi di avanzare una proposta: in tutti i paesi delle CEE, l'informazione sui medicamenti è regolata al livello dell'informazione propriamente detta (notizie, prescrizioni e mezzi pubblicitari). In Belgio, ad esempio, particolari disposizioni sono previste dal Decreto Reale del 09/07/1984 ed è chiaro che le autorità controllano così l'informazione in maniera adeguata. Questo sistema però è riservato unicamente ai medicamenti classici.

Non sarebbe possibile elaborare un sistema analogo per i prodotti omeopatici s.s. e l.s., essendo l'informazione basata sulla dottrina invocata e controllata da esperti riconosciuti e nominati dalle autorità competenti?

Ad esempio, i prodotti omeopatici s.s. da esperti omeopatici, i prodotti ontroposofici da esperti in antroposofia, ecc?

Mi sembra utile approfondire quest'idea poichè viene già seguita in alcuni paesi.

Inoltre, l'O.I.C.M. cioè l'Ufficio Internazionale del Medicamento, organo ufficiale in Svizzera, esige che le specialità omeopatiche indichino il campo d'applicazione.

Questo campo d'applicazione deve essere determinato secondo propri criteri delucidati in una nota emanata dell'Ufficio stesso.

Un sistema analogo esiste in Germania e, secondo certe fonti, la F.D.A. vorrebbe stabilire un regime simile per i prodotti omeopatici.

Sembra dunque opportuno riflettere su una definizione farmacologica per i prodotti omeopatici s.s. e l.s.

Quindi per i prodotti omeopatici s.s. sarebbe sufficiente aggiungere alla definizione farmaceutica il termine "secondo la legge del simile", legge fondamentale in omeopatia. A titolo di esempio la si potrebbe definire nel senso indicato nella HPUS:

"medicamento stabilito secondo la legge del simile impiegata in dosi insufficienti a provocare un effetto fisiologico attivo (classico) e preparato secondo particolari procedure proprie definite da una farmacopea omeopatica ufficiale".

Torniamo al problema della vendita degli pseudo omeopatici. Con la suddetta definizione farmacologica, il problema degli pseudo omeopatici sarebbe risolto d'ufficio: sarebbe sufficiente fissare per ogni prodotto la dose (concentrazione analitica) al di sotto della quale l'effetto fisiologico attivo normale non può prodursi. Quindi la distinzione tra il medicamento omeopatico ed il medicamento classico, proveniente dalla stessa materia prima, sarebbe una volta per tutte chiaramente stabilita e si potrebbe garantire la sicurezza a livello tossico e per quanto riguarda gli effetti secondari.

La vendita al pubblico dei preparati omeopatici (cioè, sotto la classificazione abituale: indicazione della diluizioni con i simboli TM, D, CH), che superano la soglie omeopatica dovrebbe essere vietata. L'impiego di diluizioni che superano la soglia omeopatica sarebbe quindi riversato unicamente alla farmacia per preparare prodotti magistrali.

Dobbiamo sottolineare che tale regolamentazione non toccherebbe la libertà di prescrizione poichè sarebbe sufficiente redigere la ricetta in base alla codificazione classica (unità di peso, percentuale).

Si eviterebbe così confusione tra il medicamento classico e quello omeopatico anche nei confronti del paziente.

Basandosi su questi dati, il Gruppo di Lavoro "Omeopatico" Belga si è concentrato su questo problema ed ha definito, per più o meno 350 prodotti, la soglia omeopatica espressa in quantità massima per unità di confezione.

Il Ministero della Sanità, affrontato sul problema degli pseudo omeopatici e la tossicità ha accettato le nostre proposte.

Ritorniamo al problema dello statuto dele specialità omeopatiche e dell'informazione.

Oltre alla Svizzera, la Germania, basandosi su una difinizione farmacologica, ha stabilito un vero e proprio regime di AMM per alcune specialità omeopatiche con (o senza) denominazione particolare e con "indicazioni" (articoli 25 e 28 del Decreto del 24/08/1976).

Qui, contrariamente a quanto stabilito dal diritto farmaceutico Belga e Francese, una Commissione particolare (la Kommission D) è incaricata d'istruire la documentazione.

Per motivi d'ordine pratico, la Kommission D ha instaurato i regimi "Standardzulassungen" e "Einzelzulassungen", cioè delle autorizzazioni "standard" la cui elaborazione del campo di applicazione è stata realizzata dalla stessa Kommission D (decreto del 03/12/1982) e le autorizzazioni sono state concesse alle ditte produttrici. L'idea di stabilire il campo di applicazione di certi rimedi (singoli) incaricandone una competente commissione ufficiale trova l'equivalenza in Francia dove, per certi fitoterapeutici, è stato elaborato un sistema analogo: AMM adattata a quelle specialità fitoterapeutiche a base di piante (Gazzetta Ufficiale 86/20 bis 1987).

C'è da domandarsi se queste idee potranno trovare terreno fertile a livello nazionale ed europeo.

Ciò ci porta in Europa e vorrei concludere questo mio intervento con qualche commento a questo proposito:

1. L'esistenza stessa di una proposta di legge sui prodotti

omeopatici ci porta in Europa: la Commissione Europea ha

chiaramente mostrato l'intenzione di armonizzare le

disposizioni nazionali relative alla fabbricazione e

l'istruzione della domanda di autorizzazione.

Non dobbiamo perdere di vista che questa proposta di legge deve essere tradotta nel diritto nazionale degli stati membri ed è quindi necessario tenerne conto fin da adesso.

2. E' altrettanto chiaro che la Commissione Europea ha deciso di

proseguire le consultazioni con gli stati membri e gli

ambienti interessati. Essa presenterà, per i prodotti

omeopatici, delle proposte appropriate oltre alle proposte

generali in vista della libera circolazione di tutti i

medicamenti nella Comunità. Queste proposte, previste per il

prossimo anno, dovrebbero entrare in vigore dal 1 Gennaio

1993.

3. La strategia sviluppata dalla Commissione è quella di passare

da una proposta di legge all'altra: la politica di un passo

alla volta. Ci si deve quindi aspettare una serie di leggi

per quanto riguarda i prodotti omeopatici e forse anche una

serie di "Raccomandazioni particolari per le specialità

omeopatiche". E' dunque ora di prepararsi a questa

evoluzione e d'instaurare un dialogo.

 
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