Una lettera del leader radicaledi Marco Pannella
SOMMARIO: La censura sulle attività del Partito radicale e di Marco Pannella è anche una censura "in buona fede", come quella di Lietta Tornabuoni su "La Stampa". Una censura prodotta dalla cultura della buona coscienza a buon mercato, cultura da filistei quando non da mafiosi o tardo-mafiosi, cultura d'intolleranza contro i veri "diversi". Unica regola di questa cultura è lo sputtanamento dei socialdemocratici e l'annientamento dei radicali. Noi lottiamo, denunciamo, organizziamo: in realtà crediamo di farlo, perché al paese non arriva nulla o peggio che nulla. Chi si costituisce in eccezione rispetto a questa cultura, come ad esempio "Il Giornale d'Italia" paga la propria indipendenza in termini di ostracismo, di mancata pubblicità, di concorrenza sleale. Il regime aspetta che i radicali tornino a digiunare, per tentare definitivamente l'assassinio dei nonviolenti.
(IL GIORNALE D'ITALIA, 14 dicembre 1988)
Caro direttore, »Il Giornale d'Italia è il solo giornale italiano che accetti di ospitare senza problemi miei articoli ed interventi. Per il resto, la mia attività politica deve essere clandestina. Le eccezioni sono pochissime. »Il Giornale di Indro Montanelli è, fra queste, la più consueta ed autorevole. in questi giorni ho tenuto oltre dieci comizi in Sicilia, altrettanti incontri televisivi nelle Tv locali. Ho preso posizione, reiteratamente, diffusamente, prontamente, sulla nuova proposta governativa sulla droga, sulla crisi della giustizia e sul problema della mafia. Non ho mancato di dire la mia, ovviamente, sulle vicende avellinesi, oltre che sulla politica »nuova del Psi. Di tutto questo nulla è comparso sulle televisioni nazionali, sulla stampa. L'Ansa ha brillantemente concorso a questo risultato.
Solamente Radio radicale e Teleroma 56, Canale 66, hanno fatto conoscere iniziative, giudizi, obiettivi da me annunciati. Così si continua ad abrogare il Partito Radicale, come si fa per i pensionati, per oppressi, e sfruttati di ogni natura ed età, per la gente così com'è e non quale viene presentata dai mass media, con i suoi problemi e non con quelli che gli si prestano.
Al danno s'aggiunge puntuale la beffa. La più »per bene delle nostre giornaliste, brava, attenta, documentata e rigorosa, Lietta Tornabuoni, ne è la testimonianza puntuale. L'altro giorno, scrivendo l'unico articolo sensato sulla nuove legge governativa sulla droga, cogliendone l'aspetto di irrealizzabilità (che è il suo aspetto positivo, se si toglie la voce degli stanziamenti per le comunità di recupero dei tossicodipendenti), non mancava di affermare che »tutti i politici , per calcolo o insipienza, sono sulle stesse posizioni di irresponsabilità o di incompetenza a proposito della droga. La Tornabuoni aveva già scritto, in modo da meritare una querela (se non fossimo ormai stufi del non funzionamento rigoroso della nostra giustizia in tema di tutela del diritto all'immagine ed alla onorabilità da parte dei cittadini), che noi radicali non avevamo reagito alla »svolta craxiana in tema di ergastolo, di criminalizzazione di milioni di persone e di droghe, a causa dei nostri buoni rapporti con il Psi. Il c
he era perfettamente falso. Ci si censura con bravura e ferocia senza pari. Gli operatori stessi di questa censura cadono nelle nelle conseguenze delle censure che fanno. E, in »buona fede , deplorano che anche noi radicali siamo come gli altri, mentre proprio così non è, si mente contro di noi e si disinforma sistematicamente la gente.
Caro Direttore, forse qualcuno può comprendere cosa significhi dover fare i conti con una realtà di tal natura: giorno e notte (letteralmente, non metaforicamente) sei impegnato come un militante ventenne ed entusiasta, o mosso da urgenze non ancora putrefatte o ruolizzate o redditizie. Hai la testa, le corde vocali, che ti dolgono. Anni di sonno arretrato. Sai che quel che sostieni, comprendi, proponi, ha un qualche valore; ed è singolare, non è riconducibile a nessun altro apporto. I fatti, puntualmente, ti danno ragione e constati, con il passare degli anni, dei lustri, a volte dei decenni, che guai e disastri sarebbero risparmiati alla gente se un minimo, ma proprio un minimo, di informazione fosse data su quel che fai, dici e pensi.
Si accusa regolarmente la classe dirigente, »i politici , »i parlamentari , »i partiti - con ritardo, con ipocrisia, con irresponsabilità - di errori e nequizie. Ma si assassina, nello stesso tempo, quotidianamente, quel che si invoca, o si nega esistere e si finge di volere che ci sia o avvenga. Assisti al teppismo dei teppisti del »video e della stampa, al manganellamento quotidiano e all'olio di ricino che ti propinano con televisione e stampa in ogni ora del giorno e della notte, e in ogni luogo. Non c'è nemmeno più - a propriamente parlarne - »malafede . No. Lietta tornabuoni non è certamente in malafede. E' una cultura della buona coscienza a buon mercato, da filistei quando non da mafiosi, da tardomafiosi. Di intolleranza contri i veri »diversi , che sono poi i nostri simili.
Sulla giustizia, sulla mafia, sulla droga, sulla cultura e sull'opera di governo di De Mita e di Craxi, se ne vedono di belle in tutte le redazioni, da »Il Corriere della Sera a »La Stampa , da »Repubblica a »Il Giorno , sullo »scandalo avellinese sono successe cose turpi. Ma ciascuno fa finta di non vedere, purché gli lascino la sua »rubrica per dieci, venti anni: la mobilità del lavoro va bene per l'operaio e per i giornalisti specializzati in liquidazioni, come certi pseudo-commercianti in vendite di »saldo , non per loro. Unica regola è quella dello sputtanamento dei socialdemocratici e dell'annientamento dei radicali. Così si sentono e sono tollerabili, utili alla »comunità , all'ordine... onesti e normali.
Il disegno di legge sulla droga è di aberrante, criminale insipienza, una ulteriore bomba a favore della mafia e degli ambienti di criminali di ogni tipo, nazionale ed internazionale; Craxi, come già un altro prestigioso socialista degli anni dieci e venti, scopre il valore dell'ergastolo, della demagogia più irresponsabile e nefasta, usa in modo fascista, letteralmente fascista, della televisione pubblica a gestione socialista, come fanno i democristiani con la loro, il tutto con il nostro denaro. Noi lottiamo, denunciamo, documentiamo, organizziamo, lanciamo l'allarme, diamo alla gente, al paese, alla democrazia la possibilità di conoscere per giudicare, per organizzarsi, per perseguire o scongiurare quel che si vuole o si teme. Lo facciamo?
Crediamo di farlo. In realtà alla gente, al paese, alla democrazia non arriva nulla o peggio che nulla.
»Il Giornale d'Italia , tu stesso, pagate in termini di ostracismo, di mancata pubblicità, di concorrenza sleale la vostra indipendenza. In nome della libertà di stampa, la libertà si stampa è negata a che è diverso, a chi non si limita a criticare da posizioni di fronda, moralistiche senza moralità, lo sfacelo della civiltà giuridica, di vita civile istituzionale, ma lotta e si oppone e propone alternative che rischiano d'esser possibili e vincenti, come in passato i fatti hanno dimostrato.
Aspettano che noi si torni a digiunare, per tentare definitivamente l'assassinio vero e proprio dei nonviolenti, della nonviolenza, dei laici, dei militanti federalisti europei, per i diritti umani e per il diritto che noi siamo? Certo, anche se non lo sanno. Essi, ormai, »sono così; non è che »ci fanno . E occorrerà tirarne tutte le conseguenze. Scusa lo sfogo e grazie ancora.