BEFFARSI DELL'EUROPA
DELO - 20 dicembre 1988 - Pagina 3
SOMMARIO: Una dura critica del comportamento delle autorità federali nella vicenda del congresso radicale a Zagabria. Ci siamo liberati dei radicali - afferma Dusan Snoj - ma abbiamo totalmente ridicolizzato il nostro rapporto con l'Europa agli occhi del mondo. Siamo accecati dalla fede assoluta nelle nostre decisioni e continuiamo a pensare che dovrà essere l'Europa a cambiare se vorrà vedere la nostra adesione.
(RADIKALNE NOVOSTI a cura di MARINO BUSDACHIN e SANDRO OTTONI - hanno collaborato: MASSIMO LENSI, FULVIO ROGANTIN, PAOLA SAIN JAN VANEK, ANDREA TAMBURI - TRIESTE, 1 gennaio 1989)
Diciamolo chiaramente: ci siamo liberati dei radicali radicalmente. Non sappiamo se Marco Pannella riuscirà ad incontrarsi con Budimir Loncar e protestare a causa dell'``attacco non-europeo e stalinistico'' lanciatogli a Belgrado. Ma sappiamo che abbiamo totalmente ridicolizzato il nostro rapporto con l'Europa agli occhi del mondo.
Sembra come se qualcuno abbia messo un paravento in mezzo alla Jugoslavia e che le due metà gridino le proprie opinioni sull'Europa e si accusino reciprocamente.
Qualche esempio: quando il segretario della presidenza della Lega dei Comunisti jugoslava all'ultima riunione parlava degli stimoli per valutare i possibili aspetti di una collaborazione e dell'inserimento della Jugoslavia nella CEE come un membro di pieno valore, un altro membro della presidenza del sud dava dichiarazioni delle ``illusioni europee'' del proprio segretario mentre la stampa belgradese scriveva sull'avventatezza e sull'impreparazione, per non dire poca serietà, della proposizione di simili idee.
E dov'è in tutto questo il posto di Marco Pannella che cerca di organizzare il congresso del Partito Radicale transnazionale a Zagabria? Si tratta dell'unico partito in Europa che abbia scelto come una delle proprie mete ``un maggiore interessamento della CEE per risolvere la crisi in Jugoslavia e per l'adesione di questa all'Europa unita''. E non solo, Pannella ha inserito nel gioco 63 parlamentari europei che hanno chiesto al Presidente della Presidenza jugoslava di permettere il congresso e hanno annunciato insieme ad alcuni premi Nobel la propria partecipazione. E' molto strano che i radicali insistano sul congresso anche se hanno ricevuto il dissenso da parte di tutte le massime autorità jugoslave.
Per il bon-ton politico internazionale sono risultate strane le parole dette sul conto del capo del piccolo partito, che forse ha delle idee megalomani, ma non di certo fasciste o di destra e che è, oltre tutto, in visita nel nostro paese. ``Un dirigente jugoslavo'' (si tratta di A. Sekulovic) - come ha dichiarato Pannella all'agenzia AFP domenica scorsa - ``ha in verità fatto un favore a questo partito che ama gli spettacoli e non chiede altri che la pubblicità, quando l'aveva accusato di usare il pacifismo come maschera per l'anticomunismo e di voler destabilizzare la Jugoslavia e introdurci il pluripartitismo''. Ma la delicatezza, il senso tattico e Pannella sono delle cose che non vanno d'accordo. Proviamo a pensare in un modo più ampio: non sarà possibile dare ancora per molto tempo delle dichiarazioni tanto contraddittorie all'Europa e ancora meno beffarsi di lei. La Jugoslavia ha da tempo perso la patente di una condizione politica ed economica di successo ed adesso sta perdendo anche la credibilità e
la serietà.
Potremmo dire così: se qualcuno ti sta ricattando in un tale modo con l'organizzazione del congresso (le ultime notizie del quartiere generale dei radicali ci riportano che questi hanno già cominciato il procedimento per l'accredito del congresso proibito) bisogna reagire adeguatamente. Però bisogna rendersi conto fino a quali limiti possiamo spingersi per dimostrare la nostra sovranità e da che punto invece dimostriamo che accecati dalla fede assoluta nelle nostre decisioni sull'Europa, continuiamo a pensare che dovrà essere l'Europa a cambiare se vorrà vedere la nostra adesione, perché noi non cambieremo di sicuro.
Per ulteriori meditazioni: possiamo dire che è stata proprio la Jugoslavia con la sua politica della non-alleanza a prevedere l'allentamento delle tensioni e la distruzione delle barricate tra l'est e l'ovest europeo. Però si sa quali sono le proporzioni tra i due grandi esperimenti nel laboratorio europeo: l'Europa 1992 e la perestroika: è l'est a voler diventare più occidentale e non il contrario; sono gli abitanti dell'est a voler più viaggi nell'occidente, a voler più scambi economici; è l'economia dell'Est a volere un po' dell'efficienza occidentale. E infine, possiamo concludere che questa Jugoslavia non aveva mai tanto bisogno dei buoni rapporti con la CEE di quanto non ne abbia adesso, che si tratti della collaborazione tecnologica o dell'inserirsi nel futuro mercato senza confini, della collaborazione con i 63 deputati del Parlamento Europeo, o volendo anche della collaborazione con Marco Pannella.
DUSAN SNOJ