Dichiarazione di Basile GuissouSOMMARIO: A Gerusalemme si è discusso su come "uccidere" il Pr; a Bohinj, invece, si è riflettuto sulla sua morte reale e sulla nuova forma che deve assumere la politica radicale e nonviolenta. L'autore ritiene che soprattutto i paesi dell'Est siano molti ricettivi alle tematiche della transnazionalità e della nonviolenza. Ciò varrebbe certamente anche per l'Africa, se vi fossero maggiori investimenti politici da parte del PR.
(Notizie Radicali n.7 del 16 gennaio 1989)
Se da Gerusalemme siamo rientrati piuttosto perplessi sul problema di uccidere o no il Partito radicale, la prima impressione che ho riportato dopo Trieste e Bohinj è che il dibattito in merito è avanzato.
Non si è posta più la questione di uccidere il partito ma di constatarne la sua morte reale, e di riflettere sul nuovo strumento che occorre forgiare per i nuovi obiettivi che il carattere transnazionale ci impone.
L'azione sul terreno italiano non mi è sufficientemente nota e la complessità della situazione politica mi obbligano alla riservatezza. Per contro, sull'azione transnazionale, posso affermare che il Consiglio federale mi ha permesso di circoscrivere più da vicino l'estensione geografica e politica di ciò che ci resta del vecchio Partito radicale, e soprattutto delle basi stabili sulle quali si coniano le strutture del nuovo strumento transnazionale in costruzione. L'Europa dell'Est appare come una zona molto ricettiva (e per forza!) al messaggio transnazionale e soprattutto alla nonviolenza, al rispetto dei diritti dell'Uomo e dei principi democratici. L'Africa, ancora troppo poco toccata, mi sembra altrettanto sensibile anche se al Consiglio federale non abbiamo potuto fare un bilancio esauriente della situazione.