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Ottoni Sandro - 16 gennaio 1989
Consiglio federale del PR di Bohinj (2-6 gennaio 1989)
Dichiarazione di Sandro Ottoni

SOMMARIO: "La crisi che il partito attraversa non è crisi di inventiva o di analisi politica, ma piuttosto di metodi, di scelte e di criteri di scelte". L'autore afferma infatti che il Pr è ormai uno strumento inadeguato con risorse insufficienti. Ma l'eventuale chiusura deve essere discussa nella sede propria, cioè nel congresso. Iscriversi ad un partito che discute la sua chiusura significa impedire che sia chiuso per debolezza e non per propria scelta.

(Notizie Radicali n.7 del 16 gennaio 1989)

Il divieto posto dalle autorità jugoslave allo svolgimento del congresso di Zagabria ha creato per il partito una situazione di grande difficoltà e di imbarazzo rispetto all'adempimento di una serie di obblighi statutari.

Nonostante l'iniziativa riparatoria della Lega della gioventù socialista slovena, il Consiglio federale non ha potuto che registrare queste difficoltà che si sono aggiunte al problematico dibattito sulla chiusura e sulla trasformazione del partito. La perdita di alcune caratteristiche essenziali per la vitalità del nostro partito, così come Marco Pannella l'ha descritta e analizzata durante i lavori di Bohinj, il venir meno di quel metodo per il quale un obiettivo politico prioritario da conseguirsi entro una scadenza temporale ben definita era il dato di forze sul quale costruire aggregazione, iniziativa, iscrizioni, e ancora il venir meno dell'attenzione per il corpo, per la corporeità negata da una storia millenaria di censure e di cesure, quell'attenzione che ci aveva consentito di dare voce e conquistare diritto per milioni di persone, la crisi di questi elementi fondanti, ci deve portare oggi ad affrontare serenamente un dibattito in cui anche l'eventualità di una chiusura del Pr sia considerata variab

ile, possibile e utile. La crisi che il partito attraversa non è crisi di inventiva o di analisi politica, ma piuttosto di metodi, di scelte e di criteri di scelte; al disegno transnazionale e transpartitico, il Partito radicale, come strumento e come risorse, appare oggi inadeguato. La chiusura di questo, nella sua radicalità traumatica, può consentirci di concepire un nuovo strumento senza quegli impacci, quelle sedimentazioni, quei gravami che il vecchio si porta appresso e da cui sembra incapace di liberarsi.

Ma tutto ciò dovrà esser affrontato solamente nella sede propria e cioè in congresso.

Il problema più urgente che abbiamo oggi è quello di non sciupare questi tre mesi che ci sono stati sottratti dalle autorità jugoslave e di arrivare al congresso in una condizione di forza.

L'iscrizione per il 1989, per quanto singolare possa apparire l'iscriversi a un partito che dibatte della necessità di chiudere e in assenza di una nuova mozione, è invece nelle condizioni eccezionali a cui siamo stati costretti l'unica risposta possibile alle autorità jugoslave, per un verso, ma anche soprattutto per impedire che il Partito radicale sia chiuso per debolezza e non per propria scelta.

 
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