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Savona Ernesto Ugo - 1 febbraio 1989
Droga: proibizionismo e trasformazioni della questione criminale
di Ernesto Ugo Savona

ITALIA - E' professore di criminologia nella facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento. E' stato visiting nelle università di Oxford e Berkeley, e recentemente presso la Yale School e l'Institute of Criminology di Cambridge. Ha condotto numerose ricerche in Italia e in altri paesi. E' autore di volumi e saggi; tra questi ``Diritto e discriminazione razziale'', che si riferisce alla situazione inglese, e ``Apparati istituzionali e speculazione edilizia'', che riguarda la situazione italiana. Da qualche tempo si interessa di analisi economica dei comportamenti criminali e del funzionamento dei sistemi di giustizia penale. Tema delle sue ricerche sono le trasformazioni delle diverse forme di criminalità, le connessioni tra criminalità organizzata e criminalità economica, la individuazione di strategie ottimali per contrastare queste forme di criminalità. Ha recentemente pubblicato un saggio su ``Sistemi di giustizia penale e criminalità organizzata''.

SOMMARIO: Una politica di legalizzazione delle droghe produrrebbe come principali effetti a livello della criminalità:

1) lo smantellamento di numerose organizzazioni criminali che hanno come sola attività il traffico delle droghe;

2) una riconversione immediata delle grandi organizzazioni criminali, come la mafia italiana, verso altri mercati legali o illegali;

3) la nascita di attività illegali sostitutive;

4) una diminuzione della criminalità provocata dai consumatori di droghe;

5) una diminuzione della corruzione nelle sfere politiche, giudiziarie e della polizia;

6) una diminuzione globale dei tassi di criminalità e dei danni sociali. Ma solo una legalizzazione a livello internazionale potrà produrre tali effetti che sono globalmente più positivi che negativi.

("I costi del proibizionismo sulle droghe" - Atti del colloquio internazionale sull'antiproibizionismo, Bruxelles 28 settembre - 1 ottobre 1988 - Ed. Partito Radicale)

E' ormai un dato consolidato che una certa parte di comportamenti criminali sia, in modi diversi e a diversi livelli, influenzata dal problema ``droga''. Resta problematico, e al momento attuale si possono formulare soltanto alcune ipotesi; se il ``costo'' criminalità diminuisca o aumenti in seguito ad un cambiamento dell'attuale regime proibizionista.

Questa relazione costituisce un tentativo di risposta a questa domanda. Essa analizza gli effetti prodotti sulla criminalità dall'attuale regime proibizionista, ipotizzando uno scenario di quelle trasformazioni che verrebbero indotte nella struttura della criminalità da una sua ipotetica legalizzazione.

Si possono formulare diversi approcci a questo problema. Questa relazione privilegia l'analisi delle interrelazioni tra i vari segmenti che caratterizzano quella struttura della criminalità connessa in qualche modo al problema ``droghe''. Questi si possono individuare schematicamente in consumatori di droghe che commettono reati comuni, criminali comuni che consumano droghe, consumatori e/o trafficanti a diverso livello, che commettono reati in relazione al commercio delle droghe (Drug-related offenses), criminali che ``occupati'' nell'attività del commercio di droghe, si dedicherebbero ad altre attività criminali in assenza di quelle opportunità.

DROGHE E CRIMINALITA'

Dati recenti ed attendibili ricavati da una molteplicità di fonti e relativi all'associazione tra droga e criminalità comune, ottenuti attraverso un miglioramento sensibile delle procedure di misurazione (attraverso il test delle urine), hanno permesso di rivelare, in modo molto più accurato degli anni precedenti, quanti e quali criminali risultassero anche consumatori di droghe (Graham, 1987). Si è così riscontrato che nel 1984 circa il 50% degli arrestati risultava, al momento dell'arresto, consumatore di uno o più tipi di droghe. Questo dato è andato aumentando nel corso di questi ultimi anni. In una ricerca condotta a Washington D.C. rispetto al 56% del marzo del 1984, si è arrivati a tre su quattro arrestati risultati consumatori di droghe nel settembre 1985. Nel 1986 a New York su un campione di 400 persone arrestate l'80% è risultato positivo al test per la cocaina (42% nel 1984). Un raddoppio che in soli due anni ha attraversato tutte le classi di età, ed in particolare i giovani tra i 16 e i 20

anni (dal 28% nel 1984 al 72% nel 1985).

Si tratta di percentuali relative agli Stati Uniti. Esse possono essere usate come indicatori, anche se un po' rozzi, per altri paesi, scontando le notevoli diversità nella consistenza del numero oscuro della criminalità.

Da questi dati non si può automaticamente rilevare se sono i consumatori di droghe a commettere più reati comuni, oppure i criminali comuni a consumare più droghe. Si può soltanto ipotizzare, che proprio negli Stati Uniti, in presenza del mantenimento di politiche proibizioniste dirette a limitare l'offerta e la domanda di droghe, il raddoppio delle percentuali in soli due anni, sia da addebitare più ad una crescita dei consumatori di droghe (appartenenti alle fasce povere della popolazione) che commettono reati comuni, diretti a procurarsi un reddito, che a quella di criminali comuni che si drogano.

Questi dati dimostrano, comunque, che il problema droga è sempre più associato al problema della criminalità comune. E questo costituisce certamente un ulteriore indicatore dell'inefficacia e dell'inefficienza delle attuali politiche repressive.

Inutile dilungarsi sugli effetti delle politiche proibizioniste sulla criminalità relative alle droghe (drug-related crime). Questa criminalità esiste in quanto esistono quelle politiche. Tra i molti effetti sicuri se ne possono sottolineare due:

- un forte processo di stigmatizzazione sociale da parte dell'opinione pubblica nei confronti del drogato-criminale, non esistente per gli alcolizzati, che gioca una funzione contraria all'efficacia di terapie riabilitative.

- un accentuarsi dell'interscambio dei ruoli tra consumatore e spacciatore come percorso precedente o concomitante con il compimento di reati comuni, finalizzato a procurarsi un reddito in grado di sostenere le spese della propria dipendenza.

Si tratta di effetti importanti ma marginali rispetto al'interrogativo centrale relativo a quali variazioni l'alternativa proibizionismo/legalizzazione comporta nello scenario complessivo della criminalità. La risposta che la relazione vuole dare a questa domanda è necessariamente fondata su ipotesi e per questo volutamente schematica.

La simulazione di effetti in uno scenario futuro presuppone l'individuazione di alternative chiare che sono numerose all'interno della scelta volutamente semplificata e schematica tra ``proibizionismo e legalizzazione''. All'interno di questi due poli esistono diversi tipi di proibizionismo e diversi tipi di legalizzazione, così come tra i due esistono combinazioni possibili di proibizionismo e di legalizzazione. Il tutto certamente mirato rispetto ai diversi tipi di droghe considerati illegali.

Nell'impossibilità di considerare tutte le alternative, la relazione prova ad isolare alcuni fattori centrali. Questi si possono comprendere nelle modificazioni all'interno del mercato (domanda ed offerta) delle droghe (eroina, cocaina) e nelle modificazioni del mercato più ampio della criminalità.

LE MODIFICAZIONI NEI MERCATI DELLE DROGHE

Rispetto al primo, occorre distinguere le modifiche nella struttura della domanda da quelle dell'offerta. Nel caso della domanda di droghe, si può ipotizzare che questa aumenterebbe, in una prima fase, se il provvedimento di legalizzazione comportasse l'offerta di droga sia pure controllata a prezzi di mercato legale, cioè molto più bassi di quelli al mercato illegale. Probabilmente resterebbe stabile se ai prezzi ``legali'', lo Stato aggiungesse un'imposta di tale entità da non fare crescere il numero dei consumatori, soprattutto occasionali, rispetto al mercato illegale. Costi e benefici sono in ambedue le ipotesi. In quella della legalizzazione ``semplice'' la criminalità indotta dalla necessità di procurarsi un reddito diminuirebbe notevolmente, mentre aumenterebbe presumibilmente il numero dei consumatori occasionali ed abituali. Nel secondo caso, quello della liberalizzazione ``con imposta'', il numero dei consumatori rimarrebbe pressoché stabile rispetto al mercato illegale, così come stabile pot

rebbe essere la quantità di comportamenti criminali indotti. In quest'ultimo caso lo Stato riceverebbe da questa imposta una quantità di risorse che, insieme a quelle risparmiate dal sistema di giustizia penale (per l'assenza di reati da reprimere) potrebbe essere devoluta ad iniziative dirette alla cura dei consumatori abituali e a campagne di scoraggiamento della domanda. Sarebbe questo un investimento certamente più efficiente e più efficace per raggiungere l'obiettivo della riduzione complessiva del numero dei consumatori di droghe, rispetto all'attuale quantità di denaro che nell'attuale regime di illegalità viene sottratto ai consumatori per essere investito nel potenziamento del mercato illegale delle droghe o in altri mercati illegali, in violenza ed in corruzione degli apparati statali.

Questo problema introduce il secondo aspetto, quello delle modificazioni nella struttura dell'offerta. L'assunto tradizionale che il proibizionismo fa sviluppare la criminalità organizzata e che la legalizzazione la farebbe scomparire è troppo schematico e non tiene conto di numerose variabili. Tra queste le diverse strutture dei mercati relativi ai diversi tipi di droghe (il mercato della eroina è diverso da quello della cocaina), le strutture organizzative delle ``diverse criminalità organizzate'', i territori sulle quali essi operano.

La situazione attuale relativa al coinvolgimento della criminalità organizzata tradizionale nel traffico d'eroina, sembrerebbe orientarsi verso una progressiva riduzione di questa presenza, che si iscrive in una preferenza della criminalità organizzata tradizionale a gestire affari lucrosi all'interno dei mercati ``legali''. Gli spazi liberi verrebbero occupati da organizzazioni più piccole, spesso limitate al territorio delle operazioni. Sinteticamente, sembrerebbe che i supermarket dell'eroina vadano diminuendo di numero a favore di una crescita di organizzazione media al dettaglio. In questa tendenza si può cogliere il declino della struttura monopolistica che ha caratterizzato la gestione dei mercati illegali da parte della criminalità organizzata negli anni passati, a favore di una struttura più parcellizzata e più competitiva. I perché di queste trasformazioni sono diversi e sono riassumibili in una ipotesi: le organizzazioni criminali si vanno modificando nelle loro strutture organizzative in mod

o da ridurre al minimo i costi della punizione (cresciuti notevolmente con le politiche repressive) e massimizzare i guadagni.

Sul mercato della cocaina, la situazione è diversa. Le grosse organizzazioni criminali non sono mai entrate in questo mercato se non marginalmente. Il mercato è nelle mani di grossi trafficanti e piccole organizzazioni criminali si occupano dell'intermediazione e del dettaglio.

Di fronte a questo scenario cosa succederebbe se il prezzo della droga in seguito alla legalizzazione scendesse al punto tale da azzerare gli ingenti guadagni ricavati dalla sua illegalità?

La risposta è necessariamente complessa e meriterebbe maggiori approfondimenti di quanto si possa fare nell'ambito di questa relazione. Con necessarie approssimazioni ed i limiti posti dalle scarse informazioni utilizzabili per la formulazione di scenari futuri, si possono soltanto ipotizzare i seguenti effetti:

- le organizzazioni criminali tradizionali tipo la Cosa Nostra o la Mafia Italiana subirebbero nel breve periodo una diminuzione marginale dei loro introiti complessivi, riconvertendo rapidamente su altri mercati legali o illegali gli investimenti effettuati nei mercati dell'eroina;

- le nuove organizzazioni criminali emerse sul mercato dell'eroina o per successione etnica o a livello locale, verrebbero decimate dalla legalizzazione di questa droga. A meno di non ipotizzare una loro piccola plausibile riconversione su altri mercati, difficile a verificarsi per la forte concorrenza di altre organizzazioni criminali preesistenti. Una parte piccola di mercato illegale resterebbe, qualora il provvedimento di legalizzazione fosse accompagnato ad un'imposta diretta a mantenere alto il prezzo al consumo. Avremo, come per le sigarette, una certa quantità di contrabbando a prezzi inferiori di quelli legali. La loro dimensione sarebbe destinata a restringersi quanto più il prezzo ``ottimale'' al consumo fosse in grado di scoraggiare la domanda e contemporaneamente non incentivare la creazione di un mercato concorrenziale a quello legale.

LE MODIFICAZIONI NEL MERCATO DELLA CRIMINALITA'

Il dato più nuovo, e sul quale varrebbe la pena aprire una riflessione più attenta, riguarda le modificazioni della mappa dei comportamenti criminali provocate da un provvedimento di legalizzazione. Anche in questo caso si vuole offrire alla discussione una ipotesi di lavoro.

Partendo proprio dalle considerazioni precedenti in tema di modificazioni della struttura dei mercati delle droghe, si può ipotizzare che proprio la persistenza delle grandi organizzazioni criminali e la scomparsa di quelle piccole dedicate esclusivamente al traffico di droghe, influenzerebbe sostanzialmente lo scenario della criminalità, perché ridefinirebbe i rapporti funzionali che oggi legano la criminalità organizzata, criminalità economica, criminalità comune ed in parte criminalità politica, con ripercussioni sulla quantità di violenza diffusa nella società. Si possono individuare due grandi tendenze: la scomparsa di alcune attività criminali e lo sviluppo di altre da contorni ancora troppo sfumati per accertarne le dimensioni. Un primo tentativo di analizzare gli effetti può portare a queste considerazioni necessariamente schematiche ed interlocutorie:

- diminuzione di quella parte di criminalità economica occupata nel lavaggio del danaro sporco;

- mutamenti nella criminalità comune dovuti al passaggio ad altre opportunità criminali (furti, rapine, etc.) da parte dei criminali precedentemente occupati nel traffico di stupefacenti, ed un aumento della violenza indotto dalla competizione tra bande criminali e dal mancato controllo su queste attività da parte della criminalità organizzata. Dati questi che per comprendere il saldo complessivo delle variazioni nella criminalità comune, si dovrebbero confrontare con la presumibile diminuzione di quella criminalità comune produttrice di reddito per i consumatori di droghe.

- diminuzione della corruzione verso appartenenti alle istituzioni politiche, giudiziarie e di polizia operata dalle organizzazioni criminali per facilitare i traffici illegali.

CONCLUSIONI

Gli scenari descritti precedentemente costituiscono indicazioni sulle trasformazioni che avverrebbero nelle varie forme di criminalità in seguito alla liberalizzazione dell'offerta di droghe.

Valutando complessivamente queste variazioni, si può ricavare la presunzione che i livelli complessivi di criminalità ed il danno sociale da esso prodotto, diminuirebbero in un passaggio da un regime proibizionista ad uno legalizzato. L'entità di questa diminuzione sarebbe tanto più grande, se il provvedimento di legalizzazione fosse accompagnato da un investimento massiccio delle risorse resesi disponibili, nel recupero dei tossicodipendenti e nello scoraggiamento della domanda di droghe, attraverso un sistema articolato di disincentivi.

Il livello di allarme sociale, importante nell'influenzare opzioni favorevoli o contrarie alla legalizzazione, dovrebbe teoricamente diminuire se influenzato esclusivamente dalla percezione della quantità e qualità dei comportamenti criminali dei quali si potrebbe essere una potenziale vittima. Infatti oltre che a un saldo probabilmente negativo delle variazioni della criminalità comune, si dovrebbe aggiungere quella quantità di criminalità che sarebbe scoraggiata da una maggiore efficacia nella repressione della criminalità nella quale verrebbero investite parte di quelle risorse che prima erano sottratte dalla repressione dei reati relativi alle droghe e che ora non avrebbero più motivo di esistere.

Si sono indicati alcuni scenari, sulla base di ipotesi teoriche di legalizzazione. Il compito assegnato a questa relazione non permette di discutere a quale tipo di legalizzazione fare riferimento, accompagnata da quali provvedimenti di controllo e di disincentivazione. Sono nodi cruciali che devono necessariamente investire la comunità internazionale perché un'ottica nazionale su questa materia capovolgerebbe immediatamente, anche nell'area della criminalità, gli effetti positivi che si sono qui delineati.

 
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