Fernando SavaterSPAGNA - Filosofo di fama internazionale ed editorialista del principale quotidiano spagnolo ``El Pais'', negli ultimi due anni si è fatto promotore di una campagna per il ripensamento delle leggi spagnole sulla droga e per il superamento del Proibizionismo su scala internazionale.
SOMMARIO: L'autore dimostra che i vari argomenti avanzati dai partigiani della repressione dei consumatori di droghe rivelano una percezione mitica della realtà. La nostra cultura, come tutte le altre, ricerca e utilizza le sostanze psicoattive: queste devono essere innanzitutto considerate come degli aiuti con cui gli individui cercano un po' di felicità e di attenuare le angosce.
("I costi del proibizionismo sulle droghe" - Atti del colloquio internazionale sull'antiproibizionismo, Bruxelles 28 settembre - 1 ottobre 1988 - Ed. Partito Radicale)
Le seguenti tesi pretendono di essere utili per orientare il necessario dibattito istituzionale sul cosiddetto ``problema delle droghe''. Attualmente vediamo soltanto prosperare l'isteria punitiva, la demonizzazione di prodotti chimici e persone, la disinformazione patologica, lo sfacciato chiacchiericcio pseudoscientifico.
Il concentrato mitico intorno all'uso della droga si può esporre così: ``le droghe - o, come suol dirsi, LA DROGA - sono un'invenzione malefica, promossa da una mafia internazionale di individui senza scrupoli, per tesaurizzare immensi benefici, schiavizzare la gioventù e corrompere la salute fisica e morale dell'umanità; a fronte di tale minaccia, è pertinente soltanto un'energia politica repressiva a tutti i livelli, che inizi dal cammello e termini con le piantagioni di coca nella selva boliviana: quando la polizia avrà incarcerato l'ultimo grande narcotrafficante, l'uomo si vedrà liberato dalla minaccia della droga''.
In questa pietosa leggenda si mescolano echi e pregiudizi, si presentano gli effetti come se fossero cause e si elude con indifferenza olimpica il nocciolo del problema: però si crea un capro espiatorio-politico di evidente utilità, si incentiva di contro un eccellente commercio, si utilizza la sfortuna altrui come supporto della propria buona coscienza e si retrocede innanzi alle possibilità giuridiche e tecniche di uno Stato realmente moderno.
Il fatto che gli intellettuali cosiddetti ``di sinistra'' collaborino unanimemente per complicità ed omissione a questo oscurantismo, dimostra che il problema dell'intellettuale oggi non è il suo riciclaggio al servizio del potere (come continuano a credere coloro che non vogliono abbandonare il Palazzo d'Inverno, che mai conquistarono perché fuori fa freddo), né la mancanza di una visione globale del mondo come sostengono i nuovi chierici, bensì la sua tenace carenza di opinioni validamente fondate a fronte dei conflitti specifici dell'attuale società.
Le tesi che qui proponiamo e il richiamo finale non si riferiscono ad altro che agli aspetti sociopolitici dell'assunto, entro cui si collocano coloro che generalmente sono soliti chiamarsi impropriamente ``etici'' semplicemente per qualche residuo di fede religiosa. Servono, inoltre, a dire che non si parla di ciò che è realmente importante nella questione delle droghe: la loro possibilità di essere fonte di piacere o di attenuazione del dolore o di essere stimolatrici della creatività, o potenziatrici della introspezione e della conoscenza. In una parola, i loro aspetti di validi ausiliari della vita umana, nel cui concetto sono state consumate durante millenni, sono consumate oggi e seguiteranno ad esserlo. Però questo sarebbe tema per un tipo di studio assai più minuzioso di ciò di cui dissertiamo.
PRIMA TESI
Tutte le società hanno conosciuto l'uso delle droghe, vale a dire, di sostanze o di pratiche fisiche che alterano la normale percezione della realtà, la quantità e la qualità della coscienza; tutte le società l'hanno utilizzata abbondantemente, a volte legandola a rituali sacri, in cui veniva aborrita e temuta, e in alcune circostanze ne hanno persino abusato.
La storia della droga è tanto lunga quanto quella dell'umanità e scorre parallela ad essa.
SECONDA TESI
La società contemporanea è basata sull'esaltazione dell'individuo, nella realizzazione complessa e pluralista della sua libertà. La libertà di scelta politica, espressione, informazione, indagine, realizzazione artistica, religiosa o sessuale, etc. sono le basi delle moderne democrazie.
Il totalitarismo, il suo rovescio, non è altro che un sottoprodotto dell'individuo ``tutto sociale'' - così come lo stabiliscono alcuni garanti del bene comune - ipostatizzato in forma di nazione, stato, dogma politico o tipo di vita che culmina nel conflitto degli interessi e gusti individuali. Il diritto giuridico dell'habeas corpus si deve estendere a tutti gli aspetti della libera disponibilità dell'individuo del suo corpo, delle sue energie, della sua ricerca del piacere o conoscenza, dei suoi esperimenti con se stesso (la vita umana non è e non deve essere altro che un grande esperimento) incluso quello della sua propria distruzione.
TERZA TESI
Proibire la droga in una società democratica è qualcosa di ingiusto come proibire la pornografia, l'eterodossia religiosa o politica, la diversità erotica, i gusti alimentari. Inoltre si deve dire che è qualcosa di tanto inutile e dannoso come qualsiasi altra proibizione. La cosa più evidente è che viviamo in uno Stato assistenziale che esercita un diritto illimitato a determinare il meglio per la nostra salute, avendo perso ciò con cui precedentemente poteva controllarci nel campo politico, religioso, artistico e alimentare.
QUARTA TESI
Il problema della droga è il problema della persecuzione delle droghe. L'uso delle droghe non è semplicemente e sbrigativamente un pericolo da sradicare (il pericolo poggia nella sua proibizione, nella sua adulterazione, nella mancanza di informazione su di essa e di preparazione per maneggiarla, nelle attitudini anomale che suscita di fronte al conformismo, al gangsterismo che ci gira attorno, all'ossessione di curare che la proscrive e la prescrive, etc.) ma è anche e principalmente un diritto da difendere.
QUINTA TESI
La persecuzione contro la droga è una deviazione della persecuzione religiosa: oggi la salute fisica è il sostitutivo laico della salvezza spirituale. Le droghe furono sempre utilizzate per ragioni religiose, però ieri si rimproveravano ad esse gli effetti orgiastici - cioè i turbamenti che producevano nell'animo e nei costumi e non quelli che causano nel corpo - infermità, costi per i rimedi, improduttività, morte - e nelle attività lavorative. Si sollecita così una paura dello spirito (che cosa abbiamo dentro che la droga può liberare?) e una paura della caduta di produttività (quest'ultima si suole chiamare ``salute pubblica'').
Naturalmente, ci sono droghe che possono essere pericolose (così come l'alpinismo, l'automobilismo o la miniera) o dannose (come gli eccessi sessuali, la danza o la credulità politica, mai tanto come la guerra). C'è gente che è morta, muore e morirà a causa delle droghe. Però ricordiamo:
a) che la vita che perdono è la loro, non dello Stato o della comunità;
b) che la loro morte può essere attribuita non alla stessa sostanza che intendono assumere bensì all'adulterazione della medesima, alla mancanza di informazione e composizione nel suo dosaggio, alla malavita che gira attorno al traffico della droga a causa del proibizionismo, etc.
I drogati che intendono abbandonare la loro mania (tutti abbiamo le nostre manie fino a che le avvertiamo come tossiche e desideriamo lasciarle), hanno ovviamente il diritto di essere aiutati dalla società; alla stessa maniera di chi desidera divorziare, cambiare religione, modificare il proprio sesso o rinunciare al terrorismo. La società esiste per aiutare, nei limiti delle possibilità, gli individui a realizzare i loro desideri e rettificare i loro errori, non per immolarli punitivamente agli idoli della tribù.
La riabilitazione costa denaro, però a volte la società costa lavoro a ciascuno dei suoi membri e tutti procuriamo denaro pensando che questo denaro pubblico c'è precisamente per mitigare gli effetti degli inconvenienti naturali, o causati per imprudenza, che ci capitano nella ricerca della soddisfazione personale.
A volte ci sono incidenti sul lavoro e, che io sappia, nessuno ha parlato di proibire il lavoro o il traffico stradale a causa degli incidenti della strada. Poiché quello che si produce si ritiene necessario, sono giustificate le perdite; al contrario ciò che è solo consumo e gratificazione è giudicato ingiustificato socialmente poiché appare una dissipazione gratuita. Nessuna tesi è più totalitaria e antidemocratica di questa. Così si esprime la colpevole inimicizia pubblica all'intimità individuale che dovrebbe giustificare il collettivo.
SESTA TESI
A volte si fa equivalere la depenalizzazione delle droghe alla legalizzazione del crimine e alla prevaricazione o ai sequestri. Evidentemente niente può essere più distinto, poiché questi delitti hanno come primo obiettivo il danno altrui a proprio beneficio mentre nessuna droga è di per se stessa un male, ma può arrivare ad esserlo per le circostanze del suo uso. A tale proposito sembra che tale depenalizzazione è paragonabile a quella del suicidio, dell'aborto, dell'eutanasia, del divorzio, dell'omosessualità etc., e cioè alla rimozione degli ostacoli che impediscono lo sfruttamento cosciente e libero del proprio corpo. Non è facile capire, né hanno argomenti per spiegarlo, perché coloro che sostengono il riconoscimento giuridico di queste figure emancipatrici possono in cambio essere contrari alla depenalizzazione delle droghe. E l'unico argomento plausibile contro la depenalizzazione è la constatazione di una difficoltà per venirne a capo; infatti questa misura deve essere la più internazionale poss
ibile per avere autentica efficacia.
Dibattiti e incontri internazionali per trattare questo problema non mancano, dove in realtà si dovrebbe discutere di questa questione anziché dell'aumento delle pene ai trafficanti che non servono ad altro, se non a far rincarare il costo dei prodotti. Si presenta in questo caso una situazione conciliativa simile a quella che assumono i fautori del disarmo unilaterale, che rivendicano per i propri paesi l'atteggiamento che reputano più giusto, confidando nel fatto che questa scelta conduca altri sullo stesso cammino e accettando i pericoli indubbi che da ciò possano derivare.
SETTIMA TESI
Il danno alla salute pubblica è il principale argomento attuale contro le droghe, con dettagli sui morti per overdose, sulle ore di lavoro perse, i danni che producono all'azienda statale, sui drogati che intendono riabilitarsi etc. Sono passati così in secondo piano i motivi di condanna strettamente morale, orgiastica che nel corso dei secoli hanno motivato questa persecuzione. Riguardo alla questione della perdita economica causata dalla droga mi rimetto a ciò che ho detto nella quinta tesi. E' soltanto necessario aggiungere che le adeguate tasse imposte sui prodotti oggi non controllati nel mercato nero potrebbero venire in aiuto a queste necessità, ridistribuendo il beneficio che attualmente lucrano soltanto pochi.
In quanto ai benefici politici della crociata contro la droga, non possono neppure essere messi in questione: se un tempo la guerra venne considerata la salute dello Stato, oggi la salute può essere la principale guerra dello Stato, dando l'impressione di un attivo sforzo politico in un campo che beneficia di reputazione unanime e in cui si è tranquilli che mai mancherà alimento demagogico. A quale altra migliore attività potrebbero dedicarsi le prime donne dei vari paesi, dato che baciare bambini sconosciuti in manifestazioni pubbliche potrebbe attaccare loro l'Aids?
Però la compassione per la morte e il dolore altrui già mi sembrano ragioni meno credibili. Primo, perché la maggioranza delle droghe non uccidono nessuno e molte eliminano moltissimi dolori in più di quelli che causano (che cosa è più doloroso, la cirrosi degli alcolizzati o un paio di bicchieri al momento giusto che hanno aiutato a vivere milioni di persone?).
Secondo, perché quelle che uccidono, uccidono molto di più per l'adulterazione e le circostanze clandestine del loro uso (ignoranza delle dosi, siringhe contaminate) che per la nocività del prodotto in se stesso. Se ai governi dessero davvero preoccupazione le morti e le sofferenze provocate dalle droghe, si affretterebbero a depenalizzarle. E' certo che, contro tutte le razionalizzazioni cliniche, l'invidia ancestrale deve continuare a rendere il godimento improduttivo e non condiviso latitante attraverso la proibizione e l'isteria punitiva contro le droghe.
Il grande Mcaulay, nella sua Storia d'Inghilterra, afferma che ``i puritani non odiavano la caccia dell'orso coi cani perché produceva danno all'animale, bensì perché dava piacere agli spettatori''. Temo che in questo caso si verifichi qualcosa di simile.
OTTAVA TESI
Altro argomento importante contro le droghe e a favore di una loro più energica persecuzione legale è quello dell'incidenza che hanno fra i giovani, soprattutto fra quelli socialmente più sfavoriti. In primo luogo c'è da dire che la ragione di questa diffusione è la proibizione stessa e il commercio che ne deriva, per cui i trafficanti vogliono estenderne il mercato fra le persone più ingenue, più audaci e, soprattutto, più capaci perché, grazie all'intraprendenza della loro età, possono essere disponibili a qualsiasi cosa per guadagnare una enorme somma, che poi verrà loro sottratta. Si parla di vendita di eroina alle porte delle scuole o nei centri di riunione dei giovani, però non del traffico di gin o delle riviste pornografiche: queste ultime essendo facilmente accessibili, non producono benefici economici. Naturalmente la disoccupazione e l'abbandono di gran parte dei giovani favoriscono questa e qualsiasi altra forma di delinquenza, violenza, etc.
Il mito della droga permette di parlare di essa come causa dei mali giovanili, quando in realtà non si tratta altro che dell'effetto di una determinata situazione sociale. Per concludere, l'ovvia necessità di proteggere l'infanzia e l'adolescenza da manovre spregiudicate, non giustificherà mai la manovra spregiudicata di trattare tutta la popolazione come se fosse un giardino d'infanzia.
NONA TESI
La droga, si assicura, è la causa del degrado morale della popolazione. L'impianto di questo degrado ammette vari modelli, a cominciare da quello vacuamente retorico con pretese antropologiche da sacrestia. (``Non esiste attualmente un rischio - fatta eccezione per la guerra nucleare - per l'anima umana, per l'individuo immaturo e sensuale della società moderna, più grande della droga, quando lo sconcerto e la demoralizzazione si propagano ovunque'', ci assicura il dott. Francesco Llavero, nel Pais dell'11 maggio 1987). Non so se sia più interessante verificare se le guerre nucleari siano un pericolo per l'animo umano o capire quale società formata da individui maturi e ascetici conosca il dott. Llavero, fino al titolo postmoderno di un articolo di Antonio Papellcion ad usum che denuncia il traffico della droga da parte della polizia, per far diminuire il potenziale combattivo e rivoluzionario della gioventù basca.
Questi moralismi mostrano unanimemente un immenso disprezzo verso la libertà umana, base di ogni dignità: come di fronte alla droga nessuno può essere libero, l'unico modo per garantire la salute morale del popolo è quella di eliminare l'occasione del peccato. La base di qualsiasi proposta morale che consiste precisamente nel dominio di sé, non merita considerazione: siamo condizionati dalla irresistibilità del male. Ritorniamo quindi alla eteromania morale, da cui il povero Kant pensava di essersi liberato già nel secolo XVIII. Perché l'affermazione di un'etica autonoma rispetto al tema della droga non può essere altra da quello esposta così da Gabriel Matzneff: ``L'hashish, l'amore e il vino possono dar luogo al meglio o al peggio. Tutto dipende dall'uso che ne facciamo, di modo che non è l'astinenza che dobbiamo insegnare bensì l'autocontrollo'' (``Le taureau Phalaris'').
RICHIAMO FINALE
Il concentrato mitico esposto nel preambolo di queste tesi, dovrebbe essere sostituito con quest'altro assunto: la nostra cultura, come tutte le altre, conosce, utilizza e assume droghe. E' l'educazione, l'inquietudine e il progetto vitale di ciascun individuo che può decidere quale droga usare e come farlo.
Il compito dello Stato non può essere che quello d'informare nella misura più completa e razionale su ciascuno dei prodotti, controllare la sua elaborazione e qualità e aiutare coloro che lo desiderano o si vedono danneggiati da questa libertà sociale. Naturalmente data la situazione di frenesia poliziesca e persecutoria (almeno rispetto a ciò che si vuole mostrare alla ingenuità pubblica) contro le droghe sarà necessaria una tappa di riconciliazione fino alla situazione finale di normalità depenalizzata.
Sarà anche necessario diffondere internazionalmente la tesi della depenalizzazione e cercare di adottare misure congiunte. Poiché non c'è dubbio sul fatto che prima o poi si dovrà giungere a questo, sarà bene iniziare quanto prima. A ciò ha inteso contribuire la proposta di questa tesi.