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Pannella Marco - 1 febbraio 1989
Federazione, Partito...
Intervento di Marco Pannella nel corso del Convegno, organizzato dall'ENDAS, che si è svolto a Carrara l'11 febbraio 1989 sul tema "Tra Stato e cittadini rivedere il contratto".

SOMMARIO: Pannella rivolge ai liberali ed ai repubblicani la proposta di costituzione della federazione laica e di presentazione di una lista comune federalista europea in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europee del giugno 1989. Esprime la sua speranza e volontà che anche David Steel e Paddy Ashdown, i due leader dello schieramento liberale e federalista inglese, ne facciano parte.

(Notizie Radicali n· 21 del 1· febbraio 1989)

Ho un privilegio; e non rispetto a chi sia iscritto al Partito radicale, ma rispetto a chiunque altro. Il privilegio è di poter parlare esclusivamente a titolo personale. Soltanto il Primo segretario e il Tesoriere del mio partito, e per questioni transnazionali, possono parlare a nome nostro; ma per qualsiasi altra questione - per esempio nazionale -, dal Primo segretario all'ultimo degli iscritti parliamo a titolo personale.

Ed è certo un privilegio da questo punto di vista - tatticamente parlando - rispetto a Egidio Sterpa, che parla come Vice segretario del Partito liberale, e di Giorgio, che parla come segretario del Partito repubblicano. Ma non credo che sia a causa o grazie a questo privilegio che vorrei subito dirvi che io penso, voglio, spero, di far parte a giugno di una lista europea, federalista europea, laica, nel collegio italiano che subito dimostri la sua forza concreta, grande, immediata in Italia, e a Carrara, a Londra. In modo tale che la Bbc, una delle poche televisioni europee - certo ne conosco di italiane-italiote, ne conosco di televisioni pubbliche; ma la Bbc è una televisione europea - sia portata, in ossequio alla propria deontologia, a parlare tra qualche giorno di questa lista come di un fatto importante, sconvolgente, rivoluzionante; e come di un fatto riformatore della situazione politica anche britannica.

Coloro che non mi conoscono attraverso la stampa italiana, diranno "allora è vero: Pannella fa sempre la pipì fuori dal vaso, è demagogo; chissà di che cosa parla".

Parlo di questo. Io vorrei essere eletto - a giugno, subito, qui con voi - assieme a David Steel e a Paddy Ashdown, i due leader britannici dello schieramento social-liberal-democratico che grazie alla legge che - suggerita dal Parlamento europeo - abbiamo acquisito in Italia, consentirebbe lo sconvolgimento della politica britannica proprio in forza della presenza nel Parlamento europeo - da noi e con noi eletti - di coloro che da venti, trent'anni inseguono, errando, il miraggio della proporzionale per riuscire a valere politicamente, e che grazie a questa lista sarebbero nel Parlamento europeo. Cosa ci impedisce di eleggere, di chiedere a masse di elettori italiani consapevoli, federalisti europei, di eleggere Paddy Ashdown e David Steel?

Probabilmente la notizia, la proposta farebbe più titoli a Londra che a Roma, non lo so.

Il cammino della speranza non diventa cammino della disperazione se è un cammino consapevole, rigoroso, e quindi vigoroso nell'oggi, per l'oggi, che ha già chiari i punti di partenza, che non confonda punti di partenza con punti di arrivo.

Pensate che fra cinque, dieci o quindici anni il punto di arrivo della elezione degli unici europeisti britannici - che sono stati fatti fuori proprio per queste loro caratteristiche europee - sarà nell'ordine delle cose.

Noi dobbiamo sconvolgere, governare con logica umana e degli uomini la logica delle cose; questo è il compito di chi intende governare il proprio tempo, i propri sentimenti, la propria società. Se di questo ci si ricorda, questo è possibile, è probabile; questo è realizzato.

D'altra parte non c'è nulla di nuovo. Dove viveva l'Europa per tanti, per l'Italia, se non con Randolfo Pacciardi a Barcellona e in Spagna, con i fratelli Rosselli in Francia, con Salvemini in Inghilterra o negli Stati Uniti? Dove viveva e dove sono le radici di una storia che oggi, quarant'anni dopo, rischiamo di dire non essere ancora matura ed unita.

Fra noi, molti di noi, e Ugo La Malfa e il Mondo, ha avuto certo storicamente ragione Randolfo Pacciardi quando nel '50, '51, '52, '56, '57 riteneva prematura una prima forza laica per il nostro paese. Ha avuto ragione perché quarant'anni sono passati. Nel '58 ci fu quella splendida pagina radical-repubblicana dovuta a Ugo La Malfa, a Oronzo Reale - e se mi consentite al Partito radicale e agli amici del Mondo, a Ernesto Rossi, a Mario Pannunzio, a Carandini o a Villabruna, ai tantissimi di allora: non avemmo successo; eravamo poco attenti a parlare al 95% degli italiani che non erano radicali e repubblicani e ci preoccupavamo di parlare sopratutto per non turbare qualche repubblicano o qualche radicale in più di quelli già esistenti, temendo in qualche misura di rischiare dei piccoli averi pratici - voglio dire dei numeri - piuttosto che affermare chiaramente che l'essere radical-repubblicani, liberal-democratici, è condizione di vita per le istituzioni e per i paesi interi, non per una minoranza o per una

parte. Ho fatto quindi subito questo esempio: portare al paese una proposta politica che sia chiarissimamente sconvolgente, importante e ricca, chiara - Egidio - e rigorosa. Assegnare all'Italia, a questa Italia, assegnare a noi il compito di portare il 20-25% della politica britannica, quella europeista, in Parlamento europeo con la nostra organizzazione: questo è essere federalisti, questo è essere giovane europa e non vecchia europa delle frustrazioni e dei lamenti delle attese e delle "intese" che non finiscono mai.

Io mi auguro di essere l'eletto, non solo il candidato, di un progetto politico in corso di perfezionamento e di realizzazione. Io mi auguro che gli Italiani siano chiamati a votare per sostenere la nascita - decisa e calendarizzata - della federazione laica (e non della confederazione) o del Partito democratico nel nostro paese. Sono per questo necessariamente e totalmente coinvolto e non esiste nemmeno la possibilità di dubitare che, dinanzi a questo radicamento, primo radicamento della prima forza della riforma democratica europea in Italia, possa solamente immaginare di esserne altro che un operaio, un costruttore, qualcuno che concorre a farlo. Perché appartiene alla mia storia antica, alle mie radici anche personali; e guai se altri miei compagni radicali, di altra storia per generazione, non cogliessero le opportunità e la forza della loro storia per assicurare immediatamente la stessa funzione per lo stesso risultato ovunque sia politicamente ed elettoralmente possibile.

Qui sta forse l'unica differenza, Egidio, fra di noi: se dovessi pensare che l'area liberal-democratica, repubblicana, libertaria, liberale, radicale europea di questo paese è circoscrivibile magari al 10%, non mi interesserebbe o sbaglierei. Gli obiettivi, i metodi, la cultura, la storia, l'organizzazione politica e istituzionale liberal-democratica-repubblicana della società e dello stato di diritto sono condizione per il 100% degli abitanti di un paese per vivere nella democrazia, nella giustizia e nella libertà con tutte le difficoltà umane che incombono, la vecchiaia e l'incapacità di governare. Vi sono le esigenze di un mondo nel quale il divorzio fra scienza e politica è forse senza pari nella storia, anche rispetto ai tempi di Galileo o ai tempi del dominio teologico e della cattiva teologia.

Non più il Partito radicale, non più Aurelio Peccei che avemmo l'onore di candidare alla Presidenza del Consiglio del nostro paese - provocatoriamente, si disse - al presidente Pertini, come Presidente di quel Club di Roma che già da vent'anni aveva descritto la realtà di questi anni, la biosfera, l'atmosfera il territorio, i modelli di sviluppo. Ma oggi è il Worldwatch Institute - che pare sia una organizzazione poco fantasiosa, poco radicale da questo punto di vista, una organizzazione ufficiale statunitense - che dice che il problema non sorgerà nel 2050, ma che il coma del pianeta diverrà irreversibile entro dieci anni; i melanomi della pelle in alcune zone sembrano già in pericoloso aumento in relazione, secondo alcuni, al buco nell'ozono e quindi non a fatti di polluzione ambientale territoriale o micro territoriale, ma relativi alla vita complessiva del nostro pianeta.

Un approccio laico, non dogmatico su queste cose, sul nucleare e sull'antinucleare, su tutto, è quello che dovrebbe consentire a noi meglio che ad altri di capire quale quota parte delle risorse europee debba essere destinata alla difesa, come ai tempi in cui Randolfo Pacciardi veniva eletto anche dagli anarchici di Carrara.

Abbiamo molte cose quindi alle quali rispondere, ma quando?

Vorrei anche dire che oggi è essa possibile e si deve fare di tutto per la riforma, quella con la R grande, la Riforma della Politica.

Oggi è il tempo nel quale dobbiamo probabilmente dire di nuovo che è essenziale che il 12 e non il 3% delle risorse siano destinate alla difesa; e la difesa oggi è la difesa del territorio, è la difesa ambientale, ecologica. E se noi non destiniamo a questa difesa, con tutti i sacrifici che questo comporta, delle quote parte dei bilanci, e non lo facciamo attraverso partiti e attraverso istituzioni transnazionali e sovranazionali, in una dimensione di grandi regioni del mondo, e non riteniamo che oggi il problema non è quello di un nuovo ordine economico e internazionale, ma di un nuovo ordine istituzionale mondiale, credo che nessuno, nè liberali nè socialisti, nessuno di noi - se non risponde subito con proposte di governo concrete, esigendo da sè e dagli altri i sacrifici necessari a queste scadenze -sopravvivrà: non solo fisicamente, ma in quanto forza politica e culturale, alla crisi del coma del pianeta, dei mari, delle acque, dell'aria.

Senza millenarismi, senza catastrofismi; non con laica riverenza, ma con laica considerazione delle affermazioni della scienza. Con dialettica considerazione, conoscendo tutti i rischi dello scientismo, tutti i rischi di certi positivismi che abbiamo dietro le spalle nei confronti della scienza, ma col rispetto dovuto. Ricordandoci che non per caso Italia Nostra nasce dalle nostre costole laiche, che l'ambientalismo nasce da qui; ma anche che se oggi l'ecologismo e il verdismo nasce altrove sul piano politico dobbiamo dirci che la responsabilità non è della gente che non capisce abbastanza l'area liberal-democratica, ma nostra, di noi che non abbiamo capito quale responsabilità la nostra cultura ci dava nel concreto governare e nel concreto scegliere politico di ogni giorno.

Dunque, nè riformismi nè altri ismi, ma riforma riformatrice sì; strumenti e strutture. E' questo il grande disegno che dobbiamo portare all'elettore. Ma come federazione, partito. E io vorrei che affidassimo il compito di stabilire come far questo a livello di statuti, come fare in pochi giorni quello che non si è fatto in quarant'anni, a Giovanni Spadolini, a Bruno Visentini e a Randolfo Pacciardi oltre che ovviamente a Malagodi e Valitutti. Ma qui dobbiamo fare in alcune ore quel che non abbiamo fatto finora, forse perché non era possibile o perché non c'era sufficiente volontà quarant'anni fa, quando questo costituiva il tormento quotidiano di Ugo La Malfa e di tutti noi con lui. Consentitemi però di dire che negli anni '50 - diceva Pannunzio - La Malfa era d'accordo, ma Peppino Saragat non lo era; e se per caso in un momento era d'accordo, a La Malfa accadeva di invocare l'esistenza di dati oggettivi.

Ma allora Saragat, e tutti noi, eravamo schiavi della Cia, eravamo tutti americani: Silone, Umberto Calosso, l'Associazione per la libertà della cultura. Tutti quanti eravamo criminalizzati, e oggi la storia ci dimostra che abbiamo avuto idealmente ragione e politicamente torto a non vedere quanto questo dovesse essere vissuto assieme, tutti al governo o tutti all'opposizione, e tutti nella stessa organizzazione politica.

Gli unici paesi democratici che hanno retto nei decenni, in questo secolo, sono quelli di stampo anglosassone, a struttura bipartitica; ma un partito non avrebbe nessuna credibilità democratica se al proprio interno non avesse chi è per la legalizzazione della droga e chi è ferocemente contro; non avrebbe nessun senso, nessuna garanzia di democraticità quel partito che non includesse in sè Jesse Jackson e il democratico del sud ultra conservatore fino a esser sospetto di razzismo. La caratteristica di una grande forza liberale, di libertà, di giustizia in una società articolata, radicata ferocemente nelle procedure, nelle regole del gioco democratiche, per essere credibile deve al proprio interno avere tutte le voci-specchio della realtà storica e culturale, perché poi, puntualmente, abbiamo la vittoria di sennati riformatori e la vittoria di sennati conservatori.

Allora devo dire a Cariglia, ma anche a Craxi, che non esiste la possibilità di rivendicare il patrimonio saragattiano, il patrimonio socialdemocratico, se continua alternativamente a ritenersi legittimato a lanciare gli anatemi a liberali e repubblicani dicendo che sono di destra e che lui sarebbe di sinistra, e un giorno sì e uno no - accorgendosi che il Partito comunista è buono come cadavere cui accoppiarsi in necrofilia, e di cui quindi bisogna accellerare il decesso - accorgersi l'indomani, dopo aver insultato tutto e tutti, compresa l'arte e la serietà di governo del proprio partito, che invece insieme - toghether - con i comunisti puoi fare l'alternativa di sinistra.

No, noi negli anni '50 sapevamo che Ignazio Silone, sapevamo che Peppino Saragat, che la socialdemocrazia o era - e Saragat sceglieva di esserlo - socialista liberale, liberal-socialista, o tutto il resto era monco da un punto di vista di metodo, "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei", ed è per questo che uno dei primi scontri con Craxi è stato quando, contro l'importanza di quello che avevamo fatto insieme, se ne venne fuori con la storia dei repubblicani di destra, dei grandi capitalisti e via dicendo.

A questo però dobbiamo stare attenti anche noi. La posizione dell'ultimo congresso socialdemocratico - per fortuna se ne annuncia un'altro oggi -, quella per la quale c'era il riformismo e doveva riguardare radicali, socialisti e socialdemocratici, non ci trovò d'accordo ma era marginale; in realtà altri fatti già stavano preparandosi.

Ricordiamoci che nel momento in cui dovessimo eleggere Steel, dovessimo avere nelle nostre liste - chiedendo di dare i loro nomi, come bandiera - Darendorf e Popper, possiamo farlo; i loro non ci pensano a candidarli.

Dobbiamo anche rivendicare che quest'altra baggianata per la quale il Partito comunista avrebbe un giorno compiuto il termine della sua evoluzione - io poi nelle evoluzioni degli altri sono poco esperto - nel momento in cui divenisse pienamente social-democratico, devo dire che aveva ragione Piero Gobetti nel dire che il problema è quello liberal-democratico e non social-democratico , e nelle nostre università per alcuni anni - questo l'ottenemmo in anni duri e difficili, ma l'ottenemmo - non furono solo i nostri avversari, ma coloro che erano divenuti nostri amici che combattemmo con ferocia.

Ma diciamo pure dei Franco Antonicelli, ma addirittura degli Altiero Spinelli, di coloro che nel corso di questi decenni hanno fatto la scelta del camminare un giorno o due o dieci con il Partito comunista (in anni in cui, lasciatemelo dire, lasciatemelo ricordare: per dieci o quindici anni non è stato Almirante, ma sono stato io il nemico considerato tale dal Partito comunista). Ebbene, consentitemi di dire che non possiamo ritenere che Antonicelli fosse solo un traditore di se stesso o un vanesio, o Altiero un maniaco inconsapevole della federazione europea; rigore ce n'era anche lì. Allora, via le nostre differenze, le nostre differenze individuali, cari amici.

Certo, per i segretari dei partiti c'è la grande, difficile responsabilità di gestire democraticamente il cammino e le scelte democratiche dei partiti come oggi sono. Dicevo che sono privilegiato in questo momento; e solo se tenete presente questo potete cogliere il senso di unità, di corresponsabilità, ma consentitemi, anche di concordia profonda con cui mi sento unito a questa speranza che teoricamente potrebbe passare attraverso altre alleanze, ma che invece io mi auguro passi da questa.

Ecco l'essenziale di quel che volevo dire.

Pensate - scusate, amici repubblicani - al congresso di Ravenna, all'espulsione di Randolfo Pacciardi, ai sospetti su Nuova repubblica; pensate agli odii fraterni - ma solo quelli sono gli odii che si creano; non si odia in un momento dato un estraneo: lo si può disprezzare o meno. Io allora ritenevo la proposta dell'elezione presidenziale un salto in avanti nella riflessione, ebbi a dirlo e mi dolsi che la televisione di Stato non consentisse a Randolfo Pacciardi di esprimersi dinnanzi al paese e che fosse linciato con poca tolleranza non tanto dagli altri repubblicani, ma da tutto il festival dei trombettieri di regime, degli indipendenti, di quelli che invece che di altro si fan costantemente trombetta del linciaggio e dell'intolleranza.

Le distanze fra il liberale in quanto tale, il repubblicano in quanto tale, il socialdemocratico in quanto tale, francamente; pensate che Malagodi ha invitato a votare per il partito democratico prima della convenzione, Malagodi si è pronunciato a nome dell'Internazionale liberale, del Partito liberale per Jesse Jackson, che non sarà un khomeinista ma è un fondamentalista, certo anche per motivi storici...

Federazione, partito; il primo luglio, assieme, con una decisione e non con una speranza. Se è troppo rischiosa la direzione di marcia, le direzioni di marcia si cambiano, basta un cartellino indicatore o uno che ti fa lo sgambetto e non ti ritrovi. Dobbiamo essere prudenti oltre che chiari, e la prudenza è nell'assicurarci a livello del nostro diritto e dei nostri doveri, scritti questa volta dopo quarant'anni, assicurarci che questa è realtà giuridicamente acquisita alle nostre coscienze e alla politica del paese.

Se su questo i saggi che ho indicato volessero e potessero muoversi in poche ore per fare uno statuto e fissare delle date con il coraggio che può avere solo chi è antico e non vecchio, e sa scernere il possibile in mezzo al trito putridume dei possibili che si consumano, non eleggeremmo solo Steel per la prima volta, portando oltre il 20-25% dell'elettorato britannico; sarebbe sconvolgente. Una volta in Parlamento, a Strasburgo, la politica britannica dovrà fare i conti con realtà diverse, perché a questo punto metà degli eletti tatcheriani e metà degli eletti laburisti non potrebbero non porsi in concreto, subito, dei problemi.

C'è quindi molto da fare. Mi dicano i partiti fratelli, i partiti amici; mi dicano nel rispetto delle proprie regole e dei propri tempi, mi dicano gli amici e i fratelli Partito liberale e Partito repubblicano, mi dicano se questo possiamo farlo assieme fra noi piuttosto che lasciarlo fare troppo tardi alle cose o magari ad altri.

E' quello che volevo dirvi, con un tantino, anche, di sentimento oltre che di fredda razionalità. La razionalità mi porta dove questo progetto vive, ma il sentimento mi porta a sperare che sia qui e in fondo oggi e adesso che questo sapremo fare sopratutto per quel 92% di cittadini che finora non sono stati con noi.

 
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