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Stango Antonio - 1 febbraio 1989
Grido di libertà, grido di verità
Antonio Stango

SOMMARIO: Il partito non è più l'utensile adeguato alla politica radicale, sostiene Antonio Stango, perché i tempi e quindi la politica sono cambiati. Occorre dunque inventare una nuova forma partitica, capace di confrontarsi con la natura sovranazionale delle sfide del nostro tempo.

(Notizie Radicali n· 21 del 1· febbraio 1989)

Nell'ultimo Consiglio federale si è avviato in modo non più equivocabile il necessario dibattito sul futuro delle speranze radicali. Che mantenere l'attuale strumento-partito non sia probabilmente la soluzione più idonea perché tali speranze possano concretizzarsi, attraverso l'organizzazione della lotta politica, è apparso a molti più chiaro che in passato, costituendo diversi interventi - a partire da alcune considerazioni di Marco Pannella - la conseguenza logica di un percorso di riflessione compiuto in anni di scelte congressuali e continuato nel corso del 1988.

Personalmente, non avverto un senso di tragicità di fronte alla prospettiva - sulla quale il prossimo congresso dovrà pronunciarsi - di una chiusura del partito. L'avvertirei piuttosto dinanzi alla strada di una grigia persistenza del Partito radicale così come al momento possiamo descriverlo: grande sul piano delle idee, del coraggio, dell'intuizione del nuovo e del possibile, ma inadeguato su quello della produttività di effetti legislativi, cambiamenti strutturali della società, finanche sostanziali prese di coscienza dei nodi autentici del mondo contemporaneo.

A titolo di esempio, proviamo a porci delle domande. Può il Partito radicale oggi determinare l'approvazione e l'applicazione almeno in Italia di una legge sulla giustizia che sia rispondente alla volontà del corpo elettorale espressa mediante referendum? Oppure: può il Partito Radicale oggi tornare ad essere fattore-chiave di una trasformazione sociale, almeno in Italia, di portata equivalente a quella relativa alla introduzione del divorzio e dell'aborto nell'ordinamento giuridico nazionale (magari sul terreno dell'abolizione del proibizionismo in materia di sostanze stupefacenti)? O ancora: può il Partito Radicale oggi - rispondendo ad un ruolo di portatore di verità che ritengo essenziale - riuscire a dare almeno all'opinione pubblica italiana la cognizione del massacro in atto in numerosi paesi del mondo con l'arma alimentare, la fucilazione, la lapidazione, la sedia elettrica, le armi chimiche e convenzionali, il freddo e la fame di una miseria imposta dalla follia di un regime? Può farsi udire, gridan

do solo nel silenzio o peggio ancora nel frastuono della disinformazione, nello spiegare che la repressione dei diritti umani continua malgrado i volti sorridenti di alcuni capi di partito e di stato? Può sperare, insieme a pochi altri, di far comprendere che occorre frenare subito la distruzione dell'ozono e quella delle foreste, in Sud America come nel Tibet?

Grido di libertà, grido di vita, grido di verità è quanto vorrei che si levasse e che riuscisse a produrre leggi, regole, consapevolezza, rispetto per i diritti degli esseri umani come per quelli degli altri viventi e per l'integrità dell'ecosistema. E' tutto questo un obiettivo raggiungibile non dico dal Partito radicale, ma da un partito, quale che sia, oggi esistente?

Si potrà dire che le ambizioni che ho descritto sono smisurate. Non sarebbe esatto. Esse sono piuttosto della misura medesima dei problemi che abbiamo di fronte, e che soffocano la nostra vita nelle idee e nella possibilità di esprimerle, di conoscere quelle altrui o anche soltanto di nutrirsi o di respirare. In realtà, resta ancora da attuare l'intuizione tracciata nel Manifesto di Ventotene (il dover concepire nuove forze politiche basate non sulla distinzione tradizionale fra "destra" e "sinistra" ma fra quanti si battono per ottenere il potere nazionale e quanti per costruire "un solido Stato internazionale") e già quella sarebbe semmai insufficiente, poiché scritta in un tempo in cui non ancora prevedibili erano per Spinelli e per Rossi i livelli di rischio per le libertà e per la vita che in questa epoca di strette di mano televisive fra i capi delle superpotenze sono stati raggiunti. Tanto più inutile, tanto più inadeguato sarebbe dunque un tentativo di far tornare indietro il Partito radicale, ricond

ucendolo ad ambizioni meramente nazionali e ad un terreno d'azione ristretto. Ciò che è stato negli anni 60 e 70 non può ripetersi; ed il campo politico è oggi nei fatti transnazionale, non perché lo dipingano così delle menti idealiste ma perché tale lo rendono gli spazi, le interconnessioni, i mezzi di comunicazione del nostro tempo. Nè il quadro italiano è ormai suscettibile di trasformazioni operate da singoli partiti: la via della politica transpartitica, indicata negli ultimi congressi accanto a quella transnazionale, appare l'unica in grado di produrre effetti positivi di cambiamento, consentendo la nascita di nuovi schieramenti e una credibile alternativa di scelte.

 
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