Stefano Rodota'SOMMARIO: L'uso politico della questione droga, attraverso il quale si tenta di inquinare la lotta politica italiana. La legge governativa non prevede soltanto l'uso tradizionale dei mezzi repressivi, ma una forma di rimodellamento della sfera individuale, una forma di morte civile del consumatore. La necessità di un'azione comune in sede parlamentare.
(Atti del Convegno "No alla legge governativa sulla droga, repressiva, illiberale, ingiusta", Roma 14 febbraio 1989)
Voglio fare due osservazioni, dare una risposta agli interrogativi di Massimo Teodori, e fare a mia volta una domanda: io non interverrò nella discussione generale sulle strategie da tenere in questo momento nei confronti della questione droga, rimanendo stretto al tema dell'incontro di oggi; aggiungo soltanto che il gruppo della Sinistra Indipendente della Camera sta lavorando su questo tema; non c'è una nostra proposta di legge in questo momento, può darsi - ma poiché il tema è difficile non è detto che su questo ci sia consenso generale - che ci sia tra qualche tempo.
Prima considerazione: mi sembra particolarmente rilevante in questo momento il valore di iniziative comuni, innanzitutto per una ragione di ordine generale. Dico molto semplicemente che siamo di fronte ad un uso politico dei mali del secolo, uso politico, insisto, della questione droga o della questione AIDS. Si sta cercando di importare in Italia questo modello; i segni sono davanti agli occhi di tutti: la proposta di legge di cui si discute, i comportamenti e la politica più generale seguita dal Ministro della Sanità per la questione AIDS. Sappiamo del resto che l'uso politico ha caratterizzato due campagne elettorali, una in Francia, particolarmente sull'AIDS, con Le Pen, una sulla droga negli Stati Uniti che ha avuto non piccola parte nella campagna elettorale, non tanto presidenziale, quanto per un rinnovo di un terzo del congresso.
Il tentativo di inquinare la lotta politica italiana attraverso quest'uso mi pare grave, e ritengo che vada in qualche misura bloccato: credo che se riuscissimo a fare questo, sarebbe un risultato di non poco rilievo, anche perché non è detto che i modelli culturali debbano essere necessariamente questi. In Francia è stato costituito un consiglio nazionale sui temi dell'AIDS, e l'intelligenza politica, se non altro in quel paese, ha consigliato di avere alla presidenza di questo consiglio nazionale un antropologo sociale.
C'è un abisso tra chi imposta le questioni nel modo riflesso dal disegno di legge che stiamo discutendo e dalle iniziative del Ministro della Sanità, e chi vede invece in questo un grande problema di antropologia sociale, di cambiamenti che non possono essere contrastati con il vecchio armamentario repressivo.
Seconda considerazione: come già Franco Ippolito ha messo in evidenza, qui non siamo soltanto all'uso tradizionale dei mezzi repressivi con tutte le limitazioni che conosciamo in tema di libertà, ma ad una forma di rimodellamento della sfera individuale, riprendendo la strada della perdita della capacità giuridica, forma in certa misura - lo dico estremizzando - di morte civile del consumatore di droga.
In una società caratterizzata dalla mobilità o dalla necessaria mobilità, il fatto di incidere profondamente sulle possibilità di spostarsi - sospensione della patente, obbligo di residenza, ritiro del passaporto - mi pare che individui già una direzione molto netta. Qualche cosa, quindi, di più che una tradizionale limitazione dei diritti civili: individuare una categoria e escluderla, attraverso un'operazione di riduzione della sua sfera di diritti, dall'ambito della comunicazione sociale.
D'altra parte, voi sapete bene che negli Stati Uniti si è andati molto più avanti considerando l'area giovanile investita dal fenomeno; il divieto, per esempio, di accedere ad ogni forma di sussidio, borsa di studio, intervento pubblico è una misura in questo senso particolarmente incisiva.
Fatte queste due osservazioni che mi fanno ritenere necessaria, per ragioni di ordine generale, un'azione comune, ho implicitamente dato una risposta alle domande di Teodori e aggiungo che, per ciò che riguarda i comportamenti dei nostri gruppi parlamentari, un'azione comune non è e non sarebbe una novità, perché su questioni di ordine generale possiamo anche avere opinioni molto diverse, ma quando ci sono momenti di comune valutazione ci muoviamo in maniera abbastanza coordinata, soprattutto da un po' di tempo a questa parte.
Credo, quindi, che questa sia un'occasione per la quale non ho nessuna difficoltà a confermare e sottolineare un dato di continuità: questa vicenda relativa al disegno di legge governativo sulla droga mette in evidenza un bisogno particolare di azione comune, e voglio dire che non sarebbe la prima volta che questo avviene, ed è significativo che io possa ribadire un'azione comune e non una disponibilità, perché quello che interessa il gruppo Federalista Europeo interessa allo stesso modo noi, avere, cioè, il più largo schieramento possibile in sede parlamentare per bloccare questa iniziativa.
Da questo punto di vista, quindi, credo che da parte nostra non ci siano difficoltà e che vedremo tutte le misure concrete e, di volta in volta, poi anche le azioni verso l'esterno che si riterrà opportuno intraprendere, e qui non posso che confermare questa disponibilità.
La domanda che io volevo fare a mia volta, riprendendo un tema che è emerso nel Forum organizzato dal Partito Comunista e che può avere delle ricadute immediate, proprio in termini di azione parlamentare, è quali sono gli orientamenti rispetto alle proposte di separare nettamente nel disegno di legge governativo - quali che possano essere poi le valutazioni che facciamo - la parte relativa alla lotta contro i trafficanti, soprattutto per ciò che riguarda la dimensione internazionale, dalle misure invece nei confronti dei consumatori e dei tossicodipendenti. Se questa è una via praticabile in sede parlamentare, oppure no; io personalmente ieri ho espresso un orientamento in linea di massima favorevole; visto che c'è l'occasione volevo riproporre anche a voi questo problema