Roberto SgallaSegretario Nazionale Sindacato Italiano Lavoratori Polizia (SIULP)
SOMMARIO: gli attentati alla sfera individuale che deriverebbero dalla punibilità del consumatore, la non adeguatezza della proposta governativa a fronteggiare il fenomeno droga, le riserve sul servizio centrale antidroga, l'impraticabilità della legge governativa da parte della polizia.
(Atti del Convegno "No alla legge governativa sulla droga, repressiva, illiberale, ingiusta", Roma 14 febbraio 1989)
Le motivazioni che mi hanno indotto ad aderire a questa iniziativa per il no alla legge Jervolino, muovono da due obiezioni, da due opzioni fondamentali: una più di carattere culturale, l'altra più di carattere tecnico, che ha tuttavia una valenza politica, tecnico-politica.
La prima, di carattere culturale: senza voler fare del facile sociologismo o scadere in analisi abbastanza superficiali o semplicistiche, mi sembra però che la situazione generale di questo paese in questa fase sia ben presente e quindi, o in maniera dolosa, o in maniera colposa sicuramente ci sono fenomeni di normalizzazione; basta dire che la battaglia per la riforma dei vari corpi di polizia si è arenata dopo la riforma della polizia stessa, mentre ce ne sarebbero altre.
Ci sono sicuramente alcuni momenti di normalizzazione e anche il ripetersi di alcuni attentati proprio alla sfera individuale, per cui si tende più a punire e a colpire le condizioni - e lo diceva giustamente Ippolito prima - soggettive della persona che eventualmente l'allarme sociale che i fatti creano. Questo è un dato che si ritrova anche in questo disegno di legge, ed ecco il primo motivo per cui aderisco all'iniziativa dei "no" contro la legge. Anche perché, nonostante le affermazioni che negli ultimi tempi vengono fatte nel paese, cioè di territori interi occupati, l'Alto commissario Sica, ha dichiarato che intere regioni praticamente vedono lo Stato tentare di entrare all'interno di organizzazioni malavitose, o addirittura affermazioni ancora più gravi, e cioè di un anti Stato nello Stato, affermazione del Capo della Polizia fatta in Commissione Affari Costituzionali.
Nonostante queste affermazioni che dimostrano e rendono tangibile la gravità del fenomeno criminoso in Italia, la risposta è estremamente lenta, se non addirittura assente, e sicuramente non adeguata. C'è stato un potenziamento degli organici, dei mezzi, delle forze di polizia, forse anche dei magistrati, del personale di supporto, ma sicuramente è una risposta più in termini quantitativi che in termini qualitativi.
E' quindi una esigenza riprendere una battaglia più complessiva su questo valore del rispetto della persona e sulla volontà vera di una
lotta alla grande criminalità organizzata che fa del traffico degli stupefacenti uno dei principali modi di arricchimento.
Per questo noi della polizia saremmo d'accordo, vedremmo bene un separare, uno stralciare la parte del disegno di legge che invece riguarda la lotta al grande traffico; sarebbe veramente un segno di volontà da parte delle forze politiche, da parte delle forze di governo, di incidere in uno dei fenomeni più grossi quale è il grande traffico.
Anche su questo abbiamo delle riserve rispetto alle proposte del governo per quanto riguarda il servizio centrale antidroga, la sua capacità di coordinare le forze di polizia, il suo potenziamento all'estero, la possibilità di avere obbligatoriamente le informazioni anche dalle altre forze di polizia, ma sono sicuramente problemi che possono essere risolti in sede di dibattito, mentre - torno a ripetere - l'obiezione primaria di un disegno di legge che comunque introduce un nuovo elemento negativo nel panorama italiano è e rimane tutta.
Sicuramente questa condivisione di alcune norme di contrasto che potrebbero aiutare le forze di polizia, che potrebbero aiutare i magistrati nella loro opera, pur negli aggiustamenti che si devono e si possono trovare, ci fa dire che potrebbe essere veramente un primo passo di buona volontà dare a chi opera in prima linea nei confronti della grande criminalità uno strumento di cui si sente la necessità.
La seconda ragione, invece, più di carattere tecnico - ma non esistono ragioni di carattere tecnico che non abbiano anche un substrato e una valenza politica - è quella che Ippolito definiva l'impraticabilità della legge, proprio rispetto al lavoro del poliziotto. Io, oltre ad essere il segretario nazionale del sindacato unitario Lavoratori di Polizia, il sindacato che rappresenta il loro movimento, che ha portato avanti la riforma stessa, sono un poliziotto che conosce quante difficoltà la polizia attraversa già nel dover affrontare i grossi temi della prevenzione e della repressione del grosso traffico. Scaricarci allora addosso tutta una serie di incombenze, chiamiamole amministrative, ma amministrative non sono, renderebbero ancora più pesante il lavoro, arrivando sicuramente a collassarlo.
Le norme previste dall'articolo 72 e seguenti del disegno di legge, il controllo del divieto ad allontanarsi dal comune di residenza, l'obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno nelle ore fissate negli uffici di polizia, proprio in considerazione del grandissimo numero, purtroppo, di persone che fanno uso di sostanze stupefacenti, di tossicodipendenti, aggraverebbe il lavoro distogliendo una grande quantità di forze da impiegare, invece, in altre attività, a meno che non si voglia qui allargare a dismisura gli organici delle forze di polizia. Aggravare la polizia di questi ulteriori compiti connessi al controllo delle persone tossicodipendenti, sicuramente distoglierebbe e renderebbe vane altre attività molto più importanti.
Le stesse pene poi verrebbero sistematicamente violate, in particolar modo nei momenti di massima sofferenza del tossicodipendente, di disagio, di astinenza. Voi sapete che quando vengono violate le norme di carattere amministrativo, queste pene amministrative che pene amministrative non sono, ma sono pene vere e proprie perché già la legge della depenalizzazione le aveva introdotte, vengono sancite di nuovo dal nuovo codice di procedura penale e scatta la reclusione, quindi sanzioni penali ancora più gravi, reclusione e multa che porterebbero migliaia di tossicodipendenti a infoltire ulteriormente le carceri già piene, non tanto di grandi criminali, ma di persone che magari incappano nelle maglie della giustizia o delle forze di polizia anche per reati di lieve entità.
Ultimo elemento che mi lascia molto perplesso è la differenza che viene introdotta nell'articolo 72 bis e nell'articolo 72 ter, laddove si distingue il detentore abituale di sostanze stupefacenti per uso personale, da colui che invece ne fa uso occasionale. Dice infatti la legge che, mentre per i primi la quantità che possono detenere non deve eccedere le dosi abitualmente assunte nell'arco delle ventiquattro ore, nel secondo caso la quantità non deve eccedere la dose giornaliera del principio attivo.
Io conosco la polizia, ho vissuto tutta la fase del movimento, tutta questa nuova fase della riforma, nonostante il grande balzo in avanti fatto in tema di elevazione del livello culturale, in termini di professionalità, grazie all'apporto delle forze di progresso, all'apporto di tanti poliziotti che hanno creduto, però mi è molto, molto difficile immaginare il poliziotto, il carabiniere, la guardia di finanza, in senso quindi ampio, che sulla strada stabilisce se uno è un assuntore abituale, se è un assuntore occasionale o quanta droga può assumere.
Questi sono i motivi, in termini molto sintetici, che mi hanno indotto ad aderire a questa iniziativa e ad essere disponibile, chiaramente, ad ogni altra iniziativa che possa veramente provocare un'inversione nel disegno di legge stesso, facendo diventare sempre più pregnante la vera lotta al traffico, e soprattutto rispondendo ai giusti diritti del tossicodipendente.