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Cerminara Gabriele - 14 febbraio 1989
Droga: I progetti di legge dal '75 ad oggi.
Gabriele Cerminara

Giudice, Magistratura Democratica

SOMMARIO: L'autore riporta le conclusioni di uno studio della corrente "Magistratura democratica" sui vari progetti di legge presentati successivamente all'entrata in vigore della legge 685. Se quest'ultima assegnava i tossicodipendenti al controllo sanitario, oggi si propone invece di affidarli completamente al sistema giudiziario. Le comunità terapeutiche coattive e quelle libere.

(Atti del Convegno "No alla legge governativa sulla droga, repressiva, illiberale, ingiusta", Roma 14 febbraio 1989)

Io sto conducendo, come altri colleghi e compagni di Magistratura Democratica, un'indagine sulla posizione delle varie forze politiche dopo l'entrata in vigore della 685. Questa indagine si svolge in particolare su un esame dei vari progetti di legge che si sono succeduti dal '75 in poi.

La prima impressione che si prova leggendo questi documenti è che la 685 ha lasciato dei grossi margini di ambiguità. La 685, come voi sapete, non ha risolto uno dei problemi più di fondo della questione, cioè se la risposta da dare a questo problema era una risposta di tipo repressivo o una risposta di tipo riabilitativo.

Questo è un problema su cui la 685 è rimasta una via di mezzo, e varie tecniche usate, prima fra tutte quella che si conosce come articolo 80, cioè la non punibilità del consumatore di modica quantità, è una scelta ambigua, in quanto non risolve il problema e lo lascia in questo margine indefinito.

Le varie forze politiche che hanno avuto occasione nell'arco di questi anni, fino all'autunno scorso, di occuparsi di questo problema, lo hanno affrontato con una certa pacatezza e, tutto considerato, con una omogeneità di risposte, quantomeno in termini enunciativi.

La prima cosa che salta agli occhi è che tutte le forze politiche - eccetto il Movimento Sociale - danno per scontata una sfiducia massima alla risposta di tipo carcerario al consumo della droga; sarebbe molto interessante vedere alcuni giudizi di valore che danno non solo forze che tradizionalmente sono su posizione di liberalità o legalizzazione delle droghe, ma anche forze che hanno una caratterizzazione meno precisa.

Ci sono, ad esempio, delle enunciazioni della stessa Democrazia Cristiana in termini di risposta repressiva che lasciano abbastanza sconcertati in questo momento, verificando ora qual è la posizione della Democrazia Cristiana; sono, per esempio, giudizi in cui dicono che è bene rompere la connessione tra il consumatore e il mercante di droga, e questa rottura di connessione la individuano proprio nella non punibilità, nell'alleggerimento del carico penale nei confronti del consumatore di droga.

Il Partito Comunista, ad esempio, pose in un progetto ormai lontano, del 1980, un'ipotesi di legalizzazione dell'eroina, sia pure in via sperimentale, sostenendo lo stesso principio, e cioè che è importantissimo separare queste due posizioni.

Questa, quindi, è una delle sorprese che colgono chi affronta questo tipo di analisi.

Direi, però, che il punto principale su cui le forze politiche hanno confrontato le loro posizioni, è quello delle connotazioni di fondo da assegnare alla domanda di droga; qui mi pare il punto più attuale del problema. La domanda di droga, esclusa la domanda di droga uguale devianza criminale -almeno teoricamente in questi documenti lo si è sempre escluso - è viceversa rapportata a un altro fenomeno, cioè la domanda di droga è uguale o assimilabile, è un sintomo della malattia mentale; questo emerge in una serie di progetti, più o meno chiaramente.

Da questa enunciazione derivano ovviamente delle indicazioni operative che pongono la risposta in chiave terapeutica e anche in chiave di controllo sociale che passa attraverso il terapeuta. Questa è una caratterizzazione che poi troveremo accentuata e molto forte nell'ultimo progetto legislativo, quando per esempio si affida ai periti la cognizione della abitualità del consumo di droga, e da questo poi facendo derivare una grossa differenziazione di trattamento, perché se il perito risponde - non so con quali strumenti tecnici possa rispondere in modo esatto a questo quesito - che il consumatore è un consumatore abituale, scatta la sanzione penale o scatta una sanzione penale - tanto per essere più precisi - che va da otto anni come minimo a venti anni come massimo, altrimenti scattano quelle sanzioni che sono state spacciate come sanzioni di tipo amministrativo e che sono invece sanzioni penali, ma di tipo più lieve.

Quindi il potere che viene assegnato a questo intervento tecnico è un potere enorme, è un potere soprattutto incontrollabile. Direi che su questo punto il dibattito - ovviamente non solo oggi, ma anche nei prossimi mesi - dovrebbe essere illuminato; mi pare che la suggestione sia molto forte a fermarci a quelle che sono state le modifiche del progetto originario.

Il progetto originario era un progetto che aveva una sua base ed una sua logica, e la sua base e la sua logica erano proprio queste: era la logica di assegnare tutto questo margine di società al controllo sanitario; quello che si è sovrapposto è stato un tipo di sanzionabilità penale che è molto rozza, tecnicamente appiccicata con un'elaborazione assolutamente sommaria e che, quindi, non è l'aspetto più pericoloso dal punto di vista della risposta repressiva. Forse è pericoloso perché all'interno di questa proposta evidentemente c'è un messaggio abbastanza pesante di impatto punitivo verso questo fenomeno; la parte più significativa di questo nuovo progetto però è proprio questa, ed è più significativo anche perché si riallaccia a tutta una tradizione di alcune forze politiche. La Democrazia Cristiana non a caso ha un atteggiamento abbastanza ambiguo rispetto a queste proposte punitive, perché la sua tradizione in questo settore non è quella di aumentare la repressività penale, ma quella di aumentare il pote

nziale assistenziale.

L'assistenzialismo, caro alla Democrazia Cristiana - e che non è solo un tipo specifico di risposta in questo ambito, ma è molto più generale nella tradizione della Democrazia Cristiana - è quello che la proposta di fondo che viene portata avanti ha alcune connotazioni specifiche, e l'assistenzialismo, secondo questa proposta, avverrà attraverso delle strutture privatistiche, anche questo ricollegandosi ad una tradizione che, guarda caso, è una tradizione che nella scuola, negli ospedali o nelle cliniche ha un suo aggancio preciso.

Demandare come esecuzione di un'elaborazione che viene fatta nelle strutture pubbliche che hanno solo questo compito - che è quindi un compito molto generico e molto poco precisato nella legge - il compito di fare una programmazione generica, dopo di che rinviare l'esecuzione alle strutture assistenziali.

Queste strutture assistenziali sono state identificate con le comunità terapeutiche: di queste comunità terapeutiche c'è un'ulteriore selezione, perché gli interlocutori principali non sono le comunità terapeutiche che erano presenti oggi, cioè quelle che hanno fatto una scelta di approccio libero del tossicodipendente rispetto alla cura, ma sono solo le comunità terapeutiche che hanno già fatto una scelta di terapia coattiva.

Solo per queste penso che ci sia la possibilità di avere uno sfogo in tutte quelle indicazioni coattive che sono previste all'interno della legge; le altre comunità sono tagliate fuori, anche se non completamente, perché ci sarà sempre un margine di terapia volontaria. Non a caso il plauso e l'appoggio incondizionato delle comunità terapeutiche di tipo coattivo, rispetto a questo progetto di legge, è parallelo a quelle che sono le critiche e le forti opposizioni che vengono dalle comunità terapeutiche libere.

Vorrei riprendere un allarme che è stato gettato qui anche da Ippolito: mi sembra che questa legge, nella sua rozzezza e nella sua atecnicità, nella sua mancanza di relazione con l'esperienza effettiva, esprima una volontà di sperimentare, nei confronti di un'area di emarginazione, una risposta che sarà o il carcere o l'internamento.

Questa sperimentazione, come tutte le sperimentazioni, costituisce un banco di prova da portare poi contro tutti i margini di estraneazione a quelli che sono i valori comuni della società.

Sappiamo che questa nostra società occidentale subisce una forte pressione, non solo dell'area di emarginazione interna, ma anche dell'area di emarginazione che viene dai paesi che sono stati estraniati dai flussi di ricchezza che esistono nel nostro mondo. Rispetto a questi interlocutori, questa legge costituisce un primo punto che, una volta sperimentato, molto probabilmente sarà poi riprodotto anche contro queste aree.

 
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