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Bassi Franca - 14 febbraio 1989
Droga: Legalizzazione come messaggio di civiltà.
Franca Bassi

SOMMARIO: La posizione delle Liste Verdi sulla proposta di legge governativa in materia di droga: una legge pericolosa, confusa, impraticabile e ingiusta. La necessità di assicurare una casa e un lavoro a chi vuole uscire dalla tossicodipendenza, come alternativa alla sola comunità terapeutica.

(Atti del Convegno "No alla legge governativa sulla droga, repressiva, illiberale, ingiusta", Roma 14 febbraio 1989)

Mi sembra che ognuno qui stia buttando dei sassolini, senza però potersi poi effettivamente confrontare. Consentitemi anche un parallelo tra questa iniziativa e quella che è la situazione dei Verdi e delle liste Verdi rispetto al problema droga: il fronte contro la legge Jervolino esiste, è stato anche assunto dalle Liste in una mozione a Majori nell'ultima loro assemblea nazionale, mentre per quanto riguarda le strategie e tutto il dibattito intorno al problema droga le posizioni sono differenziate. Quello della questione droga non è un nostro patrimonio, e quindi la strategia la stiamo costruendo con un confronto continuo con le persone che anche sul campo stanno lavorando.

Per quanto riguarda la legge non mi dilungo, condividendo quello che Don Ciotti riassumeva e che era emerso dall'assise "educare senza punire"; è una legge confusa, impraticabile, ingiusta e pericolosa, questo mi sembra, in sintesi, questa legge.

Mi sembra anche che sia importante valutare e partire dalla constatazione dei risultati di una legge che, pur con più aperture, si inseriva sempre in un'ottica proibizionistica; noi in sedici anni, dal '75, non abbiamo avuto nessun risultato, anzi, vi è stato un peggioramento della situazione esistente.

Quindi, il discorso della legalizzazione o della liberalizzazione addirittura, secondo me, è un discorso che va affrontato e quanto meno è una scelta di direzione; poi possiamo approfondire le differenze che ci possono essere, i problemi che ci possono essere, come quello di evitare di rincorrere il mercato; ci sono evidentemente dei problemi in questo tipo di discorso, però io penso anche che debba essere il segnale di una direzione e soprattutto un terreno di sperimentazione, visto che abbiamo già sperimentato anche troppo tutto il resto.

Tralascio tutta la questione, pure interessante, che veniva posta sul diritto; Ippolito ha dato degli spunti anche molto interessanti sulla questione che, secondo me, non è soltanto una questione di diritto.

Il discorso della tossicodipendenza, della droga, non sempre è una scelta, e quindi non sempre e non comunque il discorso della legalizzazione è il rispetto di una scelta e il consentire che una persona possa scegliere, proprio perché penso che oggi, non sempre, non comunque e, anzi, abbastanza raramente la scelta della droga sia effettivamente una scelta. E' stato anche detto che è un sintomo di un disagio, e può essere un disagio sociale, può essere un disagio di vita, certo è che ci sono o sono stati anche connotati comuni nelle persone che sono arrivate al buco; alte percentuali di abbandono scolastico, ma non solo, comunque esiste un problema che può essere anche non strutturale, che però va affrontato.

Non vorrei che la scelta della legalizzazione sancisse solamente un diritto alla persona e non una lotta e un intervento anche a livello preventivo e a livello di ridare una speranza di vita. Povertà della speranza, diceva Don Ciotti, e secondo me questo è un problema.

Quando si parla di prevenzione, allora, si dice tutto e si dice niente, perché sembra che dicendo prevenzione si sia trovato chissà che cosa, e in pratica non è niente; ci vorrebbe il tempo per vedere, per analizzare, questi sarebbero anche i "sì", secondo me, da dare, oltre al "no"; proprio analizzare che cosa può essere la prevenzione e quindi togliere le cause strutturali e non solo strutturali del disagio.

Visto che il discorso prevenzione più o meno è assodato, anche se può essere un contenitore vuoto, mi piacerebbe di più affrontare il discorso dell'uscire una volta che si è dentro: qui butto, a livello provocatorio, il discorso della premialità.

Noi dobbiamo anche offrire delle possibilità di vita a coloro che decidono di uscire da questa esperienza; non è soltanto il discorso della comunità terapeutica, sono altri tipi di scelta che si possono fare, ma è anche il futuro, una volta che si è fuori, e quindi il discorso del diritto alla casa, del diritto al lavoro che, in una società dove la disoccupazione giovanile aumenta, e dove la necessità, la fame di case aumenta per tutti, può essere un discorso effettivamente dirompente che crea delle contraddizioni anche all'interno di certe aree, però io penso che vada posto e vada affrontato.

L'ultimo elemento, anche questo come provocazione, è il discorso che sottolineava anche Colombo: dare spazio alla parola del tossicodipendente e riconoscergli soggettività. Sono d'accordo con le proposte che faceva Teodori di coordinamenti, di iniziativa politica, di lotta alla legge Jervolino, benissimo questa attività istituzionale e questa attività politica, però penso che il problema debba essere portato e ritrasportato nel sociale, e che questo fronte di lotta debba vedere coinvolta la società civile e le strutture che civilmente la società si è data; quindi, non soltanto gli operatori, non soltanto il mondo culturale che si muove sul terreno dell'emarginazione e di lotta all'emarginazione, ma anche il tossicodipendente stesso.

Questo è un problema che va approfondito. Evidentemente, non è semplice, non è facile, ma penso che vada dato diritto di parola e riconosciuta soggettività anche al tossicodipendente.

Riprendo una battuta, una proposta rimasta una battuta, che Letizia Battaglia, l'assessore Verde al comune di Palermo, aveva fatto a Verdeuropa: lei aveva lanciato l'idea di una giornata di astensione dal buco: mi rendo conto che detta così è la favola di carnevale, e detta così effettivamente lo è: potrebbe, però, diventare una pista di riflessione, valutando se è realizzabile o no, su cui anche territorialmente, nella società civile - ribadisco questo elemento fondamentale - si sperimenta, si dà voce a chi oggi la voce non ce l'ha, perché un tossicodipendente non esprime nessun tipo di reazione, o quanto meno la esprime, ma non viene letta, non viene riportata, e quindi è come se fosse muto.

 
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