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Rinaldi Elisa - 14 febbraio 1989
Tossicodipendenza: Il diritto alla non sofferenza.
Elisa Rinaldi

Comunità del Porto, Genova

SOMMARIO: La necessità di affermare il diritto alla salute e alla non sofferenza di tutti i cittadini: i tossicomani sono cittadini, prima di essere malati o criminali. L'assenza di un approccio scientifico al problema della tossicodipendenza. Il servizio pubblico deve essere strumento centrale nell'opera di prevenzione.

(Atti del Convegno "No alla legge governativa sulla droga, repressiva, illiberale, ingiusta", Roma 14 febbraio 1989)

Io rappresento la comunità di San Benedetto al Porto di Genova. Non voglio e non mi posso dilungare sugli aspetti della legge, penso che siamo tutti d'accordo in questa sede su alcuni punti che sono quelli della non punibilità; siamo d'accordo sul fatto che dalla proposta emerge una non conoscenza e un disinteresse totale per il disagio giovanile; si vede che chi l'ha pensata non vuole curarsi né di aspetti di prevenzione, né di aspetti di recupero.

Penso, quindi, che tutti noi sappiamo che l'obiettivo primario della legge ha ben poco a che fare con il problema dei ragazzi tossicodipendenti. Noi vogliamo restare fermi su un punto preciso che è un diritto sancito dalla Costituzione, che è il diritto alla salute per tutti i cittadini: i tossicomani sono cittadini, prima di essere malati o criminali.

Inoltre, noi vogliamo dare anche un altro diritto che è molto importante, che è il diritto alla non sofferenza; questo per noi è veramente basilare.

Io devo dire che spesso mi sembra che in questi convegni ci si dimentichi di chi è il tossicomane, del fatto che è una persona e non una figura astratta sulla quale si possono teorizzare degli interventi più o meno credibili: il tossicomane è un soggetto portatore di capacità e di potenzialità, non è assolutamente solo un indigente.

Direi che quello che noi chiediamo è un approccio scientifico al problema della tossicodipendenza, dove la comunità si deve porre solamente come un anello di una catena terapeutica e non come il più importante.

Noi vogliamo ribadire la centralità del servizio pubblico e quindi il potenziamento del servizio pubblico e un migliore e più efficace collegamento con tutte quelle forze del privato-sociale e del volontariato.

Una cosa vorrei dire: io penso che tutti noi abbiamo avuto bisogno, e ancora ne abbiamo, del tossicomane, del tossicodipendente, perché secondo noi la droga è strutturale al nostro sistema, e quindi la società non è assolutamente in grado di affrontare in maniera seria questo problema, se non rimette in discussione se stessa sin dalle sue radici.

Detto questo, vorrei dire che per quanto riguarda il discorso dell'antiproibizionismo , di fronte ad una liberalizzazione criminale in atto, che c'è - e lo posso assicurare, perché a Genova la cosa che posso avere in maniera più semplice e in dieci minuti è proprio eroina - mi sembra che una battaglia culturale antiproibizionistica debba assolutamente iniziare.

Questo perché intanto potrebbe ridurre le morti che sono spesso dovute a modalità di assunzione della sostanza; potrebbe arginare tutta la microcriminalità e quindi non costringere più il tossicomane a delinquere, proprio anche per patologie connesse sempre a modalità di assunzione, tra le quali soprattutto l'AIDS; ma soprattutto ci sembra l'unica strada percorribile per tentare di arginare quello che è il mercato nero e per sferrare un attacco alla mafia.

 
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