Luigi Del GattoSOMMARIO: Oggi è necessario e possibile organizzare concretamente una Lega Internazionale Antiproibizionista. L'autore ne spiega i motivi ed il ruolo che dovrebbe svolgere.
(Notizie Radicali n· 55 del 13 marzo 1989)
Nell'autunno scorso, a Bruxelles prima, a Washington poi, andammo a verificare l'ipotesi di una campagna sulle ormai necessarie riforme delle politiche internazionali delle droghe. Trovammo sia consensi che incoraggiamenti. Incontrammo studiosi, ricercatori, giornalisti, politici e consulenti di governi, che prestarono attenzione alla nostra domanda se non fosse maturato il tempo di superare il proibizionismo. Oggi, sentiamo gravoso ma entusiasmante il compito di pensare alla concreta organizzazione della Lega internazionale antiproibizionista, dare a essa uno statuto e i primi obiettivi politici da raggiungere.
Diciamo proibizionismo e ci diciamo antiproibizionisti in riferimento a quel fenomeno che, a cavallo tra gli anni venti e trenta, colpì soprattutto l'America del Nord in termini di criminalità organizzatasi attorno al divieto di consumo di alcool. Come ogni analogia, è un primo grado di approssimazione, atto più a comunicare un intento che a spiegare il fenomeno attuale delle droghe e non lo adottiamo più di tanto.
Il fenomeno che angoscia le nostre coscienze e attanaglia le nostre società è molto più complesso; è stato definito "il sistema mondiale delle droghe"; sta tutto in un incontrollato e sinora incontrollabile meccanismo di produzione, distribuzione e consumo delle droghe; anzi, non tutto qui, perché c'è un'altra faccia della medaglia, quella del "sistema mondiale dell'antidroga", che sta nella ripetitività di un riflesso, sempre più costoso e arcaico, di repressione da parte di governi, incapaci d'altro quando non direttamente conniventi; sta nella burocratizzazione della lotta alla droga, con una serie di agenzie speciali, sia a livello nazionale che internazionale, ciascuna carica di esperti specialisti settoriali, ciascuna depositaria di un sapere di controllo, incluso quello medico.
In fatto di droghe, lo sfondo biologico appare uno dei più inquietanti, proprio perché è preso acriticamente a misura della lotta tra il bene e il male. Forse sarebbe meglio dire un vero e proprio sfondo sociobiologico, alla E. O. Wilson, che - coniugato alla mentalità bellicista della maggior parte dei governi - costituisce oltre che un'apologetica, una diretta organizzazione tecnocratica della gestione della società e dello stato, fallace e illusoria nei fini, ma ben fondata sui finanziamenti.
Qui non possiamo far altro che indicare gli ampi orizzonti scientifici e politici del "problema droga", non solo per sottolineare quanto essi siano complessi ma anche perché appaiono pregiudiziali per discernere nei due sistemi, quello della droga e quello dell'antidroga, i nodi che, intersecandosi, si rafforzano reciprocamente e per sciogliere i quali dobbiamo contrapporre all'ordine politico, tecnocratico, repressivo e inefficace quello democratico, legalitario e civile e, nel tempo, più efficace; e all'ordine biologico, meccanicistico e aggressivo, quello autopoietico e cognitivo.
Uscire dal proibizionismo è necessario, ma le vie di uscita di sicurezza non sono facilmente visibili o immediatamente rintracciabili. Ciononostante è stata un'esperienza straordinaria constatare come, da centri distanti l'un dall'altro, in una riflessione al singolare fino alla solitudine, sia scaturita la volontà comune di affrontare lo scenario attuale della "liberalizzazione criminale della droga" e "l'illusione colposa dell'antidroga", di voler passare alla comunanza dell'azione concordata per potenziare la capacità di ciascuno e di tutti, uniti nell'ideale della convivenza civile e del rispetto della legge, a salvaguardia del diritto e nel rispetto dei diritti di ciascuno e di tutti.
Da quest'ideale dovrà discendere il senso della risposta anzi delle risposte da trovare, che sta nella legge contro la violenza della giungla, nella ragionevolezza di alcuni obiettivi da raggiungere contro l'approssimazione elementare per la struttura del gioco di "guardia e ladri".
Pensiamo alla Lega internazionale antiproibizionista, come a una grande federazione di singoli e di organismi, capaci di proporre e condurre sperimentazioni politiche adeguate, come:
1. la proposta di Grinspoon di regolamentare le droghe, tutte, compresi l'alcool e il tabacco, in proporzione alla loro nocività;
2. la proposta di Sengers di invitare al confronto scientifico gli organi del "controllo dell'abuso di droga" delle Nazioni Unite:
-a: in incontri in cui discutere le premesse che sono alla base del controllo sull'abuso di droga;
-b: in incontri diretti alla discussione sugli approcci più appropriati per prevenire e ridurre i problemi dell'abuso di droghe;
-c: in conferenze sulla validità e i principi decisionali con cui l'Oms valuta le droghe e le sostanze.
Pensiamo che la Lega potrà e dovrà valorizzare esperienze come quella olandese e danese, basata sul principio di "un ricorso minimo o addirittura inesistente a provvedimenti penali per chi assume droghe". La Lega dovrà appoggiare quelle istanze delle forze dell'ordine che chiedono di non inseguire i comportamenti ma di concentrare le proprie energie nel contenimento della criminalità di mestiere. La Lega potrà e dovrà richiedere che le risorse finanziarie vengano allocate, alternativamente, in reali programmi di prevenzione e riabilitazione, secondo il piano Oms di promozione della salute.
Abbiamo ragioni e motivi di ritenere che quanto era impensabile solo poco più di un anno fa possa divenire realtà organizzativa e capacità fantastica di proposte, oggi; tutto questo ci appare straordinario ma, probabilmente, più che apparire è davvero straordinario.