di Berndt Georg ThammSOMMARIO: Il proibizionismo è garante dello sviluppo e dell'espansione della criminalità organizzata. Solo legalizzando la droga si può colpire il flusso dei capitali che questo grande affare produce e quindi affrontare in modo serio i problemi dei tossicodipendenti. E' un'illusione credere alla possibilità di una società che non consumi alcuna droga.
(Notizie Radicali n· 55 del 13 marzo 1989)
Lo sviluppo nel settore droga a livello nazionale e internazionale non è minaccioso, è catastrofico. Soprattutto negli anni ottanta la criminalità si è sviluppata come organizzazione transnazionale per il traffico di droga, e trae dai 300 ai 500 miliardi di dollari ogni anno dagli affari con gli stupefacenti. Anche se ultimamente il profitto sembra essersi ridotto, negli otto anni del nostro decennio c'è stato un flusso di capitale di oltre 2500 miliardi di narcodollari. Una somma che è il doppio dell'intero debito del Terzo Mondo.
Dopo aver riciclato queste somme sui mercati internazionali, la criminalità organizzata ha investito centinaia di miliardi di dollari che, "puliti", hanno partecipato alla circolazione legale dell'economia. Cartelli sudamericani, sindacati nordamericani, le famiglie europee della mafia, i clan mediorientali o dell'Asia orientale, tutti si sono diffusi a livello mondiale, e non è più possibile nessun controllo attraverso il potere dello Stato.
La proibizione sulle droghe, e la guerra al traffico, hanno prodotto, sotto il profilo economico, l'effetto contrario a quello dichiarato. La politica proibizionista è diventata garante dello sviluppo e dell'espansione della criminalità organizzata. Una modifica realmente radicale della situazione può essere ottenuta soltanto se vi è la volontà politica di colpire decisamente il nervo scoperto della criminalità organizzata, vale a dire il flusso dei capitali. Il proibizionismo sulle droghe, fissato nella convenzione del 1961, dev'essere cancellato per iniziare il processo di legalizzazione, che dovrà portare a una regolamentazione controllata dallo Stato e tassata.
Per la legalizzazione parlano motivi di politica economica e di sicurezza. Grazie ad essa toglieremmo al mondo criminale la fonte più importante di entrate, e questo non significherebbe capitolazione davanti al crimine, ma al contrario l'uso, finalmente, di un'arma efficace.
La vera capitolazione è accettare l'impossibilità di colpire i grandi centri del potere criminale. La legalizzazione toglierebbe anche ai gruppi terroristici una parte delle loro possibilità di acquistare armi, ponendo fine al fenomeno del narcoterrorismo. Ma essa avrebbe anche effetti decisivi sulla condizione dei tossicodipendenti attraverso la decriminalizzazione di milioni di consumatori di droghe, diminuirebbe la loro emarginazione, condizionata dall'illegalità in cui si trova in quanto "criminali drogati"; la miseria sociale, in continuo aumento fra i tossicodipendenti, verrebbe ridotta, e al tempo stesso verrebbero drasticamente ridotti i danni di decine di centinaia di miliardi causati dalla delinquenza che sta intorno alla droga. I tossicomani potrebbero acquistare le loro droghe a prezzi relativamente economici, e per giunta avrebbero la certezza di avere sostanze pulite, pure. Si troverebbero nelle stesse condizioni che esistono per gli alcooldipendenti, i farmacodipendenti, i tabagisti, che posso
no chiedere aiuto, farsi dare consigli, farsi curare. L'attuale differenza fra i "legalmente-dipendenti" (che usano le droghe permesse) e gli "illegalmente-dipendenti" (che usano droghe vietate) ha portato alla formazione di due classi diverse di aiuto e recupero. E i perdenti stanno fra coloro che lo stato ha spinto nell'illegalità. Noi sappiamo che la tossicomania, in sé stessa, è un problema sociale senza soluzione. nessuna società al mondo è libera da droghe. La tossicodipendenza non può essere né vietata né combattuta; è una malattia che può essere curata - con l'aiuto volontario del tossicodipendente - solo grazie a una scelta di libera volontà e sotto condizioni di legalità.
(traduzione di Petra Potz)