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NR - 25 marzo 1989
Il Congresso di Budapest

SOMMARIO: Editoriale di Notizie Radicali sul Congresso radicale di Budapest: la straordinarietà dell'occasione, la sempre precaria situazione del partito, l'appello all'iscrizione.

(Notizie Radicali n· 66 del 25 marzo 1989)

Appuntamento a Budapest, dal 22 al 26 aprile prossimi, per il primo congresso di un partito non comunista e non nazionale che si svolga in un paese da quarant'anni nell'orbita del comunismo reale. Appuntamento a Budapest per il primo congresso del Partito radicale che si svolga al di fuori dei confini dell'Italia.

Un congresso che sanziona di fronte al mondo intero la caduta della cortina di ferro, la nascita e il rafforzamento di una grande primavera per l'Europa e per il pianeta intero: la forza, l'impegno creativi dell'impetuoso processo costituente di una nuova democrazia può e deve dare impulso di rinnovamento, nuova vitalità alle stanche, statiche democrazie reali dell'occidente.

Sarà pure, il Congresso di Budapest, l'occasione per ciascun radicale di conoscere, di discutere con quelle centinaia di compagni che nel primo anno di vita del partito transnazionale hanno deciso - in Jugoslavia come in Polonia, in Portogallo come in Ungheria e nel Burkina Faso - di iscriversi e così costituire il Partito radicale.

Ma quello di Budapest sarà anche un congresso difficile, delicato per il Partito radicale. Il pericolo di chiudere non è scomparso; il Partito radicale ha deciso di andare avanti e cercare di farcela, nel pochissimo tempo disponibile: pochi mesi per ottenere risultati e consensi, iscrizioni e insediamenti organizzati in più paesi; pochi mesi, poche settimane. Intanto, gli iscritti al Partito radicale sono circa 1200. Soltanto 1200 iscritti al partito che tiene il proprio congresso a Budapest, al partito che ha fatto vivere come nessun altro e vincere le speranze di tutti, al primo partito europeo e transnazionale. Vi è una sproporzione, una contraddizione evidente. Questo è il partito che tiene il proprio Congresso in uno di quei paesi in cui da vent'anni i radicali sono puntualmente arrestati e processati perché manifestano per la libertà e il diritto, la democrazia e la giustizia; questo è l'unico partito che, non soltanto formalmente, non ha ormai più alcun connotato nazionale; questo è l'unico partito ch

e opera - al di là delle parole - perché l'Europa cessi di essere percorsa da frontiere più o meno fortificate; e questo partito non ha più di 1200 iscritti. Sproporzione e contraddizione "naturali" per un partito che sempre le ha vissute - e subite - nei suoi pochi decenni di vita; ma non potranno, ormai, che portarlo a scomparire per sempre se venti, trentamila cittadini d'Europa non decideranno essere il Partito radicale il proprio partito, il partito delle proprie speranza. Se non decideranno di costituirlo.

Alla fine di febbraio il Consiglio federale di Strasburgo ha deciso di conquistare l'ultima possibilità, utilizzando tutte le risorse possibili, le ultime, per dare corpo a queste speranze, per l'ultimo tentativo. Ma queste risorse non possono durare che pochissimi mesi, che poche settimane.

Perché il grande appuntamento di Budapest non sia l'ultimo.

 
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