Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Stanzani Sergio - 22 aprile 1989
35· Congresso di Budapest(7) Relazione del primo segretario
Sergio Stanzani

VII.

L'EUROPA E LA POLITICA NORD-SUD. AUMENTA IL DIVARIO TRA PAESI RICCHI ED INDUSTRIALIZZATI E PAESI POVERI. CONTINUA IL NUOVO OLOCAUSTO CAUSATO DALLA FAME, DALLA MISERIA, DAL SOTTOSVILUPPO, DALLE GUERRE.

IL SOTTOSVILUPPO E LE QUESTIONI AMBIENTALI.

SOMMARIO: Nel settimo capitolo della relazione presentata dal Primo segretario del Partito radicale al Congresso di Budapest, Sergio Stanzani ripercorre le tappe dell'iniziativa radicale contro lo sterminio per fame nel mondo e per l'affermazione del diritto alla vita. Successi e fallimenti di una campagna durata cinque anni.

(35· Congresso del Partito Radicale, Budapest 22-26 aprile 1989)

Il Congresso ci aveva invitato a riprendere l'iniziativa contro lo sterminio determinato nel terzo mondo dalla fame, dal sottosviluppo, dalla malattia. E' una strage ogni anno di milioni e milioni di vite umane, vittime delle condizioni sub-umane e di sottoalimentazione, di miseria, di disoccupazione e di abbandono a cui sono costrette tante parti delle popolazioni del terzo mondo. E' una strage, un nuovo "olocausto" cui assistono indifferenti le classi dirigenti ed i Governi del Nord del mondo; cui assistono indifferenti sia la Comunità europea sia i suoi paesi membri.

Nel nostro programma di attuazione della mozione congressuale di Bologna, definito nel primo Consiglio Federale di Bruxelles (febbraio '88) ci eravamo proposti ed avevamo sperato di poter contribuire a promuovere ed organizzare un secondo appuntamento, un secondo convegno dei Capi di Stato africani, che, quattro anni fa, raccogliendo l'appello contenuto nel manifesto dei Premi Nobel ed il nostro invito, si erano solennemente rivolti alla Comunità europea ed alle Nazioni Unite perché fossero decisi programmi eccezionali d'intervento per affrontare e risolvere la questione del debito pubblico, per fermare ed alleviare immediatamente la crisi alimentare in zone colpite dalla siccità e dalla carestia e tentare nel medio periodo di rimuoverne le cause. La crisi finanziaria del partito, che pochi mesi dopo ci si è manifestata in tutta la sua gravità, ci ha purtroppo impedito di coltivare questo progetto.

Un sentimento insieme di sconfitta e d'impotenza continua a gravare su di noi quando ci troviamo di fronte a questo problema. Perché oggi sono più che mai attuali le linee di una politica - espressa con compiutezza nel Manifesto- appello del 1980, firmato dalla maggioranza dei Premi Nobel di tutto il mondo - che da 1979 al 1985 abbiamo tentato di attuare, a partire da una mobilitazione che ha chiamato in causa soprattutto l'Italia e la Comunità europea.

Quelle nostre campagne ed iniziative hanno prodotto come risultato un forte aumento degli stanziamenti italiani, un dibattito non momentaneo nella Comunità europea. Ma è mancato ciò che chiedevano i Nobel: "una nuova volontà politica volta direttamente e manifestatamente - con assoluta priorità - a superare le cause di questa tragedia e a scongiurarne subito gli effetti". E' mancata la volontà di scegliere e votare "nuove leggi, nuovi bilanci, nuovi progetti e nuove iniziative che siano immediatamente volte a salvare miliardi di persone dalla malnutrizione e dal sottosviluppo e centinaia di milioni, per ogni generazione, dalla morte per fame". E' mancata, in definitiva, la volontà di "dar valore di legge alla salvezza dei vivi, al non uccidere, al non sterminare, nemmeno per inerzia, nemmeno per omissione, nemmeno per indifferenza", che era solennemente richiesta ed affermata in quel Manifesto-appello.

Tutto, di conseguenza, è ripiegato nell'ordinaria amministrazione di una politica di "cosiddetti aiuti allo sviluppo", che costituisce soprattutto un aiuto all'industria dei paesi donatori ed al loro commercio estero o che si risolve in interventi assistenziali "che danno buona coscienza a buon mercato e non salvano coloro a cui si rivolgono".

Alcuni avvenimenti recenti ci hanno dimostrato quanto le grandi questioni ecologiche del pianeta s'intreccino con i problemi della fame e del sottosviluppo.

Grazie all'associazione internazionale degli "Amici della Terra" è esplosa la questione dell'Amazzonia, che è la questione più attuale e più drammatica della deforestazione. Gli ambientalisti si sono presentati collegando la questione della salvaguardia dell'Amazzonia e delle sue foreste equatoriali con la questione del debito pubblico che i paesi più poveri hanno accumulato negli anni con i paesi industrializzati e che soffoca le loro economie. Ma il collegamento è stato visto come un ricatto ed ha attizzato forme di reazione nazionalistica ed "antimperialista". Certo, questa reazione può far comodo alle grandi multinazionali che sfruttano e distruggono l'Amazzonia e tolgono il loro habitat vitale agli abitanti di quelle foreste. Ma essa ci ricorda l'insufficienza di un approccio ambientalista alle grandi questioni ambientali del pianeta che scavalchi il problema serio e concreto del governo dei problemi del sottosviluppo, della fame, della mancanza di lavoro e di speranza di tanta parte dell'umanità. Ragio

ni analoghe sono state fatte valere - come abbiamo visto - dai Governi del Terzo Mondo a proposito dell'ozono.

Il nostro non può essere l'ambientalismo di chi si dà buona coscienza a buon mercato e, di fatto, ignorando o scavalcando i problemi del terzo mondo, si allinea a chi opera sperando che il nuovo equilibrio ecologico avvenga soprattutto e di nuovo a spese dei paesi sottosviluppati.

La lotta alla deforestazione, alla desertificazione, agli effetti del crescente uso di energia e della combustione, potremo vincerla se sapremo insieme dare una risposta preventiva a questo problema. Oggi esistono le risorse scientifiche per dare questa risposta. Ma è necessario battere il divorzio che si è creato fra potere e sapere.

Nei prossimi dieci anni avremo forse l'ultima opportunità democratica di governare questi processi e questi pericoli. Se non riusciremo a farlo, avremo nuove e feroci candidature militari e totalitarie. Avremo l'esplodere delle paure e dell'insicurezza. Avremo un nuovo spaventoso razzismo, di cui dobbiamo segnalare i primi gravi segni premonitori ovunque nel mondo.

 
Argomenti correlati:
PR
Ungheria
transpartitico
fame e sottosviluppo
Manifesto Nobel
stampa questo documento invia questa pagina per mail