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Stanzani Sergio - 22 aprile 1989
35· Congresso di Budapest(14) Relazione del primo segretario
Sergio Stanzani

XIV.

LE DIFFICOLTA' SULLA STRADA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA POLITICO, INDICATA AI RADICALI DALLA MOZIONE DI BOLOGNA.

SOMMARIO: Nel quattordicesimo capitolo della relazione presentata dal Primo segretario del Partito radicale al Congresso di Budapest, Sergio Stanzani indica le difficoltà incontrate in Italia per realizzare la riforma del sistema politico. Le concrete iniziative di politica transpartitica del PR.

(35· Congresso del Partito Radicale, Budapest 22-26 aprile 1989)

Noi, del resto, di questa difficoltà, misuriamo tutta la portata anche in Italia. Nel paese dove tanto a lungo e con tanti successi abbiamo operato; anche all'interno delle istituzioni possiamo misurare le resistenze conservatrici alla riforma del sistema politico.

Non solo per coerenza con la propria scelta di rifondazione transnazionale, ma anche per favorire un disegno di profonda riforma del sistema politico e degli schieramenti politici, il partito radicale ha deciso, al precedente Congresso, di astenersi, per il futuro, dal partecipare anche in Italia a competizioni politico-elettorali.

La mozione del Congresso di Bologna affidò ai singoli radicali la "responsabilità di perseguire, con il massimo di iniziativa, la promozione di nuovi soggetti politici riformatori e di aggregazioni politiche ed elettorali capaci di prefigurare una forza laica di alternativa, che possa governare la trasformazione democratica delle istituzioni".

Io credo che molti compagni, aiutati in questo, per quanto è stato possibile, dal partito, a cui per altro la mozione affidava solo un compito di punto di riferimento e di luogo di confronto, si siano comportati con coerenza in questa direzione.

Potrei indicare gli atti numerosi e coerenti che hanno segnato questa fuoriuscita graduale del partito in quanto tale dalle istituzioni e dalla politica nazionale: il cambiamento del nome dei gruppi parlamentari, che si sono denominati federalisti; le numerose iniziative parlamentari di carattere trasversale; la lista civica, laica e verde che abbiamo costituito con Pannella a Catania, dopo aver tentato inutilmente di coinvolgere forze laiche e forze verdi, aperta ad energie e personalità di diversa provenienza politica e che ha riportato un grande successo; le convergenze ecologiste e laiche, civiche e verdi, che sono state realizzate in Friuli Venezia Giulia ed in Trentino Sud Tirolo; le iniziative e la proposta di Pannella per una federazione di forze laiche con il PLI ed il PRI; l'iscrizione di Giovanni Negri e di Lorenzo Strik Lievers al PSDI e le loro assunzioni di responsabilità all'interno di quel partito; l'iniziativa per una vasta aggregazione unitaria delle forze ecologiste e verdi del nostro paes

e e per la presentazione alle prossime europee di una lista "arcobaleno" che è stata portata avanti da alcuni nostri compagni insieme a tanti altri compagni di diversa esperienza politica ed ambientalista. A questo aggiungo il dialogo - che ritengo positivo - con il PCI del "nuovo corso".

Un meccanismo perverso del sistema elettorale e politico italiano spinge però alla frantumazione anziché all'aggregazione ed all'unità.

Il partito nuovo di una democrazia compiuta e riformata, dovrebbe essere un partito laico, federatore di forze eterogenee dovrebbe essere una sorta di super-partito trasversale di interessi, posizioni e culture anche diverse, capaci di riconoscersi in un minimo comune denominatore rappresentato da un programma politico costituito da alcuni precisi obiettivi di riforma. La conservazione dei vecchi partiti e del sistema partitocratico nel suo complesso spinge, invece, a dividere anche ciò che è omogeneo e, per ragioni di potere, ad aumentare il tasso di ideologizzazione, che diventa tanto più alto, quanto minore è l'importanza delle ideologie e quanto maggiori sono i reali interessi di potere.

A queste spinte perverse della nostra partitocrazia, attribuisco le difficoltà che si riscontrano a federare le forze laiche e gli ostacoli frapposti alla proposta "arcobaleno". Quante volte, in nome del rinnovamento della politica, vediamo riproporsi tutti i vizi e tutti i difetti dei vecchi partiti.

Certo, il brusco voltafaccia del Psi, il rovesciamento della politica di unità riformista con radicali e socialdemocratici di alleanza laica ed ecologista che questo partito aveva portato avanti dall''85 all''87, ha reso tutto più difficile.

Stentiamo a riconoscere, nel partito che rilancia la politica dell'emergenza attraverso la lotta alla droga e che ha annullato il grande risultato popolare del referendum sulla responsabilità civile dei giudici, il partito che insieme a noi aveva combattuto le battaglie politiche e referendarie sulla giustizia giusta e che alla fine aveva scelto di raggiungerci nella politica antinucleare, o il partito che avevamo avuto come principale alleato in tutte le lotte contro le leggi speciali e per i diritti civili.

E' stato anche a causa di questo tradimento del referendum sulla giustizia che oggi, una maggioranza del CSM si accinge, con ogni probabilità, a mandare assolti i giudici responsabili del "caso Tortora". Siamo quasi ad un anno dalla morte di Enzo Tortora - Il 17 maggio si terrà una manifestazione per la costituzione della Fondazione che porta il suo nome - ed Enzo attende ancora giustizia.

Queste sono le difficoltà. Ma dovremmo forse tornare indietro? Indietro dove? Anche noi verso la conservazione di noi stessi, come già fanno tutti gli altri, in contraddizione con i nostri propositi e le nostre volontà di riforma? No. Bisogna andare avanti lungo la strada indicata dalla mozione di Bologna. Non esistono alternative. Non esistono scorciatoie.

Ma intanto, tanti compagni italiani, che guardano con rimpianto ad un glorioso passato di lotte radicali e che non vedono affiorare il volto del nuovo partito e della nuova politica, ritengono, a torto, che le nostre scelte siano state in realtà una fuga: una fuga dal terreno sicuro delle nostre conoscenze verso mari non conosciuti. E se analizziamo le nostre difficoltà e guardiamo in faccia la realtà, se misuriamo anche la possibilità di non farcela, se non altro per tentare di riuscire ancora una volta a superare quelle difficoltà e a misurare quei pericoli, ci ritengono responsabili delle une e degli altri, quasi fossimo noi a sceglierli.

E' forse soprattutto a causa di quest'atteggiamento che, al quarto mese di campagna di iscrizioni, il partito ha 1.359 iscritti.

Ed è per me, questo, il più grande motivo personale di amarezza.

 
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