CRISI DI GOVERNO / PARLA LA BESTIA NERA DI CRAXIIntervista con Marco Pannella
di Giampiero Mughini
SOMMARIO: Lunga intervista sulle ragioni del duro confronto, della pesantissima polemica che divide Pannella da Craxi. Se ne rivangano le antiche origini, fin dall'epoca dell'Unione Goliardica.Pannella nega di essere "uomo da duello", da sterile plemica: tratteggia quindi interessanti pennellate psicologiche del segretario del PSI e sostiene che il paragone con il Mussolini del 1919 e del 1921 non era "offensivo": come Mussolini, Craxi rischia di essere "trascinato dai fatti" anche perché, al pari di molti socialisti e cattolici, è privo di "vero senso dello Stato". Rievoca quindi episodi vari, come la elezione di Pertini a Presidente della Repubblica, che Craxi non voleva, e la consultazione di Pertini allora Presidente, quando si infuriò con Pannella il quale gli proponeva Craxi alla presidenza del Consiglio. Richiesto di un giudizio su Craxi come capo del governo, Pnnella afferma che "ne ha il fisico e le qualità di lottatore", ma il suo giudizio finale non può essere positivo, perché Craxi ha commesso va
ri errori, che Pannella puntualmente elenca. Difende quindi la sua proposta di liste comuni con repubblicani e liberali, avversate invece da Craxi, e sostiene che esse "avrebbero incamerato voti che mai sarebbero venuti a noi laici".
A spiegare i rapporti tra lui e Craxi, avanza il paragone dei rapporti tra Mussolini e Nenni, prima amici e collaboratori, poi avversari feroci.
(PANORAMA, 16 luglio 1989)
(Bettino, come Benito, rischia di rompersi la faccia, insiste Pannella. Che non teme per sé, dice, ma per lui. E per la democrazia.)
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Di essere divenuto la pietra dello scandalo, l'uomo a causa del quale Bettino Craxi rifiuta di bissare il pentapartito, a un Marco Giacinto Pannella in forma smagliante non sembra importare molto. Lassù, all'ultimo piano del palazzo adiacente a Montecitorio, dov'è la sede del gruppo parlamentare radicale, lui scherza, strattona affettuosamente per il braccio i suoi collaboratori, risponde orgoglioso alle telefonate di amici e giornalisti che gli chiedono il perché di tanta animosità sua verso i socialisti e dei socialisti verso di lui. Protagonisti fin troppo simili per temperamento e per capacità di comunicazione, personaggi gemelli nell'aver cambiato le modulazioni della vita politica italiana, entrambi leader che tutto vogliono, Craxi e Pannella sembrano stretti da un rapporto dove l'affinità è troppo forte per non capovolgersi in odio.
"Domanda. Onorevole Pannella, ormai da mesi quello suo contro Craxi è un duello senza risparmio di colpi".
"Risposta". Io non sono mai stato uomo da duello, uomo del contro qualcuno o contro qualcosa, bensì persona che costruiva qualcosa, che cercava qualcuno. Per me il tempo del duello sarebbe il tempo dell'impaccio, e questo vale anche per il mio rapporto con Bettino.
"E tuttavia non una volta, in campagna elettorale, lei ha risparmiato Craxi. Adesso Craxi risponde con un ultimatum ai laici: niente governo se Pri e Pli mantengono l'alleanza con Pannella. Il vostro non sarà un duello, ma uno scambio di umori negativi sì".
Può darsi che ci sia stato un mio umore negativo per Bettino, ma adesso non è più solo quello. Se oggi avessi un umore per lui, sarebbe quello di un affetto che mi cresce perché ho il sentimento di capire perfino i dettagli della sua vita interiore, e questo benché la nostra consuetudine, negli anni, sia stata molto scarsa. Quando, venerdì 30 giugno, lui ha fatto quella sua prima dichiarazione contro i laici a causa mia, un amico suo e mio voleva mettersi in mezzo, voleva chiamarlo a Milano, durante il week-end. Gli ho detto che siccome conosco Bettino e i suoi stati d'animo, ero sicuro che ne avesse piene le scatole e che fosse andato a riposarsi in Tunisia. Ho saputo poi d'aver azzeccato.
"Per essere un affetto, è un affetto singolare. Durante un mese e passa di campagna elettorale, da quella televisione privata, Canale 66, lei non ha fatto altro che menare fendenti contro Craxi, accusandolo di voler violare le regole della vita democratica".
Quello che ho detto di Craxi in periodo preelettorale era una sorta di riflessione fra me e me, ad alta voce, e coincide esattamente con valori e convinzioni cui ho sempre creduto. Ho fatto delle analogie tra il socialista Craxi e l'ex-socialista Benito Mussolini che non intendevano assolutamente essere offensive; ho detto che il Mussolini del 1919 o del 1921 non era e non voleva essere il Mussolini che è diventato nel 1926 e ai tempi della dittatura integrale: c'è stato spinto dai fatti, dalla dialettica politica. Bettino rischia anche lui di essere trascinato dai fatti, di andare a rompersi la faccia, di finire per trovarsi tutti contro. Tanto più lo rischia perché, come da sempre molti socialisti e cattolici, è privo di vero senso dello Stato, del diritto.
"Ad avvelenare ulteriormente i vostri rapporti c'è questa vicenda della tessera Psi che lei reclama da tempo, e che Craxi non le dà".
Quando, al congresso socialista di Rimini, dalla presidenza annunciarono che avevo nuovamente chiesto la tessera del Psi, dalla platea venne un uragano di applausi. Poco dopo mi imbattei in Bettino, il quale mi disse di non farmi illusioni, che la tessera la dovevo pagare. Lo feci il gesto di mettere la mano al portafoglio e di pagare subito prima che ci ripensasse. Al che lui si mise a ridere. Da allora sto ancora aspettando.
"A un giornalista del »Mattino che recentemente le ha chiesto di descrivere Craxi, lei lo ha descritto come una persona »sostanzialmente timida, fedele alle amicizie, esteticamente innamorato della storia risorgimentale e del primo socialismo amante del buon vivere, infastidito in genere da teorie, strategie "...
So intuire un personaggio più che descriverlo. E comunque a quella descrizione aggiungerci un tratto fondamentale, che è poi il massimo elemento di differenza tra noi due. Lui ha molto forte il senso dell'"etnos", il senso della tribù di appartenenza, il senso del potere; ha molto meno il senso dell'"ethos", il senso della legge, il senso del limite. Se lui vede il suo avversario in difficoltà, gli molla il colpo di grazia; io per laica tolleranza piuttosto corro al suo soccorso. Da buon socialista, lui pensa che i mezzi usati siano irrilevanti rispetto al fine, io penso l'opposto.
IMBOSCATA
"In realtà avete avuto entrambi la stessa scuola politica, con le sue virtù e i suoi vizi. Siete figli entrambi della politica universitaria degli anni Cinquanta e primi Sessanta, la palestra degli Achille Occhetto, dei Gianni De Michelis, dei Guido Bodrato. Avete imparato lì l'arte della provocazione e dell'imboscata".
In tutta modestia io appartengo alla generazione che inventò la politica universitaria, nel dopoguerra. Bettino no: è venuto quasi dieci anni dopo.
"Molti sostengono che i vostri contrasti abbiano la loro radice in un congresso dell'Ugi dove lei si alleò con gli studenti comunisti guidati da Occhetto a spese dei socialisti di Craxi".
Questo è quello di cui mi ha rimproverato una volta Bettino, peraltro scherzosamente. Io non ricordo affatto quell'episodio, ricordo che in quella circostanza stravincemmo e che non avevamo davvero bisogno dell'aiuto di Occhetto. Né mi ricordo di Craxi, in quella circostanza. La prima volta che avevo avuto a che fare col Craxi militante dell'Ugi risale a molti anni prima. Ugo La Malfa mi mandò a chiamare. Mi accolse in vestaglia e sotto il pigiama, segno inequivocabile che era incazzato. Mi avvertì che all'imminente congresso dell'Ugi di Perugia volevano evitare l'elezione nella direzione di »un giovane socialista morandiano . Seguii il consiglio che La Malfa mi dava e difesi quel giovane che non conoscevo: era Bettino, che fu eletto. Ricordo un'altra circostanza, pochi anni dopo. Craxi era il vicepresidente della giunta Unuri. Lo andai a visitare, nel suo ufficio di via Piemonte, e lo criticai duramente. Mi disse »Quanto tempo mi dai? Due mesi vanno bene? . Così tornò a Milano.
"Non ho ben capito dai suoi racconti, se il Craxi della politica universitaria era un »pannelliano , e cioè un amico di Pannella, o un »impannellato , un suo plagiato".
La distinzione non corrisponde a verità. Anche ai tempi della politica universitaria avevo forza, non potere.
"Di quell'esperienza Craxi porta il marchio tanto quanto lo porta lei?"
Ha certamente imparato a non essere un politicante tradizionale, ma ha fatto pur sempre una scelta politica tradizionale. Io ho continuato a fare esattamente le stesse cose, sempre da laico, sempre senza un soldo.
"Quel Psi in cui è entrato, Craxi lo ha poi cambiato e sconvolto più che un maremoto".
Eh già. Proprio come un maremoto. E sì il partito glielo misero in mano uomini come Giacomo Mancini, di cui lui s'è poi sbarazzato brutalmente, senza necessità.
"E' vero che lei è stato fra quelli che più hanno premuto su Craxi per convincerlo ad accettare Sandro Pertini come candidato socialista alla presidenza della Repubblica?"
Di Pertini lui non ne voleva sapere, i suoi candidati erano Giuliano Vassalli e Massimo Severo Giannini. Ricordo una nostra conversazione, all'angolo del corridoio dov'è la sala del Consiglio dei ministri, in cui ho insistito per convincerlo. Così come, da capo della delegazione radicale, presentai una volta a Sandro, divenuto presidente della Repubblica, la nostra triade di candidati a capo del governo: Umberto Terracini, il più grande comunista italiano di questo secolo, Aurelio Peccei e Bettino. Per avergli io fatto questo nome, quella volta Sandro andò su tutte le furie. Otto mesi dopo dava l'incarico a Bettino.
"Per una volta non sia pannellocentrico, e mi dia un suo giudizio sul Craxi capo del governo".
Credo che quel ruolo lo abbia avuto in dono, prima che lo avesse nei suoi piani. Ne ha comunque il fisico, e le qualità di lottatore. Per molte cose ha fatto bene e s'è saputo districare; per l'essenziale il mio giudizio non è positivo. Non gli perdono d'aver in pochi anni regalato alla Dc le giunte rosse, di averle mollate senza contrattare la presidenza della Repubblica a una Dc cotta, di averle restituito motu proprio la presidenza del Consiglio, e quel Concordato mortificante, un accordo con la Chiesa di cui era completo il disinteresse per i contenuti, com'è spesso nel carattere di Bettino. Ma nel frattempo Psi e Pr avevano lavorato molto in comune. Così, dopo la sua gaffe a "Mixer" in cui smentiva l'accordo di »staffetta con la Dc, trovò referendum, lotta comune contro le elezioni anticipate, liste comuni al Senato e il suo primo e unico vero successo politico elettorale.
"Adesso Craxi la accusa di avere »impannellato i repubblicani e i laici con cui s'è alleato. E' certamente vero che se lei, forte di una giacca e di una camicia, si alleasse con un Hitler forte di 500 divisioni, cercherebbe di »impannellarlo , di prendere dall'alleanza più di quel che dà"...
Nel caso delle liste comuni con repubblicani e liberali, per una federazione alla quale io credo e che mi auguro nasca e s'affermi subito, è avvenuto esattamente l'opposto e ci sono lì le cifre a dimostrarlo. Rispetto alle precedenti elezioni europee la somma di voti repubblicani e liberali è stata inferiore del 3,9 per cento nel collegio di nord-ovest, del 2,5 nel collegio di nord-est, dell'1,7 nel collegio del centro. Nel collegio del sud, dove io mi presentavo, e seppure numero due di lista, la somma dei voti è stata superiore dell'1,2 per cento.
"Sempre in tema di pannellocentrismo, Giorgio La Malfa l'ha accusata d'aver fatto dichiarazione di voto a favore di ben tre partiti concorrenti con la Federazione laica".
Quelle liste avrebbero incamerato voti che mai sarebbero venuti a noi laici. I dati lo confermano senza ombra di dubbio. Le ragioni della nostra sconfitta, così come il successo comunista e il mancato trionfo del Psi, le avevo previste tutte in lettere private a La Malfa e Altissimo di due mesi fa e in una lettera che ho inviato alle due del 18 giugno, mentre ancora si votava, al "Giornale d'Italia" di Luigi D'Amato, l'unico giornale che accetta sempre di pubblicare una mia lettera.
"A premere il tasto del vittimismo lei non rinuncia mai".
Il mio non è vittimismo, come non è vittimismo ricordare che "Panorama" ha nei miei confronti un atteggiamento sleale e fazioso. Ho accettato questa intervista in ricordo di 14 anni fa, quando lei venne a farmi visita, all'hotel Minerva dove stavo facendo lo sciopero della fame e della sete.
NENNI E BENITO
"Torniamo al suo scontro con Craxi. Se lo incontrasse domattina a Montecitorio, gli direbbe: »Ciao Bettino, vieni che ti offro un caffè ?"
Certo che gli direi »Ciao Bettino , ma il caffè me lo farei offrire perché i compagni e cugini socialisti, in questi ultimi anni, hanno spesso molto migliorato le loro condizioni materiali d'esistenza mentre noi radicali siamo sempre com'eravamo all'inizio della nostra esperienza, o più poveri d'allora. Soggettivamente capisco l'esasperazione e la disperazione di Bettino, che non sa più cosa fare. Ma di lui mi occupo non come di uno con cui devo duellare, di uno al quale sono comunque umanamente legato, ma che propone una politica pericolosa. E' un po' il caso del repubblicano Pietro Nenni e del socialista Benito Mussolini che andarono in galera assieme, da compagni, nel settembre 1911, contro la guerra di Libia. Dieci anni dopo erano diventati nemici per la pelle, l'uno capo del governo fascista, l'altro capo socialista. Ma quando, alcuni anni dopo, gli uomini dei servizi segreti andarono da Mussolini a dirgli che c'era un socialista, un certo Nenni, che faceva un gran baccano sulla Costa Azzurra e che maga
ri era il caso di farlo fuori, Mussolini rispose che non se ne parlava neppure, che lo lasciassero stare. Allo stesso modo, con Bettino penso di non correre rischi personali. Ma che li corrano lui e la democrazia.