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D'Elia sergio - 14 agosto 1989
La nonviolenza e le finanze
di Sergio D'ELIA

SOMMARIO: Le ragioni dell'iscrizione di Sergio d'Elia, ex appartenente all'organizzazione terroristica italiana "Prima Linea", al Partito radicale: la nonviolenza e le "finanze". Partendo da queste premesse, l'autore delinea un possibile nuovo assetto politico-organizzativo del partito trasnazionale.

(Notizie Radicali n.175 del 14 agosto 1989)

Ho aderito al Partito Radicale per due ragioni: perché nella sua "teoria della prassi" ho riconosciuto qualcosa di esclusivo che già sapevo e, in un certo senso, mi appartiene per temperamento; e perché ho scoperto qualcosa di diverso che non sapevo e in un certo senso non mi apparteneva per cultura.

La prima ragione é la nonviolenza.

Può apparire eccessivo alla prova dei (mis)fatti che mi riguardano, ma la nonviolenza è sicuramente il tratto esclusivo del Partito che già sapevo ed in un certo senso mi apparteneva in quanto "rivoluzionario", ovvero nel senso in cui intendeva Marco Pannella quando, durante gli anni di piombo, rivolgendosi ai terroristi li appellava "compagni assassini": »Noi rivoluzionari per amore, nonviolenti. Voi rivoluzionari per odio, violenti. Violenti e nonviolenti sono fratelli, tragicamente separati. L'indifferenza e l'inerzia sono i nostri nemici .

La seconda ragione é la democrazia.

La democrazia, arricchita dalla nonviolenza - valore che ho visto aggiungere alla politica solo dal Partito Radicale - si è rivelata qualcosa che non conoscevo e che mi ha fatto aderire con passione, e superare la violenza come necessità del giustiziare per affermare o "rivoluzionare".

Io ero in "prima linea" perché ho visto la democrazia astratta conclamare il principio della Partecipazione di Tutti, obbligandoci al consenso o al dissenso, ma praticare solo l'occupazione del potere da parte di pochi.

Perché ho conosciuto la democrazia materiale, che più si ispirava a modelli rigorosi di Programmazione e di Compatibilità, più si piegava a prove maldestre di infattibilità ed incompetenza: intenta a sognare ciò che sarebbe bello e grandioso realizzare per il breve, medio e lungo periodo, perdeva di vista ciò che era giusto e doveroso fare subito, il possibile che spesso non viene fatto perché è così fattibile che avrebbe dovuto essere già fatto.

Perché ho sperimentato, infine, una democrazia bloccata conseguenza dell'anomalia di una società politica divisa tra due partiti maggiori, "alternativi" ma mai alternanti.

Ho assistito alla sceneggiata della DC che rinfacciava al PCI la sua "diversità" e lo escludeva dal governo, mentre il PCI ostentava la sua stessa "diversità" e trovava i consensi giusti per una esclusione potente; quando si sono amati, ho subito le conseguenze di un rapporto, osceno e disastroso, che ha cumulato emergenza, arroganza, distruzione di vita e di diritto.

Col Partito Radicale, ho scoperto un progetto di democrazia che si può compiere solo attraverso la nonviolenza; dove è possibile incontrarsi nei luoghi deputati e nei momenti rituali - del partito e delle istituzioni - per il piacere di realizzare cose fattibili, per il bene comune, in un tempo determinato. Un luogo dove é possibile immaginare e dare corpo ad atti, azioni, pensiero e lotta politica in cui i mezzi prefigurano i fini e la clandestinità non solo non é necessaria ma é perfino nemica; un partito per il quale l'informazione é responsabilità grave e decisiva al punto da inventare una radio - servizio pubblico.

Questo partito io lo amo per ciò che mi fa sperare e sognare e per quel suo Statuto mutilato, paragrafo dopo paragrafo, articolo dopo articolo, dall'arroganza della cultura politica che sempre più spinge perché il partito radicale cessi di esistere per quello che é stato finora e per come lo vuole il suo Statuto e divenga un apparato qualunque, uno in mezzo a tutti.

Il partito annuale, il congresso sovrano, la mozione come patto fra gli iscritti chiaro ed esplicito rispetto al quale non ci sono minoranze o maggioranze, ma solo l'accordo sull'obiettivo, tutto questo prefigura una società politica responsabile ed un governo effettivo delle cose che é stato reso impossibile dalla mancanza sostanziale di democrazia nel nostro paese.

Possiamo dire che il progetto di partito solo democratico descritto nello statuto é morto per asfissia e che la violenza del regime ci ha costretti a strappare via via le regole precedenti. Abbiamo incominciato, allora, a lavorare alla rifondazione di un partito la cui essenzialità democratica poteva essere solo la nonviolenza; la clandestinità e la violenza essendo l'unica altra possibilità di "non indifferenza".

Il nostro patto oggi non é più quello di organizzare un partito come modello per una società democratica, ma quello di permettere a migliaia di persone di scegliere la nonviolenza politica come forma organizzata della vita, senza la quale non si va da nessuna parte.

Questo può accadere solo attraverso l'esempio di ciascuno di noi a partire da quanto é scritto nel Preambolo allo Statuto.

La seconda questione riguarda le finanze.

Bisogna che io dica subito che la cosa più costosa per il Partito radicale in termini finanziari sia di inseguire il Partito delle istituzioni e delle elezioni, regolarmente massacrato a costi economici elevatissimi e non più sopportabili.

Indubbiamente, l'irriconoscibilità pasoliniana per la quale non abbiamo presentato il Partito radicale ma i soli radicali in differenti liste, ci ha messo in condizione di partecipare alle elezioni a costo zero laddove alle scorse politiche avevamo speso sei miliardi. La necessità si é fatta virtù, come direbbe Marco Pannella, e la fantasia e le idee forza hanno rotto le dighe della piattezza e della denegata identità. E' un dato di fatto che se il partito radicale vuole fare conoscere la battaglia antiproibizionista non può che presentarla da sola, slegata da tutto il resto delle battaglie radicali, per evitare che venga inghiottita nel mare di gomma dell'informazione di regime e delle opposte ragioni. Bisogna, dunque, creare punte di lancia, bandiere visibili da sventolare, idee-forza capaci di proporsi anche all'elettorato, e questa é già una precisa indicazione politica anche in senso finanziario.

La lista antiproibizionista, come quella verde arcobaleno, concorre alle elezioni e prende rimborsi elettorali e finanziamento pubblico: quanto sono disposti a contribuire perché radio radicale viva, perché il partito radicale possa fare ciò che loro non farebbero, per finanziare battaglie ed iniziative?

Naturalmente questa considerazione vale anche per gli altri partiti nazionali che dovranno cominciare a considerare il partito radicale come qualcosa di molto diverso da loro.

Ottenere questa trasformazione delle risorse del partito radicale richiede grande forza di convincimento verso gli altri e grande convinzione nelle nostre idee e il tempo per realizzarla é molto breve.

Inoltre c'é ancora una cosa: il partito che ho scelto per quello di esclusivo e di diverso che mi ha offerto, non può oggi continuare ad affermare la sua diversità e legittimità, in quanto partito di governo, se non riesce ad affrontare e governare la sua crisi finanziaria. Dobbiamo esigere innanzitutto da noi stessi quello che poi chiediamo agli altri di essere o di fare.

Non potremmo negare legittimità ad un governo che non fosse in grado di affrontare e risolvere il problema di un debito pubblico di un miliardo di miliardi che rende ogni cittadino italiano, già all'atto della sua nascita, debitore di 25 milioni, se noi per primi negassimo attenzione al dato di fatto che abbiamo già impegnato come partito il finanziamento pubblico del 1990 e non possiamo impegnare quello del '91, per cui rischiamo la bancarotta fraudolenta e possiamo - legittimamente - considerare che ognuno dei 2.900 iscritti attuali del Partito radicale è debitore di più di un milione di lire nei confronti delle banche.

Il condizionamento dei "mezzi" nei confronti dei "fini" vale anche sotto il profilo finanziario. Le risorse di cui disponiamo condizionano le finalità che ci prefiggiamo. Il finanziamento pubblico prefigura il partito istituzionale, che del finanziamento pubblico ha sempre più bisogno.

E non penso neanche al "partito dell'autofinanziamento" così come è stato classicamente inteso fino ad oggi, tanto impossibile e velleitario quanto quello del "finanziamento pubblico". Penso ad un partito come "società per azioni"... nonviolente (le uniche veramente a costo zero), per la vita nel Sahel, per i diritti umani e la democrazia nei paesi dell'Est... in cui siano finanziate le singole battaglie secondo il gusto e gli interessi dichiarati di ciascuno.

Ci riusciremo? Non lo so. Certe volte mi sembra che non potremo non farcela; certe altre sono spaventato da qualcosa che mi sembra ai confini con la velleità. In ogni caso credo che si possa essere radicali, di volta in volta nella propria vita e mai per sempre, solo a condizione di non cedere alla disperazione e di sapere attingere alla parte migliore di sé.

La tentazione di tornare in galera e chiudere la porta é grande: io devo al partito radicale un entusiasmo e una passione che avevo dimenticati, di questo gli sono debitore e questo spero di restituirgli.

 
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