Rita Bernardini ha intervistato Sergio Stanzani per conto di Radio radicale. Ne riprendiamo alcuni brevi stralci.
SOMMARIO: Alla vigilia del Consiglio federale del Partito radicale di Roma (1-5 settembre 1989), il primo segretario Sergio Stanzani indica le questioni che dovranno essere affrontate e risolte dal Pr nel suo processo di trasformazione in partito trasnazionale e transpartitico.
(Notizie Radicali n.175 del 14 agosto 1989)
La scelta transnazionale e transpartitica è ridiscutibile? Si può tornare indietro?
Dal Congresso di Bologna, in cui abbiamo deliberato la scelta di non presentarci più alle elezioni in Italia e di dare vita a uno strumento atto a rispondere politicamente ai problemi del nostro tempo che - come ben sappiamo - sono di dimensione transnazionale, il partito ha lavorato, operato e scoperto qual'è il valore di questa scelta.
In termini di decisione politica, e non quindi formale o giuridica, è stato fatto un passo difficilmente recuperabile.
Non v'è dubbio che in quanto laici, anche una scelta di tale importanza, non è comunque un dogma.
Prima il Congresso di Budapest, poi la mancata presentazione alle elezioni europee del 18 giugno hanno tolto di mezzo qualsiasi dubbio a chi pensava e diceva che non si trattava di una scelta bensì di uno stratagemma, un paravento a fini spettacolari. L'unico limite è il poter essere, poter realizzare questa volontà politica, non è la mancanza di convinzione. (...)
Al Consiglio federale di Strasburgo si decise di imboccare la strada della continuità giocando il tutto per tutto. Al prossimo Consiglio federale la questione economico-finanziaria sarà al centro del dibattito. La continuità o meno dell'esperienza radicale, così come a noi conosciuta, può incidere? Che valenza politica ha sul futuro del partito radicale?
Nella relazione che terrò al prossimo Cf (stampata sullo scorso numero di NR -ndr-) è messo in evidenza che, coerentemente alle decisioni assunte, la strada che abbiamo seguito è stata quella della continuità. Abbiamo seguito la strada della conversione, delle modifiche, un cambiamento dello strumento partito, dell'essere partito come lo siamo stati negli ultimi dieci anni senza soluzione di continuità, senza rotture. Una condizione difficile, tant'è che non siamo riusciti a uscirne in termini positivi.
Mi viene istintivo pormi la domanda se ancora oggi non è possibile, o addirittura necessario, uno iato, un momento di rottura,; chiudere il partito che si è costituito negli ultimi dieci anni per vedere come si possa ricostituire, questo può essere fatto anche a brevissimo intervallo di tempo. Liquidare tutto e con i risultati della liquidazione compiere un atto consapevole, governare una scelta di costituzione del partito nuovo.
Le indicazioni di Marco Pannella, riprese nella lettera di accompagnamento delle relazioni del Primo segretario e del Tesoriere, ripropongono il partito militante, della nonviolenza, della povertà francescana, il partito com'è stato, come era, ma non dà una soluzione sul piano dei mezzi, degli strumenti, della ricchezza e del patrimonio per vedere se è possibile utilizzarli in termini organizzativi. (...)
Ai ritorni non ci credo, neanche Marco Pannella oggi potrebbe essere quello che era venti anni fa, questi anni sono passati e non sono passati indenni per nessuno, persone e partito.
Il richiamo a quello che era il Partito radicale prima di entrare nelle istituzioni può essere utile a ricostruire qualcosa che sicuramente non potrà essere il ripetersi di quello che è stato. (...)
Gli iscritti sono poco più di duemilasettecento. L'autofinanziamento è solo una delle voci e neanche la più consistente, delle entrate. Il finanziamento pubblico ci sarà ancora per pochi mesi. Come ha potuto reggere il partito fino ad oggi?
Per anni abbiamo sostenuto che i soggetti autonomi costituivano un peso per un partito che allora era in grado di non prendere il finanziamento pubblico. Molti radicali fanno finta di non sapere che per anni il Partito radicale si è battuto contro il finanziamento pubblico e non solo in Parlamento. Tant'è vero che non lo ha utilizzato per il partito in quanto tale, ma lo ha devoluto integralmente a soggetti autonomi di cui ha definito con puntualità, chiarezza e precisione la condizione giuridica. Erano soggetti "altri" dal Partito radicale, ma da allora molte cose sono cambiate.
Quando sono diventato Segretario il partito utilizzava il finanziamento pubblico per sé. Questo è uno dei mutamenti che abbiamo dovuto registrare e non è il solo.
Uno di quei soggetti autonomi, Radio radicale, da un certo periodo, sia pur in modo selettivo, ha della pubblicità ed è stato costretto a diventare organo di partito per poter usufruire di un altra fonte di finanziamento pubblico. (Il contributo della legge per l'editoria, previsto per le emittenti organo di partito -ndr-).
Anche questo cambia le cose. Oggi Radio radicale è ancora un soggetto autonomo? Il fatto di essere organo di partito lede la sua autonomia, lo vincola, lo condiziona?
L'altro soggetto autonomo, Teleroma 56, si è saputo conquistare la sua autonomia. Da questa emittente, che non poteva essere "Tele radicale", perché i costi di una impresa televisiva sarebbero stati proibitivi, abbiamo ottenuto il massimo possibile anche sul piano direttamente politico senza sfigurare Teleroma, una delle poche emittenti con una sua specificità, una sua identità e fisionomia. Nel settore televisivo il soggetto autonomo è cresciuto ed è arrivato, sotto forme diverse, ad essere di aiuto al partito. (...)
Qual'è la soluzione ai problemi del Partito radicale?
Nella fase che stiamo attraversando dobbiamo non solo trovare le soluzioni ma anche il modo di trovarle insieme e, senza l'apporto di chi non è mai stato radicale ma capisce che oggi lo deve diventare, è estremamente difficile riuscire in questi intenti. (...)