Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Marks John - 1 settembre 1989
STUPEFACENTI DISTRIBUITI DALLO STATO: UNA POLITICA ASSURDA?
Di J.A. Marks

SOMMARIO: L'autore illustra le ragioni che consigliano la distribuzione da parte dello Stato degli stupefacenti rispondendo ai quesiti e alle riserve normalmente sollevate da coloro che sostengono invece la necessità di proibire le droghe: la legalizzazione non comporta necessariamente la rinuncia da parte del tossicodipendente alla disintossicazione e un aumento del consumo di droga; la prescrizione medica non esclude programmi di recupero; il proibizionismo è lesivo della libertà dell'individuo.

Nella Regione di Mersey, gli stupefacenti vengono prescritti a tempo indeterminato ai tossicodipendenti per evitare che commettano reati legati all'acquisto dei narcotici, per evitare che ci sia bisogno di vendere agli altri la droga per finanziare il proprio consumo e per evitare il rischio di mettere a repentaglio la propria salute (nonché quella degli altri) o persino la propria vita con stupefacenti adulterati, e perché tale sistema si è dimostrato efficace nel favorire la scelta di un regime terapeutico più meditato e più idoneo in sede clinica. Un importante effetto collaterale è quello di poter levare ai narcotrafficanti una fonte massiccia di guadagni . La fornitura di stupefacenti a controllo statale (attraverso cliniche di mantenimento regolarmente autorizzate) mette rapidamente le autorità in contatto con la stragrande maggioranza dei più gravi problemi del mondo della droga, SEMPLICEMENTE PERCHE NON AVENDO A CHE FARE CON LA FORNITURA, non ci fanno mai caso.

Sorgono comunemente cinque quesiti in merito ad una tale politica, in apparenza assurda, e cioè:

1. La prescrizione medica non toglie forse l'incentivo ad astenersi, dal momento in cui essendo l'eroina gratuitamente procacciabile, a nessuno verrebbe in mente di abbandonarne il consumo?

2. Non è meglio fornire consigli e terapie al tossicodipendente invece di stupefacenti?

3. Non comporterebbe forse una tale politica un aumento del consumo totale degli stupefacenti invece di una diminuzione, che rimane il nostro obiettivo?

4. In che modo è possibile giustificare la fornitura di droghe ai tossicomani? E allora perché non fornire il liquore agli alcolizzati, i biglietti per i bordelli agli stupratori o la gioielleria ai ladri?

5. Non è vero che tutti gli stupefacenti prescritti vengono comunque riciclati sul mercato nero?

DOMANDA 1:

Nei rapporti con i tossicodipendenti, ci troviamo a dover fronteggiare individui che mentono, ingannano e rubano, spesso e volentieri, i loro parenti o amici più cari pur di procurarsi la droga. Perciò si espongono all'arresto e all'incarcerazione, al bistrattamento da parte dei mafiosi; ai danni fisici o alla morte per stupefacenti "tagliati" e per malattie. Esistono sanzioni più forti dell'emarginazione dalla propria famiglia e dai propri amici, della perdita della libertà, della povertà, della malattia e della morte? E se questi non fungono da deterrenti, allora qualsiasi effetto che possa avere una prescrizione di eroina sarà marginale e di gran lunga controbilanciato dagli effetti benefici dell'attenuazione del male. Poiché con una tale volontà di drogarsi, la scelta operata da questi tossicomani non è tra la disintossicazione o gli stupefacenti prescritti dalla clinica: è piuttosto tra gli stupefacenti del mercato nero o gli stupefacenti della clinica.

Ogni volta che una nuova sostanza viene introdotta nella società, vuoi perché è proibita, vuoi perché è ignota, si verificano fasi di consumo che possono essere descritte come sperimentali, ricreative, e di dipendenza. Se uno dà ad un bambino di sei anni un tubetto di "Smarties" con l'ingiunzione di scaglionarne il consumo fino alla settimana entrante, è probabile comunque che le caramelle saranno consumate già nel giro di un'ora ma che saranno condivise con i suoi compagni se si tratta di un bambino socievole. Abbiamo avuto modo di assistere ad un fenomeno simile quando i pellerossa conobbero per la prima volta l'alcool. E come osservano alcuni dei miei colleghi dal sottocontinente indiano: "Il guaio con voi Inglesi è che non sapete usare una buona dose di oppio". "Ne prendete e vi stordite la mente" - si puntualizza con aria di derisione. In realtà, la maggior parte di noi è passato attraverso questa fase con la droga sociale dell'Inghilterra: l'alcool. Durante gli anni sperimentali dell'adolescenz

a ne abbiamo sperimentato il consumo, ubriacandoci. Con la maturazione si arriva ad un consumo sagace, ricreativo e socializzato della nostra droga con rari casi di ebbrezza. Ma se l'alcool (o il tabacco o il caffè) fossero proibiti, chi continuerebbe un consumo sociale-ricreativo che potrebbe sfociare in procedure penali? E quindi, dell'oppio, gli Inglesi vedono solamente la prima e la terza fase: ciò che equivale nel mondo dell'alcool alle immature ubriacature dell'adolescenza e alla squallida esistenza dei derelitti alcolizzati. Ora i motivi che conducono alla prima fase di sperimentazione sono anche accentuati nel caso in cui la sostanza è proibita, creando un campo fertile per la ribellione, al di là della curiosità. E poiché analogamente gli anni dell'adolescenza sono anni di ribellione, il consumo di stupefacenti viene sollecitato come totem di sofisticazione e di ribellione contro i genitori e l'"establishment". Viceversa, se uno stupefacente è procurabile, come attraverso il monopolio dell'a

lcool da parte dello Stato svedese, senza che sia possibile renderlo allettante agli immaturi mediante le pubblicità o il proibizionismo, allora si può arrivare ad un consumo minimo: diventa noioso usare l'eroina e si preferisce rinunciare piuttosto che continuarne il consumo.

Non molto tempo fa, un negoziante di Glascow è stato giustamente portato in tribunale per aver venduto "confezioni" che provocavano eccitamento dall'inalazione di colla agli adolescenti. A quell'epoca, tuttavia, qualcuno ha avuto l'acume di dissuadere il governo dal proibire la vendita della colla. E occorre rilevare che da quel tempo non c'è stato un aumento epidemico dell'uso ricreativo della colla come, invece, si è verificato nel caso della cannabis e dei derivati dei sonniferi, anche se si scoprirà sempre il triste adolescente i cui genitori si stanno separando o che è oggetto di prepotenze a scuola. Questi si danno all'inalazione della colla ma il gesto è piuttosto di stampo parasuicida da paracetamol. Esisteranno sempre tali segnali di angoscia con tutti i mezzi nocivi a disposizione. Ma perché non ci è stato un seguito all'epidemia della colla? Recentemente, mentre tracciavo il decorso della malattia di un giovane tossicodipendente, ho colto l'occasione per chiedergli cosa pensava dell'abuso de

i solventi. Con lo sguardo spavaldo mi ha risposto (in dialetto): "Macché, manco morto me troverei con quella roba da regazzini!"

Questo atteggiamento nei confronti della colla è precisamente quello che si è riuscito a conseguire in Inghilterra con gli "Atti Farmaceutici" del secolo diciannovesimo e con il Comitato Rolleston (il quale, però fece l'errore in seguito, tra l'altro non prevedibile allora, di mettere in mano ai medici il monopolio dell'uso non medico dell'oppio). Siamo riusciti a creare lo stesso atteggiamento verso l'oppio, la cocaina e le sostanze analoghe che il giovane tossicomane nutriva nei confronti della colla: è disponibile per chi ABBIA VOGLIA di farne uso, ma è piuttosto patetico zoppicare in giro con un bastone chimico. Questo fenomeno ha fatto sì che tra una popolazione di 50 milioni di abitanti, il tasso di tossicodipendenti fosse di 500 cioè lo 0,001% del 1%. Sarebbe millenaristico presupporre che la popolazione tra le due guerre fosse "speciale" o che la cultura giovanile del dopoguerra sia unica. La variabile più ovvia è stata la disponibilità controllata dell'oppio fino al 1960, quindi la proibizione d

ell'oppio e un ritorno all'alcool fortemente pubblicizzato. Gli alti e bassi nell'abuso dell'oppio e dell'alcool hanno seguito di pari passo le modifiche delle politiche fiscali e legali con la stessa inderogabilità di quando, col riscaldamento dell'acqua si genera il vapore e col raffreddamento si genera il ghiaccio.

Gli Olandesi e gli Inglesi hanno considerato l'uso dell'oppio come un vizio privato, ma con l'avvento del trasporto aereo che ha reso accessibile l'una all'altra ad ogni società del mondo intero, sarebbe necessario imporre su scala mondiale la proibizione o la disponibilità controllata dello stupefacente, altrimenti la mafia, come speculatori di valuta a caccia del migliore tasso di scambio, abbandonerebbe i paesi di proibizione per stabilirsi nelle società più tolleranti. E dato che l'America è risultata la principale potenza del periodo postbellico, una potenza che si è trovata alla mercé delle politiche di Anslinger, il mondo è stato spinto sulla via del proibizionismo, nonostante la recente lezione del proibizionismo sull'alcool.

Vaillant (1984) e Griffith Edwards (1967) hanno dimostrato fino a che punto lo stato mentale del tossicodipendente si opponga all'intervento esterno. Secondo Stismon (1982), la tossicodipendenza è una condizione cronica che dura molti anni. Se durante questo lasso di tempo, non si scopre nessun modo per arrivare all'astensione, occorre assicurare le migliori condizioni medico-terapeutiche atte a favorire la sopravvivenza fino a quel momento. Questo è possibile con la sagace prescrizione di pure droghe farmaceutiche per un periodo indefinito. Tale prescrizione si chiama "prescrizione da mantenimento" dal momento che mantiene l'abitudine del tossicomane finché si trova in condizioni di realizzare l'astinenza. Le "terapie" coatte o quelle premature sfoceranno in una ricaduta e in una delusione se il personale medico s'illude nel credere che da simili regimi terapeutici si possa arrivare ad una cura definitiva. L'analisi semplicistica vede il mantenimento come un "trattamento", ma in realtà esso non fa alt

ro che continuare la dipendenza (benché non esistano dati per dimostrare che PROLUNGHI la dipendenza). Ciò non significa che durante gli anni di mantenimento non ci si dovrebbe prodigare per sollecitare i pazienti a rinunciare all'uso della droga. La colpa non è del mantenimento ma degli errori di percezione sull'evoluzione naturale della tossicodipendenza.

Questa forma mentis si rivela quando ci si domandA perché un tossicomane dovrebbe astenersi dall'uso della droga se ha l'accesso gratuito all'eroina . La domanda, però, implica che se non fosse disponibile l'eroina gratis, il tossicodipendente smetterebbe di drogarsi.

DOMANDA 2:

Non è meglio fornire consigli e cure al tossicodipendente invece di stupefacenti?

Sì, ammesso che il soggetto sia consenziente. Ma chiunque vada in un pub in cui deve sottostare ad un'omelia di venti minuti ogni volta prima che gli sia permesso di bere il suo litro di birra, presto si sposterà altrove. A torto o a ragione, i tossicodipendenti vedono il loro consumo di stupefacenti allo stesso modo in cui io o tu vediamo il nostro consumo di birra, o di caffè. Per la stragrande maggioranza dei tossicodipendenti, la consulenza forzata è una deprecabile intrusione nella loro vita che viene pervicacemente rigettata. Un paziente che frequenta una clinica in cui gli si nega la droga ma gli si propone la consulenza sarà più propenso (rispetto al paziente a cui si prescrive lo stupefacente) a far arricchire la mafia comperando per strada le pericolose sostanze adulterate; a commettere un furto nella vostra casa o a rubare la mia macchina per ottenere i contanti necessari per acquistare la droga; ad adulterare o a smerciare altre parti delle sue dosi per finanziare ulteriori acquisti; e infin

e, cosa questa forse più pertinente dal punto di vista medico, tale paziente sarà di gran lunga meno portato a tornare per ricercare aiuto e consulenza qualora se ne presentasse la necessità.

Prima ancora che si faccia un gran clamore da parte delle agenzie di consulenza, che saranno alle prese con migliaia di dipendenti, tutte le cliniche del nord-ovest che non prescrivono sostanze stupefacenti già descrivono un fenomeno conosciuto come "la sindrome del biglietto". Le agenzie di consulenza per tossicodipendenti sono sorte un po' ovunque. Una giovane donna che si trova in difficoltà a pagare l'affitto di casa o la bolletta del gas, essendosi rivolta dapprima agli enti in questione e poi, per cercare ulteriore appoggio per il suo caso frequentando una clinica per tossicodipendenti dice, "Io consumo stupefacenti" (può anche darsi che ne faccia un uso occasionale), "e me ne sbarazzerei se solo riuscissi a sistemare la casa/bolletta del gas/marito/figli". Nel fare ciò, riesce a far sposare la sua causa da tutta una schiera di assistenti motivati, capaci e articolati.

Parker e Newcombe e Fazey hanno dimostrato che esiste un'alta percentuale di tossicodipendenti che rientrano in clinica laddove vige un atteggiamento "amichevole nei confronti del consumatore", con, per esempio, lo scambio di siringhe, stupefacenti puliti e senza "consulenze" non richieste. Johnson descrive eloquentemente i guai che nascono dalla situazione opposta.

DOMANDA 3

Non comporterebbe forse una tale politica un aumento del consumo degli stupefacenti nella società?

Rendere disponibili gli stupefacenti a coloro che ne consumeranno comunque, riduce la necessità di entrare nel commercio del narcotraffico per finanziare il proprio consumo. Quindi viene minato il carattere prolifico e epidemico insito nel proibizionismo. Se la droga è troppo accessibile, il livello minimo è superato e riprende a salire il consumo, fenomeno del resto che si può constatare oggi nel consumo dell'alcool.

Esistono altrove altre strategie, esemplificate dall'esperienza olandese e danese, nel controllo della cannabis e dell'alcool, rispettivamente. Gli olandesi si sono spostati dalla proibizione alla decriminalizzazione della cannabis (cioè, non è più reato il possesso, ma lo è ancora lo spaccio). I danesi invece hanno elaborato un sistema di controllo sull'alcool, stipulando criteri e ponendo freni nei confronti della pubblicità e diminuendo i punti di vendita. In ogni caso, l'accesso controllato ha portato ad una riduzione del consumo. Nell'India, ai Sepoi la somministrazione di una razione di oppio è analoga a quella del rum che viene data nella Marina, per evitare uno smisurato consumo. "L'accesso controllato" è quindi un esercizio di razionamento. Produce il controllo dell'inevitabile consumo rendendo poco economici i metodi alternativi di controllo. La libera promozione dell'alcool, che attualmente causa ingenti danni nella società, sarebbe un rischio che nessuno sarebbe disposto a correre, se fos

sero attuate leggi che limitano rigorosamente la pubblicità. D'altra parte, il libero spaccio non è più economico se la razione è sufficiente per tagliare il prezzo ed i rischi che comporta la vendita illegale. La società evita, quindi, in questo modo, le conseguenze di una "saturazione del mercato" praticata dai produttori dell'alcool e i "raggiri" praticati dalle cosche. Ambedue comportano la perdita del controllo, (da parte dello Stato), e del consumo di sostanze intossicanti. L'accesso controllato non può debellare il consumo degli stupefacenti (niente è in grado di realizzare ciò) ma lo controlla. A che livello, esattamente, fissare il grado di controllo (sempre da parte dello Stato) è una questione di approssimazione empirica con i meccanismi giuridici e di mercato, ma non c'è nessuna scarsità di modelli. Il consumo olandese di cannabis è diminuita del 33% in 12 mesi tra una popolazione di 15 milioni a causa del rilassamento della proibizione. Durante l'amministrazione Reagan, 21,5 miliardi di d

ollari furono spesi nella guerra agli stupefacenti. Questo condusse ad un consumo annuale (della sola cocaina) di 210 tonnellate o 20mg a settimana per ogni uomo, donna e bambino del paese. L'Inghilterra ha operato simili prodigi seguendo la linea della proibizione. Avendo speso 45 milioni di sterline l'anno solamente nella lotta contro gli stupefacenti, (esclusi i costi di processi giuridici, il mantenimento carcerario o altre spese sociali o previdenziali), l'eroina e la cocaina sono diventate più accessibili e a prezzi inferiori.

DOMANDA 4

Perché non dare i gioielli ai ladri?

Nei dialoghi socratici e più recentemente da Rousseau, è stata sostenuta la tesi che una società sorge come conseguenza del contrasto tra individui e lo Stato. Gli individui assumono l'obbligo di rispettare le leggi dello Stato e in cambio lo Stato si adopera con l'attuazione di leggi, per garantire il massimo della libertà. Ma se, per esempio, io fossi libero di sparare a te, e tu a me, a nessuno di noi due resterebbe molta libertà. Così, paradossalmente, l'introduzione di alcune leggi restrittive fa sì che ci sia una media superiore di libertà individuali. Una mancanza di leggi conduce all'anarchia, un'eccessiva quantità alla tirannia. In genere si arriva allo stato ottimale quando qualsiasi atto che viola la libertà altrui è proibito e qualsiasi atto che non lo fa, anche se nuoce alla stessa persona, è permesso. Se un cittadino deve essere responsabile questo significa che è arbitro degli atti che ledono se stesso (la legge rinforzerà la sua responsabilità a non violare i diritti altrui) altrimenti

costui non è un cittadino responsabile. Pertanto la società del libero consumo di oppio lascia la scelta dell'astinenza e dell'indulgere alle proprie passioni al cittadino responsabile.

Il concetto della noningerenza nella vita altrui (e la rinuncia all'imposizione del proprio parametro nelle attività di un altro che fanno male solo a se stesso) è uno sviluppo relativamente recente. Non ci si rende conto molto spesso che uno statuto dell'Alabama del 1809 proibì l'amore tra marito e moglie in qualsiasi posizione tranne che in quella "missionaria" (cioè con

la donna supina di sotto e l'uomo prono di sopra). A parte

l'assurdità che comporta l'attuazione di una tale legge, si è notato un allontanamento progressivo da tali intrusioni sotto il principio della "liceità per gli adulti in privato" in modo che l'omosessualità, la prostituzione, ecc., e persino l'auto-distruzione, il suicidio, siano stati decriminalizzati. Gli osservatori olandesi hanno rilevato che tutta la problematica degli stupefacenti nasce dall'intrusione della legge pubblica nel vizio privato. Se uno vuole sciupare la propria vita "facendosi" con l'oppio, ubriacandosi con l'alcool, o con qualunque altra sostanza che sia nell'intimità della propria dimora, così sia. Ma se uno mette piede fuori casa in un disordinato stato di ebbrezza, in modo tale che il proprio comportamento costituisce una minaccia alle libertà altrui, (e certamente se ciò avviene guidando una macchina) contro il tossicomane sarà applicato il pieno rigore della legge. Secondo questo criterio, non bisogna dare i gioielli al ladro: questi non ha alcun diritto di violare la libertà a

ltrui di indossare la gioielleria.

Abbiamo già concesso l'alcool agli alcolizzati, mediante la vendita nei pubs. Questo è un fenomeno che va controllato. Il proibizionismo, però, sarebbe davvero un sistema retrogrado se, per esempio, tu fossi un alcolizzato di Chicago negli anni Trenta che aveva appena rubato la borsa di tua nonna per comprare una lurida dose di metadone adulterato ad un prezzo esorbitante dal Sig. Capone. In questo caso, io avrei la coscienza pulita se ti prescrivessi una modica quantità del migliore whisky scozzese. Asseriscono in modo analogo alcune organizzazioni di prostitute che se a loro fosse concessa la possibilità di organizzare idoneamente le loro attività, potrebbero migliorare con la massima sicurezza la sorte degli uomini inadeguati e incompetenti, ridurre il tasso di crimini sessuali eventualmente anche "trattando" e riabilitando o rieducando alcuni offensori. Per quanto possano apparire assurde alcune di queste illazioni, un'impostazione empirica non nuocerà alcunché e potrà addirittura risultare molto ben

efica.

Empiricamente, la prescrizione degli stupefacenti, in modo controllato ai tossicodipendenti ha funzionato in Inghilterra tra il 1870 e il 1960. La proibizione negli Stati Uniti e in Inghilterra dal 1960 ha coinciso con un aumento allarmante del consumo di stupefacenti, tanto maggiore l'incremento quanto il livello di denaro pubblico impiegato nella lotta a favore della proibizione.

DOMANDA 5

Non è vero che tutti gli stupefacenti prescritti vengono comunque riciclati sul mercato nero?

Dove era il mercato nero nel 1950? E dove è il mercato nero adesso? Un maggiore accesso annulla le circostanze che danno vita ai mercati neri. Sorprendentemente, e paradossalmente, un leggero aumento di disponibilità (cioè il razionamento) a coloro che comunque saranno consumatori, risulta generalmente in una DIMINUZIONE del totale consumo in tutta la società. S'intende poi che un rilassamento troppo rilevante ci riporterebbe semplicemente ai giorni di Hogarth. Triste constatarlo, ma questo è adesso il caso dell'alcool.

Nelle cliniche di mantenimento nella zona di Mersey, la polizia mantiene uno stretto legame di "comunicazione" con la locale squadra antidroga, come descritto nella relazione di Best et al. Il personale della clinica si riserva il diritto di riferire alla polizia qualsiasi genere di attività criminale. In realtà, tra la clinica e i tossicodipendenti si danno e prendono in prestito molti stupefacenti. Questo fatto viene sottaciuto, mentre la vendita agli estranei è scrupolosamente proibita. Il personale della clinica chiede alla squadra antidroga di osservare i pazienti che si crede stiano ingannando l'amministrazione. Il sistema sembra funzionare bene e la polizia e i membri del personale della clinica ne sono convinti. Alcuni pazienti sono stati messi sotto processo per aver tentato lo spaccio, ma tra migliaia di pazienti, sono stati depistati meno di 12 casi del genere.

Marjot ha stimato che esiste un consumo minimo di 5,000 kg di eroina illecita all'anno (in base al consumo medio dei pazienti e alle cifre di notifica). La prescrizione annuale di eroina o di metadone fa un totale di 50kg, e pertanto, anche se tutto venisse riciclato sul mercato nero resterebbe sempre il problema di gran lunga più grave dell'eroina illecita.

Cionondimeno, a Liverpool, abbiamo chiesto alla squadra antidroga di esaminare tutti i tossicomani arrestati al fine di avere elementi di prova riguardanti la presenza di stupefacenti prescritti dalla clinica. Affluiscono centinaia di questi dati ogni settimana. L'inchiesta proseguì altri 6 mesi, al termine della quale il Sovraintendente Deary poté affermare che non si verificò nemmeno un solo caso di arresto in cui il tossicodipendente fosse trovato in possesso di stupefacenti provenienti dalla clinica, che non erano stati regolarmente autorizzati (Verbale 153, LDDC, 6/10/87). Indubbiamente ci sarà stata qualche fuoriuscita, ma non si tratta certo di ingenti quantità. Una piccola frazione di 50kg su 5000kg rappresenta una goccia legale nell'oceano di eroina illecita.

 
Argomenti correlati:
tossicodipendenti
usa
stampa questo documento invia questa pagina per mail