SOMMARIO: LA Colombia sta combattendo una guerra contro la droga. L'America ne sta perdendo una. Il resto del mondo perderà anch'esso se l'arma impiegata sarà il proibizionismo. Ci sono strade migliori.
(The Economist del 2 settembre 1989)
Verso la fine del 1988 un chilogrammo di cocaina a New York rendeva circa 12.000 dollari. Un abile contrattatore poteva acquistarlo per 8.000 dollari. I grossisti stavano svendendo e il prezzo calava rapidamente. L'importazione, la vendita e il possesso di cocaina sono illegali negli Stati Uniti, eppure c'era un eccesso di disponibilità della sostanza.
Tornando indietro fino al 1980, un chilo di cocaina idrocloride costava circa 60.000 dollari. All'epoca il suo consumo era una stupida moda di bancari e finanzieri che la sniffavano dopo cena, usando una banconota da cento dollari arrotolata, mentre si vantavano delle loro buone relazioni. Adesso è in vendita, adulterata, a 10 dollari o anche meno per un economico brivido di dieci minuti in mezzo alla violenza e al caos dei ghetti americani. Persino questo prezzo porta a profitti enormi: un grammo fornisce quattro dosi, cosicché il chilo comprato per 12.000 dollari può rendere nelle strade fino a 40.000.
Il traffico di droga è un perfetto esempio di competizione senza controllo, che riesce efficacemente a far calare i prezzi e aumentare i consumi. I governi rifiutano di limitare il mercato con regolamentazioni, tasse e disincentivi. Invece, attraverso leggi nazionali e convenzioni internazionali, cercano di proibirlo. Nel 1980 il governo federale degli Stati Uniti ha spesso poco meno di un miliardo di dollari per tenere l'eroina, la cocaina e la marijuana al di fuori dei mercati interni. Nel 1988 ne ha spesi almeno 4, e intanto il prezzo al dettaglio della droga calava anche più rapidamente della spesa per la politica proibizionista. Mentre il proibizionismo falliva, il volume delle importazioni cresceva vertiginosamente.
Cifre bizzarre
Nessuno conosce l'aritmetica del mercato della droga. I prezzi al dettaglio sono individuabili facilmente chiedendo in giro in qualsiasi città americana. Fino a che i trafficanti di droga non dichiareranno i loro affari alla dogana o al fisco, tutte le altre cifre sul mercato sono pura finzione. I dati americani sono particolarmente bizzarri, dato che 11 agenzie federali (polizia, dogana, guardie costiere, Centri Antidroga e così via), più innumerevoli organismi statali di un genere o dell'altro, proclamano in competizione tra loro che il problema della droga è molto serio, e quindi dategli più fondi e loro lo risolveranno. La prima affermazione è vera e la seconda falsa: in ambedue i casi le "statistiche" sono gonfiate ad arte.
Ad esempio: un sottocomitato del Senato degli Stati Uniti ha valutato recentemente la globalità del mercato illegale di droghe nella cifra di 500 miliardi di dollari all'anno, una stima accreditata da un'altra, nella rivista Fortune. Di questi 500 miliardi, 300, secondo il sottocomitato, sono stati guadagnati negli Stati Uniti, e circa un terzo della droga venduta in America è cocaina. Così, è presto fatto, il mercato americano di cocaina vale 100 miliardi di dollari all'anno, il che implica che, se un chilo al dettaglio ne vale 40.000, l'importazione è di 2.500 tonnellate di cocaina.
Secondo un'ipotesi di massima, produrre un chilo di cocaina costa circa 200 dollari. Il trasporto dalla Colombia al nord America costa all'incirca la stessa cifra. Aggiungiamo 1000 dollari per le spese di distribuzione, comprese le mazzette e le tangenti. Paragoniamo queste cifre anche al prezzo bassissimo sulle strade nel 1988, e otteniamo che il totale della catena di distribuzione della vendita di cocaina in America rende ai trafficanti profitti esentasse di oltre 95 miliardi di dollari.
Con un'aritmetica tanto retorica sono costruite storie terrorizzanti. Eppure, per quanto incerte siano le cifre, la cocaina è senza dubbio la merce più redditizia del mondo. In conseguenza della proficuità delle vendite in America verso la fine degli anni Settanta, i produttori del terzo mondo piantarono nuovi acri di terreno, attrezzarono nuovi laboratori e reclutarono forze di smercio meglio armate. Per la fine degli anni Ottanta le disponibilità di cocaina avevano raggiunto le stelle. Per esaurirle i mediatori dovevano abbassare i prezzi. Calarono sul mercato, assoldando delle gang per conquistare il monopolio della distribuzione nelle zone più povere.
Agli inizi del 1989 i ghetti del Distretto di Columbia, sede del governo più potente del mondo, sono stati testimoni, o piuttosto, sono stati ben attenti a non essere testimoni, di una media di dieci omicidi a settimana. I politici e la stampa hanno potuto sentire gli spari. Tutto questo ha enormemente rinforzato la propaganda antidroga che era già di moda per tutti, dalle First Ladies ai musicisti che vendono nastri di rap, reggae e salsa nei ghetti. La guerra alla droga ha inondato i mass media. La droga ha continuato a inondare i quartieri poveri di Washington.
Ora per l'Europa
Probabilmente in America la domanda sta calando (anche se non il tasso di omicidi: la lotta per il mercato rimanente diventerà anche più aspra). Così i trafficanti di droga lungimiranti stanno investendo i loro profitti in nuovi mercati. Il Giappone è un mercato potenzialmente enorme, e che si sviluppa rapidamente. Il più ricco è l'Europa settentrionale, specie dopo il 1992. Nelle droghe, come in altri generi di divertimenti, le varie nazioni europee hanno gusti differenti e offrono opportunità di mercato differenti. I legami culturali e commerciali della Spagna con le nazioni produttrici dell'America Latina ne fanno il mercato naturale per l'industria colombiana della cocaina. L'Italia è la terra di origine della mafia, che sta perdendo il suo tradizionale controllo sul traffico di droga nell'America del Nord; l'eroina, la specialità della mafia, è già di uso corrente in Italia, dove ha ucciso nel 1988 più di 800 persone, metà di quelle degli Stati Uniti.
Nell'Europa settentrionale, le bande cinesi, pakistane e caraibiche (per non parlare di quelle locali) si combattono da tempo per il controllo dei mercati illegali. Le importazioni sono in crescita, i prezzi calano. In questo periodo i governi europei stanno spendendo nelle misure di repressione della droga più di quanto abbiano mai fatto prima. Molto più alto è il prezzo pagato dai consumatori che muoiono di overdose o di adulteranti tossici, dai poliziotti, dai comuni cittadini la cui vita è messa alternativamente a rischio e le cui libertà civili sono minacciate nella battaglia perduta per proibire le droghe.
Legale e illegale
Praticamente tutti prendono qualche genere di droga stimolante. Nel 1988 l'inglese medio oltre i 18 anni ha speso 50 dollari in tè o caffè, 325 dollari in tabacco e 750 dollari in bevande alcooliche. Queste sostanze piacciono, o rinvigoriscono, o calmano o consolano; tutte cambiano lo stato mentale del consumatore. Lo stesso fanno vari stimolanti e tranquillanti che possono, a seconda delle leggi locali, essere presi dietro prescrizione. Tutti possono dare assuefazione, in gradi differenti.
La richiesta di droghe che alterino lo stato mentale è irresistibile, anche se i loro effetti sono misteriosi. L'alcool, ad esempio, è classificato come depressivo, ma rende più allegri molti bevitori. L'abuso di alcool viene registrato fin da quando Noè, salvo dopo il Diluvio, "bevve del vino e si ubriacò", con terribili conseguenze per i suoi discendenti.
Le sigarette uccidono i fumatori a milioni. L'alcool distrugge le vite e i fegati della gente, rovina le famiglie, contribuisce a causare molti degli incidenti stradali e dei crimini violenti nella maggior parte dei paesi occidentali. Potenti campagne pubblicitarie ne promuovono il consumo e deboli campagne governative (sostenute da tasse discriminatorie) cercano di diminuirlo. Ma, al di fuori dei paesi mussulmani che proibiscono l'alcool per motivi religiosi, nessuno ne suggerisce seriamente la proibizione. L'esperimento fu tentato in America tra il 1920 e il 1933, e fallì.
Le droghe illegali provocano parecchi degli stessi effetti di quelle legali, con maggior forza: la differenza che interessa è legislativa, non farmacologica. La legge fa maldestramente fronte alle droghe "progettate" , inventate dai chimici e costruite con pochi soldi in laboratori fatti in casa. Ma i prodotti più commerciati sono obiettivi più facili, le droghe tradizionali derivate dalle piante tropicali.
* La marijuana (ganja, bhang, erba) è fatta con le foglie e i semi della canapa indiana; la sua forma concentrata (e quindi molto più facilmente contrabbandabile) è l'hashish. Può essere fumata, bevuta come infuso o infornata dentro i dolci. Produce euforia, disorientamento, ipersensibilità al ritmo e alla musica e mancanza di motivazione e aggressività. Non ha rilevanti impieghi terapeutici e la gente non sta male quando smette di usarla. Molti studenti americani trovano la marijuana più leggera, più facile da nascondere e difficile da identificare della birra, che negli Stati Uniti è altrettanto vietata per molti ragazzi in età da liceo. Il consumo di marijuana è largamente tollerato anche dove la vendita e l'approvvigionamento sono proibiti.
* La cocaina è l'ingrediente attivo della pianta della coca, normalmente usata dagli indiani andini contro il freddo, la fame e la fatica. Dal punto di vista medico non è ancora stato trovato un buon sostituto dei derivati della coca per diminuire il dolore. Illegalmente, i cristalli di coca vengono mescolati con una polvere neutra (spesso dannosa) e sniffati, fumati e talvolta pericolosamente iniettati. Un ottavo di grammo di cocaina nel sistema circolatorio può intossicare un consumatore inesperto fino ad uno stato di euforia iperattiva. I consumatori abituali hanno bisogno di dosi sempre più alte per ottenere lo stesso effetto. Interromperne l'uso provoca un desiderio ardente pari a quello che molta gente prova quando smette di fumare sigarette. Il suo uso regolare rovina il naso e danneggia i muscoli cardiaci. La cocaina da poco prezzo può contenere tracce dei pericolosi solventi usati per estrarla dalle foglie originali. Quantità minime, mescolate con il bicarbonato di sodio per ottenere il "crack", pos
sono essere scaldate per ottenere un fumo intossicante caldo e dannoso. Il crack non provoca maggiore o minore assuefazione della cocaina sotto altre forme; ma il suo costo di solo 10 dollari permette ai giovani più poveri di ottenere dieci minuti di spericolata eccitazione durante i quali fanno cose pazzesche. Potrebbero ottenere lo stesso risultato con un costo ancora minore usando le anfetamine sintetiche.
* L'eroina è una polvere solubile derivata dai papaveri; l'oppio è linfa di papavero seccata, la morfina un derivato intermedio, la codeina si trova in ogni casa. Gli oppiacei sono antidolorifici terapeuticamente insostituibili, che operano con tale potenza sul sistema nervoso centrale che interromperne l'uso può provocare stress fisico come quello causato dall'influenza.
Usata con prudenza, l'eroina non provoca gravi danni fisici: in Inghilterra, quando i medici erano liberi di prescriverla, alcuni di loro ne divennero dipendenti eppure continuarono a svolgere la loro attività senza problemi per decenni. La cosa finì perché alcuni di questi medici eroinomani ritenevano l'eroina talmente fantastica da prescriverne agli altri grandi quantità, allargando con profitto la loro stessa forma di tossicodipendenza.
Molte persone sane detestano l'eroina, ma essa può rendere schiave le persone infelici o psicologicamente disturbate. Dei suoi consumatori abituali, almeno uno su quattro mentirà, imbroglierà e ruberà per procurarsi le dosi necessarie: questi sono i tossicodipendenti. La loro dipendenza può essere soddisfatta chimicamente con il metadone sintetico. Molti medici ed operatori carcerari ritengono che la dipendenza dall'eroina sia principalmente un sintomo di disturbi psichici e cercano di trattarla più o meno come trattano l'alcolismo, il gioco ed altre coazioni. Ma i medici sono restii a curare i tossicodipendenti che, ammettendo di fare uso di droghe, stanno anche confessando un crimine.
Società drogate
L'abuso di droga può accompagnare disturbi individuali e disturbi sociali. I cittadini rispettabili erano spaventati dall'alcool nella Gran Bretagna del 1740 (e nella Russi di sempre), dall'oppio nella Cina del diciannovesimo secolo, dall'hashish nell'Egitto del 1920. I nordeuropei tendono a bere raramente ma in grandi quantità, così i paesi del Nord tassano pesantemente le bevande forti. I meridionali bevono, ma molto più lentamente, così gli italiani non sembrano ubriachi e hanno leggi antialcool molto deboli, ma continuano a danneggiarsi il fegato.
Durante la prima guerra mondiale i politici americani si convinsero che il bere stava distruggendo la nazione. Nel 1919 emendarono la costituzione federale per proibire qualsiasi commercio di alcool, eccettuati gli usi terapeutici. L'alcoolismo diminuì, ma molta gente continuò con la sua birra e il suo whisky. Alcuni si prepararono le bevande in casa, preparandosi insieme il mal di testa. Altri comprarono liquori garantiti dalla Scozia via Canada, o dalla Francia via Cuba. Gli spedizionieri, etichettati come criminali, si comportarono di conseguenza. "Protessero" i trasportatori e i proprietari dei bar, spararono ai rivali e corruppero i politici e i poliziotti locali.
Le autorità federali catturarono i contrabbandieri più ricchi soprattutto con dei trucchi, come gli accertamenti di redditi eccessivi. Appena ne prendevano uno, subito ne saltava fuori un altro per soddisfare la richiesta del mercato. Nel 1933 il governo federale rinuncià e legalizzò nuovamente gli alcoolici. I contrabbandieri, perdendo i loro profitti esentasse, diversificarono le loro attività in altri servizi illegali, come il gioco e gli aborti. Via via che anche questi venivano legalizzati, e resi così meno redditizi, le gang tornarono al contrabbando, e cominciarono con la marijuana.
I depositi caraibici cominciarono a far rivivere i giorni del contrabbando narrati da Hemingway. Poi negli anni Sessanta tutta la zona acquistò governi più deboli, poveri e corruttibili. Anche il trasporto della marijuana e le reti di smercio al dettaglio progredirono, brutalmente, rilevando zone di influenza, nella cocaina, che significava profitti più alti per dimensioni più piccole e più facili da nascondere e trasportare.
L'esperienza dell'Inghilterra è stata più lunga. Nel diciottesimo secolo il gin da quattro soldi ne devastò le città, affollate e già industrializzate. I moralisti furono colpiti dalla degradazione descritta da Hogarth, i capitalisti scoprirono che l'alcool rendeva improduttivi i loro operai. Così il Parlamento cominciò a controllarne il mercato. Le vendite al dettaglio furono limitate a punti di smercio controllati dai magistrati locali. La qualità degli alcolici fu rigidamente controllata per eliminarne gli adulteranti velenosi. Le tasse resero i superalcolici molto più cari della birra, relativamente più innocua.
Questo sistema è tuttora vigente, modificato (anche se troppo lentamente) per adattarlo al cambiare dei tempi. Adesso la Gran Bretagna certifica la purezza dello Scotch whisky che viene contrabbandato nei paesi proibizionisti del Golfo, proprio come la Colombia lo fa per la cocaina esportata a New York. Sul fronte interno, i danni provocati dall'alcool aumentano quando, come oggi, il governo manca di mantenere le tasse sulle bevande al passo con l'inflazione. L'alcolismo resta un problema di salute privata e di sicurezza pubblica. Ma il commercio degli alcolici resta decriminalizzato.
Proibizionismo criminogeno
Il proibizionismo crea criminalità, e così provoca danni molto più gravi di quelli medici e sociali che intende evitare. E' vero che la prospettiva di passare del tempo in galera impedirà alle persone prudenti anche solo di provare le droghe. Ma non sono i prudenti che hanno bisogno di protezione.
I giovani e gli sciocchi sono esposti a rischi speciali quando varie droghe diverse vengono classificate insieme come illegali. Lo stato dice che la marijuana è molto peggio dell'alcool, e deve quindi essere proibita con rigide sanzioni. I giovani vedono gli amici fumarla e la provano senza gravi danni. Di conseguenza possono credere che tutta la legge sia una scemenza e immaginare che l'eroina, soggetta ad uguali proibizioni, sia ugualmente innocua, il che è falso.
I governi obbligano i produttori a indicare il contenuto alcolico e, almeno per il vino, la qualità, delle bevande vendute. Le droghe proibite sono semplicemente proibite; la loro qualità e la loro purezza dipendono esclusivamente dalla buona fede del venditore, che può non essere enorme. L'economico crack, o la cocaina ancora più economica, venduta come "basuco", è spesso contaminata velenosamente dall'etilene e perfino dal petrolio, usati come solventi nel corso della lavorazione. Queste sostanze possono uccidere. Nell'Italia del sud la mafia vende eroina ad una concentrazione del 10%, nel nord del 50%. I tossicodipendenti del sud vanno al nord e si ammazzano con una sola iniezione, come un bevitore di birra che può inconsapevolmente inghiottire una pinta di whisky.
I governi che proibiscono le droghe non possono nemmeno tassarle; in questo modo rinunciano al modo più efficace per controllarne l'abuso. Le tassazioni diversificate dell'Inghilterra spostano i consumi dai superalcolici alla più innocua birra, ma non dall'eroina alla marijuana (né della marijuana alla birra, se lo si ritiene desiderabile, il che potrebbe non essere: una canna a Londra costa meno di un boccale da una pinta). Le droghe impongono costi pubblici, per reprimerne il commercio, per curarne le vittime (come nel caso degli eroinomani che sono contagiati dall'AIDS attraverso lo scambio di siringhe), per avvertire il pubblico contro il loro abuso. I governi rinunciano alle entrate che potrebbero venire dalle tasse.
I tossicodipendenti rubano per potersi pagare il loro vizio fuori legge. Gli spacciatori lottano per il controllo delle strade. I grossisti formano squadre di protezione, corrompono i poliziotti, tentano i politici. Gli esportatori e i trasportatori comprano aerei, arsenali e governi interi. Gli agenti dei servizi segreti americani, nel Sudest asiatico e in America Centrale, hanno scambiato spesso favori con loro. Il traffico di droga è alla base di buona parte della piccola delinquenza mondiale, e di molte delle più vaste cospirazioni criminali mondiali.
Enormi profitti esenti da tasse si ammassano nelle mani dei cospiratori e svaniscono nei pacifici paradisi fiscali. L'ultima moda intergovernativa, gelosamente custodita in una nuova convenzione delle Nazioni Unite, sta quindi nel battere i cospiratori togliendo loro i profitti. Questo suona bene. Ma il pianeta è inondato di cripto-dollari, che evadono il fisco e sfuggono ai controlli valutari; è impossibile separare i narcodollari dal resto senza attaccare le banche protette dalle grandi nazioni. Fino ad ora, l'obiettivo principale dello zelo persecutorio americano è stata una banca di proprietà di Sauditi, ispirata da Libanesi, diretta da Pakistani, prendendosela per ogni spiacevole equivoco con i suoi avamposti a Panama.
I politici americani sono spaventati dalla guerra di droga che si svolge nelle loro strade, e fanno bene: hanno la popolazione urbana più pesantemente armata di tutto il mondo. Le guerre per la droga in paesi più poveri e meno elastici spaventano i politici a maggior ragione. Il Libano rigurgita di armi, molte delle quali pagate dalle gang del papavero la cui preziosa linfa mantiene in lotta anche gli Afgani. In Colombia giudici ed editori di giornali hanno dovuto affrontare una scelta: collaborare e incassare 100.000 dollari, o resistere e prendersi una pallottola nella testa del figlio. Adesso è la stessa autorità dello stato ad essere a rischio.
Il fango della corruzione del traffico illegale minaccia paesi anche più grandi, come il Pakistan e il Brasile. Giamaicani di buona volontà possono fare soldi inviando fiori freschi negli Stati Uniti, ma i contrabbandieri infilano ganja nei vasi dei fiori, così la dogana americana cerca tra i fiori tanto a lungo che questi muoiono.
Legalizzare e controllare
Le droghe sono pericolose. E pericolosa è l'illegalità che le circonda. In un regime di commercio legale, con la vendita controllata, tassata e supervisionata, la loro pericolosità proclamata su ogni pacchetto, le droghe avvelenerebbero meno consumatori, ucciderebbero meno trafficanti, corromperebbero meno poliziotti e renderebbero maggiori entrate al denaro pubblico.
Per le droghe come per l'alcool, società diverse necessitano di rimedi diversi. Il divieto internazionale esistente attualmente costringe tutti alla stessa politica globale: pretendere che sia possibile fermare il traffico, incanalandolo quindi nei metodi perversi a cui assistiamo oggi. Solo gli Olandesi hanno avuto il coraggio di differenziarsi, trattando le diversamente le varie droghe e applicando selettivamente rimedi sociali e medici anziché penali. L'Olanda è permissiva: eppure pochi dei suoi giovani muoiono per abuso di droga (e praticamente nessuno prende l'AIDS dalle siringhe infette). Il crimine legato alla droga è sotto controllo.
Legalizzare il mercato della droga sarebbe rischioso. Il proibizionismo è peggio che rischioso. E' un fallimento dimostrato, un pericolo di per se stesso. The Economist invoca la sua sostituzione con restrizioni più efficaci contro la diffusione delle droghe. In sintesi, noi vogliamo legalizzare, controllare e scoraggiare con forza l'uso di tutte le droghe. Diamoci vent'anni, mentre le bande della droga di oggi impegnano le loro energie in qualcosa di più positivo, come aiutare le vecchine ad attraversare la strada.