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Pannella Marco - 13 settembre 1989
La politica istituzionale
Intervento di Marco Pannella al Parlamento europeo

SOMMARIO. Polemizza con il presidente della Commissione che rifiuta di pensare e parlare in termini istituzionali: vengono così presi in considerazione tutti i termini della politica, "quello sociale, culturale, scientifico," ecc.; meno che l'aspetto istituzionale. Così si rischia di andare non verso il "grande mercato", ma verso la "grande giungla". E' illusione pensare di fare a meno della politica a nome della "politica dell'economia".

(DISCUSSIONI DEL PARLAMENTO EUROPEO, 13 settembre 1989)

Pannella (NI). (FR) Signor Presidente, ancora una volta il Presidente della Commissione non ha pronunciato una sola volta la parola »istituzionale nel suo intervento di 32 o 34 minuti.

Abbiamo ormai tutti gli aspetti della politica: quello sociale, culturale, scientifico, abbiamo la fiscalità, l'ambiente, la gradualità. Ma dell'aspetto istituzionale, cioè della repubblica per i cittadini, non se ne parla più! So con quanta buona fede il Presidente sia convinto che l'aspetto istituzionale sia presente in realtà nell'Atto unico, in re ipsa. Non è vero, signor Presidente! Lo dico con tanta più fermezza in quanto non si può dubitare della stima che ho per la Commissione e per il suo Presidente. Ciò non accade spesso.

Si parla sempre più spesso del »grande mercato . Noi diciamo: attenti all'istituzione, altrimenti sarà la grande giungla! Allora si parla d'»Unione economica e monetaria . Bene. D'accordo, ma si comincia già a dire che in questo campo non si dovrà evitare l'unanimità per i problemi essenziali. Si dice anche: se c'è un paese sui dodici che non sarà d'accordo, peggio per lui! Dunque, per una cosa transitoria (secondo il Presidente della Commissione l'Unione economica e monetaria sarà la transizione verso l'Unzione europea) cominciamo a prevedere di pagare tutti quanto sarebbe più serio di pagare per gli Stati Uniti d'Europa, per l'Europa europea e politica. Non è una contesa accademica, anche se mi spaventa un po' questa cultura armonica che presuppone una nozione etica della politica, che parla della società di diritto. Ma adesso ho capito bene, lo direte al Presidente Delors. Parlo sempre di società al plurale di diritto, perché non c'è che una società di diritto, cioè lo Stato di diritto. Quando parla d

elle società di diritto per le aziende, è evidente che dice le società di diritto. Più diritti per l'impresa! Per il lavoratore, per l'imprenditore, per il cittadino, un bel niente! Non esistono. Come la repubblica. E' la vecchia illusione di poter fare a meno della politica a nome della politica dell'economia! E' un'illusione che abbiamo pagato molto negli anni 30. Non basta che oggi la personalità che parla di questo ideale sostanzialmente antiistituzionale e apolitico sia al di sopra di ogni sospetto.

Signor Presidente, siamo un Parlamento. Non vogliamo essere oberati da poteri legislativi come quelli che ci vengono dati. Siamo molestati da piccoli poteri che sono piuttosto un peso per la nostra azione. Vogliamo l'autorità dell'esecutivo, della legislazione: vogliamo una società di diritto, la nostra società di diritto.

Chiedo per finire che i miei colleghi, ma soprattutto che la Commissione ed il Consiglio, capiscano che non si tratta di una contesa accademica, ma che se pensiamo veramente di poter fare a meno dell'istituzione europea, avremo sacrificato ancora una volta la democrazia sull'altare dell'efficacia, che è costruito sulla sabbia, ma che riesce in generale a provocare seri disastri nella storia.

 
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