Massimo TeodoriSOMMARIO: Tre proposte per l'erogazione di contributi straordinari a tre enti culturali (rispettivamente sponsorizzati da Pci, Psi e Dc), per complessivi 5800 milioni, diverranno assai presto legge dello Stato. Queste ultime tre leggine sono del resto l'ultimo anello di una lunga serie di altrettante leggi, espressione dello Stato clientelare e dell'appropriazione da parte dei partiti del denaro pubblico. E' per questo che l'autore è primo firmatario di una proposta di legge che prevede l'abrogazione di sovvenzioni statali a circa cinquemila enti, con una riduzione della spesa pubblica di quasi 2.000 miliardi.
(Il Giornale, del 21 settembre 1989)
L'arroganza con la quale i partiti si appropriano del pubblico danaro non ha davvero limiti. La Camera ha approvato ieri la sede legislativa in commissione per alcune proposte che diverranno assai presto legge dello Stato. Si tratta del "Contributo straordinario alla Fondazione Gramsci" per un importo di 2000 milioni per il 1989 e 1990, della "Concessione di un contributo straordinario nel triennio 1989-1991 a favore della Fondazione Turati di Firenze" per complessivi 1800 milioni, e del "Contributo straordinario all'Istituto Sturzo" per altri 2000 milioni negli anni 1989 e 1990.
Le tre leggine spartitorie sono firmate da autorevolissimi parlamentari dei partiti sponsorizzanti: Chiarante, Pecchioli, Alberici, Argan ed altri del PCI per il Gramsci; Acquaviva e Fabbri del PSI per il Turati; De Rosa, Mancino, Elia ed altri DC per lo Sturzo. E' specificato che i contributi "si aggiungono a quelli ordinari previsti dalla legge n. 123 del 1980" che riguarda le "Norme per l'erogazione di contributi ad enti culturali" concepita a suo tempo per razionalizzare attraverso la formazione di apposite tabelle la distribuzione dei contributi da parte del Ministero dei Beni Culturali. Sfogliando le erogazioni del 1987 si scopre che tra i contributi ordinari della legge 123 (per complessivi 14.519.385 milioni) la Fondazione Gramsci e l'Istituto Sturzo hanno già percepito rispettivamente 100 e 170 milioni.
Quello dei contributi pubblici ad enti, associazioni ed organismi è un aspetto non secondario del malcostume nazionale, espressione dello Stato clientelare e dell'appropriazione da parte dei partiti delle risorse pubbliche in favore di gruppi molto spesso legati alle macchine elettorali. Del resto, le tre leggine rappresentano solo l'ultimo anello di una lunga serie. Nel 1985 promossi, avvalendomi della facoltà propria dei parlamentari, una indagine della Corte dei Conti che produsse un eccellente referto da cui risultavano che circa 3500 enti, associazioni ed organismi che percepivano complessivamente 3400 miliardi. Sulla base di quel prezioso documento conoscitivo presentai una "scandalosa" proposta di legge "Riduzione della spesa pubblica di 1273 miliardi e 688 milioni di lire con l'abrogazione di sovvenzioni e contributi statali ad oltre 300 soggetti" con la quale si ipotizza un disboscamento che faceva salvi solo i contributi ad enti culturali e di ricerca di grande rilevanza. Proseguendo nella nostra l
a Corte dei Conti ha rinnovato ora la ricerca con i nuovi dati: nel 1986 gli enti ed organismi che ricevono contributi dallo Stato sono 7271 (di cui 5560 privati) per un totale di 5932 miliardi e 31 milioni che salgono nel 1987 a 7143 miliardi e 418 milioni riguardanti 6098 beneficiari (di cui 4628 privati).
Non tutti i contributi censiti sono da considerare inutili ma si può stimare che almeno un terzo della somma globale riguarda sovvenzioni clientelari, legate a patrocini partitici che hanno ben poco a che fare con la cultura e la ricerca. Ha scritto ufficialmente la Corte dei Conti: occorrono "regole che pongano anche limiti alla formazione degli innumerevoli rivoli di denaro pubblico, talvolta di entità assolutamente irrisoria, che vengono fatti affluire, senza discrimine, a una miriade di soggetti, soprattutto privati, in forme di contributi, sovvenzioni, premi, aiuti, variamente denominati" in generale sulla base di una "totale discrezionalità delle singole amministrazioni".
Devo confessare la mia solitudine (e la costante sconfitta) nella battaglia condotta alla Camera contro questo andazzo rispetto alla quasi generale consociazione dei predatori delle risorse pubbliche, sia nel caso delle singole leggine sia nel tentare di ostacolare il progetto di legge n. 36 di Bassanini ed altri deputati DC, PCI, PSI, Sin. Ind., PSDI, presto in discussione a Montecitorio, che prevede, in aggiunta alle migliaia di miliardi già distribuiti, altre centinaia di miliardi "a sostegno ad enti ed associazioni varie".
Alla ricorrente accusa che ciò andrebbe contro la ricchezza della società civile che si esprime proprio con una pluralità di forme, replico che la nostra opposizione è contro la trasformazione d'ogni cosa in parastato, soprattutto quando l'associazionismo vive solo perchè sovvenzionato. Essere in favore di una società libera ed aperta, non statizzata, significa favorire sì le realtà associative ma quando vivono grazie alle energie ed al sostegno anche finanziario che gruppi di cittadini sono disponibili a dare. Ed è su questa base che mi accingo a preparare un progetto di legge in base al quale i cittadini, solo quelli che lo decidono, possono devolvere danaro alle associazioni di loro scelta, detraendolo come in altri paesi dalle tasse, ma non prima di aver fatto piazza pulita di tutti i soldi che attualmente lo Stato, cioè tutti noi, buttiamo al vento o, meglio, nelle capaci fauci dei clienti dei partiti.