A ROMA SOLO CINQUE PERSONE SU CENTO SA..."IL MESSAGGERO".DICHIARAZIONE DI PANNELLA.
SOMMARIO: Motiva la presentazione delle sue dimissioni da deputato:"Tutti i partiti, a cominciare da quelli laici per finire a quello comunista, sono impantanati...nelle posizioni che la stragrande maggioranza degli esponenti democratici,...ebbero fino a dopo il delitto Matteotti..." "A Roma, meno di cinque persone su cento sa che io sono candidato...", grazie a RaiTV e a "Messaggero".
(NOTIZIE RADICALI agenzia, 10 ottobre 1989)
Roma, 10 ottobre -N.R.- Così Marco Pannella spiega le sue dimissioni da deputato.
"La presentazione delle mie dimissioni da deputato per denunciare l'involuzione (neo)fascistica della politica italiana e la mortificazione sempre maggiore del parlamento, l'attività sovversiva e gli attentati continui alla Costituzione condotta manifestamente dal PSI, dalla maggioranza della DC o dalla maggioranza del suo vertice, con la complicità omissiva della magistratura associata e di chi dovrebbe essere garante del diritto fondamentale e dei diritti dei cittadini, intende essere un atto non di abbandono ma di dignità e di lotta.
Tutti i partiti, a cominciare da quelli laici per finire a quello comunista, sono impantanati, culturalmente e politicamente, nelle stesse posizioni che la stragrande maggioranza degli esponenti democratici, da una parte, e il Quirinale e il mondo giolittiano o tardo giolittiano, ebbero fino a dopo il delitto Matteotti, altri fino quasi agli anni trenta nei confronti del fascismo e di Mussolini.
E il fascismo, quale risultò poi storicamente, fu il portato della scarsa fede democratica e liberale della classe dirigente, di 'governo' e di 'opposizione' almeno quanto lo fu per i disegni estremisticamente transformisti e opportunisti di Benito Mussolini, erede crispino.
La situazione è tale che a Roma meno di cinque persone su cento sa che io sono candidato, e sa qualcosa sulla lista antiproibizionista, grazie al convergere in posizioni fascistiche non solamente della RAI-TV pubblica, ma anche di giornali quali 'il Messaggero', erede non di Perrone, ma del peggior Missiroli, di un Missiroli senza penna e senza cultura."