Massimo TeodoriSOMMARIO: L'autore, membro della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi, propone alcune considerazioni sulla vicenda di Ustica. Tra le varie ipotesi sulla causa dell'abbattimento dell'aereo (quella di un missile o di un radiobersaglio da una parte, e quella di una bomba del terrorista o di un cedimento strutturale dall'altra) una cosa è ormai accertata, la serie di omissioni, depistaggi e menzogne messa in piedi, dal 1988 ad oggi, dai responsabili dell'aeronautica militare e talvolta dai servizi di sicurezza. A questo proposito, l'ultimo inquietante aspetto emerso dalle indagini è una collaborazione tra magistratura inquirente (Dott. Santacroce) e SIOS-Aeronautica teso a trasferire in sede giudiziaria queste "non-verità" sulla vicenda.
(Il Giornale d'Italia dell'11 novembre 1989)
Il lettore che non segue da vicino le vicende di Ustica rischia di rimanere ogni giorno più disorientato di fronte a questo ennesimo scandalo del nostro paese in cui - secondo il copione usuale - la verità e la giustizia sono state, e continuano ad essere, stritolate, questa volta sulla pelle delle 81 vittime che precipitarono in mare con l'aereo Itavia quel 27 giugno 1980. Mi pare quindi utile proporre qui alcune considerazioni nella mia qualità di deputato membro della commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi che in questo periodo si sta occupando di Ustica.
Innanzitutto voglio ricordare, se fosse necessario, che dopo 9 anni e mezzo non solo non sappiamo che cosa successe allora e perché l'aereo precipitò ma anche che la magistratura inquirente di Roma non è riuscita neppure a portare a termine la fase istruttoria. Anche per questo inspiegato ed inspiegabile ritardo, il Parlamento ha deciso di condurre una sua inchiesta. Giustamente i parenti delle vittime reclamano giustizia e verità: in questi mesi pertanto la commissione ha interrogato una serie di generali della Aeronautica Militare.
Non si hanno ancora elementi certi per concludere che a colpire l'aereo civile sia stato un missile o un radiobersaglio anche se quest'ipotesi è tuttora corredata da molti elementi. Personalmente non mi pronunzierò fino a quando non vi saranno tutti gli elementi concordanti in questa direzione. Certo è tuttavia che le tesi sostenute ed accreditate dall'Aeronautica Militare e fatte sostenere in Parlamento in diversi momenti (compresa l'ultima gaffe fatta fare dai generali al sottosegretario De Carolis), alternativamente della bomba del terrorista e del cedimento strutturale risultano sempre più deboli quando addirittura non rasentano il ridicolo.
Una cosa tuttavia è ormai accertata con abbondanza di elementi: che dal 1980 ad oggi è stata messa in piedi una lunga serie di depistaggi, di menzogne, di omissioni, di false versioni di questa o quella parte del puzzle dell'incidente. Purtroppo fino ad ora la maggior parte di queste responsabilità ricade sull'Aeronautica Militare che all'epoca gestiva i radar nonché le altre operazioni che successivamente sono state intraprese per fare luce sull'incidente, talvolta insieme ai servizi segreti, il SIOS interno all'arma ed il SISMI.
Oltre al comportamento dei militari, nell'ultimo periodo è emerso un altro aspetto assai inquietante della vicenda per ciò che riguarda l'accertamento delle responsabilità e quindi la ricerca della verità. E' documentato che nei primi mesi vi fu una collaborazione tra magistratura inquirente (il dott. Santacroce) ed il SIOS-Aeronautica tesa a trasferire in sede giudiziaria le "non verità" costruite in seno agli ambienti militari e di conseguenza ad indirizzare la stessa magistratura verso piste depistanti anche al fine di confutare e controbattere gli interrogativi che in sede parlamentare e di stampa venivano sollevati sulla presenza di un altro aereo e sul missile.
Come parlamentare ho pubblicamente espresso questa mia opinione nei confronti della magistratura inquirente, ben consapevole che la sfera della giustizia e quella del Parlamento devono godere reciprocamente della massima autonomia. Ma ho sentito il dovere di esternare tale mia convinzione basata sulla ineccepibile documentazione cartacea e testimoniale acquisita nell'inchiesta nel momento stesso in cui il dott. Santacroce ha pubblicamente criticato la mia attività investigativa in una sede parlamentare (tutelata dall'art. 68 della Costituzione), avvertendo forse il magistrato l'insostenibilità della posizione di chi da oltre nove anni non riesce a dare al paese una parola chiara e temendo, quindi, che si andasse a guardare a fondo sotto i pietosi veli che sono stati stesi su una delle più tragiche vicende che ha colpito l'Italia dei nostri tempi.