Eughenja DebrianskajaCittadina sovietica, militante del dissenso, membra del Consiglio Federale del PR, più volte incarcerata; l'ultima volta è stata arrestata davanti alle ambasciate di Italia e di Spagna a Mosca, durante una manifestazione per l'informazione e la democrazia in Occidente.
SOMMARIO: L'autrice interviene nel dibattito sulle modalità, le regole e gli obiettivi della nonviolenza, apertosi nel Partito radicale a partire dal documento con il quale Marco Pannella, Giovanni Negri e Luigi Del Gatto hanno sospeso il digiuno per l'informazione che avevano iniziato il 20 ottobre.
L'autrice si interroga sul fine dell'azione nonviolenta, la democrazia, nell'impero sovietico e nell'Est europeo.
(Notizie Radicali n.248 del 14 novembre 1989)
Parlando di democrazia come fine, viene un dubbio: può essere veramente un fine?
La democrazia non è un'entità statica, ma un processo dinamico, durante il quale si tende a stabilire un complesso di garanzie costituzionali che offrano il massimo di libertà politiche, civili, economiche sia a gruppi di persone sia all'individuo. Per raggiungere il risultato desiderato bisogna avere innanzitutto l'aspirazione ad ottenere qualcosa.
Purtroppo bisogna riconoscere che noi viviamo in un paese dove per molte decine di anni l'escalation di violenza da parte della classe dirigente, esercitata come strumento ufficiale per la risoluzione dei problemi politici ed economici, ha generato terrore ed apatia nella popolazione.
Possiamo oggi affermare che le idee di libertà, di amore, di giustizia sono comuni alla maggioranza dei nostri concittadini?
Malgrado le trasformazioni evidenti nel modo di pensare sovietico e nonostante le parole diritto, libertà, democrazia riempiano i discorsi ufficiali e non, sarebbe affrettato e miope sostenerlo.
Pur avendo raggiunto un certo livello di garanzie per i propri cittadini, l'occidente affonda sempre di più nel "non essere" e non è in grado oggi di rappresentare un modello perfetto del suo sistema e di esprimere forme di protesta nei confronti dell'impero sovietico, grazie alle quali il processo di trasformazione democratica all'Est diverrebbe irreversibile.
C'è la sensazione che l'umanità, accettando la formula "Après moi le dèluge", ne abbia fatto il suo slogan, e che i singoli movimenti di opinione non siano in grado di respingerla.
La politica delle istituzioni che si muove capillarmente, condanna intere nazioni alla miseria e alla fame mentre lo squilibrio ecologico, conseguente a questa politica, le minaccia di estinzione.
In questa situazione noi leviamo una voce di amore e di speranza in difesa di quelli per i quali la nonviolenza, l'amore, la sete di giustizia sono divenuti ragioni di vita, e facciamo appello a tutti quelli che si uniscono a noi per sfidare i signori dell'odio, della guerra, della incomunicabilità.