Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
lun 29 apr. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Bandinelli Angiolo - 14 novembre 1989
Il partito e la parte
Angiolo Bandinelli

Più volte Segretario del Partito radicale, è stato deputato al Parlamento italiano e presidente del Consiglio federale

SOMMARIO: Poiché in buona parte del mondo la percezione del valore del Diritto si è gravemente affievolita, l'autore ritiene che l'appello ai valori della nonviolenza rischia oggi di essere vano. Per risollevarne le bandiere occorre saper "affrontare il rischio dell'apparente emarginazione" grazie all'invenzione e alla flessibilità propria delle tecniche della nonviolenza. In tal senso, allora, la "forma reale" del Pr è inadeguata, poiché con la scelta transnazionale, ovvero con la frammentazione della funzionalità, il "partito" ha prevalso sulla "parte".

(Notizie Radicali n.248 del 14 novembre 1989)

C'è chi, in questi giorni, viene perentoriamente affermando che la Storia del Mondo sta avviandosi alla sua definitiva conclusione. Grazie al disfacimento dei regimi dell'est, in tutto il pianeta si affermano senza resistenze, come unici possibili, i sistemi della democrazia politica, omologati nell'acettazione di regole formali rappresentative dei livelli sociali e tecnologico-economici "di mercato" ovunque diffusi. Di questo trionfo della democrazia "formale" (neppur più contrastata da mere differenze antropologiche) gioiranno gli strutturalisti e gli analisti dei meccanismi elettorali. A nostro modesto avviso, anche se nuovo mondo non diverrà preda, come preannunciano i suoi teorici e profeti, di una inguaribile e mortale noia, non ci sarà da stare allegri: per nessuno.

Cento e più anni di lotte liberali e socialiste hanno fatto conquistare a buona parte dell'umanità la percezione precisa dei Diritti di ciascuno e di tutti, e del valore del Diritto. Ma se ci guardiamo intorno, in buona parte del mondo questa percezione si è gravemente affievolita, se non del tutto smarrita. Là dove i Diritti umani non sono giunti, sembra perduta la speranza di poterli persino rivendicare; dove essi parvero conquistati se ne sono perduti, invece, la ricchezza e il senso profondo e rigoroso. Al loro posto si affermano ovunque i piccoli privilegi, il senso angusto della difesa del "privato" e della proprietà, per quanto condizionata e precaria essa sia. Anche i "nuovi" movimenti - compreso quello ambientalista - paiono già aver percorso la parabola delle speranze suscitate scadendo spesso, anche in Italia, nell'opportunismo. Nonché non essere "fondamentalisti" (secondo i rimproveri di mediocri critici), gli ambientalisti non sono nemmeno "radicali", nelle analisi e nella prassi.

In questa situazione storica l'appello ai valori della nonviolenza rischia di essere - e più nei paesi di democrazia affermata - vano. La possibilità dell'esercizio della nonviolenza richiede il rifiuto rigoroso del giacobinismo, l'emergente percezione di alcune grandi frontiere del diritto, invalicabilmente fissata a fronteggiare l'infrazione, da parte del potere, del patto sociale e politico. Ebbene, salvo per rare eccezioni, sembra che la percezione di tale soglia sia, nelle società di oggi, smarrita.

Per risollevare di nuovo, con efficacia, le bandiere del dialogo nonviolento (e delle sue "tecniche"), occorre una presa di coscienza "al limite", che sappia affrontare il rischio dell'apparente emarginazione, sulla quale costruire il nuovo più alto dialogo grazie all'invenzione e alla flessibilità sempre rinnovata delle sue (apparenti) tecniche. Questa coscienza è carente anche là dove dovrebbe essere più reperibile. In tal senso, l'attuale organizzazione, la stessa "forma reale" del partito radicale è inadeguata. La frammentazione della funzionalità ha decretato la supremazia del "partito" sulla "parte" e le ricchezze - da esplorare e sollecitare - della sua presenza sociale e politica. L'obiettivo transnazionale stenta a trovare terreno di crescita per ragioni sopratutto esterne; per quello transpartitico occorre ammettere, al di là dell'indubbia drammaticità dello scontro in atto, pochezza di risultati ogni volta che è venuta meno la forza di coinvolgimento in senso "radicale" di quelli che ci si propone

va di far mutare e rinnovare. In questa battaglia è forse il partito quello che ha più perduto: in riconoscibilità e credibilità.

 
Argomenti correlati:
nr-248
nonviolenza
democrazia
transpartitico
stampa questo documento invia questa pagina per mail