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Pannella Marco - 15 novembre 1989
Caro Occhetto, io penso a una federazione democratica
Marco Pannella

SOMMARIO: La lettera aperta di Marco Pannella pubblicata dall'Unità nell'ambito del dibattito sul cambiamento del nome del Partito comunista italiano. Federazione democratica subito per arrivare al nuovo grande partito democratico di stampo anglosassone. Leghe democratiche non necessariamente generalizzate ma di altissimo profilo per le elezioni di primavera. Non è necessario e forse inopportuno nella transizione il cambiamento del nome del Pci. dalla terraferma liberaldemocratica e non dalle paludi continentali e socialdemocratiche occorre partire per la riforma istituzionale e politica.

Radicali e comunisti: iscriversi nell'ambito di questo progetto e nel corso della sua attuazione al Pci è perfettamente configurabile. E non siamo il Pci che prima progetta di salvare il Pr e poi rifiuta di consentirlo.

(L'Unità del 15 novembre 1989)

Caro Occhetto,

una grande, vera federazione democratica va ormai concepita, creata, di essa il Partito Comunista - in quanto tale - sia inizialmente una componente essenziale e promotrice.

Questa Federazione Democratica dovrebbe, in un giro di pochi anni prestabiliti, secondo tappe e regole rigidamente determinate, dar vita al Partito Democratico, di stampo anglosassone, e per una riforma istituzionale di stesso segno. Alle elezioni di primavera occorrerebbe per tempo vagliare una strategia, allo stesso tempo articolata e semplice, probabilmente differenziata, alle Regionali, alle Provinciali ed alle Comunali, con la presentazione di Leghe Democratiche, quanto meno in un numero significativo di casi esemplari, di test di alta ambizione e tenuta. Inopportuna dunque, non necessaria, mi parrebbe la rinuncia al proprio nome da parte del PCI. Consentite ad un compagno liberale, quale io sono, forse il più avversato, di volta in volta, ma sempre, per almeno un paio di decenni, di non rendere un omaggio indebito - indirettamente ma clamorosamente - alle altre sigle, agli altri nomi della partitocrazia italiana. Forse che rispetto all'ideale di una società permeata e animata da valori cristiani la DC

, partito di potere da quasi mezzo secolo, non ha pure essa fallito ? La distanza fra i suoi ideali ed il suo 'reale' non è men grande di quella che intercorre fra gli ideali del PCI ed il suo 'reale' storico. E che dire, oggi, del 'reale' di chi ha per ditta la liberaldemocrazia e il socialismo democratico dei Turati e dei Matteotti, degli Otto Bauer o dei Kausky, dei Jean Jaurès e dei Leon Blum, quello 'cristiano' e libertario del movimento fabiano o di Ignazio Silone, o dei Salvemini, degli Ernesto Rossi, dei fratelli Rosselli, degli Altiero Spinelli, di Guido Calogero, dei Capitini, dei Pannunzio, dei Mario Ferrara, dei Mario Paggi? Che dire di quel PSI che nel secolo offre come sua costola Benito Mussolini, prima; il decennio della vergogna staliniana poi; la subalternanza di regime rispetto alla DC, come prima con il PCI; ed, infine, l'avventuristico trasformismo, metà autoritario e metà anarchico, di questi anni? Certo, il sonno della ragione di una utopia totalizzante, romantica ed 'etica', ha fatto

del comunismo reale un mostruoso impero, al cui imperio il PCI è stato sottratto ben più dalla vittoria di noi 'nemici', e dalla storia, che dai suoi soggettivi meriti, che pure vi sono innegabilmente stati.

Ma, oggi, il problema non è più quello delle macerie del 'socialismo reale', ma quello della 'democrazia reale' e del suo distacco progressivo dagli ideali e dalla realtà della democrazia, della sua inadeguatezza che rischia d'essere tragica per il pianeta ed i suoi abitanti. Noi viviamo sempre più in partitocrazia, che è assolutamente altro dalla democrazia, e nemica dello Stato di Diritto, e negata al rispetto delle regole del gioco costituzionale e della giustizia. Un grande partito che si formi oggi non può iniziare il suo cammino che a partire dall'unica terraferma di democrazia reale che non abbia prodotto in questo secolo anch'esso, mostri e tragedie 'inumane': che è la terraferma liberaldemocratica, anglosassone, e non quella ' continentale', spesso 'socialdemocratica', del mondo del proporzionalismo, del partitismo, della parastatalizzazione e nazionalizzazione della società civile, dell'ideologismo, dei giacobinismi più o meno macchiavellici, eticizzanti, e quasi sempre antiliberali, romanticamente

fiduciosi nella violenza, nelle guerre - civili, colonizzatrici o liberatrici che fossero. Avventurandosi per una volta nelle infide e a lui antipatiche terre della cultura e della politica, Bettino Craxi ha mostrato di cogliere dove è il pericolo. Ha ingiunto al Pci di divenire 'socialdemocratico' e non ...'liberista'! Egli crede, probabilmente alla fola del 'liberismo' dei confindustriali delle destre; come non pochi di voi, ancora, temo. Mentre sono stati piuttosto 'liberisti' i Salvemini, via via fino agli Ernesto Rossi, passando per gli Einaudi, i sostenitori ragionevoli e onesti del 'mercato' come obiettivo e risultato di una certa, forte politica del diritto, dei diritti e dello Stato.

Ma torniamo a questo abbozzo di proposta, di dialogo, di progetto di riforma istituzionale e politica, di sistema federalista, antistatalista, antinazionalista. Ogni visione di alternativa come 'alternativa di sinistra' di questa 'sinistra', non può non essere interna allo sfascio. Prima del radicarsi della partitocrazia, e fino all'inizio degli anni "70 era ancora concepibile un' alternativa alla Dc; interna, insomma, al regime, anche se di profondo rinnovamento. Ma dopo gli anni " 70 l' unità nazionale, le leggi d' emergenza, il corporativismo vincente e soffocante, il degrado folle della certezza del diritto, delle istituzioni, delle realtà costituzionali, è oggi errato pensare che si possa tracciare una linea di demarcazione democratica e riformatrice tra sinistra e destra, tra Dc e sinistra e via dicendo. Testimonianze politiche come quella che viene in questi anni da Oscar Scalfaro, questo possibile Pertini cattolico ed anche, in queste settimane, delle componenti democristiane che cercano di avviare q

uantomeno una riforma elettorale in senso più 'anglosassone', più democratico, più efficiente e intellegibile delle realtà comunali e amministrative in genere, potrebbero forse già indurci a costatarlo o, quantomeno, a sospettarlo. Esitare, d' altra parte, per malintesa solidarietà ' di famiglia', di ' sinistra', a far comprendere al Psi che la sua attuale politica è forse quella più coerentemente e malamente ' di destra', in realtà trasformistica, autoritaria, antidemocratica, di puro potere e sottopotere, corrotta e corruttrice, che s'apparenta molto più con la cultura almirantiana, con quelle più reazionarie dell' occidente, con le tradizioni della sinistra crispina, con l'uso e l' abuso violento ed ingiusto delle istituzioni, dei poteri e sottopoteri, del gioco politico, e che mostra un suo proprio degrado sempre più rapido sino a far temere d' essere irreversibile; continuare a marcare la separazione in questo contesto tra tutti noi da una parte e tutta la Dc dall' altra, come avete fatto in occasione d

elle elezioni romane e fate, in fondo, a livello nazionale, mi sembra oggi errore che rischia di essere suicida, ed irreparabile per la costruzione di una alternativa democratica, specularmente opposto ed identico alla politica di Togliatti e di Berlinguer. Escludere la Dc, gran parte o buona parte di essa, dalla possibilità di trovarli, come noi, o gran parte di noi, assestati sulla sponda della democratizzazione delle istituzioni, della Riforma necessaria non è più legittimo ed opportuno. Continuare a ripetere "alternativa di sinistra" in queste condizioni, significa incoraggiare ad una politica del ricatto, del parassitismo, del trasformismo sia il Psi sia alcuni vertici evasi della Dc, sia le anime morte che li seguono, come ombre, da un quarto di secolo almeno. In generale io credo profondamente all' attualità ed alla possibilità di un' articolazione democratica tra sinistra e destra: ed alle maggior ragioni possibili dell 'una o dell' altra nella storia; alla loro dialettica, ma, in Europa oggi. Credo

tuttora che da questa ' sinistra ' e da questa 'destra' una 'sinistra' possa nascere ed essere portatrice di miglior ordine, di maggior forza di adeguamento alle immense responsabilità di difesa della vita, del diritto alla vita e della vita del diritto, al nuovo umanesimo ambientalista, alla conquista della democrazia del mondo.

Voglio, sempre più, continuare a combattere da radicale di un Partito Radicale, trasnazionale, transpartitico, nonviolento e democratico, federalista e liberalsocialista, antiproibizionista, laico, ambientalista, che s'organizzi ( e organizzi) in lotte contestuali a Mosca, a Roma, Washington, Bogotà, Lima, Ouagadougou, per puntuali obiettivi di democrazia a partire dai regimi di vecchia democrazia reale e da quelli già del 'socialismo reale', contro il rischio di seppellire il nostro tempo e la nostra società, 'oltreché' il nostro pianeta. Un Partito Radicale che non può non essere anche tuo, e di tanti, DC inclusi.

Sul 'piano nazionale', nel quadro di un progetto che ho cercato di delineare, potremmo in tanti aderire, penso, ad un Partito Comunista Italiano siffatto, che serbasse in tal modo, all'inizio della fase costituente con fierezza e con umiltà il suo nome. Poiché con la maggior parte dei miei compagni del PR ho avuto anche la ventura (ripeto: la ventura, la fortuna) di una vita e di scelte che costituiscono una ininterrotta, puntuale, quotidiana testimonianza di rigore e di amore democratici, che il Paese malgrado tutto conosce immagina, intuisce o ricorda, mi parrebbe giusto rivendicare il diritto-dovere d'esser con il Partito Comunista Italiano, del Partito Comunista Italiano, comunista italiano in tal modo e per queste ragioni, per questa comune, generale 'transizione'. Se l'unità laica delle forze, anziché altrove, è qui che dovesse o potesse realizzarsi, quest'unità, laica nel metodo e nelle regole, democratica per obiettivi e fedeltà e statuto, capace di Riforma, perché realizza intanto la riforma di sé

, e in tal modo prefigura il governo della riforma della società e dello Stato puoi trovare tu, caro Achille, anche un solo motivo perché tanti di noi radicali del PR, transnazionale e transpartitico, e così italiano, non compiano questa scelta ?

Io, per mio conto, ne trovo uno solo: se ci trovassimo anche noi ad essere colpiti da quella cecità per cui hai tollerato che la logica delle cose travolgesse quel progetto di 'salvezza del Partito Radicale' da parte anche dei comunisti italiani, progetto lapidariamente scritto e firmato da te e da Sergio Stanzani. In questo episodio, doloroso e gravissimo, v'è tutto il vecchio che rischia di vincervi e di vincerci. Come quel no alla 'Lista Nathan' o alla 'lista Ingrao' che senza nemmeno l'onore di un minimo di dibattito, nemmeno postumo, avete pietisticamente decretato come bello ma impossibile,: come i riflessi di struzzo che vi hanno portato ad ignorare le ragioni, cioè le vostre responsabilità, anziché dibatterne, di gravi episodi parlamentari che hanno visto

due terzi, o la metà almeno, dei deputati comunisti rivoltarsi contro di voi e di noi; come il ricordato atteggiamento nei confronti del Psi e, con segno apparentemente opposto, della Dc; come il consociativismo deleterio nella ( ed a favore) della Rai tv; o lo stabilire che un 'piduista' che scrive su l ' 'Unità' sia ( come è) un galantuomo ed un democratico, ma se scrive magari lo stesso testo altrove è un pericolo pubblico; se minaccia il posto di uno squallido burocrate lottizzato, disinformatore, incapace ed inesistente della Rai Tv, diventa un pericolo per la democrazia oltre che una sorta di Eichman dell'informazione, da giustiziare in quattro e quattr'otto, prima che sorgano dubbi o riflessioni (Gustavo Selva).

" Questione comunista" e " questione radicale", caro Achille, vanno di pari passo e da questa consapevolezza- che continua a mancarvi- e a non mancarci- la " questione democratica", che è quella del nostro tempo rischia di essere qui da noi definitivamente pregiudicata. Incredibile. Ma temo proprio (e spero) che sia così. Che il rischio lo si corra pure, ma che lo si vinca.

 
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