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Teodori Massimo - 17 novembre 1989
Com'è bello e comodo sparare sulla P2
Massimo Teodori

SOMMARIO: Negli anni dell'inchiesta parlamentare sulla P2 la maggioranza, simboleggiata da Tina Anselmi, se a parole demonizzava Gelli e la loggia, nei fatti rifuggiva dall'analizzare e dal colpire le strutture e le persone che si intrecciavano con la P2. L'autore ritiene che oggi ci sia un ritorno a quel vecchio "piduismo parolaio" fondato sul grido all'untore, che evita accuratamente i fatti, le strutture di potere e le spartizioni dell'informazione a danno dei cittadini. Sotto tiro, stavolta, sono Gervaso, Di Bella, Selva, Sensini, Paolo Mosca, Nebiolo, Ciuni e Berlusconi.

(Prima Comunicazione, del 17 novembre 1989)

Negli anni dell'inchiesta parlamentare sulla P2 mi sono duramente scontrato con tutti coloro, ed erano la maggioranza simboleggiata dalla presidente della commissione Tina Anselmi e dai residui del consociativismo catto-comunista, che a parole demonizzavano Gelli e la Loggia mentre nei fatti adottavano la tattica della "toccata e fuga". Parlavano di chissà quale strategia golpista nel momento in cui rifuggivano dall'analizzare e dal colpire i concreti nodi di potere nelle strutture e nelle persone in cui si intrecciavano strettamente, fino a divenire una sola cosa, l'occulto piduistico e il palese partitocratico. La vicenda Rizzoli, annessi e connessi, e la strategia emergenzialista a cui si attenevano gli uomini e le testate di fedeltà piduistica meritarono poca attenzione da parte della vulgata antipiduistica della Anselmi e soci. Dal canto mio, invece, consacrai molte pagine per svelare i fatti in cui reciprocamente si davano una mano partiti e P2 nel campo dell'informazione e del giornalismo. Per questo

nella mia "Controstoria" pubblicata nel 1985 dedicavo analiticamente alcuni capitoli alla vicenda: "Rizzoli alla P2: una scelta del regime. La spartizione delle testate DC-PSI. L'alleanza Tassan Din-PCI. Sipra e legge per l'editoria", "La politica del Corriere piduistizzato", "Il caso D'Urso e il black-out della stampa", "Sulla crisi di Calvi, l'alleanza Carboni-Corona-Caracciolo-De Mita" - e via analizzando.

Di questi tempi sembra esserci un ritorno di quello stesso vecchio antipiduismo parolaio di allora che continua ad autogratificarsi sol gridando all'untore. Sotto tiro sono, di volta in volta, Gervaso, Di Bella, Selva, Sensini, Paolo Mosca, Nebiolo, Ciuni e magari Berlusconi. Costanzo, invece no, perché è stato "assolto" definitivamente con un articolo sull'"Unità". I nuovi censori - tra i quali si distingue Marcella Andreoli con la sua lunga pratica dei corridoi giudiziari e delle caserme e le giornaliste vedove dell'Anselmi - non si occupano minimamente di fatti, di strutture di potere creatrici di situazioni illegittime, di mettere il dito sulle drammatiche concrezioni e spartizioni dell'informazione ai danni dei cittadini. No, tutto ciò non interessa loro: quel che li impegna fortemente è di additare al pubblico ludibrio coloro che, a ragione o a torto, apparvero nelle liste di Castiglion Fibocchi.

Di Roberto Gervaso non dimentichiamo certo la funzione di maestro di campo della casa gelliana ma ci domandiamo se questa è sufficiente per metterlo al bando vita natural durante. Il Franco Di Bella che operò come piduista fu quello del patto Rizzoli-Gelli e della campagna per non salvare D'Urso: ma oggi di quali misfatti concreti si sta rendendo reo? Davvero si ritiene che il peccato capitale di Berlusconi sia stato quello di essersi iscritto alla lista per ovvio opportunismo? E' di questo che lo si deve accusare e non piuttosto di avere ridotto l'informazione televisiva italiana - insieme e in contrasto con la RAI - ad una autentica indecenza? Il giovane rampantissimo Bisignani deve essere messo sotto accusa per quell'iscrizione alla P2 di dieci anni or sono o non lo si deve piuttosto chiamare in causa per il modo in cui opera all'interno del sistema di potere andreottiano a cui in permanenza - ieri come oggi - appartiene? Di Zicari ci interesserebbe piuttosto conoscere se svolge la professione giornalist

ica con gli stessi agganci di ieri e non già perché la sua tessera P2 costituisce un marchio a fuoco.

Gli stanchi accusatori di otto anni dopo sembrano recitare quel copione dell'intolleranza di stampo paleocomunista e veterogesuitico per cui si dà da bere che ci si batte contro il male sol perché si riciclano vecchi peccati che molto spesso non sono stati neppure reati di appartenenza. Allora i Gervaso, i Di Bella, i Sensini e - perché no - i Bisignani ed i Berlusconi agivano in un collegamento che molto spesso produceva dei fatti come, nel caso più clamoroso, fu la drammatica questione D'Urso, al fine di spingere il paese in una determinata direzione. Oppure la fratellanza serviva, nel momento in cui era operante, per delle cordate di carriera, tese ad occupare posizioni di comando. Mi pare che oggi tutto questo non esista più sotto il segno della P2. Sono altre P2, P3, P4 che operano intorno a noi, diverse da quelle di Gelli. Si tratta di potentissimi gruppi che hanno come obiettivo il potere per il potere, magari usando strumenti occulti e metodi illegittimi. Di questi farebbero bene ad occuparsi chi gri

da "al lupo". Può darsi che vecchi piduisti siano entrati a far parte di nuove aggregazioni dei tardi anni ottanta ma allora vorremmo sapere quali sono, da chi sono guidate, a che fine, quale strumenti anche illegali usano. La materia nel campo dell'informazione, ma non solo, è di grande attualità ed importanza e la posta in gioco è la stessa democrazia nel nostro paese. Se le Andreoli di turno volessero occuparsi di cose serie, non andrebbero a caccia di streghe - ieri con il "7 aprile" ed oggi dei combattenti e reduci della P2 - ma affronterebbero l'occulto di oggi mettendo una buona volta in soffitta quell'intolleranza settaria che è tanto facile quanto innocua.

 
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