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Teodori Massimo - 19 gennaio 1990
Un referendum bomba
Massimo Teodori

SOMMARIO: L'autore, nella sua qualità di promotore del referendum sul sistema elettorale, illustra il carattere della proposta referendaria, tanto dirompente da mettere in questione l'equilibrio politico del paese. Il referendum - afferma Teodori - non deve essere la prefigurazione di uno schieramento politico; non deve essere terreno di contrattazione tra forze politiche e quindi le adesioni di esponenti di partito devono essere a titolo personale; non deve essere strumento "di stimolo" ma strumento di decisione.

(Il Manifesto del 19 gennaio 1990)

Il referendum sul sistema elettorale ha fatto irruzione nel dibattito politico ed ha già un effetto Bomba. Non ancora depositati i quesiti e non ancora formalizzato il vasto gruppo dei promotori, di già i custodi dell'ordine stabilito si affrettano a contestarne la validità, l'ammissibilità e la materia stessa su cui dovrebbe incidere il quesito referendario. Quel che sta accadendo significa, se non altro, che la proposta è dirompente e tale da mettere in questione lo stagnante equilibrio politico del paese.

Discutiamo dunque, prima ancora che l'iniziativa sia avviata, il carattere del referendum; per quanto mi riguarda lo farò come partecipe dell'iniziativa specificando che le opinioni che esprimo qui sono solo mie o, al più, sono comuni al gruppo dei radicali coinvolti.

L'iniziativa referendaria non deve essere la prefigurazione di uno schieramento politico. Come è noto, tra i promotori vi sono i democristiani di orientamento moderato Segni e Ciccardini, i radicali con in testa Pannella da sempre favorevoli al sistema uninominale, personalità del mondo laico, pezzi di organizzazioni cattoliche come le ACLI e la FUCI, esponenti di area comunista e della sinistra indipendente mentre, da ultimo, è stato manifestato il sostegno sia del segretario del PCI che del presidente della DC. Tutte queste componenti non sono e non dovranno essere o sperare di essere una ipotesi di schieramento.

Il referendum non deve essere il terreno di contrattazione tra forze o correnti politiche. Se De Mita o Occhetto o Segni o Pannella pensassero di usare l'apertura di un siffatto nuovo tavolo per accordi o per scontri con altre forze politiche, si compirebbe un tradimento del valore effettivo dell'iniziativa referendaria attraverso cui i cittadini sono chiamati a partecipare direttamente.

Al referendum devono esservi adesioni di esponenti a nome di partiti o di correnti partitiche ma solo impegni a titolo personale. Coloro che partecipano alla sua proposizione, siano essi parlamentari o responsabili di partito, devono evitare di ergersi a rappresentanti di una qualche entità. Insomma anche se Achille Occhetto o Ciriaco De Mita aderiranno, è opportuno che non carichino una iniziativa ad hoc del peso dei loro rispettivi partiti o correnti, e lo stesso si deve affermare per altri cattolici o radicali perchè è opportuno che il referendum rimanga soprattutto uno strumento in mano dei cittadini.

Il referendum deve riguardare materia e questioni rilevanti. Tale lo è la trasformazione del sistema elettorale del Senato da proporzionalistico come l'attuale in uninominale all'inglese (per i tre quarti dei collegi). Non altrettanto rilevante sarebbe un referendum sulla legge elettorale della Camera dei Deputati che, eliminando l'utilizzazione dei resti, non farebbe altro che mantenere l'attuale sistema con un piccolo sbarramento del 3-4% tale da penalizzare le liste minori. La pubblica opinione comprende d'essere chiamata a votare nella scelta tra grandi alternative ma non su fattori marginali come lo sarebbe per la Camera.

Il referendum non deve essere "di stimolo" ma strumento di decisione. Se si chiamano milioni di cittadini a firmare, si deve poi consentir loro di votare e decidere per quei quesiti sui quali è stato messo in moto il meccanismo di rilievo costituzionale. Chi oggi parla di "referendum di stimolo" e si ripromette di negoziare in sedi partitiche o parlamentari per impedire l'andata alle urne, compie una operazione strumentale. Sarà bene che coloro che hanno in mente di giocarsi il piatto referendario nel negoziato partitico, rinuncino a pronunciarsi a favore ed a sostenere il referendum stesso.

Ad evitare quindi il coagulo di volontà strumentali ed il rischio che l'iniziativa finisca per essere un contenitore buono per tutti gli usi, è bene insistere su alcuni punti essenziali. Il referendum è uno strumento specifico (di rilevanza costituzionale) che serve per raggiungere un obiettivo specifico. In questo caso si tratta di mutare il sistema elettorale per via di una abrogazione parziale della legge del Senato in modo da mutarne radicalmente l'impostazione. Coloro che si mettono insieme rivolgendo un appello al paese in questo senso devono concordare sull'obiettivo specifico indipendentemente dalle loro origini politiche ed ideologiche e dalle loro ipotesi politiche per il futuro.

Con il mutamento del sistema politico occorre essere consapevoli che si procede ad una riforma politica. Cambiare il sistema elettorale da proporzionalistico in maggioritario secco significa incidere profondamente nei partiti. Aderire ad un referendum che propone il sistema uninominale comporta necessariamente un giudizio netto contro l'anacronismo della perduranza di una miriade di partiti che non rappresentano più linee di divisioni significative tra interessi, ideali e obiettivi diversi. Non si può sostenere questo tipo di referendum senza aver chiaro che esso va inevitabilmente a parare ad una riforma antipartitocratica della politica.

Il referendum è un modo laico di organizzare la stessa azione politica in contrapposizione con l'ingessamento partitocratico. Chi si mette insieme in una tale impresa non chiede carte di identità o adesioni permanenti, non vuole il negoziato di gruppi organizzati per conquistare una qualche posizione di potere. Vuole soltanto operare in una struttura ad hoc per raggiungere un obiettivo ad hoc con conseguente rimescolamento delle carte tra i partiti e nei partiti. Questa è una visione laica della politica e dei suoi strumenti che mi pare non vada sottovalutata in un momento in cui tutte le fedeltà partitiche sono rimesse in discussione.

Lo si è visto in queste settimane: il referendum è destabilizzante, come in passato lo sono stati altri referendum che hanno aperto nuove stagioni politiche (come il divorzio nel 1974) o hanno risolto questioni di grande momento (come il nucleare nel 1988). Il sistema politico e lo stesso rapporto tra cittadini e politica non saranno più gli stessi. E' perciò necessario ed opportuno acquisire la consapevolezza di quel che esso è, potrebbe e dovrebbe essere per difenderne il valore da tutti gli strumentalismi che nel paese dei gattopardi sono sempre in agguato.

 
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