Contro i »falsi quotidiani della stampa.di Marco Pannella
SOMMARIO: Poiché non passa giorno senza che si verifichi una lacerazione dell'immagine, dell'identità di un soggetto pubblico, è necessaria la ripresa della vecchia polemica in tema di difesa dell'immagine, dell'identità e dell'onorabilità. Pannella dichiara di volersi autodenunciare ed insieme di voler presentare "una azione per danni", prendendo occasione da un articolo apparso sul "Corriere della Sera" che lo fa "entrare in polemica" con G. Mattioli attribuendogli "parole e concetti" opposti a quelli effettivamente pronunciati.
Corregge, quindi, la falsa informazione fornita dalla stampa in merito ad avvenimenti e progetti recenti. A rettifica, Pannella dichiara:
1) fin dal luglio ha proposto che le liste "Nathan" non debbano includere, in linea generale, né forze verdi né antiproibizioniste;
2) Di "Liste Nathan"si può parlare solo nei casi di L'Aquila, forse Venezia e Teramo, ecc.
3) "I radicali tutti, in quanto tali non sono in causa in elezioni nazionali o internazionali".
4) Quel che si delineaa in Abruzzo è "prefigurazione" di "un nuovo, grande, Partito Democratico, alternativo al regime".
Deplora infine "l'ingeneroso, cieco atteggiamento" riservato dalle altre forze politiche, e in specie dal PCI (e in particolare dai suoi "vertici") nei confronti del partito radicale.
(IL GIORNALE D'ITALIA, 2 febbraio 1990)
Il teppismo di certo giornalismo sta divenendo di nuovo senza limiti; la falsificazione puntuale, dolosa, insospettabile diviene una regola. La legge sulla stampa in tema di difesa dell'immagine, dell'identità e dell'onorabilità non viene nemmeno più evocata dalle vittime di calunnie e di diffamazioni, tanto questo sembra ormai inutile. La giustizia penale, in questo campo, è peggiore di qualsiasi altra epoca, fascista inclusa. Sono anni che vado ripetendolo, e nessuno si sogna di denunciarmi per vilipendio della magistratura. Ho quindi deciso di autodenunciarmi a questo titolo, onde dimostrare in Corte d'Assise la verità scandalosa e letale per la civile convivenza di queste nostre inutili accuse.
Non c'è giorno che una lesione dell'immagine non si verifichi. Irreparata e irreparabile. Oggi, su »Il Corriere della Sera mi si fa entrare in polemica nei confronti di Gianni Mattioli, attribuendomi tra virgolette parole e concetti opposti a quelli per i quali ho evocato il leader verde, oltre che compagno membro dell'internazionale federalista e ambientalista, e del suo Consiglio Federale.
Questo giornale, nel settore - o meglio: nella cosca partitocratica - che s'occupa del mondo verde, non fa che opera di disinformazione, di istigazione alla rissa attraverso la menzogna. Do quindi mandato ai miei avvocati di iniziare subito un'azione per danni, a partire dalla menzogna quotidiana di ieri, nei confronti dei responsabili di questa affermazione diffamatoria e lesiva della mia identità.
Ciò premesso, intendo precisare una volta per tutte la mia posizione, suffragata da mesi e mesi di continue, rigorose prese di posizioni pubbliche, a proposito di elezioni amministrative (e no).
1) Sin da luglio ho pubblicamente proposto che le liste dette Nathan non includano, in via generale, né le forze verdi né quelle antiproibizioniste. Tale posizione ho confermato in ogni occasione, nel consiglio Federale, nel Congresso Italiano del Pr, al Congresso del Cora. I mentitori o gli imbecilli che mostrano di dimenticarlo e mi attribuiscono la posizione opposta non sono, appunto, che mentitori o imbecilli, non di rado, l'uno e l'altro.
2) Di »liste Nathan che meritino questo richiamo, per ora, non ne vedo che poche o punto. L'Aquila, se il Pci nazionale la smette di confrontarsi con questa iniziativa (ispirata dai comunisti aquilani) con lo stile di altri che lo scorso anno colpivano essi per primi la credibilità di quel che sembravano proporre. Venezia, probabilmente. Mentre a Teramo sta prendendo forza una proposta politico-elettorale di straordinaria novità riformatrice, e non si può escludere che nell'intero Abruzzo abbiano da realizzarsi altre, analoghe, rare sorprese.
3) E' l'ora che tutti ricordino e tengano bene in mente che il Partito Radicale, e i radicali tutti, in quanto tali non sono in causa in elezioni nazionali o internazionali. E' l'ora che tutti ricordino che io stesso, a tacere di Bonino, Zevi, Stanzani, Vigevano, che Rutelli o Mattioli, Negri o Lazinger, Aglietta o Taradash, Bordone o Scovacricchi, Caria o Vesce, Baslini o Anselmi, Faccio o Rangoni Machiavelli, Borgoglio o Spadaccia, siamo radicali tutti a pieno titolo, senza possibilità di gradazioni o di »uguaglianze dosate.
Senza pregiudicare quel che potrebbe accadere dopo il Congresso comunista di Bologna, sul quale è bene avere speranze ma malissimo farsi illusioni, non vedo per ora ragioni sufficienti per modificare le analisi, e gli obiettivi, che ho espresso e proposto prima delle elezioni europee, durante, e dopo. Vedo di nuovo moltissimo Roma o Reggio Calabria, anche se quel che s'affaccia nella politica italiana attraverso l'Abruzzo politico costituisce una prima, concreta prefigurazione di quel che i laici, ieri, ed il Pci - pare - oggi, avevano e hanno proposto: la creazione in Italia di un nuovo, grande, Partito Democratico, alternativo al regime ed al sistema partitocratico, post-comunista tanto quanto post-democristiano, post-liberale tanto quanto post-socialista.
L'ingeneroso, cieco atteggiamento nei confronti del Partito Radicale di quasi tutti, a cominciare da coloro che si fanno carico del futuro e del presente del solo Partito Comunista, dal vertice del Pci stesso che continua ad essere il solo che nei confronti del Pr tenta di erigergli attorno una sorta di muro di Berlino, per impedire ai comunisti di iscrivercisi, è però per quel che mi interessa, motiva più di ogni altra cosa. Ecco. Per quanto mi riguarda se v'è una linea di demarcazione è quella che vede al massimo alcune centinaia di persone, non più di una dozzina a livello di responsabili politici, da una parte e tutte le altre dall'altra; da una parte quelle che la priorità radicale la vivono, e quelle che nei fatti la negano. E, anche qui, lo spartiacque non divide radicali iscritti e democratici non iscritti: la priorità radicale è rara, infatti, anche fra i compagni di partito, almeno al suo »vertice .