Gabriella SpallinoSOMMARIO: Una campagna nonviolenta, una campagna per la vita del Tibet, il tetto del mondo martoriato da un'invasione di cui quasi nessuno sembra curarsi. L'associazione "Vivo il Tibet" sta preparando una grande mobilitazione.
(Notizie Radicali n.51 del 2 marzo 1990)
Nel giugno 1988, in un discorso rivolto ai deputati del Parlamento Europeo S.S. il Dalai Lama denuncia la tragica situazione del Tibet, ed espone quello che è il primo degli obiettivi del suo lungo e faticoso peregrinare per il mondo: il Tibet sia un'oasi di pace naturale per tutti i popoli del mondo. Con Giovanni Negri, allora eurodeputato, iniziamo ad approfondire la conoscenza delle vicissitudini di questo popolo confinato a 5.000 metri di altezza nel cosiddetto "Tetto del mondo".
Dacché, nel 1959, i Tibetani si sono ribellati all'invasione cinese e il Dalai Lama fu costretto a fuggire per rifugiarsi in India, 1.200.000 Tibetani laici e lama sono stati uccisi, 6.000 monasteri sono stati distrutti, decine di migliaia di volumi, di testimonianze della cultura e della religione di questo popolo sono stati bruciati dalla "Rivoluzione Culturale"; centinaia di ettari di boschi sono stati rasi al suolo per esportarne il legno; migliaia di statue d'oro raffiguranti divinità sono state fuse per ricavarne il metallo prezioso per pagare la sussistenza delle truppe della Liberazione popolare e per mantenere quindi una posizione strategicamente importante, utile per l'installazione di basi nucleari in grado di dominare, da tanta altezza, l'India, l'Urss e tutta l'Asia.
L'8 marzo 1989 a seguito delle grandi sommosse del popolo tibetano a Lhasa, la Cina applica la legge marziale: da quel momento le frontiere del "Tetto del Mondo" sono chiuse per tutti: Negri -come Parlamentare europeo- chiede il visto di ingresso in Tibet, ma gli viene sia pure cortesemente negato (»negli affari interni della Cina nessuno deve intromettersi ).
Al Congresso di Budapest del Partito radicale invitiamo Kelsang Gsyaltsen, rappresentante del Dalai Lama,e Lodi Gyari, ministro del governo tibetano in esilio. E' già in quella occasione che si manifesta l'insofferenza del governo cinese, che invia al Congresso stesso un delegato dell'ambasciata in Ungheria che avvicina il tavolo di Vivo il Tibet e comincia a tartassarci di domande sul come, quando, perché ci siamo permessi di fare venire e intervenire dei Tibetani. Un buon incoraggiamento a proseguire le iniziative, non c'è dubbio.
Viene così presentato pubblicamente nel corso di una conferenza stampa il comitato Vivo il Tibet cui partecipano -oltre ai promotori Negri, Antonio Stango e Primo Mastrantoni- anche rappresentanti di altri gruppi politici italiani, nonché il presidente dell'Associazione Italia-Tibet Piero Verni e un Lama tibetano da anni rifugiato in Italia.
Prepariamo migliaia di cartoline, di manifesti, per informare i moltissimi che non conoscono assolutamente nulla dell'immane eco-disastro che nel più assoluto silenzio sta consumandosi sull'altopiano più alto del mondo.
Nell'estate '89 i fatti della Tien-an-men confermano che la presunta apertura democratica palesata dal regime di Deng altro non nasconde che una brutale e costante repressione di tutto quanto rappresenti volontà di democrazia e di libertà.
Dopo l'attribuzione al Dalai Lama del Premio Nobel per la Pace, nel dicembre scorso Giovanni Negri (ormai deputato italiano nel gruppo Psdi) crea e coordina l'"Intergruppo parlamentare per il Tibet" al quale aderiscono esponenti di tutte le forze politiche -tra i quali Flaminio Piccoli, presidente Dc della Commissione Affari esteri della Camera.
Si rafforza così una vera, grande battaglia di vita, di libertà, di democrazia,ecologista, dove non solo la natura, ma persone, cultura, religione e tradizione rischiano di scomparire del tutto e per sempre.
Come ogni anno, anche in questo 1990 ricorderemo il 10 marzo con dei sit-in l'anniversario dell'invasione cinese dinnanzi a tutte le ambasciate cinesi d'Europa (a Roma come a Praga, Mosca, Lisbona, Budapest, Bruxelles, Madrid, Varsavia, e a Bucarest, a Sofia...) per la riapertura immediata delle frontiere tibetane.
Chiunque voglia porsi in contatto con l'associazione "Vivo il Tibet" per partecipare a questa grande campagna transnazionale deve rivolgersi a:
Gabriella Spallino, coordinatrice di "Vivo il Tibet", c/o Pr Via di Torre Argentina 18, ROMA; tel. (06)6547771/5.
Oppure a Tullio Lauro, coordinatore di "Vivo il Tibet" c/o Pr C.so di Porta Vigentina 15/a, MILANO; tel.(02)5458374.
A questi recapiti occorre anche rivolgersi per ricevere le cartoline preparate da "Vivo il Tibet" da inviare firmate alle ambasciate cinesi nei vari paesi europei, e che chiedono la riapertura delle frontiere del Tetto del Mondo; già molti compagni radicali stanno diffondendole in Belgio, Ungheria, Cecoslovacchia, che in Italia.
L'associazione organizza, se richiesti, convegni con la partecipazione di rappresentanti dell'Associazione Italia-Tibet e di "Vivo il Tibet", e in occasione del viaggio del Dalai Lama in Italia -previsto per il prossimo giugno- sta preparando una grande mobilitazione.