SOMMARIO: Dalle 7,30 del 2 marzo 1990 Radio Radicale ha cessato le proprie trasmissioni. La decisione è stata presa a causa della situazione di gravissima crisi economica e finanziaria dell'emittente. La riunione era stata preceduta da un incontro con il segretario del Pr Sergio Stanzani, il tesoriere Paolo Vigevano e la Presidente Emma Bonino, nel corso del quale si è preso atto che se non si verificheranno fatti nuovi entro la fine di aprile, l'intero patrimonio dell'azienda dovrà essere messo in liquidazione.
(Notizie Radicali n.51 del 2 marzo 1990)
Radio Radicale ha chiuso, cosi è stato deciso dove non si è deciso altrimenti. Dove non si è deciso che la sorte di Radio radicale è un problema che riguarda in primo luogo le istituzioni, dove non si è deciso che salvaguardare questo servizio pubblico era possibile e necessario. Siamo giunti ad un punto terminale, siamo al silenzio.
Per scongiurare la prospettiva della definitiva scomparsa di Radio Radicale, che da quattordici anni costituisce l'unica fonte diretta di informazione sulla vita delle istituzioni, tutti gli operatori della Radio sono mobilitati perche', entro tempi tecnici strettamente necessari si arrivi alla approvazione da parte del Parlamento della proposta di legge "ad hoc"- gia' sottoscritta dai Presidenti dei gruppi parlamentari della DC, del PCI, del MSI, del PRI, del PSDI, del PLI, del PR, di DP- che assicuri un contributo straordinario di venti miliardi. Se non si verificheranno fatti nuovi entro la fine di aprile, l'intero patrimonio dell'azienda dovra' essere messo in liquidazione. Radio Radicale non ha più una lira in cassa. Gli stipendi non vengono pagati, i creditori non vengono soddisfatti. Le stesse strutture che hanno consentito di raggiungere le case di tutti sono in grave pericolo. E' perciò anche necessario un intervento immediato di sostegno, in termini di denaro, di tutti gli ascoltatori, di tutti col
oro che credono nel ruolo di Radio Radicale, di tutti i cittadini: vi chiediamo di inviare a Radio Radicale, via Principe Amedeo 2, 00185 Roma, mediante vaglia, contributi e aiuti che consentano di proseguire in questi due mesi la campagna per la vita della radio. L'obiettivo delle iniziative è chiaro: il varo di una legge ad hoc che riconosca il servizio pubblico reso da Radio Radicale nei 14 anni di sua esistenza e che la metta nelle condizioni di poter entrare nel mercato delle convenzioni con enti locali, amministrazioni e con il Parlamento. La legge sull'editoria - che con il 1990 viene definitivamente a scadere - come è noto vincolava Radio Radicale alla definizione, impropria, di "organo del Partito Radicale", negando sia la sua funzione di servizio pubblico sia la possibilità di convenzioni con le istituzioni. L'obiettivo dei venti miliardi una tantum equivale al 2,5% del bilancio annuale di Camera e Senato o all'1% del budget della RAI; permetterà di continuare a seguire la vita delle istituzioni, i
n diretta, senza mediazioni: la RAI chiede 200 miliardi (dieci volte quanto sarebbe necessario a Radio Radicale) per un servizio (le trasmissioni del Parlamento) che, in realtà, non ha alcuna volontà di fare e che, comunque, per cultura e per burocrazia non è in grado di fare.
Le notizie della drammatica crisi di Radio Radicale devono arrivare ovunque: vi invitiamo quindi ad utilizzare i telefoni il più possibile, a scrivere ai giornali, ai settimanali, a tutti i mezzi di informazione. Vi invitiamo a scrivere a Radio Radicale.
»Nella situazione di crisi, di drammatica crisi di Radio Radicale, siamo consapevoli -hanno dichiarato i redattori e i tecnici della radio- della analoga situazione del Partito Radicale, di quel Partito Radicale che, grazie alle sue scelte ci ha inventato e fin qui finanziato. L'obiettivo dei cinquemila iscritti al PR entro febbraio è stato completamente mancato, rendendo pressochè impossibile il raggiungimento dei successivi obbiettivi dei diecimila e dei cinquantamila. Che senso può avere Radio Radicale in una "democrazia reale" che vuol fare a meno di quella "cosa" chiamata Partito Radicale?