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Trebach Arnold - 25 aprile 1990
Un pacchetto di compromessi pacifici
Il punto di vista di una dissidente americano

SOMMARIO: L'autore, presidente della Drug Policy Foundation, con questa relazione presentata alla Conferenza sulla droga, tenutasi all'Accademia delle Scienze di Mosca dal 23 al 29 aprile 1990, presenta un'ampia disamina dei problemi legati alla "guerra alla droga" promossa da Bush negli USA: il fallimento del proibizionismo sull'alcool negli Stati Uniti negli anni venti rappresenta un esempio emblematico e realizzato dell'inutilita' e della pericolosita' di questi provvedimenti; il proibizionismo infatti ha prodotto il commercio illegale delle droghe e i gruppi che ne traggono profitto. Ecco perché l'autore ritiene che sia necessaria una riforma della politica sulla droga in senso antiproibizionista: "non perché l'attuale politica è totalmente errata, quanto perché i suoi eccessi causano troppi mali e troppa ingiustizia".

Questa relazione è destinata soprattutto ad un pubblico americano. La sto presentando davanti ad un pubblico internazionale riunito qui in Unione Sovietica in modo che i partecipanti alla conferenza possano percepire le complessità della politica americana in materia di stupefacenti attraverso l'ottica dell'opposizione leale negli Stati Uniti.

Stiamo assistendo ad una tragedia nazionale in via di svolgimento. Sono già 7 decenni che gli Stati Uniti perseguono una nefasta politica antidroga. Durante l'era Reagan-Bush, tale politica è stata spinta agli estremi più distruttivi. Dopo 8 anni di guerre contro il narcotraffico costate miliardi di dollari, le nostre prigioni sono piene a livelli mai visti, la violenza dei narcotrafficanti inquina le nostre città, e il consumo degli stupefacenti è dilagante. E nonostante la più aggressiva campagna antinarcotici che la storia ricordi, la quantità di cocaina importata dal 1981 è così ingente che i prezzi sono scesi ad una frazione del loro livello precedente. E se per alcuni dei nostri figli è più difficile comprare la marijuana, per molti è più facile ottenere il crack o la cocaina.

Eppure, la Strategia Nazionale per il Controllo degli Stupefacenti di Bush e di Bennett, svelata, come previsto per legge, il 5 settembre 1989, non promette altro che una continuazione e un allargamento di questo disastro. Al Congresso, i Democratici hanno criticato il piano che prevede uno stanziamento di 7,9 miliardi di dollari, ma solo per affermare che non è sufficientemente lungimirante e non eroga abbastanza denaro. E' probabile, però, che il pacchetto antinarcotici, nella sua forma definitiva, entrerà in vigore ad un livello di record che raggiungerà i 10 miliardi di dollari. E gli stati spenderanno ancora di più. Altri 4 anni dell'attuale politica promettono ancora più stupefacenti illegali nelle nostre strade, un aumento della criminalità, un aumento degli americani detenuti in carcere e un aumento dei giovani attratti dal commercio dei narcotrafficanti e al consumo della droga.

Arriverà presto il momento in cui guarderemo tutti indietro agli eccessi delle attuali campagne contro gli stupefacenti con vergogna. Esse faranno parte della collezione di imbarazzi nazionali come il Proibizionismo sull'alcool degli anni Trenta, l'incarcerazione dei nippo-americani negli anni Quaranta, il McCarthyism dei Cinquanta, la guerra del Vietnam negli anni Sessanta e Settanta.

Ora è il momento, prima che siano compiuti ancora altri danni, prima che i nostri dirigenti gettino ancora di più nell'imbarazzo il popolo americano agli occhi del mondo e della storia, di avviare il processo di riflessione contro la dura guerra agli stupefacenti. Noi americani dimostriamo il nostro lato peggiore quando cadiamo in preda al focoso moralismo patriottico da crociati e ci lanciamo all'inseguimento del nemico più comodo. Dimostriamo invece il nostro lato migliore quando ci mettiamo a tavola con i supposti nemici per elaborare compromessi a metà strada tra gli estremi. Si dimentica spesso e volontieri che negli anni Ottanta del Settecento, dopo la vittoria della rivoluzione, la nuova nazione americana era sull'orlo della guerra civile. Ma durante una lunga e calda estate, prevalse il sangue freddo ad un congresso segreto di Philadelphia, che è stato definito un pacchetto di compromessi pacifici. Noi dovremmo seguire questo esempio ora che la guerra civile degli stupefacenti sta dilaniando il

tessuto vitale della nostra democrazia.

In via sommaria, le mie proposte per la riforma sono: primo, che questa nazione riconosca la futilità dello stesso concetto della lotta agli stupefacenti. Dovremmo invece cercare di elaborare metodi pacifici - quelli che non fanno ricorso a norme penali o al militare - tesi a contenere il consumo degli stupefacenti pur conservando le libertà costituzionali. Secondo, dovremmo medicalizzare il consumo della marijuana e dell'eroina per attenuare la sofferenza dei milioni di cittadini afflitti da malattie come il cancro, il glaucoma e la sclerosi a placche. Terzo, dovremmo sperimentare, fino alla fine del millennio, con varie forme di decriminalizzazione o di legalizzazione degli stupefacenti "ricreativi". Questo potrebbe anche includere esperimenti in collegamento con leggi statali che prevedano la piena legalizzazione di quasi tutti gli stupefacenti attualmente illegali per gli adulti. Se gli esperimenti hanno buon esito, si può arrivare ad una legalizzazione di più vasto respiro; altrimenti si dovrà nuov

amente invocare tutto il peso delle sanzioni penali. Quarto, dovremmo investire miliardi adesso in nuovi metodi terapeutici, invitando le migliori menti della nazione a partecipare ai tentativi di concedere aiuto, invece di arrecare danni ai nostri vicini tossicodipendenti o consumatori.

I dirigenti del governo americano e della società americana hanno svolto un ruolo principale nel creare le condizioni sottostanti al mercato nero, alla criminalità, alla violenza e allo stesso fabbisogno narcotico che nuoce ai nostri cittadini. Essi, però, si comportano come se non fossero in alcun modo responsabili di questi orrori, preferendo sempre addossare la colpa a qualcun'altro - ai sessantottini, ai dittatori stranieri o persino ai terroristi. Eppure, gran parte della colpa risiede proprio nelle leggi antidroga draconiane e nel modo di attuare le politiche volte a colpire gli stupefacenti.

Il distruttivo impatto di queste politiche comincia ad essere percepito solo adesso dall'americano medio e dai cittadini di altri paesi che cominciano a riconsiderare la loro pedissequa imitazione della guerra contro gli stupefacenti all'americana. Più viaggio per gli Stati Uniti e per gli altri paesi, più ho occasione di constatare l'espressione di ripugnanza che appare sul viso di coloro che sentono raccontare da me i fatti basilari della guerra santa scatenata da Reagan-Bush-Bennett.

Suscita ripugnanza, per esempio, la mia lettura dei dati federali ufficiali che dimostrano che gli Stati Uniti primeggiano tra le democrazie che stanno diventando "stati-carcere".

Tra l'inizio del gennaio 1981 (mese in cui Reagan entrò in carica) e la fine del giugno 1989, la popolazione carceraria statunitense è aumentata da 329.821 a 673.565, cioè del 104 percento, un livello senza precedenti. Queste cifre riguardano solamente i detenuti che scontano una pena che prevede una reclusione di lunga durata, di oltre un anno. Durante i primi 6 mesi del 1989, il tasso d'aumento è stato un allarmante 14,4%. Se sussiste questa tendenza, la popolazione carceraria raggiungerà i 2,8 milioni all'inizio del prossimo secolo. E se continua la politica Bush-Bennett in campi affini, sarà ragionevole prevedere la reclusione di altri 2,8 milioni in istituzioni penali, riformatori, i cosiddetti "lager" per coloro senza precedenti penali e i consumatori occasionali, e gli istituti psichiatrici per i casi recalcitranti. Una percentuale considerevole dei 5,6 milioni dei detenuti del nuovo gulag americano sarà stata incarcerata come risultato della lotta agli stupefacenti.

I RIFORMATORI VOGLIONO RAGGIUNGERE GLI STESSI OBIETTIVI DEI SOSTENITORI DELLA GUERRA ANTINARCOTICA

La maggior parte dei riformatori della politica antidroga e i sostenitori della guerra antinarcotica vogliono raggiungere gli stessi obiettivi. Certamente, noi riformatori auspichiamo che i nostri figli possano crescere in una società sana, democratica e priva di stupefacenti. Desideriamo che tutti gli americani possano camminare per le strade senza doversi preoccupare del male proveniente dalla violenza dei delinquenti. Vogliamo che la libertà e l'integrità degli americani siano conservate e tutelate dal governo. Vogliamo che il doppio flagello dell'Aids e dell'abuso degli stupefacenti sia controllato e che le sue vittime siano curate con efficacia e compassione dalle autorità sanitarie e dalla società. Vogliamo che le forze dell'ordine siano in grado di fornire un'assistenza intelligente, come può pretendere un popolo democratico dalle sue agenzie di sicurezza.

Noi ci opponiamo alla guerra agli stupefacenti perchè essa non favorisce il raggiungimento di quegli importanti obiettivi che sono vitali per una società libera con un'economia in espansione. In realtà, la guerra contro il narcotraffico crea condizioni che impediscono un controllo lecito del consumo degli stupefacenti, della criminalità, della corruzione e della violazione della "privacy".

L'isterismo causato dalla guerra contro gli stupefacenti crea una forma mentis orwelliana in cui le perverse tattiche del Grande Fratello vengono dipinte come misure patriottiche tese a salvare l'anima dell'America. Sarei indotto a credere, vuoi per la mia educazione familiare, vuoi per la mia istruzione vecchio stampo della Nuova Inghilterra, che sia poco dignitoso, antiamericano e proprio perverso che ai pubblici ufficiali sia permesso di comandare ad un membro del personale femminile della Marina che si spogli, e che poi questa, costretta ad orinare, venga scrutata "tete-à-tete". Eppure, il paese si sente raccontare dai suoi dirigenti che tali perversioni - e altre mille varianti - non lo sono affatto e che non costituiscono alcuna violazione della tradizione americana.

Molti americani tradizionalisti ormai non credono più ai nostri dirigenti nella Casa Bianca o sul Colle Capitolino quando ci dicono che intravvedono la luce alla fine della galleria della guerra antinarcotici - e che se solo resisteremo un altro po', se avremo il coraggio di impegnare più truppe e più "tesoro", violando solo alcuni altri diritti insignificanti, potremo raggiungere la vittoria. Abbiamo sentito farneticamenti simili non troppo tempo fa nei confronti di un altro conflitto emotivo. E come nel caso del Vietnam, la causa era nobile e condivisa dalla maggioranza dei cittadini rispettabili. Allora abbiamo combattuto il Comunismo, adesso l'abuso degli stupefacenti.

Ma già nel 1968, migliaia di americani contro il Comunismo cominciarono ad opporsi alla guerra nel Vietnam perchè erano giunti alla conclusione che quello non era un mezzo efficace per mettere al riparo il popolo americano dallo spauracchio del Comunismo. A distanza di 20 anni, però, sta cominciando a farsi strada una simile ripugnanza popolare. E' più esigua di quella sorta sulla scia della guerra asiatica ma sufficientemente potente da farsi sentire in tutto il paese, in tutti i principali giornali, su tutte le reti televisive nazionali, e nelle sale dei Congressi legislativi in tutto il mondo. Attualmente, noi della Drug Policy Foundation siamo talmente oberati di richieste di informazioni che abbiamo difficoltà a rispondere in tempi ragionevoli. E nell'ultimo anno ho avuto modo di portare la mia testimonianza nel corso delle principali sedute legislative sulla politica antinarcotica nella Camera dei Rappresentanti statunitense a Washington, nel Bundestag a Bonn e al Senato dello stato di New York a M

anhattan.

Come nel caso del Vietnam, coloro che sostengono la prosecuzione della guerra dipingono il movimento pacifista come se fosse in combutta con il nemico oppure patrocinato dallo stesso. Tuttavia, quel movimento di pacifisti, durante il conflitto vietnamita venne ad inglobare un contingente di opinione politica talmente ampio e rispettabile che la teoria dovette essere abbandonata come uno scherzo disperato. Ma anche oggi la paura di assumere una posizione troppo morbida nei confronti del narcotraffico continua a costituire un tema di grande attualità politica.

Il "New York Times" ha pubblicato un editoriale l'11/8/1988 intitolato "Tougher Than Thou" ("Più Forte di Te"). Commentando una serie di misure particolarmente repressive approvate da una maggioranza preponderante in quella settimana, il "Times" fece notare che quando si tratta di stupefacenti clandestini, la maggior parte dei membri della Camera dei Rappresentanti "non vuole che ci siano nemici ancora più sull'ala destra". Lo stesso poteva dirsi all'epoca dei due candidati presidenziali, Bush e Dukakis. E si potrebbe reiterare ancora oggi mentre il piano Bush-Bennett viene spinto attraverso il Congresso con sorprendente sostegno. Niente nemici a destra.

Eppure, il movimento per la riforma delle politiche contro gli stupefacenti continua davanti a questa nuova forma del Maccartismo. Noi riformisti ci opponiamo all'abuso degli stupefacenti. Pertanto ci opponiamo alla guerra contro gli stupefacenti. Proponiamo una serie di cambiamenti fondamentali nella formulazione delle politiche antidroga.

Questo volume contiene molte proposte che dimostrano la grande profondità e diversità ideologica del movimento riformista. Seguono le mie proposte personali.

UN PACCHETTO DI COMPROMESSI

1. Esperimenti con la piena legalizzazione in alcuni stati

E' cambiata negli ultimi mesi la mia percezione di quello che potrebbe costituire un ragionevole compromesso nella lotta contro gli stupefacenti. Da anni sono sotto accusa dalle autorità del governo ed altri critici per la mia aspirazione a legalizzare tutte le sostanze stupefacenti. Da anni mi trovo a negare quest'accusa. Ora mi dichiaro colpevole, ma con circostanze attenuanti.

Si tratta di una maturazione causata dalla consapevolezza, ma in realtà un'epifania, che la piena legalizzazione degli stupefacenti creerebbe l'ordine dal caos, non viceversa come vorrebbero i sostenitori della guerra contro gli stupefacenti. Tim, uno che è intervenuto durante un programma radiofonico con una chiamata interurbana ha fatto recentemente il commento più opportuno: "La proibizione equivale alla "deregulation"." In altre parole, il vero effetto delle leggi contro il narcotraffico è esattamente il contrario del risultato desiderato. Attualmente regna l'anarchia nella distribuzione e la vendita degli stupefacenti. Nessun'autorità del governo controlla il passato e l'età dei venditori. Nessun ente elabora un regolamento per fissare le condizioni di vendita o l'età degli acquirenti. Nessun distributore compila la dichiarazione dei redditi per mandare un rendiconto fiscale o nemmeno un solo dollaro dei 100-200 miliardi di dollari che vengono spesi ogni anno nel mercato nero degli stupefacenti in

America o nei grandi mercati clandestini che corrompono e minano il tessuto di molte altre nazioni democratiche.

La proibizione ha creato una giungla. E con l'invasione del territorio nazionale, l'unica legge a prevalere è quella della giungla, dell'unghia e del dente. O nell'America di oggi, l'Uzi e il Mac-10.

La maturazione di simili pensieri mi ha indotto a testimoniare a favore del disegno di legge Galiber del 16/6/1989. Questa proposta di legge, S.1918, Senato dello Stato di New York, "porterebbe alla legalizzazione degli stupefacenti per gli adulti e provvederebbe anche alla regolamentazione da parte di una "Control Substance Authority" ("Autorità per il Controllo delle Sostanze. ") La posizione del suo promotore, il Senatore Joseph L. Galiber del Bronx, è che attualmente le sostanze psicotrope dovrebbero essere controllate e vendute come l'alcool. La CSA concederebbe licenze ai venditori qualificati e fisserebbe le modalità di vendita. Inizialmente, solo i medici ed i farmacisti avrebbero il diritto di fare domanda per licenza commerciale. Non sarebbe necessaria la ricetta medica, ma all'acquirente si richiederebbe la prova che abbia compiuto 21 anni. I punti di vendita non potrebbero essere nei pressi di una scuola o di un luogo di culto. La vendita ai minori o vicino alle scuole sarebbe un atto crimi

nale.

Ho già espresso molte critiche e molti consigli per migliorare il disegno di legge Galiber. Lo stesso dicasi di altri disegni di legge tesi alla legalizzazione che sono stati stesi negli ultimi anni, alcuni dei quali appaiono in questo volume o in altre pubblicazioni della DPF. In realtà, l'unico dibattito che valga la pena di essere affrontato è quello che affronta il lato pratico della riforma, partendo dal presupposto che la proibizione è morta, nonché i dibattiti che sono imperniati sulle alternative pratiche alla guerra contro gli stupefacenti.

Questi disegni di legge e questi piani si propongono di sostituire la legge della giungla con il governo della legge civile. Benché sul piano intellettuale e emotivo una parte di me si ribelli al solo pensiero della libera vendita dell'eroina e del crack, l'idea che presto potrà prevalere la legge del diritto, ha infine il sopravvento.

Alla luce di tutto ciò, io vedo ora gli esperimenti con le leggi statali di legalizzazione come parte della via di mezzo tra i due estremi. Tali disegni di legge potrebbero benissimo prevedere la graduale attuazione dei loro provvedimenti. Per esempio, essi potrebbero prevedere che inizialmente la marijuana e l'hashish siano messi a disposizione degli adulti. Se ciò funzionasse, si passerebbe alle foglie di coca e al metadone orale. Poi la cocaina in polvere e il metadone iniettabile. E via di seguito.

Mi rendo conto dell'improbabilità che un simile disegno di legge sia approvato in un prossimo futuro. Pertanto occorre considerare anche un altro compromesso di minore portata.

2. Tolleranza, compassione e aiuto per i tossicodipendenti

Dobbiamo imparare a coltivare dei mezzi che si oppongono all'ideologia distruttiva che si trova alla base della guerra agli stupefacenti. Uno degli esempi peggiori è quando i consumatori o i tossicomani vengono trattati come il nemico. La signora Reagan, quando era First Lady, ha definito i consumatori non abituali come "complici di assassinio". Lo zar della droga William Bennett ha fatto dei consumatori occasionali il bersaglio principale della sua strategia bellica contro gli stupefacenti. Egli ha proposto che siano imposte pene severe a coloro che sono in possesso o che consumano la benché minima dose di stupefacenti".

Pare che poca gente, anche in America, si renda conto della piena gamma di sanzioni che esistono o che presto saranno attuate. I consumatori occasionali o coloro che sono trovati con una dose minima, come per esempio alcuni spinelli, potrebbero perdere la macchina, la casa, rischiare il licenziamento, la revoca della patente da un anno a cinque anni, ed essere esclusi dalla possibilità di usufruire di una borsa di studio o dei prestiti universitari. Queste persone potrebbero anche essere imprigionate per mesi nei lager o rinchiuse contro la loro volontà attraverso procedure civili in istituti psichiatrici. E secondo alcuni regolamenti lavorativi antinarcotici, sarà possibile essere licenziato qualora un impiegato dovesse rifiutarsi di fare un esame delle urine, quando gli è richiesto. Lo stesso può accadere se un supervisore afferma di aver rilevato segni di debilitazione da parte dell'impiegato, o se il test rivela tracce di qualsiasi droga COMPRESO L'ALCOOL.

Dovremmo avvalerci di ogni stratagemma a nostra disposizione per opporci a queste politiche, a partire da una opposizione alla nomina degli estremisti in campo narcotico. Inoltre, dovremmo incoraggiare la tolleranza e la compassione nei confronti dei consumatori saltuari e dei tossicomani, educando, contemporaneamente, dei mali che nascono dagli stupefacenti. Quando il governo si scaglia contro i consumatori di stupefacenti, o contro coloro che sono sotto sospetto di consumo, dovremmo favorire il ricorso giuridico affinché questi attacchi non approdino alla violazione dei diritti.

3. La dirigenza nazionale ed i fondi terapeutici

E' sempre bene tener presente che i consumatori occasionali ed eccessivi sono membri della nostra famiglia (una frase gentile che ho appreso dai funzionari olandesi) e che noi vogliamo aiutarli, non punirli. Dovremmo incoraggiare le principali organizzazioni di polizia e gli uomini di cultura ad unirsi ai riformatori nell'appoggiare reciprocamente un vasto aumento delle strutture terapeutiche per l'abuso legale ed illegale degli stupefacenti.

La terapia è un campo fertile in cui è possibile una legislazione narcotica positiva durante l'attuale sessione del Congresso. Vengono avanzati molti provvedimenti terapeutici che lasciano sperare bene, ma, che io sappia, non c'è ne uno che sia sufficientemente lungimirante. Credo che potrebbe essere politicamente fattibile consigliare che il governo federale cominci ad assumere un ruolo di primo piano nel richiedere esperimenti e l'elaborazione di nuovi modelli terapeutici, sotto il monitoraggio dell'ADAMHA e la NIDA, alimentati da vaste erogazioni di fondi, che forse raggiungeranno i 3 miliardi di dollari entro i primi anni Novanta. L'amministrazione Reagan ha tagliato i fondi terapeutici, erogando le scarse rimanenze agli stati per mezzo di sovvenzioni. Molti politici, a prescindere dalla sfumatura politica, sono in contrasto con questa tirchia impostazione.

Questi esperimenti dovrebbero contemplare una vasta gamma di modelli, compreso il supporto con o senza stupefacenti, e le caratteristiche inerenti allo scambio di siringhe. Dovrebbero porre in risalto non solo il lato caritatevole delle terapie, ma anche quelle che sono pagate parzialmente o interamente dai pazienti. In questa ottica tutte le classi economiche ne riceverebbero beneficio e tutte le classi potrebbero sostenere una legislazione simile.

Una terapia su richiesta per ogni tossicomane bisognoso - sarebbe una grande vittoria di compromesso nel migliore spirito dell'America. E possiamo raggiungere questa meravigliosa meta entro i primi anni Novanta.

La terapia su richiesta dovrebbe rimpiazzare la guerra agli stupefacenti. Ma per condurre questa iniziativa ci serve un nuovo zar degli stupefacenti, un competente operatore sanitario professionista che gode del rispetto di tutte le varie sfumature ideologiche e politiche. Se il Presidente Bush fosse seriamente intenzionato ad affrontare la questione degli stupefacenti, licenzierebbe il sig. Bennett e rimetterebbe in carica l'ex Chirurgo Generale, la migliore nomina che mai abbia fatto il Pres. Reagan, il dott. Everett Koop, un conservatore realmente amato dai liberali. A costui bisognerebbe mettere a disposizione i fondi e il mandato di volgere le menti migliori dell'America verso il compito di aiutare invece di distruggere i tossicodipendenti e i consumatori che si trovano nella nostra società.

La stessa impostazione dovrebbe essere adottata da ogni nazione che sia seriamente preoccupata di poter far fronte realisticamente ai problemi relativi alla droga.

4. La terapia anti-Aids: una priorità particolare

L'Aids rappresenta una minaccia maggiore alla nostra sopravvivenza di tutti gli altri stupefacenti presi insieme. Il veicolo principale per la trasmissione dell'Aids è il tossicomane eterosessuale che usa le siringhe. Ogni nazione dovrebbe favorire pervicacemente qualsiasi proposta che prometta di mettere a servizio dei malati di Aids i migliori sistemi terapeutici atti ad arginare la diffusione della malattia. I programmi di mantenimento adeguati (persino quelli che prevedono la somministrazione di eroina e di altri temibili stupefacenti) e i programmi per lo scambio di siringhe dovrebbero essere patrocinati come elementi essenziali nelle strategie e nelle leggi preposte al controllo dell'Aids. E' triste doverlo constatare, ma il ragionamento che si basa sulla minaccia dell'Aids ha di gran lunga più peso per arrivare ad una terapia decente dei tossicomani, che non un semplice appello alla compassione umana.

5. Adottare "l'attenuazione del male" come tema unificante

Una combinazione di filosofia morale e medica costituisce il nocciolo delle strategie nazionali per fronteggiare il problema degli stupefacenti. Il migliore tema unificante può essere quello della cosiddetta attenuazione del male, un concetto che sembra avere le sue radici più visibili ad Amsterdam, in Olanda e a Liverpool, in Inghilterra. Tuttavia, ha radici nascoste in molti paesi nel corso di molti decenni di esperienza terapeutica con i tossicodipendenti.

In realtà, uno degli aspetti meno noti dell'esperienza americana è stato l'uso di sostanze narcotiche nel supporto terapeutico dei tossicodipendenti. Tra il 1919 e il 1923 c'erano almeno 40 centri di mantenimento negli Stati Uniti in cui i medici delle cliniche somministravano un gran numero di farmaci iniettabili, compresa la morfina e l'eroina, a migliaia di tossicomani. Spesso criticate dagli esperti americani, tutto sommato queste prime cliniche risultarono molto utili a numerosi tossicodipendenti. Ma vennero poi chiuse come risultato di azioni irrazionali da parte della polizia ed i principali esponenti della professione medica.

Ebbe inizio l'epoca moderna dei centri di mantenimento per tossicodipendenti nel gennaio del 1964, allorché il dott. Vincent Dole e Marie Nyswander avviarono una serie di esperimenti nella città di New York con il metadone, un farmaco sviluppato, come d'altronde l'eroina, per lenire il dolore, da esperti tedeschi. Il mantenimento a base di metadone è stato l'innovazione di maggiore successo segnata nella storia moderna americana del controllo degli stupefacenti. Lo stupefacente, somministrato solamente per via orale, è tuttora disponibile attraverso medici e cliniche con licenze particolari come l'opzione terapeutica. Conosco personalmente alcuni tossicomani che attualmente conducono una vita produttiva e che ricevono regolari prescrizioni di metadone da cliniche private. Sfortunatamente, vige una grande ambiguità sul mantenimento a base di metadone tra la dirigenza del controllo americano degli stupefacenti. Eppure, questa modalità seguita a funzionare legalmente e silenziosamente dietro le quinte.

La dirigenza del Regno Unito, se da una parte si esprime ad alta voce sulla lotta a fianco degli amici americani nella guerra agli stupefacenti, dall'altra parte eroga milioni di sterline a sostegno di esperimenti che contraddicono la maggior parte dell'ideologia intransigente americana. Alcuni degli esperimenti più ambiziosi si sono svolti nella zona di Liverpool-Mersey. Gli esperti concepiscono i programmi di controllo o di terapia come una serie di reti di sicurezza. La rete principale è quella del mantenimento. Il risultato migliore di un programma d'intervento sarebbe quello di aiutare un tossicomane a sbarazzarsi completamente della droga. Tuttavia, questi esperti inglesi sono consapevoli che porre zelantemente come unico obiettivo quello dell'astinenza può spesso e volentieri nuocere al tossicomane. Come mi fece notare un abitante di Liverpool, "E' molto difficile riabilitare un tossicomane morto". Come risultato di ciò, sono state elaborate altre reti di sicurezza o altre componenti programmat

iche: la distribuzione di regolari prescrizioni di supporto di narcotici iniettabili, compresa in alcuni casi l'eroina; una distribuzione gratuita di siringhe e indicazioni su come usarle in maniera idonea; la disintossicazione e una consulenza riguardante l'astinenza; profilattici gratuiti e consigli sul sesso sicuro; cure sanitarie generali; e consulenza psichiatrica.

Se la regione di Mersey ha molti problemi di criminalità e di tossicodipendenza, questi sforzi per attenuare il male sembrano avere un impatto positivo. Le forze dell'ordine li sostengono per preoccupazioni umanitarie ma anche perchè si sono convinte che questi programmi riducono la criminalità. Le autorità sanitarie sono contente che i tossicodipendenti sembrano avere una salute migliore, con alcuni che si disintossicano definitivamente mentre altri cominciano a preoccuparsi maggiormente della propria salute pur continuando a vivere da tossicodipendenti. E un fatto che dovrebbe stupire il mondo è che l'Aids è quasi inesistente tra i soggetti che si sono presentati per terapia presso le cliniche di Liverpool. In base a recenti esami medici dei circa 3,000 tossicomani che usano siringhe, pochi sono risultati sieropositivi o infetti del virus HIV. Nell'intera regione sanitaria di Mersey, le autorità sanitarie erano a conoscenza di solo 5 casi di tossicodipendenti con l'Aids e di 9 con il virus Hiv.

6. Medicina per chi è afflitto dalle malattie più tradizionali.

La messa a disposizione di paventati stupefacenti come l'eroina o la marijuana, in qualità di medicine per i malati sembra essere una proposta centrista sulla quale tutte le persone di buon senso sarebbero d'accordo. Ma a causa di paure irrazionali del consumo ricreativo da parte dei giovani o di altri, anche le più miti proposte legislative potranno essere bocciate dal Congresso in un prossimo futuro. Se ciò succede, allora il Congresso potrebbe approvare una legge a sostegno della maggior parte dell'attuale strategia di controllo, ma dietro richiesta che la "Food and Drug Administration" (Amministrazione per le sostanze alimentari e stupefacenti) e la "Drug Enforcement Administration" (Amministrazione per l'attuazione delle politiche contro gli Stupefacenti), operando in comune, assicurino la possibilità di somministrare l'eroina o la marijuana, attraverso canali medici, a coloro che sono malati di cancro, glaucoma, sclerosi multipla, e altre malattie che possono essere attenuate ad opera di queste sosta

nze stupefacenti. Tale disponibilità potrebbe essere parte integrante di una vasta serie di esperimenti analgesici contro l'angoscia di cui soffrono milioni di malati. Un elemento in questi esperimenti potrebbe essere un maggiore ricorso agli analgesici con meno ingerenza da parte della polizia.

Attualmente è previsto l'utilizzo sperimentale di qualsiasi stupefacente proibito, ma le autorità federali creano tali e tante condizioni da rendere impossibile lo svolgimento di tali esperimenti. Molti pazienti sono morti in agonia da cancro o ciechi dal glaucoma in una vana attesa che fossero approvati i protocolli sperimentali dalla DEA o dallA FDA.

C'era un potente appoggio delle revisioni fondamentali dell'atteggiamento e delle politiche nei confronti della marijuana in una storica decisione presa il 6/9/1988 da Francis L. Young, il principale giudice amministrativo della DEA. Per la prima volta nella storia, che io sappia, c'era stato un riesame completo delle prove mediche sul carattere della marijuana davanti ad un tribunale giudiziario imparziale. Il governo federale e le organizzazioni di riforma, compresa la Drug Policy Foundation, hanno presentato documenti e testimonianze esperte su tutte le sfaccettature della questione in un periodo di molti mesi. C'erano animati interrogatori in contradditorio e venivano consegnate relazioni particolareggiate. Dopo aver presieduto a questa esauriente inchiesta, le autorità della DEA hanno emesso il parere che gli effetti della marijuana fossero ridefiniti per fare in modo che potesse essere usata dai medici per scopi terapeutici.

Nell'arrivare a quella decisione, il giudice Young ha riesaminato un corpo massiccio di prove che, quando vengono portate alla loro conclusione - con attinenza focalizzata solo sulla questione dell'utilizzo medico degli stupefacenti - distruggono le tesi fondamentali della guerra agli stupefacenti. Ecco alcuni esempi:

* "Non esiste un caso registrato in tutta la storia della medicina in cui sia documentato un decesso provocato per il consumo di canapa indiana".

* "...i dati riguardanti la marijuana abbracciano 5,000 anni di esperienza umana...Eppure, nonostante la lunga storia di consumo e il livello altissimo di fumatori sociali, non ci sono credibili relazioni mediche in base alle quali è possibile asserire che il consumo di marijuana abbia causato un solo decesso".

* "In termini strettamente medici, la marijuana è di gran lunga meno pericolosa di molti alimenti che consumiamo abitualmente".

* "La marijuana, in forma naturale, è una delle più sicure sostanze terapeutiche attive note all'uomo".

* "Le prove che emergono da questa documentazione rivelano che la marijuana è stata collaudata come sostanza capace di attenuare l'angoscia di un gran numero di malati gravi, facendo ciò con la sicurezza di una supervisione medica. Sarebbe irragionevole, arbitrario e capriccioso se la DEA continuasse a frapporsi tra coloro che soffrono e gli effetti benefici di questa sostanza alla luce delle prove...".

* "Ci sono quelli che, con la massima sincerità, asseriscono che il trasferimento della marijuana alla Tabella Farmacologica II "manderebbe un segnale" che la marijuana può benissimo essere consumata a titolo sociale-ricreativo. Questa illazione è falsa."

I principali dirigenti della DEA sono rimasti allibiti davanti alla decisione razionale del giudice Young. Se rifiutano di omologare la decisione, il Congresso potrebbe approvare direttamente una legge per la sua attuazione, spostando semplicemente la marijuana alla seconda Tabella del "Federal Controlled Substances Act". Sarà anche necessario premere per un'azione compassionevole da parte della "Food and Drug Administration" affinché lo stupefacente possa essere prescritto dai medici americani qualora si reputasse che fosse medicalmente consigliabile. Se non agisce il Congresso, allora quale segnale si manda sul livello di umanità in questa grande nazione alla soglia del terzo millennio.?

Esperimenti con la decriminalizzazione o con la legalizzazione limitata:

Come ho detto prima, la piena legalizzazione dovrebbe essere considerata come un'opzione per alcuni stati. Altre opzioni potrebbero includere variazioni sul tema.

Operando con la polizia e con la Procura di Stato, il Congresso dovrebbe incoraggiare esperimenti a base di ricerche profonde sulla decriminalizzazione o sulla legalizzazione de facto del possesso e della piccola vendita di tutti gli stupefacenti. Questa è una parte importante dell'impostazione olandese sotto il controllo di un ampio regolamento scritto dalla Procura e dalla Polizia con l'approvazione della Magistratura. In effetti, tutti gli stupefacenti rimangono clandestini; ma i consumatori pacifici ed i piccoli venditori vengono lasciati in pace; i narcotrafficanti ed i violenti o coloro che sono collegati con la malavita vengono arrestati. I risultati qui potrebbero essere un'inversione di tendenza in cui si riscontra un sovraffollamento del sistema di giustizia penale, delle carceri con i narcotrafficanti, una riduzione della delinquenza stradale e della corruzione della polizia, nonché una maggiore efficacia globale dell'opera della polizia e del sistema di giustizia penale.

Si potrebbero svolgere anche esperimenti usando altri modelli di legalizzazione limitata. L'approccio usato nell'Alaska potrebbe risultare più accettabile in alcune zone di quello olandese; cioè, acconsentire alla legalizzazione, non alla decriminalizzazione, della coltivazione e del posseso della marijuana per il consumo domestico. Non ci sarebbe nessun cambiamento nello status di altri stupefacenti in base alla decisione di una Corte Suprema di un determinato stato. Altrimenti, sarebbero da prendere in considerazione variazioni di una nuova proposta di legge che viene avanzata dall'"Oregon Marijuana Initiative": con il pagamento di una tassa annuale di 50 dollari, agli adulti sarebbe possibile rilasciare un certificato di contea che permetterebbe loro di coltivare e possedere una piccola quantità di marijuana per il consumo personale. Sotto questo modello, tutti gli altri stupefacenti rimarebbero sempre illegali.

Bisognerebbe anche prendere in considerazione esperimenti volti ad approfondire l'uso industriale e commerciale della cannabis. La canapa ha un vasto potenziale commerciale come fibra per funi, abbigliamento, e svariati altri usi. E' possibile che in via sperimentale siano inventati nuovi generi di marijuana che abbiano un alto valore di fibre e un basso potenziale di intossicazione. Ma nell'attuale clima marziale, tali ricerche non sono ammesse.

8. Ricordiamo gli stupefacenti legali

Dobbiamo continuare a sostenere le illuminate azioni tese ad applicare più controlli legali e culturali sull'alcool, sul tabacco e sulla caffeina. Vengono fatti passi positivi in questo campo - forse più negli Stati Uniti che in altri paesi - e noi riformatori della politica contro gli stupefacenti li sosteniamo. Occorre anche puntualizzare il fatto che esiste il maggiore bisogno di una terapia abbordabile economicamente tra i consumatori di droghe legali.

9. La creazione di affidabili centri d'informazioni internazionali

Nel corso di questa relazione, ho avuto modo di citare dati comparativi sulla criminalità, sulla violenza e sull'abuso degli stupefacenti. Eppure ho delle gravi riserve sull'attendibilità di queste statistiche. Gli attuali organismi internazionali, comprese le organizzazioni delle Nazioni Unite, non si sono dimostrate all'altezza di produrre dati comparativi che siano utilizzabili. E' ora che le democrazie occidentali facciano uno sforzo congiunto per creare un centro o dei centri accademici apolitici allo scopo di realizzare studi affidabili ed obbiettivi sui fondamentali fatti comparativi sulla criminalità e sugli stupefacenti in ogni paese.

Che dose bisogna concedere al tossicodipendente?

Come ho già affermato, sono un forte sostenitore dei programmi di mantenimento come uno tra i tanti mezzi terapeutici che dovrebbero essere a disposizione dei tossicodipendenti. Inoltre, io favorisco la fornitura di stupefacenti iniettabili e di siringhe pulite dai medici. Detto ciò, tratterò brevemente alcune questioni sul mantenimento dei tossicodipendenti che preoccupano molta gente.

Per molti anni ho avuto occasione di svolgere ricerche intorno a questioni che venivano sollevate da un membro del Congresso americano Charles Rangel, Presidente del Comitato Selettivo sul Controllo e sull'Abuso degli Stupefacenti della Camera dei Rappresentanti, attraverso un suo articolo di una rivista popolare prima delle sedute congressionali sulla legalizzazione nel settembre del 1988. Nell'articolo Rangel scrisse: "E quanto bisogna dare al tossicomane? Una dose da mantenimento? Ma essi non vogliono essere mantenuti. Vogliono solo bucarsi." Sia le domande sia le affermazioni sono fuorvianti e rivelano i fondamentali malintesi ai massimi livelli del potere che ostacolano una considerazione razionale delle nuove politiche in materia di stupefacenti, quelle, cioè che potrebbero funzionare.

Alcuni tossicodipendenti hanno bisogno di bucarsi. Altri no. Alcuni non hanno bisogno affatto degli stupefacenti ma piuttosto di una mano forte e solidale, oltre che essere controllati da vicino durante il periodo di disintossicazione. Lo stesso giorno che è apparso l'articolo fuorviante, ho avuto la gioia di assistere alle nozze di un eroinomane in fase di uscita dalla dipendenza. Egli afferma che io gli avrei salvato la vita perchè quando mi venne a trovare un giorno a Londra nel 1983 (dove ci trovammo entrambi di passaggio), e mi disse del suo problema con l'eroina, gli chiesi quello che avrebbe voluto fare. Mi rispose che era del tutto fuori controllo e che aveva bisogno "di essere rinchiuso". Ho predisposto tutto immediatamente e conducendolo per mano, come si suol dire, lo consegnai ad un buon ospedale psichiatrico. Rinchiuso là dentro, si disintossicò.

Se gli avessi offerto dell'eroina, avrei commesso un atto di irresponsabilità. E' ingiusto, quindi, dipingere tutti gli eroinomani con lo stesso pennarello criminale e irresponsabile. Non sono più simili che ai fumatori incalliti o agli alcolizzati - o ai membri del Congresso o ai professori universitari. Quando un eroinomane fa male a qualcuno, credo che dovrebbe essere trattato e punito come un criminale. Ma quando queste persone arrivano ad un punto nella loro vita in cui vogliono ritirarsi dalla strada della criminalità, la società dovrebbe trattarle con compassione e con premura. Quella premura dovrebbe essere economica e facilmente disponibile, direi quasi "a richiesta", ogni qualvolta che se ne richiede, dal momento che la ricaduta fa parte del processo terapeutico.

Il programma terapeutico dovrebbe comprendere tutta la gamma di esigenze: i reparti psichiatrici di contenzione, la disintossicazione senza ricorso agli stupefacenti, la consulenza religiosa, la terapia collettiva, la terapia psichiatrica ambulatoriale, il mantenimento a base di sostanze stupefacenti, inter alia. Dobbiamo includere droghe e siringhe, poiché non abbiamo adesso, e forse non ci sarà mai, un metodo per indurre i tossicododendenti a smettere di drogarsi subito, anche quando questi lo desiderano disperatamente. Il mantenimento non vuol dire arrendersi ma invece prendere atto della realtà. In molti casi è una parte essenziale dell'attenuazione del male. E quando sono gestiti nella giusta maniera, i programmi di mantenimento non uccidono i tossicomani - perchè nessun sonnifero è tossico con la dose regolare - e quindi il paziente è sempre in grado di condurre una vita quasi del tutto normale. Quando un drogato è "pronto" a sbarazzarsi, mi dicono i medici di esperienza che a quel punto è un com

pito piuttosto facile. Ma non prima che il paziente, non il medico o la polizia, sia pronto. I programmi di mantenimento danno la possibilità a molti tossicodipendenti di inserirsi, di lavorare, e di pagare le tasse per molti anni finché arriva il gran giorno in cui sono in grado di andare in pensione. Ma in troppi casi questo giorno non arriva mai, anche se la società e il paziente ricavano un beneficio dall'esistenza dei programmi di mantenimento.

E' estremamente difficile per un medico determinare la giusta dose di narcotici per una qualsiasi condizione, compreso il dolore che risulta dal cancro. Non è quindi sorprendente che è un arduo compito determinare la dose da somministrare al tossicodipendente durante il periodo di mantenimento e anche stabilire il momento in cui il paziente è pronto a sottrarsi dall'influenza delle potenti sostanze narcotiche. Questi interrogativi dovrebbero porsi al centro della nuova onda di esperimenti terapeutici che i governi democratici dovrebbero lanciare sotto l'egida degli esperti sanitari. Le questioni andrebbero affrontate dai medici in consulenza con i loro pazienti-tossicomani, le infermiere e gli altri medici - non dai legislatori o dai criminologi.

Uno dei grandi errori della politica antidroga è stato che i politici e la polizia si sono arrogati il diritto di dettare ai medici le norme per prescrivere gli stupefacenti. Qualsiasi nazione che desideri compiere progressi deve cercare di limitare l'impatto del governo e del codice penale nella formazione di piani terapeutici per i tossicodipendenti e lasciare che siano i principali operatori sanitari a dibattere le grandi questioni della sanità pubblica.

Da decenni i medici britannici svolgono dibatti aperti sulle questioni che riguardano il mantenimento. Nel 1924, il Ministro della Sanità incaricò alcuni dei medici più esperti di occuparsi dei problemi centrali: "di considerare e spiegare le circostanze, se vi siano, in cui il consumo della morfina o dell'eroina...a persone che soffrono dalla dipendenza causata da questi stupefacenti, possono essere considerate medicalmente consigliabili". Nel 1926, il Comitato Rolleston presentò la sua storica relazione che descriveva due tipi di pazienti per i quali si riteneva che il mantenimento a lungo termine ad opera di potenti narcotici fosse idoneo e utile. In primo luogo, "coloro in cui un'astinenza completa dalla morfina o dall'eroina produce gravi sintomi che non possono essere trattati in maniera soddisfacente nelle ordinarie condizioni di terapia privata". In secondo luogo, "coloro che sono capaci di condurre una vita piuttosto normale e utile purché riescano a prendere una certa quantità, in genere, esigu

a, dello stupefacente da cui dipendono, ma non altrimenti".

In altre parole, il Comitato Rolleston vide la prescrizione di potenti narcotici non come mezzo per distruggere una vita normale o per uccidere un inutile tossicodipendente, ma piuttosto come mezzo per aiutare il tossicodipendente a sopravvivere e a condurre una vita alquanto normale fuori dell'ospedale. Un simile consiglio medico è sia compassionevole, sia di valore atemporale. Costituisce la base originaria intellettuale per una vera e propria attenuazione del male nella problematica delle politiche antidroga.

Nella sua applicazione odierna, significa che i medici non prescriverebbero mai gli stupefacenti a chi non ne abbia una dipendenza, e che non concederebbero mai una dose tale da provocare l'ebbrezza o l'incapacità di lavorare o essere un buon famigliare. Per analogia ciò implica che i migliori programmi di mantenimento dovrebbero offrire una specie di contratto sociale: noi costituenti della società provvederemo perchè tu possa ricevere legalmente attraverso un medico lo stupefacente da cui dipendi, insieme a siringhe pulite, ma tu, tossicodipendente-paziente, devi contraccambiare comportandoti da bravo cittadino, impiegato, e famigliare.

Questo significa permettere ai tossicodipendenti in mantenimento di lavorare come piloti negli aerei o come capitani nei sottomarini nucleari? No, di certo. Ma nello stesso tempo, dobbiamo renderci conto che le più gravi minaccie ai nostri piloti e capitani nascono dall'abuso dell'alcool, un problema che l'attuale lotta agli stupefacenti ignora quasi totalmente. E anche se fossero legalizzati tutti gli stupefacenti, l'alcool rappresenterebbe sempre una minaccia maggiore alla sicurezza del trasporto di tutti gli stupefacenti attualmente proibiti insieme.

Il consumo e l'abuso: aumenteranno distruttivamente?

Noi tutti dovremmo preoccuparci della possibilità di un grande aumento del consumo e dell'abuso degli stupefacenti qualora si arrivasse ad un rilassamento della legislazione antidroga. Io certamente me ne preoccupo, come, del resto, tutti i riformatori dotati di buon senso. Se credessi realmente che la riforma legislativa comporterebbe un'esplosione del consumo, allora riconsidererei la mia posizione. Tuttavia, un riesame delle prove tende a confortare le mie tesi.

Forse la consolazione principale si trova in una serie di relazioni imparziali svolte da varie commissioni e organizzazioni nel corso degli anni. In molte di queste, comincia a farsi strada la proposta di un rilassamento delle severissime leggi proibizioniste criminali e di iniziative sperimentali con vari provvedimenti di compromesso che permetterebbero più libertà nel consumo di alcuni stupefacenti. Pertanto, noi sostenitori della riforma abbiamo dalla nostra parte una quantità non indifferente di storia scientifica.

Questo è particolarmente vero nel caso delle relazioni sulla marijuana. Sono stati realizzati almeno sette studi importanti da esperti imparziali nel corso degli anni nei vari paesi. Uno dei più notevoli fu "The Indian Hemp Drugs Commission Report" (1894) (Relazione della Commissione Stupefacenti sulla Canapa Indiana), intrapresa da esperti britannici e indiani, con testimonianze di 1,193 persone in tutto il sottocontinente indiano. Ci fu, inoltre, "The Panama Canal Zone Military Investigations" (1916-29); "The La Guardia Committee Report" (1939-1944) sulle condizioni nella città di New York; "The Baroness Wooten Report" (1968) sul Regno Unito; "The Interim Report of the Canadian Government's Le Dain Commission" (1970); uno studio da parte della "National Commission on Marihuana and Drug Abuse" intitolato "Drug Use in America: Problem in Perspective" (1973); e infine "An Analysis of Marijuana Policy" da parte della "National Academy of Sciences".

La congruenza tra gli esiti della maggior parte di questi studi che abbracciano quasi un secolo è davvero ragguardevole. In nessun caso si era giunti alla conclusione che la marijuana è innocua. Tutti però hanno rilevato alcuni pericoli per certe persone ma hanno concluso che l'attuale livello di pericolo era ripetutamente esagerato e che le misure di controllo erano frequentemente troppo repressive. In alcuni studi si affermava senza mezzi termini che le rigide leggi proibizioniste criminali avevano un carattere nefasto.

Cronologicamente, le ultime due relazioni erano realizzate da Americani e rappresentano gli unici due importanti studi nazionali della nostra storia che siano stati condotti da gruppi di esperti imparziali. La relazione del "National Commission on Marihuana and Drug Abuse" fu ordinata dal Congresso durante la guerra antidroga di Nixon e fu portata a compimento da una commissione prevalentemente conservatrice nominata dal Presidente repubblicano. Al termine dello svolgimento di un massiccio numero di studi riguardanti tutta la gamma di stupefacenti illegali negli Stati Uniti, le prime raccomandazioni della commissione furono, con grande rammarico da parte del Presidente Nixon e di molti sostenitori della linea intransigente, quanto segue:

"1. Il possesso della marijuana per il consumo personale non dovrebbe costituire più una trasgressione alla legge, ma il possesso della marijuana in pubblico rimarebbe illecito e soggetto alla perquisizione e alla confisca. "

"2. La distribuzione occasionale di piccole quantità di marijuana senza scopo rimunerativo o con rimunerazione insignificante senza scopo di lucro, non dovrebbe costituire più una trasgressione alla legge. "

Queste proposte a favore di compromessi moderati sono state trattate con sdegno da parte del Congresso americano e ignorate dagli esperti mondiali - ma non dalla prestigiosa "National Academy of Sciences", un organismo quasi governativo, nella ultima relazione comprensiva sul quadro americano. L'Accademia, reiterando il suo appoggio alle conclusioni della commissione nixoniana un decennio fa, è andata molto più in là, fornendo un consiglio che avrebbe comportato l'abrogazione delle sanzioni criminali federali nel caso della coltivazione e della distribuzione della marijuana. Sotto questo ben calcolato piano, gli stati sarebbero incoraggiati ad escogitare metodi individuali di controllo come già fanno attualmente con l'alcool.

Quindi, era prevista la possibilità che in alcuni stati fossero ammessi dei sistemi preposti alla regolamentazione e alla vendita legale della marijuana. Ciò è conforme alla prima proposta di compromesso che ho espresso.

Nell'emettere questo parere, la "National Academy of Sciences" ha rivisto attentamente tutte le prove a disposizione sul rapporto tra gli emendamenti proposti per la legislatura penale e la possibilità di un aumento del consumo degli stupefacenti. Alcune delle prove principali sono uscite dagli 11 stati che avevano decriminalizzato il possesso di stupefacenti negli anni settanta. L'Accademia ha constatato che il rilassamento delle leggi penali non avevano alcun impatto sul consumo, ma che le nuove leggi avevano aiutato a diminuire una massiccia spesa nel campo della giustizia penale nonché le ingiustizie che venivano commesse nei confronti di molte persone. Il consiglio ha fatto una previsione che nemmeno un programma di vasta distribuzione legale avrebbe prodotto cambiamenti sensibili nel consumo - purché venissero attuati dai governi, dai mass media e dalle famiglie mezzi di controllo ragionevoli, e non di fondo criminale.

La "National Academy of Sciences" ha posto più enfasi sulla costruzione della pubblica istruzione e degli informali controlli sociali, che spesso incidono maggiormente sul comportamento personale che la legge penale. La NAS ha espresso anche questi consolanti pensieri a tutti coloro che prevedono un disastro per la nostra gioventù nel caso che si adotti un cambiamento radicale mediante il quale sarebbe permessa la vendita regolamentata della marijuana come quella dell'alcool: "...ci sono fondati motivi per credere che non si verificherebbe un vasto aumento di consumo incontrollato con la regolamentazione. In realtà, essa potrebbe favorire le tendenze di consumo controllato diminuendo l'aspetto del "frutto proibito" della droga, forse aumentando la probabilità che un adolescente verrebbe a conoscere la droga attraverso la famiglia e gli amici, che ne fanno un consumo moderato, piuttosto che attraverso quella cerchia di conoscenti più immersa nel mondo della droga che consuma più di tutti gli altri."

Il cosiddetto successo in campo sanitario durante il proibizionismo dell'alcool

Tuttavia, ogni qualvolta vengono avanzate queste tesi, anche da autorità di tutto rispetto come l'NAS, qualcuno (di recente, lo zar antidroga Bennett) mette in risalto che pur ammettendo il fallimento globale del proibizionsismo dell'alcool in America, soprattutto a causa della criminalità e della corruzione che ha generato, esso è stato invece un eclatante successo per quanto riguarda la sanità pubblica. La conferma si trova in tali statistiche come quelle che concernono il consumo dell'alcool: durante il periodo 1916-1919, il consumo totale pro capite per la popolazione statunitense a cui legalmente era consentito di bere fu di 1,96 galloni; durante il Proibizionismo, è sceso per più della metà allo 0,90 galloni; dopo l'Abrogazione, durante il periodo 1936-41, è aumentato di nuovo a 1,54. Nel 1986, aveva raggiunto il livello di 2,58 galloni pro capite.

Questo ragionamento sul successo sanitario sotto il Proibizionismo dell'alcool durante gli anni venti sottace deliberatamente alcuni fatti di precipua importanza, a partire dall'osservazione che le cifre basse sono sospette dato che all'epoca la gente era costretta ad occultare il consumo. Inoltre, i periodi in cui è stato appurato il massimo consumo corrispondono ai primi anni della nostra nazione quando la cultura popolare e le predilezioni personali facevano dell'America una nazione dedita al bere. L'apice fu nel 1830 quando gli Americani consumavano 7,10 galloni di alcool pro capite! Entro il periodo 1871-1880 il livello era sceso a 1,72. Tutte queste trasformazioni ebbero luogo nell'ambito della legalità. La cultura è più potente della legge.

Oggi, l'America raccoglie i frutti di una cultura ad orientamento sanitario. Di conseguenza, il consumo pro capite del tabacco ha subito recentemente un calo drammatico. La percentuale di fumatori tra la popolazione generale è scesa dal 41,7% nel 1965 al 32,6% nel 1983. In questo lasso di tempo il tabacco è stato sempre legale.

Il rovescio della medaglia dimostra che durante gli ultimi 20 anni, ci sono state - in successione - periodiche esplosioni del consumo e dell'abuso della marijuana, dell'eroina, della cocaina, del PCP e infine del crack. Per quanto riguarda la maggior parte di questi stupefacenti, le esplosioni del consumo erano seguite da periodiche impennate. E ogni volta, quella sostanza era illegale. La cultura ed i gusti delle masse popolari si sono nuovamente dimostrati più forti della legge.

Pertanto, se intendiamo attuare riforme legislative o pratiche di controllo, dobbiamo sempre continuare ad allargare i programmi scolastici e il coinvolgimento dei genitori per attenuare il consumo degli stupefacenti. Gli insegnanti e i genitori hanno una maggiore possibilità di arginare il consumo degli stupefacenti rispetto alla polizia e ai carcerieri. Simili pensieri positivi hanno attinenza anche al clero e agli operatori sanitari, soprattutto se siamo disposti ad investire in tutta la nuova e vasta gamma di strutture terapeutiche.

Se l'attuale sistema funzionasse in modo da contenere l'abuso degli stupefacenti e dell'Aids, sarei restio a consigliare cambiamenti. Ma non funziona. Mettendo tutto sulla bilancia, l'eventualità di un globale guadagno nel controllo della criminalità e dell'abuso degli stupefacenti, quali che siano, e dell'alcool, ha più peso che non il rischio di un'esplosione di consumo degli stupefacenti illegali.

CONCLUSIONE

La politica in materia di stupefacenti è più affine alla religione che alla scienza. Le sue verità sono più del cuore che del cervello. Ma è il cervello che ci permette di calcolare meglio i pro e i contro che risultano dalle teologie pratiche alternative. La mia posizione è che ci vuole una riforma della politica contro gli stupefacenti non tanto perchè l'attuale politica è totalmente erronea, quanto perchè i suoi eccessi causano troppi mali e troppa ingiustizia. Nella misura in cui si rendono palesi e dolorosi questi mali alla popolazione, più numerosi saranno i politici disposti a rischiare, votando a favore dei nuovi esperimenti radicali.

 
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