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United Nations Development Pro - 24 maggio 1990
Rapporto sullo sviluppo umano 1990
United Nations Development Programme - UNDP

SOMMARIO: Il 24 maggio 1990 a Londra l'UNITED NATIONS DEVELOPMENT PROGRAMME (una delle più importanti agenzie dell'ONU) ha pubblicato il "Rapporto sullo sviluppo umano 1990". Il rapporto si occupa, come argomento principale, di come la crescita economica si traduca (o non riesca a tradursi) in sviluppo umano. L'attenzione è centrata sulle persone e su come lo sviluppo possa ampliare le alternative a loro disposizione.

Il Rapporto esamina i significati e i modi dello sviluppo umano, proponendo un nuovo indice composto. Ma il suo orientamento generale è di tipo pratico e pragmatico. Esso riassume i dati sullo sviluppo umano nei tre passati decenni e analizza l'esperienza di 14 nazioni nell'amministrazione della crescita economica nell'interesse del maggior numero possibile di persone.

Sulla base di questo il Rapporto passa a delineare delle strategie per lo sviluppo umano negli anni Novanta, sottolineando l'importanza della ristrutturazione delle spese di bilancio, comprese quelle militari, e la creazione di situazioni internazionali economiche e finanziarie che favoriscano lo sviluppo umano. Uno specifico capitolo è dedicato agli aspetti dello sviluppo umano nell'urbanizzazione.

Questo Rapporto è stato preparato da un gruppo di eminenti economisti ed esperti di sviluppo coordinati da Mahbub ul Haq, ex Ministro delle Finanze e della Pianificazione del Pakistan e ora Consulente Speciale dell'Amministratore dell'UNDP. Tra gli esperti che hanno collaborato sono stati Gustav Ranis, Amartya K. Sen, Frances Stewart, Meghnad Desai, Keith Griffin, Azizur Rahman Khan, Paul Streeten e Shlomo Angel.

* * * INTRODUZIONE * * *

Questo Rapporto parla della gente e di come lo sviluppo amplia le sue scelte. Va oltre la crescita del PIL, il reddito, la ricchezza, la produzione di beni e l'accumulo di capitale. L'accesso di una persona ad un reddito può essere una delle alternative, ma non è la somma totale degli sforzi umani.

Lo sviluppo umano è un processo di ampliamento delle scelte della gente. Le più critiche di questa vasta scala di opzioni sono una vita lunga e sana, l'essere in grado di studiare e la possibilità di accedere alle risorse necessarie per uno standard di vita dignitoso. Altre scelte aggiuntive sono la libertà politica, la garanzia dei diritti umani e l'autorispetto personale.

Lo sviluppo permette alla gente di avere delle alternative. Nessuno può garantire la felicità, e le scelte che ciascuno fa sono un suo problema personale. Ma il processo di sviluppo dovrebbe almeno creare un ambiente in cui le persone, individualmente e collettivamente, possano sviluppare il loro pieno potenziale e avere una ragionevole possibilità di condurre una vita produttiva e creativa a misura delle proprie necessità ed interessi.

Lo sviluppo umano, quindi, riguarda qualcosa di più della formazione delle capacità dell'uomo, come una migliore salute o informazione. Riguarda anche l'uso di queste capacità, per il lavoro, il piacere o le attività politiche e culturali. E se le varie gradazioni dello sviluppo non riescono ad equilibrare la formazione e l'uso delle capacità dell'uomo, molto potenziale umano sarà frustrato.

La libertà è vitale per lo sviluppo dell'umanità. La gente deve essere libera di esercitare le proprie scelte in mercati che funzionino correttamente e deve avere voce in capitolo per quel che riguarda la definizione del proprio quadro politico.

Partendo da questa prospettiva, in questo Rapporto lo sviluppo umano non è misurato solo con il parametro del reddito, ma secondo un indice più esteso - definito indice dello sviluppo umano - che riflette le aspettative di vita, l'alfabetizzazione e il controllo delle risorse necessarie a uno standard di vita dignitoso. Allo stadio attuale, l'indice è solo un'approssimazione per catturare le varie sfaccettature delle opzioni umane. Inoltre riporta anche alcune delle stesse deficienze come misure del reddito. Le sue medie nazionali nascondono distribuzioni regionali e locali. Ed è ancora da delineare una misura quantitativa della libertà dell'uomo.

L'indice, però, ha il merito di incorporare alternative umane che vanno oltre il reddito, e quindi rappresenta un passo nella direzione giusta. Inoltre ha la possibilità di essere perfezionato via via che nuovi aspetti delle scelte e dello sviluppo dell'umanità saranno quantificati. Questo rapporto delinea un'agenda di priorità concrete per una migliore raccolta dei dati che renda l'indice di sviluppo umano utilizzabile sempre meglio come genuina misura del progresso socioeconomico.

Il Rapporto analizza i dati dello sviluppo umano negli ultimi trent'anni e l'esperienza di 14 nazioni nell'amministrazione della crescita economica e dello sviluppo umano. Varie conclusioni politiche derivate da questa esperienza permettono di dar corpo ad un'analisi dettagliata di strategie per lo sviluppo negli anni Novanta.

Il Rapporto termina con una particolare attenzione sul problema dello sviluppo umano in una sempre crescente urbanizzazione. L'orientamento del Rapporto è pratico, diretto non solo a quello che bisogna fare ma anche a come farlo.

Le conclusioni centrali e i messaggi politici del Rapporto sono chiari, e alcuni dei loro punti salienti sono stati qui riassunti.

1. Negli ultimi trent'anni i paesi in via di sviluppo hanno fatto progressi significativi verso lo sviluppo umano.

La speranza di vita nel Sud è cresciuta dai 46 anni del 1960 ai 62 del 1987. Il tasso di alfabetizzazione degli adulti è cresciuto dal 43% al 60%. La mortalità dei minori di cinque anni si è dimezzata. La possibilità di ottenere le principali cure mediche si è estesa al 61% della popolazione e quella di bere acqua non contaminata al 55%. E nonostante che la popolazione nei paesi in via di sviluppo sia aumentata di 2 miliardi di persone, la crescita della produzione di cibo ha superato del 20% quella demografica.

Mai prima di ora un numero così elevato di persone ha visto miglioramenti tanto significativi nella propria vita. Ma questo progresso non deve generare compiacimento. La sfida degli anni Novanta resta rimuovere l'ostacolo spaventoso della privazione umana. Esiste ancora oltre un miliardo di persone che vive in assoluta povertà, quasi 900 milioni di adulti che non sanno né leggere né scrivere, 1.75 miliardi che non hanno acqua potabile, circa 100 milioni completamente privi di un tetto, intorno a 800 milioni che sono quotidianamente affamati, 150 milioni di bambini sotto i cinque anni (uno su tre) che sono malnutriti e 14 milioni di bambini che muoiono ogni anno prima del loro quinto compleanno. In molti paesi dell'Africa e dell'America Latina gli anni Ottanta hanno visto la stagnazione o persino l'arretramento degli obiettivi dell'uomo.

2. Il divario Nord-Sud riguardo allo sviluppo fondamentale dell'umanità si è ristretto negli ultimi trent'anni, a dispetto del fatto che il divario nel reddito si sia allargato.

Nel 1987 il reddito medio pro capite nel Sud era ancora il 6% di quello del Nord. Ma il suo tasso di speranza di vita era l'80% di quello settentrionale e quello di alfabetizzazione il 66%.

In circa quarant'anni i paesi in via di sviluppo sono riusciti a ridurre la loro media di mortalità infantile dal 200 all'80 per mille, un passaggio che i paesi industrializzati hanno impiegato quasi un secolo a compiere. Questo è chiaramente un messaggio di speranza. Il compito essenziale di portare il terzo mondo a un livello accettabile di sviluppo umano può essere realizzato in un periodo relativamente breve e a un costo modesto, se gli sforzi nazionali di sviluppo e gli aiuti internazionali sono diretti correttamente.

Ma questa promettente tendenza deve essere vista nella sua giusta prospettiva. Mentre il divario Nord-Sud si è ridotto relativamente agli elementi fondamentali di sopravvivenza, esso continua a crescere per quanto riguarda le conoscenze e la tecnologia più avanzate.

3. Le medie del progresso dello sviluppo umano nascondono ampie disparità tra i paesi in via di sviluppo - tra le aree urbane e quelle rurali, tra uomini e donne, tra ricchi e poveri.

In media le aree rurale dei paesi in via di sviluppo hanno la metà di disponibilità di cure mediche e di acqua potabile di quelle urbane, e solo un quarto dei servizi sanitari.

I tassi di alfabetizzazione delle donne sono ancora solo i due terzi di quelli degli uomini. E il tasso di mortalità da parto nel Sud è 12 volte quello del Nord - il divario più ampio in qualsiasi indicatore sociale e un triste simbolo dello stato di privazione in cui si trovano le donne nel Terzo Mondo.

Spesso i gruppi ad alto reddito si accapparrano molti dei benefici dei servizi sociali. I livelli di salute, educazione e alimentazione dei settori a reddito maggiore superano largamente quelli dei poveri in molte nazioni. Esiste quindi un considerevole spazio per miglioramenti che assicurino una migliore distribuzione dei benefici delle spese sociali, in modo che arrivino ai più poveri. La base razionale per l'intervento statale si indebolisce molto se la spesa sociale, invece di migliorare la ripartizione del reddito, la peggiora.

4. Ragionevoli livelli di sviluppo umano sono possibili anche a livelli di reddito abbastanza modesti.

La vita non inizia a $ 11.000, la media di reddito pro capite del mondo industrializzato. Sri Lanka è riuscita a raggiungere una speranza di vita di 71 anni e un'alfabetizzazione degli adulti dell'87% con un reddito pro capite di 400 dollari.

Al contrario il Brasile ha una speranza di vita di soli 65 anni e un tasso di alfabetizzazione del 78% con un reddito pro capite di $ 2.020. In Arabia Saudita, dove il reddito pro capite è di $ 6.200, la durata media della vita è di soli 64 anni e la percentuale di alfabetizzati è valutata intorno al 55%.

Ciò che conta davvero è come la crescita economica viene amministrata e distribuita a beneficio di tutti. Il contrasto è più violento confrontando i paesi in via di sviluppo secondo il loro indici di sviluppo umano e il PIL pro capite. Sri Lanka, il Cile, la Costa Rica, la Giamaica, la Tanzania e la Thailandia, tra gli altri, riescono molto meglio in termini di sviluppo che di reddito, mostrando di aver orientato una parte maggiore delle loro risorse economiche verso il progresso umano. Oman, Gabon, Arabia Saudita, Algeria, Mauritania, Senegal, Camerun ed Emirati Arabi, invece, vanno molto meglio, dimostrando di non aver ancora tradotto il loro reddito in progresso umano.

La valutazione data a simili realizzazioni di sviluppo è molto diversa se esse avvengono in un quadro democratico o autoritario. E' necessario ideare una semplice misura quantitativa che possa descrivere i vari aspetti della libertà dell'uomo - quali libere elezioni, sistema politico multipartito, stampa libera, aderenza alle regole della legge, garanzia di libera espressione, sicurezza persona e così via - ed essere incorporato nell'indice dello sviluppo umano. Nel frattempo, il Rapporto elenca le 15 nazioni che hanno raggiunto livelli relativamente alti di sviluppo umano all'interno di un quadro politico e sociale ragionevolmente democratico: Costa Rica, Uruguay, Trinidad e Tobago, Messico, Venezuela, Giamaica, Colombia, Malesia, Sri Lanka, Thailandia, Turchia, Tunisia, Mauritius, Botswana e Zimbabwe.

5. Il legame tra crescita economica e progresso umano non è automatico.

La crescita del PIL accompagnata da una distribuzione ragionevolmente equa del reddito è, in generale, il percorso più efficace per sostenere lo sviluppo umano. La Repubblica della Corea mostra cosa è possibile. Ma se la distribuzione del reddito è ineguale e le spese sociali sono basse (Pakistan e Nigeria) o maldistribuite (Brasile), lo sviluppo umano non può crescere di molto, nonostante una rapida crescita del PIL.

Grazie a una politica di pubblica spesa ben organizzata, le nazioni sono in grado di raggiungere importanti miglioramenti nello sviluppo anche in assenza di una soddisfacente crescita economica o con una relativa ripartizione del reddito. Per esempio, nel corso degli ultimi trent'anni, Sri Lanka ha avuto una crescita economica abbastanza bassa, però equamente distribuita, mentre Botswana e Malesia hanno avuto una crescita adeguata, ma distribuita irregolarmente. Eppure tutte queste nazioni hanno fatto considerevoli progressi nei loro livelli di sviluppo umano grazie ad una buona organizzazione di politiche e spese sociali.

Anche la Costa Rica e il Cile hanno dimostrato che sono possibili radicali progressi, in tempi brevi e persino senza una rapida crescita del PIL.

Ma le strategie di distribuzione possono compensare gli effetti di una lenta crescita del PIL o di redditi inegualmente ripartiti solo a breve e a medio termine. Questi interventi politici non funzionano a tempo indefinito senza il nutrimento fornito da una crescita ben distribuita. A lunga scadenza, la crescita economica è cruciale per determinare quali paesi possono sostenere il progresso nello sviluppo umano e in quali invece i miglioramenti iniziali sono vanificati o invertiti (come in Cile, Colombia, Giamaica, Kenya e Zimbabwe.

6. Gli aiuti sociali sono assolutamente indispensabili per i gruppi a reddito più basso.

La ripartizione del reddito è generalmente ineguale in buona parte del Terzo Mondo. Detto in poche parole, raramente la crescita economica arriva fino alle masse. I meccanismi del libero mercato possono essere vitali per l'efficienza della ripartizione, ma non assicurano la giustizia distribuitiva. Questa è la ragione per cui spesso si rendono necessarie delle azioni politiche aggiuntive in modo da trasferire reddito e altre opportunità economiche ai più poveri.

Gli aiuti in cibo e medicinali servono a questo scopo - purché siano correttamente indirizzati a beneficiari a basso reddito e amministrati in modo efficiente. Essi costruiscono un'essenziale rete di sicurezza nelle società povere che in genere non hanno quegli schemi di sicurezza sociale che sono invece familiari nei paesi industrializzati. Questi aiuti, che in generale ammontano a meno del 3% del PIL, non sono stati molto costosi. E quando sono stati levati senza una rete alternativa di sicurezza, i disordini politici e sociali che sono seguiti hanno avuto un costo molto più alto degli aiuti stessi.

I sussidi sociali serviranno molto meglio gli interessi dei paesi in via di sviluppo se si dedicherà uno sforzo maggiore a organizzarli come strumenti efficaci per la ridistribuzione del reddito, senza colpire l'efficienza della ripartizione delle risorse. Uno sforzo in questo senso è assolutamente preferibile al solito acido dibattito sulla necessità di sostenere o rifiutare arbitrariamente e indiscriminatamente tutti i sussidi.

7. I paesi in via di sviluppo non sono troppo poveri per pagare lo sviluppo umano e promuovere la crescita economica.

Il punto di vista secondo cui lo sviluppo umano può essere promosso solo a spese della crescita economica pone una falsa alternativa. Esso travisa gli obiettivi dello sviluppo e sottovaluta i profitti dell'investimento in salute ed educazione. Questi profitti, invece, possono essere molto elevati. I profitti privati dell'educazione primaria sono del 43% in Africa, del 31% in Asia e del 32% in America Latina. I profitti sociali dell'alfabetizzazione femminile sono anche più elevati- in termini di riduzione della fertilità, della mortalità infantile, di tassi inferiori di abbandoni scolastici, miglior alimentazione familiare e crescita demografica più bassa.

Inoltre, molti bilanci possono adeguarsi a spese aggiuntive per lo sviluppo umano riorientando le priorità nazionali. In molti casi, oltre la metà della spesa pubblica è ingoiata dai bilanci della difesa, dal pagamento di debiti, da inefficienze parastatali, da inutili controlli governativi e da sussidi sociali mal indirizzati.

Fino a quando le altre possibili risorse resteranno limitate, la ristrutturazione delle priorità di bilancio in modo da equilibrare le spese economiche e sociali dovrebbe diventare il primo punto all'ordine del giorno della politica per lo sviluppo negli anni Novanta.

Una speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla riduzione delle spese militari nel Terzo Mondo - dove negli ultimi trent'anni è cresciuta tre volte più velocemente che nei paesi industrializzati, e sta per toccare i 200 miliardi di dollari all'anno. I paesi in via di sviluppo come insieme spendono più nel militare (5,5% del loro PIL totale) che nell'educazione e nella sanità (5,3%). In molte di queste nazioni, le spese militari correnti sono il doppio o il triplo di quelle per l'educazione e la sanità. Nel Terzo Mondo ci sono otto soldati per ogni medico.

I governi devono inoltre fare molto per potenziare l'efficienza della spesa sociale creando un quadro politico e di bilancio che permetta una composizione migliore delle varie spese sociali, in particolar modo ridistribuendo le risorse:

* dalle facilitazioni per le cure mediche a programmi primari per la sanità

* dai medici ad alta specializzazione al personale paramedico

* dai servizi urbani ai servizi rurali

* dall'educazione generale a quella professionale

* dai sussidi per l'educazione universitaria a quelli per le scuole elementari e secondarie

* dalle costose abitazioni per i gruppi privilegiati a interventi e progetti abitativi per i poveri

* dagli aiuti per i gruppi potenti e rumorosi a quelli per i gruppi più deboli e meno capaci di farsi sentire

* dal settore formale a quello informale e ai programmi per disoccupati e sottooccupati.

Una simile ristrutturazione delle priorità di bilancio richiederà un terribile coraggio politico. Ma le alternative sono limitate, e i risultati potrebbero essere enormi.

8. I costi umani della ristrutturazione sono spesso un problema di scelta e non di costrizione.

Dato che esiste uno spazio considerevole per una ridistribuzione delle spese all'interno dei bilanci già esistenti, i costi umani di questa ristrutturazione spesso sono un problema di scelta e non di costrizione. Quando si verifica un improvvisa restrizione delle risorse, spetta ai politici decidere se i tagli di bilancio riguarderanno le spese militari, parastatali e gli aiuti sociali per i gruppi privilegiati - oppure la base sanitaria, l'educazione e gli aiuti in cibo correttamente indirizzati. La prova degli anni Ottanta dimostra che alcuni paesi (per esempio l'Indonesia e lo Zimbabwe) hanno protetto i loro programmi di sviluppo umano durante il processo di aggiustamento riorientando i loro bilanci. Invece in alcuni paesi dove sono stati effettuati tagli sulla scuola e la sanità, in realtà le spese militari sono cresciute. A quanto pare la povertà delle loro economie non ha costituito un ostacolo per l'abbondanza dei loro eserciti.

Contributi esterni possono aiutare a proteggere lo sviluppo umano fornendo risorse aggiuntive per limitare le difficoltà del processo di ristrutturazione e concordando con i paesi in via di sviluppo su nuove e favorevoli condizioni di assistenza in questo processo - condizioni che rendessero chiaro che ogni aiuto esterno sarebbe ridotto se una nazione insiste a spendere più per il suo esercito che per il suo popolo. Essi potrebbero mettere in evidenza il diritto del paese destinatario - in realtà, il suo obbligo - a non tagliare spese sociale e aiuti a beneficio dei gruppi col reddito più povero e agli segmenti deboli della popolazione. E potrebbero specificare che i programmi di sviluppo umano dovrebbero gli ultimi, e non i primi, a subire dei tagli in caso che un ridimensionamento del bilancio fosse l'unica alternativa praticabile.

9. Un ambiente esterno favorevole è vitale per sostenere le strategie di sviluppo umano negli anni Novanta.

Le prospettive non sono buone. Il trasferimento netto di risorse verso i paesi in via di sviluppo si è invertito - da un flusso positivo di 42.6 miliardi di dollari nel 1981 ad uno negativo di 32.5 miliardi nel 1988. I prezzi delle materie prime hanno raggiunto il livello più basso dalla Grande Depressione degli anni TRenta. Il debito estero delle nazioni in via di sviluppo, oltre 1.3 trilioni di dollari, comporta oggi una spesa di 200 miliardi di dollari all'anno di sola assistenza al debito.

Negli anni Novanta le nazioni ricche devono ricominciare a trasferire risorse verso quelle povere. Perché questo accada deve essere trovata una soluzione soddisfacente alla prolungata crisi debitoria, attraverso drastiche cancellazioni dei crediti, e la creazione, all'interno delle strutture già esistenti del FMI e della Banca Mondiale, di sistemi di rifinanziamento debitorio, in modo da incrementare una risoluzione ordinata del problema.

10. Alcuni paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa, hanno bisogno di maggiore assistenza esterna degli altri.

Le nazioni che hanno intrapreso per ultime il processo di sviluppo, specialmente quelle del sud del Sahara, soffrono le maggiori deprivazioni umane. L'Africa ha la speranza di vita più bassa di tutte le regioni del Terzo Mondo, i tassi di mortalità infantile più alti e i più bassi di alfabetizzazione. Negli anni Ottanta la media di reddito pro capite è diminuita di un quarto.

Esiste quindi una crescente tendenza verso una concentrazione di povertà in Africa. Tra il 1979 e il 1985 il numero di africani al di sotto della linea di povertà è aumentato quasi dei due terzi, a paragone di una media un quinto nel complesso del Terzo Mondo. Questo numero è destinato a crescere velocemente in pochi anni, da circa 250 milioni nel 1985 a più di 400 milioni per la fine del secolo.

In qualsiasi sforzo di collaborazione internazionale per migliorare lo sviluppo umano nel Terzo Mondo la priorità deve andare all'Africa. In questo continente il concetto di ridimensionamento a breve termine è inappropriato. Inoltre l'Africa ha bisogno di una prospettiva di almeno 25 anni per rafforzare il suo potenziale umano, le sue istituzioni nazionali e la velocità della sua crescita. La comunità internazionale dovrebbe stanziare una quota schiacciante delle sue risorse concessionarie per l'Africa e dispiegare la comprensione e la pazienza necessarie a ricostruire le economie e le società africane in modo ordinato e graduale.

11. E' necessaria una ristrutturazione della cooperazione tecnica se questa deve servire a costruire capacità umane e nazionali nei paesi in via di sviluppo.

I dati non sono rassicuranti. In molti paesi in via di sviluppo l'ammontare di assistenza tecnica che finisce ogni anno nei salari e nei viaggi degli esperti stranieri supera di molto il bilancio dell'amministrazione statale nazionale. Spesso coesistono disoccupazione di personale qualificato e un'amministrazione statale demoralizzata da bassi livelli salariali e un vasto numero di esperti e consulenti stranieri superpagati. In alcune nazioni c'è ancora una forte mancanza di personale qualificato locale. L'assistenza tecnica all'Africa ammonta a 4 miliardi di dollari all'anno, 7 dollari a persona. Ma la costruzione istituzionale e l'espansione delle capacità umane sono stata estremamente inadeguate in gran parte del continente.

Una cooperazione tecnica più efficace negli anni Novanta richiede che i programmi si concentrino di più sugli obiettivi dello sviluppo umano. Questo amplierà le basi per una più efficace capacità nazionale, attraverso lo scambio di esperienza, il trasferimento di competenza e professionalità e la piena mobilitazione e impiego delle capacità nazionali di sviluppo. Bisogna concentrarsi sul miglioramento della disponibilità di indicatori sociali significativi e sull'aiutare i paesi in via di sviluppo a formulare propri piani sviluppo umano. Il parametro sceondo cui valutare il successo e l'impatto dei programmi di assistenza tecnica deve essere la velocità con cui essi si riducono gradualmente.

12. Un approccio partecipativo - che comprenda il coinvolgimento delle NGO - è decisivo per qualsiasi strategia per un efficace sviluppo umano.

Molte economie superpianificate e superregolate stanno oggi entrando in una maggiore competizione di mercato. Sempre di più viene quindi a ridefinirsi il ruolo dello stato: ad esso spetta provvedere un contesto politico favorevole ad una produzione efficiente e a una distribuzione equa, senza però intervenire inutilmente sul funzionamento dei meccanismi del mercato.

Il movimento delle organizzazioni nongovernative (NGO) ed altre organizzazioni di self-help hanno guadagnato notevole slancio e dimostrato la loro capacità di mettere in grado le popolazioni di essere di aiuto a se stesse. In genere le NGO sono piccole, flessibili e poco costose, e molte di loro hanno come obiettivo la realizzazione di strutture di sviluppo autosufficienti. Esse sono consapevoli che, nel momento in cui una popolazione stabilisce i propri obiettivi, sviluppa i propri metodi e prendere le proprie decisioni, vengono liberate la creatività umana e le capacità di risolvere i problemi locali, e quindi lo sviluppo che ne risulta è maggiormente in grado di essere autosufficiente. Una politica comprensiva della partecipazione delle NGO è essenziale per qualsiasi strategia efficace di sviluppo umano.

13. Per ottenere miglioramenti sostanziali nei livelli di sviluppo umano è assolutamente essenziale una riduzione significativa dei tassi di crescita demografica.

Il numero di abitanti dei paesi in via di sviluppo - che è cresciuto dai due miliardi del 1960 ai 4 miliardi di stima del 1990 - toccherà probabilmente i 5 miliardi nel 2000. Il calo della crescita demografica - da un 2,3% annuo nel periodo 1960-88 a uno di stima del 2% tra il 1988 e il 2000, è insufficiente a intaccare il quadro demografico generale. Sono necessari sforzi più decisi per ridurre l'aumento di popolazione nel Terzo Mondo, soprattutto in Africa e nell'Asia meridionale. C'è un bisogno urgente di rafforzare i programmi di pianificazione familiare, alfabetizzazione femminile, riduzione della fertilità e assistenza medica per madri e bambini.

La bilancia demografica mondiale si sta modificando rapidamente.

La quota di popolazione mondiale dei paesi in via di sviluppo dovrebbe crescere dal 69% del 1960 all'84% del 2025, e quella dei paesi industrializzati calare invece dal 31% al 16%. Inoltre l'87% di tutte le nuove nascite avvengono nel Terzo Mondo e solo il 13% nei paesi industrializzati.

Se le nuove generazioni dei paesi in via di sviluppo non potranno migliorare le loro condizioni grazie al libero accesso agli aiuti internazionali, ai mercati finanziari e alle opportunità di commercio, la spinta verso la migrazione in cerca di migliori opportunità economiche sarà schiacciante - una riflessione che dovrebbe far riflettere negli anni Novanta, e che mette in piena luce l'urgenza di una migliore distribuzione delle opportunità di sviluppo.

14. La rapidissima crescita demografica nel Terzo Mondo si sta concentrando nelle città.

Tra il 1950 e il 1987 il numero di abitanti delle aree urbane dei paesi in via di sviluppo si è più che quadruplicato, da 285 milioni a 1 milardo 250 milioni. Il loro numero è destinato ad aumentare fino a 2 miliardi per il 2000, quando otto delle 10 più grandi mega-città (ciascuna con 13 milioni o più di abitanti) si troveranno nel Terzo Mondo. Questo processo di urbanizzazione sembra inevitabile, dato che vari tentativi di scoraggiare la migrazione urbana sono in gran parte falliti.

La sfida dell'urbanizzazione per pianificatori e politici dei paesi in via di sviluppo negli anni Novanta sarà di identificare e implementare programmi che affrontino quattro punti critici:

* Decentralizzazione del potere e delle risorse dai governi centrali a quelli locali

* Mobilitazione delle entrate locali provenienti da fonti locali con la partecipazione attiva di organizzazioni private e della comunità

* Promozione di strategie di aiuto per protezione e infrastruttura compresa l'assistenza diretta ai gruppi più deboli.

* Miglioramento dell'ambiente urbano, specialmente per la vasta maggioranza dei poveri che vivono nelle città in ghetti e in sistemazioni precarie.

L'efficacia delle risposte dei governi su questi punti determinerà in gran parte l'andamento dello sviluppo umano negli ambienti urbani.

15. Strategie di sviluppo sostenibile devono andare incontro ai bisogni delle attuali generazioni senza compromettere la possibilità delle future generazioni di fare la stessa cosa.

Su questo punto, il consenso sta crescendo. Ma il concetto di sviluppo sostenibilie è molto più ampio della protezione delle risorse naturali e dell'ambiente fisico. Dopo tutto sono le scelte future delle persone, e non quelle degli alberi, che devono essere protette. Uno sviluppo sostenibile deve quindi comprendere anche la protezione della crescita economica futura e del futuro sviluppo umano. Ogni forma di debito - il debito finanziario, quello della trascuratezza umana o il debito della degradazione ambientale - è come un prestito dalle nuove generazioni. Uno sviluppo sostenibile deve tendere a limitare tutte queste forme di debito.

La povertà è una delle maggiori minacce per l'ambiente. Nei paesi poveri, la miseria spesso provoca disboschimento, desertificazione, salininzzazione, mancanza di sistemi fogniari e acqua inquinata e insicufra. E questo danno ambientale rafforza la povertà. Nei paesi in via di sviluppo molte scelte che degradano l'ambiente sono state prese sotto l'imperativo della sopravvivenza immediata, non per mancanza di cura per il futuro. Qualsiasi piano di azione per il miglioramento aziendale deve quindi comprendere programmi per la riduzione della povertà nel Terzo Mondo.

Se i problemi ambientali vengono inseriti nella suddetta prospettiva, sarà più facile assicurarsi che la sicurezza ecologica globale sia considerata come un legame unificante, non un argomento di divisione tra Nord e Sud. Inoltre, i costi aggiuntivi della protezione ambientale devono essere sopportati in nmaggioranza dai paesi ricchi dato che sono loro i responsabili della maggioranza del degrado ambientale. Pur avendo solo il 20% della popolazione mondiale, essi emettono oltre la metà dei gas che determinano l'effetto serra che sta riscaldando il nostro pianeta. E' principalmente la volontà delle nazioni ricche di cambiare le loro politiche ambientali, trasferire tecnologie ambientali positive e fornire risorse aggiuntive che può assicurare la protezione del verde del nostro mondo.

* * *

Sono questi, quindi, le principali conclusioni e i principali messaggi politici di questo primo Rapporto sullo Sviluppo Umano. Lungi dal rispondere a tutte le domande in questo primo sforzo, i risultati e le conclusioni del rapporto puntano su argomenti che richiedono un'analisi più approfondita e delle ricerche più accurate: Quali sono gli elementi essenziali di strategie per pianficare, amministrare e finanziare lo sviluppo umano? Quali sono le caratteristiche di un quadro pratico di partecipazione allo sviluppo? Qual'è un ambiente esterno favorevole allo sviluppo umano? Queste, ed altre domande che da queste discendono, saranno gli impegni da assolvere nei prossimi Rapporti.

 
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