E vi chiedo di salvarlodi Marco Pannella
»Rapporto sul Pr che vive uno stato di difficoltà fra i più gravi della sua storia - La nuova formazione politica che sta nascendo a sinistra deve contribuire a sostenerlo
SOMMARIO: Amplissimo intervento su "L'Unità", nella pagina dei "Commenti". Descrizione puntualissima del partito, anzi della "Cosa" radicale nella sue strutture "libertarie", nei suoi meccanismi e nelle sue "regole", coi suoi iscritti, oggi più numerosi a Mosca che a Torino ("un iscritto su quattro non è italiano"), fenomeno "impossibile" per sociologi e politologi, e tuttavia capace di dare "voce e vittoria a grandi maggioranze sociali", secondo una definizione di G.Baget Bozzo.
Rievocazione, quindi, dei rapporti tra P. Radicale e PCI, con i segretari dei due partiti che riconoscono la caratteristica "transnazionale" del P.Radicale, con l'adesione radicale al referendum sulla riforma elettorale del Senato e l'appello perché almeno un comunista per ciascun comune italiano si iscriva al partito radicale, ma anche con la registrazione del rovesciamento delle posizioni del PCI e la scelta finale dei radicali di "sospendere" l'attività politica.
Sintetica esposizione, quindi, delle iniziative assunte in regime di gestione straordinaria: prosciugamento della esposizione economica, salvataggio di Radio Radicale, miglioramento della competitività di Teleroma '56, iniziative avviate in URSS, in Italia, ecc. Viene infine ribadita la convinzione della pericolosità del ritorno ad una gestione ordinaria che ristabilirebbe "le cause immediate...delle crisi degli ultimi cinque, sei anni". Conclusivo appello alla iscrizione per il 1990 e il 1991.
(L'UNITA', 10 ottobre 1990)
Il Partito radicale conta oggi più iscritti a Mosca che a Torino, a Praga che a Napoli. Un iscritto su quattro non è italiano. Poco meno di un radicale italiano su dieci è nelle carceri. Nel Consiglio federale siedono deputati o senatori o parlamentari europei iscritti al Partito liberale, al Partito socialista, al Partito comunista, al Partito socialdemocratico, ai Verdi, ai Verdi arcobaleno, Antiproibizionisti, ai Soviet dei deputati del popolo di Mosca e a quello di Leningrado, democratici di venti nazionalità. Partito della nonviolenza politica, della democrazia politica, della tolleranza e del laicismo politici, dell'ambientalismo ecologista politico, del federalismo politico, del federalismo europeo, dei diritti umani e civili, liberaldemocratico e liberalsocialista, antiproibizionista sulla droga, antiautoritario, antinazionalista, antimilitarista. Unico partito dalle regole e dalle strutture libertarie, transnazionali, transpartitiche, laiche per storia, per regole, per statuto, per metodo, per convi
nzioni e per obiettivi. Partito laico e fors'anche »illuminista che esige libertà piena dei suoi militanti, e su di essa si fonda o, in mancanza, s'affonda, si nega; che necessità della libertà piena dei suoi avversari, ancor più che della propria.
Siamo una »Cosa che ha nome, statuto, regole, idee, storia da proseguire, la garanzia del »già fatto per il »da fare d'oggi e di domani, che non ha altra forza che la parola e l'agire di coloro che vogliono darle corpo, incarnarla e incardinarla nella storia ed in se stessi. Senza potere, senza averi. Questa è l'identità, ma non ancora l'immagine. Troppo esile rispetto ai compiti storici di oggi è il numero dei suoi militanti, dei suoi volti, delle sue storie, pur se così straordinarie e comuni, per imporsi alla conoscenza ed alla scelta di classi dirigenti e di popoli che impazziscono in un sistema di comunicazione (e di informazione) che è mortale specchio di sé e non confronto, dialogo, ricerca, apprendimento, cultura e valorizzazione di tutti e di ciascuno.
Il mondo, il pianeta appaiono oggi, agli occhi di tutti, come feriti; probabilmente a morte, a meno che non si inventi un nuovo possibile. E questo »nuovo possibile ha un suo reperto nel Partito radicale, che è sempre stato, da un trentennio, »storia impossibile , epoca dopo epoca, anno dopo anno, evento dopo evento. Siamo "esistiti nella negazione" ufficiale, da parte del mondo della cultura, del potere della politica, dei mass media; ci ha intravisto il popolo, e visto qualcuno: Vittorini, Pasolini, Sciascia, a tratti un Baget Bozzo, un Panebianco, e qualche altro. In trent'anni, al massimo, e in totale, non ci sono stati più di trentamila radicali. In uno stesso anno (con una eccezione) non siamo stati mai più di quattromila.
Eppure nessuna altra forza politica organizzata - nessuna - ha posto ed imposto alla coscienza di un intero paese, di ogni sua donna e di ogni suo uomo, tanti e tali problemi, del mondo e loro propri, generali e intimi. Il Partito radicale costituisce tuttora una »impossibilità , non spiegata ma sempre più decretata, da una parte, e invece realizzata, dall'altra.
Nessuna impresa, di nessun tipo, ha posseduto la capacità produttiva, creatrice, innanzitutto in termini di rapporto costi/ricavi, prezzo/qualità, di organizzazione e di reperimento delle risorse, di professionalità e di progettualità del Partito radicale. Questa nostra associazione, di impalpabile spessore sociale, è sempre più viva - ma a tal punto »impossibile che nessun sociologo, nessun politologo ne ammette l'effettiva esistenza e ne ricerca neppure più i connotati, perché questi sono tali da negare in radice e mettere in crisi i sistemi stessi su cui si fonda la loro qualificazione ed attività e »chiericatura tolemaiche. Baget Bozzo »a suo tempo (di rado espressione sembrerebbe più appropriata) ci definì »una minoranza politica che sa dar voce e vittoria a grandi maggioranze sociali .
Ma anche questo nostro caro profeta di allora è restato senza parola; ed è divenuto ottimo cantastorie, invece, di Andreotti, di Craxi e del nulla, per nostalgia e passione di un tutto da tempo definito: tolemaico finalmente consapevole!
Il 1990 si sta per chiudere, per il Partito radicale, con una nuova secca sconfitta del »probabile deciso e prescelto, ed una altrettanto secca riaffermazione dell'»impossibile .
Bilancio del 1990
Al nostro Consiglio federale parve infatti assai probabile che potessero ormai raggiungerci (magari per ri-conoscenza o riparazione!) alcune migliaia di italiani, in particolare di »comunisti illuminati , non fosse che uno per ognuno dei Comuni italiani, cioè circa ottomila su oltre un milione e quattrocentomila iscritti al Pci. I segretari dei due partiti, Occhetto e Stanzani, avevano ufficialmente dichiarato la definitiva caratteristica di »Internazionale , assolutamente non concorrente sul piano nazionale del partiti esistenti, del Partito radicale; e si era auspicato, da parte del segretario del Pci, l'apporto di tutti i democratici per il superamento delle difficoltà del Pr.
Darhendorf sembrava divenuto uno dei vati dell'Unità e della Cosa.
Le »liste Nathan dovevano unirci elettoralmente e politicamente nelle elezioni regionali, provinciali, comunali.
L'adesione al referendum per il passaggio al sistema anglosassone, almeno per l'elezione del Senato, annunciata al nostro Consiglio federale era apparsa a tutti, mass media neutri compresi, un enorme passo avanti verso una »Cosa radicalmente nuova, effettivamente propria per gran pane dei comunisti del Pci o dei liberaldemocratici e liberalsocialisti, nonviolenti e »occidentali del Pr e dintorni.
Stimavano probabile che le risorse umane, finanziarie, di immagine conseguenti, sarebbero state tali da consentirci, a partire da 5/10 mila iscritti italiani, di raggiungere almeno altri 20 mila iscritti in Urss e 10 mila in altri paesi.
Che il 4 per mille degli iscritti al Pci comprendesse l'interesse di »finanziare e di letteralmente animare un'impresa internazionalista nonviolenta, ecologista, laica, federalista europea, capace di »azioni e di raggiungere puntuali obiettivi, ad adesione "diretta" delle persone, dei militanti, forte di un passato più che ineccepibile nella crisi dell'impero sovietico, come anche in molta parte del Sud del mondo, in un clima da »rivoluzione liberale gobettiana, era in effetti da ritenersi assolutamente probabile. Se vi fossero state queste »ottomila (o anche mille, forse) iscrizioni, due conseguenze apparivano come naturali ed inevitabili: più dell'80 per cento dei membri italiani del Pr sarebbero stati comunisti del Pci; caduto il »muro di Berlino del tabù radicale, gli »ottomila sarebbero divenuti valanga. In attesa, insomma, di aderire con il nuovo/vecchio apparato di partito alla Internazionale socialista, i comunisti italiani avrebbero avuto in mano, per riformare la politica, le istituzioni, se
stessi e gli altri, anche un poderoso "strumento di lotta politica, di aggregazione nuova, di possibile »annessione ", dunque, del Pr della sua storia, della sua potenzialità. Se questo, ancor oggi, accadesse, mi sembra probabile che l'intero dibattito democratico ne trarrebbe immediato vantaggio. Invece è accaduto l'impossibile. Nel Pci e successo proprio tutto, dall'apologia ideologica del capitalismo, a quella sacerdotale della politica di Monaco, e del letale
»pacifismo . Ma ad iscriversi al Pr, laicamente operando e non ideologicamente discutendo, sono stati tremila »altri e meno di cento »comunisti , malgrado le testimonianze di Willer Bordon, di Michele Serra. A gennaio, dunque, avevamo ritenuto »assai probabile quel che non è invece poi accaduto, e »impossibile che (senza quel »probabile ) si potesse far altro che immediatamente sospendere l'attività politica del Pr, per mancanza del minimo necessario all'affermarsi ed all'agire. Per poi dover probabilmente passare alla liquidazione del Partito stesso.
Si deve liquidare?
Il Pr si rivela sempre più un enorme giacimento di materia preziosa e rarissima che noi stessi non abbiamo ancora saputo o potuto esplorare, che abbiamo avuto la forza di non svendere pur ridotti alla fame ed alla sete, impedendo che una discarica di rifiuti infetti lo seppellisse. Resta possibile, forse probabile, che chiudano la miniera: grazie alla violazione del diritto sempre più usuale e necessario per la classe dirigente delle »democrazie reali . Ma questo avverrebbe senza ipotecare il futuro prossimo senza alienazione del patrimonio e fallimento della società.
Alcuni fatti vanno chiaramente annotati. L'»impossibile , cioè la non-catastrofe, l'inversione di tendenza, il raddrizzamento della situazione del Partito radicale in mancanza di 5/10/50.000 iscritti nel 1990, si sta invece verificando. Grazie all'»impossibile iscriversi di più di tremila italiani e di più di mille non italiani, in assenza di attività, abbiamo disposto del tempo e delle energie sufficienti a determinare una situazione economico-finanziaria di radicale contrazione delle passività, sicché per la prima volta da anni, senza toccare un soldo del finanziamento pubblico del 1991 chiuderemo l'anno - sic stantibus rebus - con una situazione debitoria contratta di ben oltre il 50%.
Stiamo per inaugurare una nuova sede del Partito, la prima di nostra proprietà, efficiente e molto bella, il cui valore è di almeno tre volte, quanto vi abbiamo investito.
Abbiamo salvato, in extremis, a luci ormai spente, Radio radicale, con la sua impareggiabile funzione pubblica, civile, democratica. Successo grande, anche in termini di riconoscimento e di prestigio per una delle più belle realizzazioni radicali di questi ultimi quindici anni.
La nuova legge sulle televisioni crea una situazione molto delicata in un settore dove la nostra »area , a partire da Teleroma 56 e Canale 66, può però confrontarsi con altro che la legge della giungla e immaginare sviluppi interessanti per una più vasta informazione ed attività democratiche.
Credo anche di poter affermare che, in una situazione letteralmente »impossibile , e come tale considerata dal Consiglio federale e dal II Congresso italiano del Pr, costretti ad azzerare la struttura, ed a sospendere l'attività politica del Partito in quanto tale, grazie a Sergio Stanzani, a Paolo Vigevano, a Emma Bonino e a una decina, al massimo, di altri compagni, siamo riusciti ugualmente a secondare impegni, iniziative, presenze in Italia, in Urss, in Cecoslovacchia, in Jugoslavia, in Ungheria di sicura importanza politica e ideale per tutti i democratici.
Ma ora se abbassassimo la guardia, se cedessimo alla tentazione quotidiana, sempre più forte, di »accontentarci dell'ottenuto, di »passare la mano , di investire in un Congresso le poche risorse delle quali disponiamo, se sin d'ora riprendessimo le »normali , cioè straordinarie attività del Partito, dilapideremmo quello che siamo riusciti, con gli altri quattromila radicali del 1990, a riconquistare e ristabiliremmo le cause immediate, se non quelle mediate, in gran parte persistenti, delle crisi di questi ultimi cinque e più anni.
A questo punto, apriamo la campagna di tesseramento per il 1991. La quota è portata a L. 208.000, in base alla regola congressuale che fa riferimento al Pil.
Rivolgiamo un appello, a chiunque possa farlo, di iscriversi sia per il 1990 che per il 1991. Sin d'ora apriamo anche una campagna di finanziamento straordinario, oltre a quella delle iscrizioni, anche in vista della »tredicesima e delle spese natalizie.
Preghiamo tutti di consentirci di pubblicare subito anche brevi dichiarazioni del perché ci si torna a iscrivere o lo si fa per la prima volta, perché in tal modo si intende dare un esempio ed un incoraggiamento agli altri, e a noi, nel nostro compito difficile. Ne abbiamo tutti una straordinaria necessità, un estremo bisogno. Il rigore, l'umiltà, la forza, l'intelligenza, la speranza, la creatività che le »impossibili 4.000 iscrizioni del 1990 hanno espresso e permesso, i desolanti risultati che raccolgono coloro che sono stati pressoché unanimi, a milioni, a »lasciar perdere il Pr, spero facciano riflettere, ed incoraggino prudenza e generosità.