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D'Elia Sergio, Di Lascia Maria Teresa, Ferro Valeria, Frassineti Luca, Lai Livio - 18 dicembre 1990
L'EMERGENZA GOZZINI: TUTTE LE COLPE DEI MEDIA
Una denuncia della Fondazione per la giustizia "Enzo Tortora" e del Partito radicale.

SOMMARIO: Martedì 18 dicembre 1990, nella sala stampa di Montecitorio, la Fondazione Internazionale per la Giustizia "Enzo Tortora" ed il Partito Radicale hanno presentato ai giornalisti un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Roma nei confronti del Tg1 e delle testate giornalistiche "Il Corriere della Sera", "Il Giornale", Il Mattino", "Il Tempo", "Il Messaggero", che nel corso di quest'anno si sono contraddistinte in una campagna di attacco alla legge Gozzini fondata spesso su notizie false. Alla denuncia della Fondazione Enzo Tortora e del Partito Radicale si sono associati anche i detenuti di Rebibbia Penale. Nel corso della conferenza stampa è stato presentato anche un DOSSIER composto delle testimonianze dei detenuti di Rebibbia, le trascrizioni integrali del TG1 denunciato, la rassegna stampa delle cinque testate giornalistiche denunciate, le opinioni dei giornalisti sul comportamento della stampa, le dichiarazioni dei parlamentari sulle responsabilità dei massa media nella campagna anti-

Gozzini.

Hanno partecipato alla conferenza: Giandomenico CAIAZZA (segretario della Fondazione Enzo Tortora), Sergio STANZANI (Segretario del Partito radicale), Sergio D'ELIA (consigliere federale del Pr), Mauro Paissan (Il Manifesto), Sergio GIOVAGNOLI (Associazione Ora d'Aria), Francesco D'ONOFRIO (Deputato Dc), Valeria FERRO (direttrice del Centro d'ascolto del Gruppo federalista europeo).

Il Dossier è stato curato da Sergio D'Elia, Maria Teresa Di Lascia, Valeria Ferro, Luca Frassineti, Livio Lai.

PRESENTAZIONE

Le ragioni della denuncia: mass-media, informazione, garanzie del cittadino.

A partire dal sequestro del giovane Casella e dall'arresto, alla vigili di Natale dell'89, di uno dei suoi sequestratori, Giuseppe Strangio, uscito dal carcere con un permesso ottenuto per gravi motivi familiari (Art. 30 dell'Ordinamento penitenziario della legge 1975), inizia la campagna contro la legge Gozzini.

Il direttore de "Il Tempo", il 4 gennaio 1990, si prende la responsabilità personale di rendere pubblico il contenuto di una conversazione privata con il segretario della Dc Forlani, il quale proponeva la pena di morte per i sequestratori e la necessità di porre rimedio alla "follia che é stata la legge Gozzini".

La prima nefandezza che viene sostenuta é dunque, che Strangio sia uscito dal carcere grazie alla legge Gozzini.

A questa ne seguono altre che hanno come autrici testate giornalistiche come Il Mattino, Il Corriere della sera, Il Messaggero e il Giornale.

In un crescendo parossistico, dilatato in particolare dai Tg della prima rete condotti da Bruno Vespa, si inventa "L'emergenza Gozzini".

Ad essere sotto il "tiro" dei mass media sono: il direttore generale degli Istituti di prevenzione e pena Niccolò Amato; il Ministro di Grazia e giustizia Giuliano Vassalli; il primo firmatario della legge, il senatore Mario Gozzini, e naturalmente, tutta la popolazione carceraria.

Il percorso di questa vera e propria campagna di allarme sociale pilotata in autonomia e soggettività dalla stampa nazionale, giunge fino al potere politico e produce i suoi frutti.

L'11 novembre viene presentato alla stampa il decreto recante le norme contro la criminalità organizzata che diviene operante il 13 novembre.

A difendere la Gozzini rimangono i direttori delle carceri, i detenuti e quella parte avvertita e sensibile dell'opinione pubblica e del mondo del volontariato cattolico che non si é fatta travolgere dalla campagna emergenzialista.

Il 3 dicembre i parlamentari di tutti i gruppi politici ascoltano in Audizione il parere dei Direttori delle carceri, dei magistrati di sorveglianza, delle guardie carcerarie, degli educatori e dei Prefetti.

Il giudizio é unanime: la legge Gozzini ha posto fine all'emergenza carcere creando le premesse per un rapporto di civiltà e di fiducia fra gli operatori carcerari e la popolazione detenuta. I risultati sono eccellenti e confortano le statistiche e i dati forniti dal direttore generale degli Istituti di prevenzione e pena, che attestano l'Italia al primo posto nella graduatoria dei rientri dai permessi, nonostante sia il Paese con i "tetti pena" più alti d'Europa.

Di fronte a questo "muro di verità", alcune testate giornalistiche mutano il proprio atteggiamento; altre insistono.

La banda dei "quattro" (Il Corriere, Il Giornale, Il Tempo e il Messaggero) insiste con le loro nostalgie controriformiste nella ricerca di consenso politico e di opinione pubblica; "Il Mattino" desiste ed intervista Mario Gozzini.

Il dibattito parlamentare sul decreto del 13 novembre denuncia il ruolo negativo e manipolatore della stampa e della televisone presso l'opinione pubblica. Dalla maggioranza dei parlamentari nasce chiara la richiesta di un chiarimento sul ruolo giocato dai mass media nella creazione di un'emergenza carcere e di condanna per il decreto che ne é derivato.

Soddisfaceva il carattere di necessità ed urgenza che sono propri di un decreto?

E se necessità ed urgenza vi era, chi l'ha determinata?

In molti hanno risposto che l'informazione ha "distratto" il Parlamento e l'opinione pubblica dalle vere emergenze del paese, concentrando l'attenzione di tutti sui più incolpevoli; sui più deboli; su coloro che, comunque, stanno già pagando per i reati commessi molto tempo fa.

E' per questa ragione che i detenuti di Rebibbia, e in seguito molti altri delle carceri di tutta Italia, si associano alla denuncia della Fondazione Enzo Tortora e del Partito radicale presso la Procura della Repubblica di Roma, contro il TG1 e le cinque testate giornalistiche.

Il dossier contiene:

- L'Esposto denuncia alla Procura della Repubblica

- Le testimonianze dei detenuti di Rebibbia

- Le registrazioni integrali del TG1 denunciato

- La ressegna stampa delle cinque testate giornalistiche denunciate

- Le opinioni dei giornalisti sul comportamento della stampa

- Gli interventi sul decreto in Commissione e in Parlamento.

 
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