Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
sab 07 dic. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
D'Elia Sergio, Di Lascia Maria Teresa, Ferro Valeria, Frassineti Luca, Lai Livio - 18 dicembre 1990
L'EMERGENZA GOZZINI (1): L'ESPOSTO-DENUNCIA ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA

ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO LA PRETURA CIRCONDARIALE DI ROMA

Ill.mo Sig. Procuratore,

i sottoscritti, Partito Radicale nella persona del legale rappresentante pro tempore e Fondazione Internazionale per la Giustizia "Enzo Tortora" nella persona del legale rappresentante pro tempore, premettono ed espongono quanto segue:

1) nel corso degli ultimi mesi il dibattito sui problemi della Giustizia in Italia è stato quasi interamente assorbito dalle polemiche relative alla applicazione della c.d." legge Gozzini", cioè a dire della riformata legge sull'ordinamento penitenziario.

Per unanime riconoscimento, l'informazione scritta e radiotelevisiva ha svolto un ruolo assolutamente decisivo nel porre tali problematiche al centro della attenzione prima della pubblica opinione, e poi -di conseguenza- delle forze politiche e parlamentari, con il risultato di una drastica modifica dei presupposti fondamentali di quella legge di riforma, realizzata addirittura con lo strumento del Decreto Legge, e dunque sul presupposto di una ineludibile urgenza della modifica legislativa, dettata da un allarme sociale diffuso e non altrimenti governabile.

Lo stesso Ministro Guardasigilli, on. Giuliano Vassalli, ha esplicitamente affermato, proprio illustrando le ragioni del provvedimento urgente governativo in Commissione giustizia, che "Il Governo si è mosso anche per rispondere alla domanda generalizzata di giustizia e di provvedimenti incisivi contro la criminalità che proviene dai cittadini comuni..."(doc.1)

Orbene, è necessario accertare se la condotta dei principali mezzi di informazione in ordine a tali delicate questioni si sia mantenuto nell'alveo di legalità, giustamente assai ampio, garantito dall'art. 21 della nostra Costituzione, o non abbia invece -in alcuni ben determinati casi- travalicato tale limite, operando invece nel senso di un illegittimo turbamento dell'ordine pubblico, mediante la diffusione di notizie false o tendenziose, così inducendo del tutto artificiosamente quell'allarme sociale poi recepito dal Legislatore.

In questa ultima ipotesi, infatti, l'intervento della Autorità Giudiziaria si mostrerebbe ineludibile, non solo in ossequio al principio della obbligatorietà dell'azione penale -versandosi, in ipotesi, nella fattispecie criminale di cui all'art. 656 c.p.- ma, più in generale, in considerazione della straordinaria gravità di tale prospettato scenario.

Se infatti risultasse provato -come è ferma convinzione dei sottoscritti- che l'irresponsabile condotta di alcuni fra i principali mezzi di comunicazione di massa, basata sulla falsificazione -anche solo colposa- dei fondamenti oggettivi delle notizie diffuse, abbia determinato un grave allarme sociale altrimenti ingiustificato, fino al punto da imporre la modifica urgente di una legge della Repubblica, si porrebbe con forza non solo la esigenza punitiva, ma soprattuto la necessità di prevenire il ripetersi ed il consolidarsi di tali condotte -invero sempre più diffuse- di certo idonee, al di là della specifica vicenda de qua, a sovvertire i fondamenti stessi del patto sociale costituzionale, il quale esige che tutti i cittadini siano posti nelle condizioni di poter conoscere per liberamente scegliere, decidere e più in generale partecipare alla vita democratica.

2) E' innanzitutto significativo segnalare che il ruolo improprio -ed anzi illegittimo- svolto dalla stampa in questa vicenda è stato ripetutamente segnalato e denunziato nel corso del dibattito parlamentare, anche -se non addirittura soprattutto- dalle forze politiche di maggioranza.

Così, il relatore di maggioranza, on. Egidio Alagna, richiamando quanto affermato dal Ministro Vassalli circa la "domanda di giustizia" della opinione pubblica, ossevava che "vi è da dire, tuttavia, che sovente la pubblica opinione risulta male informata"(doc.2); l'on. Mellini rimarca "l'impressione di fondo che...il Governo abbia inteso predisporre il provvedimento al solo scopo di rispondere alle spinte emozionali provenienti dall'opinione pubblica"(doc.3); l'on. Tessari osserva che tale allarme sociale "è sovente alimentato da un uso distorto dei mezzi di comunicazione...L'impressione generale è che si tenda ad instaurare un clima generale di emergenza attraverso il quale giustificare qualsiasi intervento legislativo"(doc.4).

Davvero esplicita, e di particolare interesse ai fini della presente denunzia, è poi la presa di posizione del deputato democristiano Francesco D'Onofrio, il quale non esita ad affermare, nella seduta della Commissione Giustizia del 4.12.1990 (doc.5) che "occorre sottrarsi da una soggezione psicologica nei confronti di opinioni diffuse sull'attuazione della legge Gozzini che non corrispondono alla realtà, tanto che si dovrebbero probabilmente condurre azioni penali per la diffusione di notizie false".

Successivamente, nella seduta d'aula del 6.12.1990 (doc.6), la denunzia dell'on. D'Onofrio -a nome dell'intero gruppo democristiano- è ancora più esplicita: "...Erano queste le ragioni per le quali avevo espresso un giudizio particolarmente severo nei confronti di quel modo improprio, emotivo, irrazionale, spesso disinformato, pressappochistico, ma talvolta volutamente tendente ad orientare la opinione pubblica in senso contrario al provvedimento noto come la legge Gozzini, da parte di mezzi di informazione. In questo modo si era determinato un allarme sociale, che aveva creato determinate situazioni per cui non avevo esitato ad affermare che noi parlamentari potevamo essere stati posti in condizioni di difficoltà psicologica nell'affrontare l'esame del decreto legge con la dovuta serenità (senza la quale rischiamo che la nostra assemblea legiferi sulla base della emotività) (pag.68).

E più oltre: "Le questioni riguardano l'informazione su questa legge e sulle sue modalità applicative...Ciò attiene ad un aspetto molto delicato della libertà di stampa e di informazione -che investe non solo la stampa ma anche tutti gli altri mezzi di comunicazione- e del dovere non dell'obbiettività della informazione....ma quantomeno della onestà del fatto, della legge e della sua applicazione".

3) La conferma della fondatezza di questa allarmata denuncia, da parte di parlamentari di ogni parte politica, circa il ruolo svolto dai mass-media in ordine ala vicenda in questione, trova piena conferma nella lettura dei più significativi articoli apparsi negli ultimi mesi sulla c.d. legge Gozzini.

A tal fine, alleghiamo alla presente denunzia un dossier contenente una selezione di tali articoli di stampa, divisi per testata.

I quotidiani presi in esame sono quelli che ad avviso dei sottoscritti si sono particolarmente distinti in questa campagna di diffusione di notizie false e tendenziose, che ha ingenerato nella pubblica opinione un ingiustificato allarme, fino a condizionare lo stesso legislatore. Si tratta de IL TEMPO, IL MESSAGGERO, IL CORRIERE DELLA SERA, IL GIORNALE, IL MATTINO.

E' agevole verificare come gli articoli sianostati selezionati con l'esclusivo scopo di evidenziare le vere e proprie falsificazioni di dati e notizie, ovvero la loro tendenziosa rappresentazione, sempre con il solo fine di indurre nella opinione pubblica il convincimento che la c.d. legge Gozzini fosse la causa di tutte le c.d. "scarcerazioni facili", e più in generale dell'icremento della criminalità nel nostro Paese.

Sono cioè fuori discussione -è appena il caso di dirlo!- tutti quegli articoli volti ad esprimere opinioni di netto dissenso circa i principi ispiratori della legge, o comunque circa l'opportunità della sua vigenza in questo preciso momento storico, giacchè ciò rientra nel libero esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, e nella libera circolazione delle opinioni.

Ma certamente è estraneo all'esrcizio di tali intangibili diritti l'operato di quei giornalisti che hanno attribuito alla responsabilità della legge "Gozzini",ad esempio, il fatto che uno dei sequestratori del povero Casella, tale Strangio, fosse libero per aver "lasciato il carcere grazie allo stato di semilibertà ottenuto per la buona condotta" (Corriere della Sera, 5/1/1990, G. Piazzesi), quando invece costui era uscito dal carcere usufruendo di una norma (permesso speciale per gravissimi motivi familiari) semplicemente preesistente alla vituperata legge Gozzini.

Questo episodio relativo al sig. Strangio ha in certo qual modo rappresentato l'inizio della campagna di disinformazione, grazie appunto alla costante attribuzione alla "Gozzini" di inesistenti responsabilità in ordine alla evasione di questi (si veda in particolare, sull'allegato dossier, gli articoli in proposito pubblicati dal MESSAGGERO e da IL MATTINO).

Ancora più grossolana è la falsificazione della realtà da parte di chi ha attribuito alla vituperata legge di riforma dell'ordinamento penitenziario la controversa concessione degli arresti domiciliari al brigatista Francesco Majetta, detenuto in attesa di giudizio (IL MATTINO del 2.11.1990, articolo della redazione romana).

Ancora, il CORRIERE DELLA SERA, IL TEMPO, IL GIORNALE (il 9/10/1990) attribuiscono all'allora Presidente della Corte Costituzionale Saja il preannuncio di un imminente intervento censorio della Consulta sulla legge Gozzini, così affermandone una non meglio precisata incostituzionalità, ottenendo così, oltre la puntuale smentita del Presidente Saja il giorno successivo, il risultato di porre comunque sul piatto della polemica il peso di un giudizio negativo sulla legge tanto fantasioso quanto autorevolissimo.

A leggere questi giornali, ci si forma il convincimento che tutti i criminali in libertà debbano questo beneficio alla legge Gozzini, come quando si racconta (CORRIERE DELLA SERA, 6.12.90) di Roberto Miano, un pentito condannato in primo grado a vent'anni di reclusione, in libertà grazie alla sua "collaborazione" con la Giustizia, e che viene invece presentato ai lettori come beneficiario della Gozzini ("Condannato a vent'anni, rapinava in semilibertà").

Più in generale, è costante in questi articoli, al di là delle menzogne vere e proprie, l'accostamento -ora esplicito, più spesso tendenzioso- tra qualsivoglia provvedimento di scarcerazione (decorrenza termini di custodia cautelare, remissione in libertà) o di gradata restrizione della libertà (arresti domiciliari) con le norme della cosiddetta legge Gozzini; e per converso il generalizzato silenzio sui dati ufficiali, forniti dal Ministero di Grazia e Giustizia, che invece smentiscono in radice le allarmistiche falsificazioni dei mass-media.

In questo quadro, è facile imbattersi allora in commentatori che possono impunemente scrivere affermazioni come la seguente: "Chi potrebbe impedire a un eventuale figlio o fratello o amico del generale [Giorgieri] ucciso di vendicarsi in proprio, uccidendo l'assassino? Non certo il codice, visto che stando alla legge Gozzini il nuovo delitto non dovrebbe costare al suo autore più di un anno di carcere...".

Analoghe considerazioni devono essere formulate in relazione all'informazione fornita nella vicenda dalla Rai-Tv, in merito alla quale rimandiamo integralmente al dossier ad essa relativa segnalando in particolare il caso di Giuseppe Strangio da cui ha preso le mosse la campagna di stampa e per il quale si è subito detto falsamente che era uscito dal carcere grazie alla legge Gozzini.

4) Questa esplosiva commistione di malafede, ignoranza, superficialità -della quale si è voluto dare or ora solo qualche esempio, ma che risalta con evidenza ancor più incontestabile dalla lettura dell'intero allegato dossier- appare ai sottoscritti di sicuro rilievo penale, a mente dell'art. 656 c.p..

Questa fattispecie penale punisce chiunque, anche solo per colpa (giurisprudenza costante) diffonda notizie false, esagerate o tendenziose idonne a turbare l'++ordine pubblico.

Secondo la giurisprudenza, è falsa la notizia che riporta un accadimento inesistente o ne nega uno esistente; è esagerata la notizia che altera o deforma la verità; è tendenziosa se, pur riferendo cose vere, le presenta in modo che chi le apprende possa avere una rappresentazione alterata della realtà, e ciò perchè sono posti in evidenza solo una parte degli accadimenti saltandone o minimizzandone altri, o perchè gli accadimenti vengono esposti in modo da creare confusione fra notizie e commento o in altro modo suggestivo (cfr., per tutte: Cass., 4.2.1976,Catanese, in Cass. Pen. Mass. ann. 1976,734; Corte Cost.,sent. 19/1962; Cass.15.10.1976,in Giust. Pen. 1956; Cass. 21.2.1957, in Giust. Pen. 1957,II,474).

Quanto alla nozione di turbamento dell'ordine pubblico, si è ripetutamente inteso nel senso che il contenuto della notizia debba essere tale da poterne derivare un diffuso senso di apprensione, di eccitazione o di sfiducia nei destinatari della notizia stessa (Cass., 5.11.1974,sez.6·,in Giust. Pen. 1975,475); e si è costantemente ribadito che è sufficiente ad integrare gli estremi del reato l'astratta capacità dell'azione a poterla produrre. E' cioè sufficiente la semplice possibilità del danno, e cioè che le notizie false, esagerate o tendenziose divengano causa di allarme, apprensione o agitazione o sfiducia; insomma, è sufficiente un giudizio di intrinseca idoneità della notizia alla turbativa, senza necessità della effettività dell'evento (giurisprudenza assolutamente costante.Per tutte:Cass. 9.4.1974,Butelli; Cass 25.5.1960, Girardi;Cass. 18.12.1964, Labardi; 11.11.1955, Colombo).

Infine, mette conto di sottolineare che i commenti non rientrano mai nella previsione legislativa de qua, costituendo esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, sempre che il commento stesso non contenga circostanze di fatto capaci di far divenire tendenziosa la notizia vera (Cass., 11.11.1955, Colombo, in Giust. Pen. 1956, II,652).

Non par dunque dubbio ai sottoscritti che gli articoli di stampa prodotti in allegato integrino pienamente gli estremi del reato previsto e punito dall'art.656 c.p., così come definito e precisato dalla copiosa giurisprudenza citata.

In particolare -giova ribadirlo in conclusione- oltre che dalle diffuse e grossolane falsificazioni della verità, quegli articoli sono principalmente caraterizzati dalla omissione di notizie decisive ai fini della comprensione dei fatti (i dati del Mimistero di Grazia e Giustizia sulla applicazione della Legge Gozzini), e dalla tendenziosità della diffusione di notizie anche vere (scarcerazioni a vario titolo) ma sempre suggestivamente inserite in articoli aventi ad oggetto il dibattito sulla legge Gozzini, o comunque associate alla "informazione" o alla valutazione di quella legge, di guisa da indurre il lettore, anche mediamente avvertito, a confondere e sovrapporre problemi tra di loro del tutto distinti, ma che, indebitamente sommati, non potevano che suscitare legittima apprensione nel cittadino, convinto di vivere in un paese governato da leggi volte a null'altro che ad eludere la potestà punitiva dello Stato.

Si chiede pertanto che la S.V. Ill.ma voglia valutare se nei fatti esposti sia riscontrabile la citata -o altra- fattispecie criminosa.

Si chiede altresì, a sensi dell'art. 408 c.p.p., di essere informati nella non creduta ipotesi di archiviazione della presente denunzia.

Sergio Stanzani Ghedini Adelaide Aglietta

 
Argomenti correlati:
legge
stampa
caiazza giandomenico
d'elia sergio
ferro valeria
il giornale
il tempo
esposto
giustizia
aglietta adelaide
stampa questo documento invia questa pagina per mail