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UNDP - 15 aprile 1991
Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991
(Sintesi per la stampa)

E' opinione diffusa che i paesi del Terzo Mondo siano troppo poveri per finanziare i propri bisogni di sviluppo umano. I bilanci nazionali e i finanziamenti esteri sarebbero troppo esigui per accogliere anche solo le istanze piu' urgenti per il progresso umano. Questo punto di vista viene messo in dubbio dal Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991, pubblicato dalla Oxford University Press per l'UNDP (United Nations Development Programme, Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo).

"Esistono anche troppi esempi di sprechi di risorse e di opportunita': la crescita delle spese militari, l'inefficienza delle imprese pubbliche, numerosi progetto di facciata, l'aumento della fuga di capitali e l'estendersi della corruzione," afferma William H. Draper III, Amministratore dell'UNDP, concludendo che "se vengono ridistribuite le priorita', molti bilanci hanno spazio sufficiente per ulteriori spese per lo sviluppo umano".

L'UNDP e' la piu' grande agenzia multilaterale per i finanziamenti allo sviluppo del mondo, e lavora con un budget di $1.3 miliardi attraverso una rete di uffici dislocati in 112 nazioni. Inoltre l'UNDP svolge il compito di coordinamento generale delle attivita' sociali ed economiche locali delle agenzie delle Nazioni Unite, dagli aiuti di emergenza ai programmi di sviluppo a lungo termine.

L'attuale rapporto e' il secondo di una serie preparata da un gruppo di eminenti economisti guidati da Mahbub ul Haq, ex Ministro delle Finanze e della Pianificazione del Pakistan e ora Consigliere Speciale di Mr. Draper. Nel suo rapporto dello scorso anno, l'UNDP ha introdotto l'indice dello sviluppo umano (HDI, Human Development Index), classificando 130 paesi secondo un numero singolo risultante dalla combinazione di durata di vita media, alfabetizzazione degli adulti e potere d'acquisto di base. Il Rapporto del 1991 migliora questo indice e lo allarga fino a coprire 160 nazioni, introducendo un nuovo "indice di liberta' umana" per rappresentare il rapporto tra liberta' e sviluppo. Esso dimostra che i paesi ricchi, come quelli poveri, hanno spazio per un maggiore sviluppo umano.

Si tratta, comunque, soprattutto di un rapporto pratico, dedicato ai modi per finanziare lo sviluppo umano, percorso da una singola idea decisiva: che, se c'e' la volonta' di cambiare, esiste un enorme potenziale per ristrutturare i bilanci nazionali e gli aiuti internazionali a favore dello sviluppo umano. Il Rapporto afferma che: "La causa reale della miseria umana spesso e' la mancanza di impegno politico e non di risorse finanziarie."

Il Rapporto individua molte aree concrete per un cambiamento delle priorita' nei bilanci delle nazioni in via di sviluppo e nelle assegnazioni degli aiuti esteri fatte dai donatori. Nei paesi in via di sviluppo potrebbero essere ridistribuiti fino a 50 miliardi di dollari da spese di minore importanza verso interessi umani piu' urgenti. Il Rapporto evidenzia che molti paesi del Terzo Mondo, pur spendendo attraverso i bilanci governativi oltre il 25 del loro PNL, impegnano meno di un decimo della spesa pubblica in obiettivi umani fondamentali come la scolarizzazione di base, l'assistenza sanitaria primaria, l'approvvigionamento di acqua nelle zone rurali, la pianificazione demografica, i sussidi alimentari e la sicurezza sociale.

Il Rapporto e' molto critico anche verso l'attuale scala di priorita' delle destinazioni degli aiuti. "Se anche un solo terzo degli aiuti di oggi venisse impegnato in aree di capitale importanza umana," afferma, "i finanziamenti in queste aree si quadruplicherebbero". Attualmente solo 1/12 del totale degli aiuti e' stanziato per gli obiettivi umani piu' importanti. Questo dimostra che una ristrutturazione delle priorita' nei bilanci degli aiuti costituisce una grossa possibilita' per riorientare le risorse verso lo sviluppo umano.

Gli autori puntualizzano chiaramente che "la richiesta di maggiore efficienza non deve essere confusa con l'indifferenza verso la crescita economica o la mobilitazione di ulteriori risorse". Finanziamenti aggiuntivi sono comunque necessari, dal momento che, per quanto riguarda gli anni Novanta, e' impossibile finanziare tutti gli obiettivi umani essenziali senza altro denaro. Ma, controbatte il Rapporto, "l'argomento migliore per mobilitare nuove risorse e' un corretto impiego di quelle gia' esistenti,"

Il Rapporto riconosce con franchezza che l'attuale distribuzione delle risorse in genere soddisfa coloro che sono al potere e i loro sostenitori. E' necessaria una strategia politica funzionale per ristrutturare le priorita' di spesa. Per delineare una strategia del genere, il rapporto attinge dall'esperienza pratica di vari paesi in via di sviluppo: rafforzamento dei gruppi piu' deboli, incanalamento dei crediti verso i meno abbienti, costruzione di coalizioni basate su interessi comuni, compensazione dei gruppi di potere e coordinamento delle pressioni esterne.

Oltre a indicare i modi per finanziare lo sviluppo umano, il Rapporto si addentra in molte altre aree. Perfeziona ulteriormente il concetto di sviluppo umano e il modo per misurarlo. Definendo lo sviluppo umano come "il processo di ampliamento delle scelte delle persone", il Rapporto elabora tre componenti essenziali di questo concetto: a) sviluppo delle persone, che comprende l'investimento in educazione, salute, alimentazioni e benessere sociale della gente; b) sviluppo attraverso le persone, che implica lo sviluppo di una piena partecipazione; e c) sviluppo per le persone, che deve soddisfare i bisogni di ciascuno e provvedere opportunita' di reddito e lavoro per tutti.

Il Rapporto, inoltre, perfeziona l'indice di sviluppo umano (HDI) introdotto l'anno scorso. L'HDI e' un indice composto basato su tre variabili: speranza di vita, preparazione scolastica e potere d'acquisto di base per uno standard di vita decoroso. La lista dell'HDI e' capeggiata dal Giappone, mentre la Sierra Leone e' all'ultimo posto. Quest'anno sono stati calcolati anche alcuni HDI separati, piu' sensibili verso disparita' di sesso, distribuzione del reddito, progresso nel tempo e misura della liberta' umana. L'HDI mostra che il reddito non si traduce automaticamente in sviluppo umano. Molti paesi hanno un posto nella classifica dell'HDI piu' basso del corrispondente per reddito pro capite, a dimostrare la considerevole possibilita' di un miglioramento del loro sviluppo umano se il loro reddito nazionale fosse speso piu' saggiamente.

Quando l'HDI viene aggiustato secondo le disparita' di sesso, molti paesi perdono quota nella classifica. Il Giappone, ad esempio, passa dal 1 al 17mo posto e la Finlandia dal dodicesimo al primo. Quando poi l'indice viene corretto sulla base della distribuzione del reddito, varie nazioni - tra cui il Brasile, il Nepal e la Costa d'Avorio, crollano verticalmente per colpa della pessima distribuzione. I diversi perfezionamenti dell'HDI lo rendono quindi una misura piu' affidabile del progresso socio-economico.

Nel rapporto di quest'anno e' stato inserito per la prima volta un indice della liberta' umana, nella convinzione che lo sviluppo umano sia incompleto senza liberta'. L'indice si basa su 40 indicatori di liberta', tutti ricavati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite e da altri trattati e convenzioni internazionali. Questi indicatori comprendono elezioni multipartitiche, liberta' di stampa, norme di legge, diritto di viaggio e riunione, pari opportunita' tra sessi e razze, ed altre liberta' democratiche tipiche di una societa' civile. La Svezia e' al vertice della classifica dell'indice di liberta' umana, e l'Iraq all'ultima posizione.

La puntigliosa classificazione delle 88 nazioni per cui sono stati messi insieme gli indicatori dell'indice di liberta' puo' suscitare polemiche, anche se gli autori affermano chiaramente che la classificazione e' stata tentata per migliorare la comprensione della dimensione umana nelle varie societa, riconoscendo che "la liberta' e' difficile da quantificare o calcolare". Nessuno puo' negare, pero', il legame scontato tra liberta' e sviluppo umano. "La stima dei livelli di sviluppo umano in qualsiasi paese risulta incompleta senza guardare alla situazione dei diritti umani," dichiara il dottor Mahbub ul Haq, l'artefice principale del Rapporto, aggiungendo che il confronto tra i due indici dimostra che alti livelli di sviluppo umano tendono ad essere raggiunti all'interno di un quadro con alti livelli di liberta'.

Il Rapporto afferma che uno sviluppo umano significativo nel corso degli anni Novanta e' attuabile se, al centro di qualsiasi problematica nazionale o mondiale, vengono messe le persone, suggerendo un accordo globale per lo sviluppo umano, costruito attorno a cinque componenti:

(I) Ciascuna nazione dovrebbe adottare degli obiettivi umani realistici da raggiungere entro il 2000, tra cui la scolarizzazione primaria universale, l'assistenza sanitaria di base, la pianificazione demografica, la distribuzione di acqua sicura a tutti e l'eliminazione della grave malnutrizione e della miseria profonda.

(II) I paesi in via di sviluppo dovrebbero determinare i costi di questi obiettivi, inserendoli nei loro piani di sviluppo e nei bilanci di investimento, e formulando una strategia fattibile di crescita e risorse per la loro attuazione.

(III) La maggior parte dei costi aggiuntivi dovrebbero essere sostenuti effettuando dei tagli nelle spese militari. Un taglio del 3% annuo nei paesi industrializzati libererebbe 25 miliardi di dollari all'anno. Un semplice congelamento della spesa militare nei paesi in via di sviluppo farebbe risparmiare un aumento potenziale di oltre 10 miliardi all'anno.

(IV) I donatori dovrebbero rivedere le priorita' degli aiuti e impegnarsi ad appoggiare lo sviluppo umano.

(V) Deve essere creato un quadro internazionale favorevole, che comprenda una risoluzione della crisi debitoria internazionale, il ripristino di un adeguato movimento di capitale in termini accettabili per le nazioni in via di sviluppo, e un deciso movimento verso un regime mondiale di scambi molto piu' aperto.

Il Rapporto si chiude con un messaggio finale di speranza. "Se saremo capaci di mobilitare per l'azione la base politica, a livello nazionale e mondiale, il futuro dello sviluppo umano e' assicurato".

UN PICCOLO AIUTO ESTERO PER I PROBLEMI UMANI PIU' URGENTI

Il punto importante non e' solo la quantita' degli aiuti internazionali a un paese, ma anche la loro destinazione. Buona parte degli aiuti, secondo il Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991 dell'UNDP, non va dove dovrebbe.

"Se anche un solo terzo degli aiuti di oggi venisse impegnato in aree di capitale importanza umana," afferma il Rapporto, "i finanziamenti in queste aree si quadruplicherebbero". Allo stato attuale, solo 1/12 del totale dell'assistenza ufficiale allo sviluppo (Official Development Assistance-ODA) viene investita in obiettivi umani fondamentali. Secondo il rapporto, questo dimostra che "i donatori sono in grado di mobilizzare maggiori risorse per lo sviluppo umano ristrutturando l'ordine di priorita' degli aiuti".

I paesi donatori devolvono all'assistenza all'estero una media di soli 3/10 dell'1% del loro PNL, meno della meta' dello 0.7% concordato dalla comunita' internazionale. Di questa cifra, meno di un quarto va alle spese sociali e circa un terzo ai problemi umani piu' importanti, nei settori della scolarizzazione primaria, dell'assistenza sanitaria di base, dell'approvvigionamento di acqua nelle zone rurali, della pianificazione demografica e di altre urgenti necessita' sociali. Il risultato e' l' "esile cifra" di 3/100 dell'1% del PNL (per essere precisi, lo 0,026%) che viene investito in media in aiuti a problemi umani fondamentali.

Questo "quoziente di spesa in aiuti alle persone", la parte del PNL impiegata in aiuti internazionali per obiettivi cruciali di sviluppo umano, varia enormemente da una nazione donatrice all'altra. I paesi nordici, ad esempio, devolvono allo sviluppo umano una percentuale del loro PNL otto volte maggiore degli Stati Uniti.

Il modo con cui vengono spesi i soldi degli aiuti puo' comportare enormi differenze nel Terzo Mondo. Per molti paesi, specialmente in Africa, gli aiuti costituiscono una porzione talmente alta dei loro bilanci di sviluppo che le priorita' degli aiuti diventano inevitabilmente priorita' di sviluppo. Nel Burundi, nel Ciad e in Uganda, gli aiuti forniscono circa la meta' della spesa totale in salute ed educazione; in Somalia ed Etiopia ne forniscono oltre un terzo.

Se i fondi degli aiuti non vengono investiti direttamente nello sviluppo umano, e' difficile che ci arrivino per conto proprio. I ministeri delle Finanze dei paesi che ricevono gli aiuti sono "nella migliore delle ipotesi, riluttanti a intraprendere spese sociali, dato che esse offrono uno scarso ritorno economico immediato e comportano spese ricorrenti nella lunga scadenza," secondo quanto afferma lo stesso Dottor Mahbub Ul Haq, che e' stato un ministro finanziario del Pakistan prima di diventare l'artefice del Rapporto. E' difficile che questi ministri vengano incoraggiati in questo senso se i donatori stessi non hanno voglia di finanziare spese sociali ricorrenti, e preferiscono finanziare "schemi a capitale intensivo che, guarda caso, hanno bisogno di macchinari e assistenza tecnica provenienti dalle nazioni donatrici," come aggiunge ancora il Dottor Haq.

Secondo il Rapporto, tra tutte le categorie di aiuti allo sviluppo, l'assistenza tecnica e' quella che ha maggior urgenza di essere riformata. In essa sono coinvolte enormi quantita' di denaro, specialmente nella zona del mondo che ha i maggiori bisogni, l'Africa. L'Africa riceve ogni anno 6 miliardi di dollari in assistenza tecnica. Questo genere di aiuto dovrebbe servire a migliorare la capacita' di un paese ad aiutare se stesso attraverso investimenti nel suo popolo e nelle sue istituzioni pubbliche e private. In realta' spesso si spende troppo per gli esperti stranieri e troppo poco nella costruzione di istituzioni locali e consulenti nazionali. A dispetto di tutto il denaro che e' stato speso, l'Africa ha ancora alcuni dei livelli di sviluppo umano piu' bassi del mondo.

Il Rapporto avanza diverse proposte concrete per collegare gli aiuti allo sviluppo umano:

I donatori dovrebbero basare i loro finanziamenti non solo su reddito, popolazione e poverta', ma anche sul progresso nello sviluppo umano, calcolato secondo l'Indice di Sviluppo Umano.

Se un paese destinatario degli aiuti sceglie di spendere piu' per l'esercito che per la scolarizzazione e la salute del suo popolo, i fondi dovrebbero essergli tagliati.

Donatori e destinatari dovrebbero concordare una percentuale rispettabile del PNL (perlomeno dal 5 al 7%) da destinare ai settori sociali.

Ciascun donatore dovrebbe destinare almeno il 20% degli aiuti ai settori sociali, e, all'interno di questi, almeno il 40% ad aree umane fondamentali.

I donatori dovrebbero essere pronti a fornire assistenza non progettuale per l'adattamento delle persone in maniera da aiutare i paesi a intraprendere riforme strutturali di base in settori come la proprieta' terriera, la distribuzione del reddito, un accesso equo al sistema creditizio, e i modelli partecipativi di sviluppo.

Ma il rapporto avverte anche che "le societa' ricche devono essere a fare di piu' per i poveri del mondo se stanno facendo abbastanza per i loro stessi poveri." Il Rapporto raccomanda l'istituzione di comitati per lo sviluppo umano in tutte le nazioni, con esponenti parlamentari come nucleo centrale e importanti leader d'opinione come membri. "Questi comitati dovrebbero farsi carico della causa dello sviluppo umano nelle loro societa' e in tutto il mondo, ed aiutare a cambiare le politiche delle relazioni internazionali, compresi il commercio e gli aiuti."

STRATEGIE DI SVILUPPO UMANO DIFFERENTI PER REGIONI DIFFERENTI

Ahmed, nato lo scorso lunedi' nella Sierra Leone, puo' aspettarsi di vivere fino a 42 anni. Come molti bambini africani, ha meno del 50% di possibilita' di andare a scuola. Maria, nata nello stesso momento in Costa Rica, molto probabilmente vivra' fino a 75 anni e avra' il 90% di possibilita' di andare a scuola.

I destini di Ahmed e Maria sono solo l'esempio delle enormi differenze esistenti tra le varie parti del mondo che sono mostrate nel Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991, pubblicato dalla Oxford University Press per l'UNDP (United Nations Development Programme, Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo).

Il Rapporto plaude ai rilevanti passi avanti fatti negli ultimi tre decenni nello sviluppo umano, ma indica le necessita' urgenti che restano ancora in piedi. Queste necessita' variano da regione a regione, a seconda del livello di progresso raggiunto e della gravita' dei problemi da superare.

L'Africa sub-sahariana ha il compito piu' difficile. In Africa ci sono ancora 108 morti per ogni mille nati vivi, a confronto dei 61 del Sud Est asiatico e dei 52 dell'America Latina. Oltre la meta' dei circa 450 milioni di abitanti dell'Africa non hanno accesso a servizi sanitari pubblici e circa i due terzi mancano di riserve di acqua da bere sicura. Tra il 1979 e il 1989 il numero di disoccupati africani si e' quadruplicato fino a raggiungere i 100 milioni. L'Africa e' stata colpita da una durissima fuga di cervelli che mina le basi stesse dello sviluppo futuro: nel Ghana, per fare un esempio, per ogni dottore che esercita in patria che ne sono quattro che stanno all'estero.

I problemi dell'Africa sono una combinazione di scarso rendimento economico, violenza politica, guerre, conflitti civili e rapida crescita demografica.

L'Africa, pero', possiede il potenziale per creare un futuro molto piu' prospero. Questo richiedera' investimenti massicci nello sviluppo umano, compresi educazione primaria, assistenza sanitaria di base, alimentazione, acqua, igiene e abitazioni. Il successo, inoltre, dovra' passare attraverso una ristrutturazione fondamentale delle politiche economiche.

All'altro estremo dello spettro del Terzo Mondo ci sono le nazioni latino-americane e caraibiche, che hanno raggiunto livelli notevoli di sviluppo umano. Le Isole Barbados, il Costa Rica e Cuba hanno una vita media piu' alta di alcuni paesi industrializzati.

Anche in questi casi, pero', osserva il Rapporto, lo sviluppo umano e' stato rallentato dalla crisi debitoria, dagli alti tassi di interesse, dalle barriere commerciali con l'estero e dai bassi corsi commerciali che hanno caratterizzato buona parte degli anni Ottanta. La produzione pro capite e' crollata, insieme agli standard di vita, e in molte nazioni i tassi di malnutrizione e mortalita' infantili sono in aumento.

L'America Latina deve aumentare ancora gli standard dei servizi di assistenza sanitaria ed estenderli alla maggioranza della popolazione. Se l'Africa deve impegnarsi soprattutto sull'educazione primaria, l'America Latina deve concentrarsi su quella secondaria e universitaria (in particolare nella preparazione di scienziati e tecnici) in maniera da rafforzare la propria competitivita' nell'economia mondiale.

A meta' tra Africa e America Latina c'e' l'Asia. In questa parte del mondo il progresso e' stato irregolare. Da un lato, i paesi dell'Est e Sud-est asiatico possono confrontarsi molto favorevolmente con quelli industrializzati rispetto allo sviluppo umano, grazie ai rapidi progressi compiuti per quanto riguarda salute, scolarizzazione e crescita economica. Per fare un esempio, Hong Kong ha la stessa speranza di vita (77 anni) del Canada, che e' la nazione al secondo posto della classifica dell'indice generale di sviluppo umano.

D'altro canto, pero', il Sud dell'Asia e' una delle regioni piu' povere del mondo. Il suo tasso di alfabetizzazione (42%) e' il piu' basso di tutte le regioni e quasi tutte le nazioni dell'area ricadono all'interno della categoria dello sviluppo umano "basso". La disuguaglianza (tra ricchi e poveri, maschi e femmine, zone e gruppi etnici diversi) e' dilagante. Nel Sud dell'Asia il progresso economico, vitale per lo sviluppo umano, e' andato rallentando, in parte a causa di un aumento demografico valutato al 2.3% tra il 1960 e il 1990. Il PNL pro capite, inoltre, resta basso, particolarmente nel Bangladesh ($170) e in Nepal ($180).

Ne consegue dunque che nell'Asia del sud, come in Africa, e' necessario impegnarsi a fondo nella scolarizzazione e nell'assistenza sanitaria primarie, mentre la situazione dell'Asia dell'est richiede una maggiore concentrazione sull'educazione secondaria e la preparazione tecnologica. L'Asia orientale, inoltre, deve correggere alcuni problemi fondamentali di disparita' tra uomini e donne, specie per quanto riguarda l'accesso alla scuola. Il suo tasso di alfabetizzazione femminile a' ancora soltanto del 75% di quello maschile, percentuale che non e' cambiata da 20 anni a questa parte.

Gli Stati arabi mostrano un contrasto stridente tra livelli di PNL pro capite e livelli di sviluppo umano. Negli ultimi trent'anni i paesi arabi hanno avuto uno degli incrementi di reddito pro capite piu' alti del mondo, in gran parte grazie all'esportazione di greggio. Anche i progressi nello sviluppo umano sono stati notevoli: tra il 1960 e il 1988 la durata media della vita e' cresciuta da 47 a 62 anni e il tasso di alfabetizzazione e' passato, tra il 1970 e il 1985, dal 34 al 53%. L'accesso ai servizi sanitari e' il piu' alto del Terzo Mondo e quello a riserve di acqua sicura e' secondo solo all'America Latina.

Nonostante questi notevoli progressi, in molti Stati arabi esiste ancora una larga discrepanza tra reddito e livello di sviluppo umano, con ampi margini per un miglioramento. Il reddito pro capite dell'Arabia Saudita e' 15 volte quello dello Sri Lanka, ma il suo tasso di alfabetizzazione e' del 58%, a fronte dell'87% in Sri Lanka. Nel mondo arabo circa 40 milioni di persone vivono ancora al sotto della soglia di poverta', e 60 milioni di adulti sono analfabeti. Negli Stati arabi le potenzialita' femminili sono ancora largamente ignorata: il tasso di alfabetizzazione delle donne e' circa la meta' di quello maschile e solo il 15% della forza lavoro ufficiale e' femminile.

La sfida principale per i paesi arabi sta nel dedicare una parte maggiore delle loro ricchezze a investimenti nella popolazione, in particolare in scolarizzazione e scienza e tecnologia, e nel porre piu' attenzione alla creazione di maggiori opportunita' economiche e sociali per le donne.

Uno sguardo di insieme alla situazione dello sviluppo umano nelle diverse regioni del Terzo Mondo, sia pur rapido, mostra comunque che i problemi cruciali variano parecchio da regione a regione. Il dottor Mahbub ul Haq, autore principale del Rapporto e consigliere speciale dell'amministratore dell'UNDP, afferma: "Cercare una strategia di sviluppo umano uniforme per tutte le zone e' inappropriato quanto suonare tutte le parti dell'orchestra con lo stesso strumento. E' necessaria un'estrema abilita' nel ritagliare le strategie differenti per le differenti circostanze di ciascuna regione e nazione."

L'INDIGENZA NELLE SOCIETA' RICCHE

L'alto reddito non costituisce una garanzia contro la miseria umana, secondo quanto afferma il Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991. Naturalmente, molte societa' ricche non devono affrontare gli stessi problemi dei paesi poveri in via di sviluppo. La durata media della vita si aggira in media oltre i 70 anni, quasi tutti hanno a disposizione acqua pulita e assistenza sanitaria di base e nessuno muore di fame.

Eppure, nonostante la disponibilita' di servizi sociali fondamentali, nelle societa' ricche c'e' una considerevole indigenza, anche se questa assume forme differente. Il tessuto sociale, in particolare, continua ad indebolirsi. Per ogni 100.000 abitanti, in Canada ci sono 308 delitti di droga; negli Stati Uniti ci sono 114 stupri denunciati ufficialmente; in Ungheria ci sono 46 suicidi, e in Unione Sovietica 6 omicidi. La struttura familiare sta cambiando velocemente, spesso con conseguenze di alienazione e disagio individuale. La Finlandia, ad esempio, ha la percentuale piu' alta di famiglie monoparentali (10%); la Svezia, il tasso piu' alto di nascite illegittime (42%); e gli Stati Uniti il piu' alto tasso di divorzi (8%) dei paesi industrializzati.

Paradossalmente, alcuni dei problemi umani di queste societa' sono una conseguenza diretta della loro ricchezza economica. Un abitante del Nord consuma in media il triplo di risorse energetiche di uno del Sud. Il Nord, quindi, produce circa la meta' dei 6 miliardi di gas dell'effetto serra emessi ogni anno, anche se ha solo un quinto della popolazione mondiale. La qualita' della vita di molti paesi industrializzati e' crescentemente minacciata dai loro stessi modelli di consumo. La buona notizia e' quali ogni famiglia del Nord possiede una macchina; la notizia cattiva e' che ogni 100.000 persone 433 restano gravemente ferite ogni anno in incidenti stradali. La stessa ricchezza porta anche ad una spesa annuale di oltre 100 miliardi di dollari in narcotici, provocando gravi traumi sociali e individuali.

inoltre, la ricchezza delle societa' industrializzate coesiste con una miseria rilevante. Nei paesi occidentali industrializzati ci sono ancora 100 milioni di persone circa che vivono al di sotto della soglia ufficiale di poverta', e questo numero lievita fino a 200 milioni se si includono l'Unione Sovietica e l'Est europeo. Negli Stati Uniti oltre il 13% della popolazione ha un reddito annuale inferiore alla soglia ufficiale di poverta'. Di questi poveri, il 40% hanno meno di 18 anni e il 31% sono neri.

Questi livelli di poverta' in mezzo alla ricchezza portano con se' un pesante costo umano. Nel 1989 in Inghilterra 400.000 persone erano registrate ufficialmente come senzacasa, quasi meta' delle quali bambini. Negli Stati Uniti i maschi neri poveri del quartiere di Harlem, a New York, vivono in media fino a 46 anni, meno della media di speranza di vita del Bangladesh. Oltre a questi problemi, il Rapporto rileva anche la piaga delle malattie mentali nelle societa' ricche: "e' dal 1820 che non si registra negli Stati Uniti un tasso cosi' alto di persone che soffrono malattie mentali, vivono abbandonate in rifugi pubblici, nelle strade o in prigione".

Le societa' industrializzate possiedono gia' le risorse sufficienti ad affrontare questi problemi. Il Rapporto fornisce anche una stima di un dividendo potenziale di pace di 2 trilioni di dollari che si otterrebbe se, nel corso degli anni Novanta, i paesi industrializzati mettessero davvero in pratica i tagli alle spese militari gia' annunciati. Il Rapporto suggerisce che le nazioni industrializzate investano una quota rilevante di questo dividendo di pace per la loro poverta' oltre che per quella del resto del mondo. Il dottor Mahbub ul Haq, principale redattore del Rapporto e consigliere speciale dell'amministratore, avverte: "Se i politici delle nazioni ricche non mettono all'ordine del giorno dei loro programmi i problemi umani di casa loro, sara' difficile convincerli a mostrare compassione per i poveri di paesi lontani. L'impegno per lo sviluppo umano deve iniziare a casa propria."

LE RISORSE PER LO SVILUPPO UMANO POSSONO ESSERE TROVATE

Secondo il Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991 una semplice modifica dei modelli governativi di spesa permetterebbe di trovare nei paesi in via di sviluppo fino a 50 miliardi di dollari all'anno da utilizzare per urgenti problemi umani. Il Rapporto afferma che buona parte di questa somma potrebbe arrivare dal congelamento della spesa militare, che oggi assorbe il 5.5% del PNL del Terzo Mondo. In Angola, Ciad, Pakistan, Peru, Siria, Uganda e Zaire, ad esempio, il bilancio militare e' perlomeno doppio di quello per la salute e l'educazione.

"Ci sono anche troppi esempi di risorse e opportunita' sprecate: la crescita delle spese militari, l'inefficienza delle imprese pubbliche, numerosi progetto di facciata, l'aumento della fuga di capitali e l'estendersi della corruzione," afferma William H. Draper III, l'amministratore dell'UNDP, aggiungendo che "molti bilanci hanno sufficiente spazio per ulteriori spese per lo sviluppo umano se vengono riordinate le priorita'".

I fondi per lo sviluppo umano posso essere trovati in specifici settori:

- bloccando la fuga di capitali (tra il 1962 e il 1986 la fuga di capitali dalle Filippine era pari all'80% dei debiti insoluti)

- combattendo la corruzione (nel Pakistan il guadagno privato illegittimo proveniente da una posizione pubblica e' stimato ufficiosamente al 4% del Prodotto Nazionale Lordo)

- riformando le imprese pubbliche (le perdite delle pubbliche imprese del Camerun, ad esempio, superano l'entrata totale governativa del petrolio)

- ristrutturando i pagamenti dei debiti (il pagamento dei debiti prende una larga fetta dei bilanci governativi. La Giordania impegna il 39% del suo bilancio per ripagare debiti esteri e il 18% per i servizi sociali. Oggi il debito interno supera quello estero in molti paesi, tra cui l'India, il Pakistan, la Malesia, Singapore e le Filippine.

Il Rapporto e' pubblicato dalla Oxford University Press ed e' stato preparato da un gruppo di eminenti economisti guidati da Mahbub ul Haq, ex Ministro delle Finanze e della Pianificazione del Pakistan e ora Consigliere Speciale dell'Amministratore dell'UNDP.

Esso indica quattro quozienti da utilizzare come "le principali guide a una politica della spesa pubblica". Essi sono: il quoziente della pubblica spesa, che e' la percentuale del reddito nazionale che va nella spesa pubblica; il quoziente di finanziamento sociale, e cioe' la percentuale di spesa pubblica destinata ai servizi sociali; il quoziente di priorita' sociale, la percentuale di spesa sociale destinata a problemi umani fondamentali; e il quoziente di spesa umana, la percentuale di reddito nazionale investita in problemi umani fondamentali, ottenuta dalla moltiplicazione dei primi tre fattori.

Questi fattori possono dirla lunga sulle priorita' di un paese. L'Argentina, ad esempio, spende in bilanci governativi il 41% del suo PNL, ma il suo quoziente di spesa umana e' solo del 2.3%. E' piuttosto evidente che in Argentina e' possibile ridurre la spesa pubblica generale, liberare piu' risorse per investimenti privati e crescita economica e aumentare comunque in maniera sostanziale i finanziamenti per i problemi umani piu' importanti.

Il Rapporto indica diverse conclusioni importanti:

- se un paese desidera operare correttamente per lo sviluppo umano il suo quoziente di spesa umana dovrebbe essere almeno del 5%

- una scelta efficace per ottenere questo risultato e' di mantenere moderato il quoziente della spesa pubblica (intorno al 25%), destinarne buona parte ai settori sociali (oltre il 40%) e concentrarsi sulle aree sociali piu' importanti (dando oltre il 50%).

- la spesa pubblica non ha bisogno di essere estesa se la crescita del PNL e' alta o piuttosto equilibrata (o se il settore privato e le organizzazioni non governative sono particolarmente attive nella spesa sociale.

- il caso peggiore e' quello di una spesa pubblica alta con basse priorita' sociali. Se una quota dal 25 al 35% del reddito nazionale viene incanalata attraverso il bilancio governativo eppure meno del 2% del PNL viene impegnato per i problemi umani piu' importanti (come accade in Brasile, Thailandia e Sierra Leone), abbiamo il peggiore dei mondi possibili. Il settore pubblico e' colossale eppure la maggioranza della popolazione non ne trae profitto.

- molti paesi possono utilizzare in maniera piu' efficiente le risorse gia' esistenti: adottando approcci allo sviluppo piu' decentrati e partecipativi, seguendo economie prudenti e riducendo i costi unitari, tassando molti utenti per i benefici che ricevono e incoraggiando l'iniziativa privata sia nel finanziamento che nell'erogazione di servizi sociali.

Secondo il dottor Haq, "il rapporto dimostra in maniera conclusiva che nella maggioranza dei bilanci nazionali non c'e' poverta' di risorse se c'e' la volonta' politica di riordinare le priorita' esistenti." Il Rapporto riconosce con franchezza che l'attuale distribuzione delle risorse spesso e' appoggiata da gruppi sociali potenti, come i militari, i proprietari terrieri, le élite urbane e le burocrazie corrotte. Per superare interessi cosi' consolidati e' necessaria una strategia politica molto energica.

Il Rapporto sottolinea inoltre che "la richiesta di maggiore efficienza non deve essere confusa con l'indifferenza verso la crescita economica o la mobilitazione di ulteriori risorse", e conclude che "l'argomento migliore per mobilitare nuove risorse e' un corretto impiego di quelle gia' esistenti".

L'INDICE DI LIBERTA' UMANA VEDE LA SVEZIA AL PRIMO POSTO E L'IRAQ ALL'ULTIMO

Dato che i cittadini della Svezia e delle Danimarca godono di 38 delle 40 liberta' elencate nell'indice di liberta' umana, queste due nazioni sono ritenute come le piu' libere. Dato che i cittadini dell'Iraq non godono di nessuna di queste liberta', questa nazione e' in fondo alla lista. Una classificazione di 88 nazioni sulla base di indicatori di democrazia puo' suscitare polemiche, ma e' considerata assolutamente essenziale per il Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991, pubblicato per l'United Nations Development Programme.

"Anche se e' difficile quantificare o misurare la liberta'," afferma William H. Draper III, Amministratore dell'UNDP, nella sua introduzione al Rapporto, "nessuna misura dello sviluppo umano puo' dirsi completa senza la sua inclusione." La liberta' promuove lo scopo principale dello sviluppo umano, dice Draper, che e' di "sviluppare e utilizzare tutte le capacita' dell'uomo".

Per effettuare una misura della liberta' umana gli autori del Rapporto si sono trovati di fronte a un compito non indifferente. Hanno evitato accuratamente di affidarsi a misure semplicistiche e unidimensionali o a giudizi impressionisti, scegliendo invece come punto di partenza 40 indicatori di liberta' raccolti nella Guida Mondiale ai Diritti dell'Uomo (1985) di Charles Humana. Questi indicatori comprendono elezioni multipartitiche, liberta' di stampa, norme di legge, diritto di viaggio e riunione, pari opportunita' tra sessi e razze, ed altre liberta' democratiche tipiche di una societa' civile.

La virtu' principale di questi indicatori e' che sono stati tutti ricavati da una dettagliata codificazione gia' sancita dalla comunita' internazionale nella forma della Dichiarazione Internazionale dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite, dalle Convenzioni Internazionali sui Diritti Civili e Politici e sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, e da vari trattati internazionali.

L'indice di liberta' umana e' costruito grazie ad un'analisi dettagliata di quali liberta' siano osservate da una nazione e quali violate. La classificazione dei paesi e' avvenuta assegnando un "punto" per ciascuna liberta' tutelata e uno "zero" per ciascuna violazione (vedi tabella HFI). Gli autori ritengono che qualsiasi tentativo di soppesare le varie liberta' o di graduare l'estensione di ciascuna violazione avrebbe introdotto un elemento non necessario di giudizio soggettivo.

Tra i 29 paesi industrializzati dell'indice, 17 sono nelle posizione superiori della classifica, 5 nelle medie, e 7 (nell'ex blocco socialista) in posizioni piuttosto basse. Tra i paesi in via di sviluppo, la Costa Rica e' quella che e' risultata godere del grado di liberta' superiore; gli altri 58 paesi del Terzo Mondo inclusi nell'indice sono quasi ugualmente ripartiti tra posizioni medie e basse, con la Romania, la Libia e l'Iraq agli ultimi posti della tabella.

L'indice di liberta' umana si basa su dati del 1985. Da allora 18 paesi si sono spostati verso livelli maggiori di liberta' e democrazia tenendo elezioni multipartitiche. Il Rapporto commenta che "nel complesso, il mondo di oggi e' molto piu' libero di quello di cinque anni fa". Quattordici dei paesi che garantiscono maggiori liberta' - Bulgaria, Cecoslovacchia, Repubblica Democratica Tedesca, Ungheria, Polonia, Romania, Unione Sovietica, Algeria, Bangladesh, Cile, Haiti, Pakistan, Paraguay e Filippine - nel 1985 erano tra i paesi nelle posizioni piu' basse, con 10 o meno liberta' garantite. In un indice aggiornato risulterebbo in posizioni superiori. Il rapporto sottolinea la necessita' di questo aggiornamento e indica che sono necessari molti futuri perfezionamenti dell'indice di liberta'.

Il Rapporto chiarisce che l'elevata correlazione tra sviluppo umano e liberta'umana e' dovuta al fatto che "la liberta' svincola le capacita' creative delle persone di generare opportunita' economiche per se stesse e la loro societa'". Nessuno dei paesi nelle posizioni piu' alte della classifica di liberta' umana ha un basso livello di sviluppo umano. D'altro canto, invece, su 31 paesi in via di sviluppo classificati in basso nell'indice di liberta' umana, 17 hanno un basso livello di sviluppo umano, 11 medio e solo 3 uno sviluppo umano alto, il Cile, il Kuwait e la Malesia. In tutti e tre questi paesi, che hanno goduto di circostanze eccezionali, un elettorato piu' colto sta gia' chiedendo e preparando molti cambiamenti democratici.

Nonostante l'ovvio legame tra liberta' e sviluppo umano, gli autori hanno deciso di non unire i due indici in uno unico. Da un lato, infatti, la liberta' e' un fatto che puo' modificarsi alle successive elezioni o colpo di stato, mentre l'indice dello sviluppo umano si basa su indicatori relativamente stabili - speranza di vita, scolarizzazione e potere d'acquisto di base. D'altro lato, non ci sono dati aggiornati relativi alle liberta' per tutti e 160 i paesi coperti dall'HDI: attualmente i soli dati disponibili risalgono al 1985 e riguardano solo 88 nazioni.

Comunque, secondo quanto afferma il dottor Mahbub ul Haq, principale artefice del Rapporto e consigliere speciale dell'amministratore dell'UNDP. "la valutazione dei livelli di sviluppo umano in una nazione e' incompleta senza uno sguardo alla situazione dei diritti umani. Dove preferireste vivere, in Costa Rica o in Bulgaria, tenuto conto che hanno livelli di sviluppo umano quasi identici?"

Il Rapporto si mostra fiducioso nei cambiamenti democratici che stanno avvenendo in varie parti del mondo, e prevede che essi saranno la strada migliore per ottenere dati sui diritti umani. "La democrazia favorisce la trasparenza, incoraggia la chiarezza e la norma della legge, permette che le violazioni vengano denunciate e quindi migliora la raccolta dei dati," afferma il Rapporto. Un'indice di liberta' umana obiettivo ed affidabile puo' diventare di per se stesso uno strumento fondamentale per la liberta', e quindi per lo sviluppo umano.

L'INDICE DI SVILUPPO UMANO CLASSIFICA LE NAZIONI IN MANIERA DIVERSA DAL PNL

Esiste un legame automatico tra il livello di reddito di una nazione e il suo livello di sviluppo umano? Le nazioni piu' ricche hanno anche invariabilmente anche livelli piu' alti di scolarizzazione e assistenza sanitaria? Non necessariamente, conclude il Rapporto sullo Sviluppo Umano 1991, pubblicato per l'UNDP (United Nations Development Programme, Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo). Tutto dipende da quanto correttamente una societa' impiega il suo reddito.

"Il mondo offre anche troppo spiacevoli esempi di un'ampia discrasia tra reddito e sviluppo umano," afferma il Rapporto, facendo il confronto in vari paesi. In Arabia Saudita, ad esempio, l'alfabetizzazione degli adulti e' inferiore a quella dello Sri Lanka nonostante che il reddito pro capite sia 15 volte piu' alto. Il Brasile ha un reddito pro capite doppio della Giamaica, ma un tasso di mortalita' infantile quadruplo. Gli Stati Uniti sono piu' ricchi del Canada, eppure la durata media della vita e la scolarizzazione sono inferiori.

Il Rapporto dell'anno scorso ha introdotto un nuovo Indice dello Sviluppo Umano (HDI), quale misurazione statistica del progresso socio-economico piu' realistica del semplice Prodotto Nazionale Lordo (PNL) pro capite. L'HDI calcola tre indicatori base di benessere: la durata della vita media, l'alfabetizzazione degli adulti e il potere d'acquisto di base per uno standard di vita decoroso. La classificazione delle nazioni secondo l'HDI spesso differisce da quella secondo il PNL, dimostrando ancora una volta che il reddito e' solo una delle opzioni dell'uomo, e non la somma totale dell'esistenza umana. Per fare un esempio, ci sono 26 nazioni il cui HDI e' inferiore di 20 o piu' posizioni a quello del reddito pro capite, il che prova che queste nazioni possiedono considerevoli capacita' di migliorare i propri livelli di sviluppo umano utilizzando piu' saggiamente il loro reddito nazionale.

Il Rapporto sullo Sviluppo Umano di quest'anno aggiunge vari perfezionamenti al concetto originario di HDI:

- Indicatori migliori: il grado di educazione e' calcolato in maniera piu' ampia, utilizzando gli anni di frequenza scolastica oltre all'alfabetizzazione degli adulti. Inoltre il reddito inferiore alla soglia di poverta' adesso e' misurata secondo una scala progressiva discendente invece che allo zero fisso.

La classificazione dell'HDI modificato ha, tra i paesi industrializzati, il Giappone al primo posto e la Romania all'ultimo; tra quelli in via di sviluppo, le Barbados in testa e la Sierra Leone alla fine.

- Disuguaglianze sessuali: per 30 nazioni che disponevano di informazioni sufficienti sono stati preparati HDI separati per sessi. Essi mostrano che le disuguaglianze sessuali sono ampie in molti paesi in via di sviluppo. In Kenia l'HDI femminile e' solo la meta' di quello maschile. Nei paesi industrializzati le disparita' sessuali si sono ridotte (specialmente per l'educazione primaria), ma sono ancora molto forti rispetto all'educazione superiore, la partecipazione alla forza lavoro e i livelli salariali. In Giappone la percentuale di reddito nazionale guadagnata dalle donne e' il 26% di quella degli uomini. L'HDI corretto secondo le disparita' tra i sessi fa crollare il Giappone dal primo posto della classifica dei 30 paesi industrializzati fino al 17mo, mentre la Finlandia passa dal dodicesimo al primo posto.

- Distribuzione del reddito: per i paesi con grossi divari tra ricchi e poveri le medie nazionali sono fuorvianti. Sono state preparate stime di HDI sensibili alla distribuzione del reddito per 53 nazioni: esse indicano che il valore dei risultati di sviluppo umano raggiunti diminuisce enormemente se questi sono divisi in modo non equo. Gli HDI di molti paesi, tra cui il Nepal, il Brasile e la Costa d'Avorio, crolla di oltre il 10% quando viene corretto secondo la distribuzione del reddito.

- Progresso umano: un tentativo di calcolare i cambiamenti nel tempo dello sviluppo umano (dal 1970 al 1985) mostra che molti dei paesi meno progrediti dell'Africa hanno fatto buoni progressi nel periodo in esame, anche quando l'aumento del PNL pro capite e' stato basso o negativo.

- Liberta' umana: e' stato presentato un indice della liberta' umana basato su 40 indicatori di liberta' per 88 paesi. Anche se sono necessarie ancora molte ricerche, si puo' trarre una prima conclusione: la tendenza e' di avere alti livelli di sviluppo umano nell'ambito di una situazione di alti livelli di liberta'.

L'Indice dello Sviluppo Umano come misura utile del progresso socio-economico sta gia' ottenendo ampi riconoscimenti. Comunque, il dottor Mahbub ul Haq, artefice principale del Rapporto, avverte che "saranno necessari ancora molti perfezionamenti prima che l'HDI possa essere usato con piena fiducia per interpretare la realta' e prendere decisioni politiche cruciali."

 
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