SOMMARIO: La individuazione del percorso politico possibile per la "Costituente democratica". La riforma del sistema elettorale in senso uninominale rappresenta il punto d'incontro fra le diverse forze che puntano alla riforma della politica.
(Roma, Hotel Jolly, 20-21 aprile 1991)
Costituente democratica. Abbiamo voluto riprendere esplicitamente un tema, un obiettivo politico che è ricorso due volte - ad opera di soggetti diversi - negli ultimi due anni. A questa espressione hanno fatto ricorso repubblicani, liberali e quei radicali e quegli indipendenti che per una brevissima stagione si sono ritrovati nella cosiddetta federazione laica o liberaldemocratica il cui scopo era appunto quello di dar vita a una costituente democratica, alla costituzione - attraverso di essa, di un partito democratico. Alla stessa espressione è ricorso Achille Occhetto quando ha dovuto indicare uno sbocco alla svolta annunciata alla "Romanina" : il superamento dell'esperienza, del nome, del simbolo del vecchio PCI sarebbe dovuto avvenire nella loro confluenza in una più ampia "costituente democratica".
Con espressioni e proposte diverse ma con scopi analoghi anche da parte socialista sembrò coltivarsi la strada di una federazione di forze riformatrici (socialisti, radicali, socialdemocratici e ambientalisti) nel quadro di una più vasta alleanza con forze laiche e versi.
Tre iniziative diverse con le quali si è ugualmente tentato di mettere in moto processi di autoriforma dei partiti, di superamento della loro frammentazione, di uscita dai condizionamenti e dalle vischiosità del regime partitocratico, per dar vita in forma nuova a soggetti e parti politiche, nuove e più articolate, che fossero capaci di candidarsi ad una alternativa insieme di sistema e di governo.
Se riprendiamo oggi nel titolo stesso della nostra associazione il tema e l'obiettivo di una "costituente democratica" è perchè non intendiamo rassegnarci a queste sconfitte e a questi fallimenti. Siamo infatti assolutamente convinti che se uno solo di quei tentativi, invece di essere subito abbandonato da coloro stessi che lo avevano prospettato, fosse stato perseguito con coraggio e fino in fondo, il suo successo si sarebbe ripercosso positivamente anche sul resto dello schieramento politico, e avremmo oggi una risposta democratica alla crisi politica e istituzionale della Repubblica anzichè lo squallido conservatorismo di un esistente ormai indifendibile o il velleitarismo, la demagogia e di seconde repubbliche dai connotati avventuristici.
Nei prossimi mesi intendiamo affrontare un esperimento, che sappiamo assai difficile, ma che ci appare necessario; intendiamo cercare di delineare un percorso politico, di perseguire un progetto che oggi può apparire non solo arduo ma velleitario, fissandoci alla maniera radicale i tempi e gli obiettivi di un programma da realizzare.
Al primo punto di questo programma c'è un convegno a cui stiamo lavorando, come ARCOD, insieme a Forum dei democratici, alla Sinistra dei clubs, ad alcuni parlamentari della sinistra indipendente, alla sinistra liberale, al Movimento federativo democratico, che dovrebbe svolgersi entro il mese di maggio per delineare una piattaforma di aggregazione di quanti non intendono rinunciare all'obiettivo di una "Costituente democratica". Il convegno è la naturale prosecuzione del primo confronto che, su iniziativa di Marco Pannella, avemmo in una tavola rotonda del recente congresso "italiano" del P.R.
Questo primo appuntamento avrà due temi: Riforma delle istituzioni e Riforma dei partiti. Noi intendiamo arrivarci da una parte aprendo da subito un confronto fra le forze riformatrici interne ed esterne ai partiti, e fra i promotori dei referendum della scorsa primavera, sul nesso inscindibile fra riforma istituzionale e riforma elettorale; e dall'altra - traendolo dalla nostra esperienza teorica e pratica - intendiamo dare - sulla questione della forma partito, del modello di partito - il contributo di una proposta radicale di partito laico e non ideologico, democratico e libertario e non partitocratico e burocratico, federalista e non centralista.
Se, come speriamo, il convegno andrà in porto, esso si articolerà in due sessioni: riforma delle istituzioni, e forma partito. Noi siamo consapevoli di rivolgersi e di stare operando in questa fase in consonanza con gruppi e individui - con una piccola galassia di gruppi e individui - che hanno posizioni indipendenti o critiche nei confronti dei partiti senza avere la forza di metterli in crisi. Siamo anche consapevoli che, venendo da esperienze diverse, accanto ad alcuni elementi di convergenza, vi sono elementi di dissenso di divergenza. Non è tuttavia questo l'importante se laicamente sapremo trovare una volontà politica comune su alcuni obiettivi davvero significativi.
I rischi mi appaiono altri: da una parte c'è il rischio di ritirarsi, di aver paura, di rinunciare ad andare avanti per la difficoltà del compito, e per la sproporzione delle nostre energie; dall'altra c'è il rischio opposto, quello di credere che per il solo fatto di essere d'accordo su alcuni obiettivi e nella critica ai partiti e al sistema dei partiti, esistano già le condizioni per una "costituente democratica", fatta da tutti i bene intenzionati che si riconoscono in alcune riforme. E questo secondo rischio mi appare ancora più grave del primo perchè comporta una semplificazione della realtà, ha in sè l'illusione di una scorciatoia, che può portarci soltanto o a una riedizione in forma caricaturale o della sinistra indipendente o del partito radicale.
Io credo invece -e qui esprimo una mia convinzione personale, ma assai profonda e tenace- che dovremmo tutti insieme costituire un movimento per la "costituente democratica", capace di rivolgersi agli interlocutori partitici, per coinvolgerli nei propri obiettivi di riforma, per spingerli al cambiamento e alle scelte democratiche che sono necessarie; e costruire attraverso questa iniziativa un rapporto di forza a favore delle proposte riformatrici. Insomma vorrei fare politica, e farla attraverso il dialogo e il crescere di convergenze costruttive, e solo se necessario attraverso lo scontro, meno che mai attraverso la rottura, che può essere solo la risultante di un confronto negativo.
E' per questo che, se questo primo convegno di maggio andrà bene, proponiamo due ulteriori scadenze: un lavoro impegnativo, per costituire nelle diverse città e nelle diverse regioni "comitati per la costituente democratica"; e un grande appuntamento, una sorta di convenzione e di congresso "per la Costituente democratica".
Contemporaneamente, sia all'interno delle iniziative rivolte a costituire un più vasto movimento per una "Costituente democratica, sia nel dialogo con le forze politiche, noi intendiamo riprendere e riproporre la riforma elettorale -uninominale e maggioritaria-, con una parziale correzione proporzionale, che aveva costituito, intorno alla proposta di referendum sul Senato, il punto di incontro fra fautori di sistemi elettorali diversi.
A differenza di altri sistemi misti -come quello del doppio turno in Francia, o come quello del doppio voto tedesco-, questa proposta ci pare avere l'indiscutibile vantaggio di sommare i vantaggi dei due sistemi -assicurando in una certa misura il pluralismo partitico della proporzionale, e nel contempo spingendo a scegliere e assicurando maggioranze di governo- senza sommarne gli aspetti e soprattutto gli effetti negativi che sono nel sistema proporzionale lottizzazione e spesso ingovernabilità, e nell'uninominale una eccessiva semplificazione della vita politica e della rappresentanza parlamentare.
Si trattò all'interno del Comitato per i referendum di un compromesso positivo e creativo: non un escamotage tecnico per poter proporre un referendum, ma una formula che si rivela più valida di altre. Favorevole a una soluzione analoga si è dichiarato recentemente Darhendorf, discutendo i difetti delle "democrazie reali" nell'occidente europeo e le illusioni democraticistiche che la proporzionale alimenta nelle neonate democrazie del centro ed est Europa. Ed una correzione proporzionale parziale del sistema uninominale inglese è stata anche proposta dagli studiosi delle possibili riforme di quel ormai secolare sistema elettorale a Londra.
Intendiamo quindi riprenderlo e riproporlo. Il problema che avremo nei prossimi mesi sarà infatti quello di impedire che il dibattito si polarizzi fra conservatori del sistema attuale e quanti apparentemente si propongono come riformatori e in realtà o non vogliono vere riforme o propongono rimedi che si rivelerebbero peggiori del male.
A partire dalla nostra chiara proposta riformatrice, noi non poniamo limiti e non abbiamo preclusioni nel dialogo con i partiti sulle riforme istituzionali. Il presidenzialismo socialista non sarebbe di per sè un ostacolo a questo dialogo, se la riforma presidenziale vuole davvero essere una profonda e radicale riforma del sistema politico e del sistema dei partiti in Italia.
In questo caso, pur essendo tendenzialmente molti di noi più favorevoli a una forma di governo parlamentare come è quella della Gran Bretagna, non ci trarremmo indietro di fronte a una ipotesi realmente riformatrice di Repubblica presidenziale. Per quanto ci riguarda anzi si tratterebbe solo di riprendere il colloquio che con Craxi e Martelli era stato avviato a questo riguardo, e che fu inopinatamente interrotto nel 1988: allora avevamo detto che noi saremmo stati per una Repubblica presidenziale se contestualmente fosse stato varato un sistema elettorale uninominale e maggioritario, che è proprio del resto delle democrazie anglosassoni, non solo quella parlamentare inglese, ma anche quella presidenziale americana.
In questi anni si è invece agitata come soluzione miracolistica di tutti i problemi la sola elezione diretta del Capo dello Stato, e cioè la riforma di un solo istituto, in un dibattito agitatorio che ha nascosto due precise caratteristiche controriformistiche anzichè realmente riformatrici di questa proposta: da una parte essa non tocca in alcun modo l'attuale sistema dei partiti con le sue degenerazioni lottizzatorie e partitocratiche; dall'altra indica come responsabile dei mali della democrazia italiana il Parlamento per la sua lentezza e per la sua incapacità di decidere, mentre in realtà il Parlamento è la prima vittima di questo sistema partitocratico che ne ha in gran parte espropriato le prerogative di indirizzo e di controllo.
Ai socialisti del resto noi possiamo dare una garanzia, non siamo stati mai fautori di sistemi elettorali "bipolari", che costruiscono intorno a due poli obbligate coalizioni di governo. Noi siamo per il bipartitismo non per il bipolarismo.
Siamo per un sistema che spinga a creare grandi partiti di coalizione di interessi intorno a valori e obiettivi programmatici, e non a coalizioni di partiti. Se si dovesse chiamare il paese a scegliere anzichè intorno a nuove aggregazioni partitiche, intorno alle vecchie coalizioni -come chiede e propone De Mita, come sembra volere anche il PDS, non vediamo quale vantaggio il paese ne trarrebbe visto che per trent'anni è stato governato da quelle stesse coalizioni.
Nell'ambiguità che ha fin qui caratterizzato la posizione socialista fra una politica di reale riforma democratica e una soluzione pericolosa per la vita delle nostre istituzioni che richiama le caratteristiche negative della Repubblica di Weimar, finora ha prevalso la seconda, ma noi non disperiamo che possa alla fine prevalere la prima.
Del resto, quando non ci troviamo di fronte a posizioni di inerzia conservatrice come sono quelle della segreteria democristiana o quella repubblicana, ci troviamo di fronte a analoghe ambiguità anche da parte di altri che invece avrebbero interesse almeno riteniamo a perseguire la strada di vere riforme. In questi mesi abbiamo visto il PDS ondeggiare fra le aperture a Craxi e gli ammiccamenti alla DC, fra l'intesa riformatrice di sinistra e il "governissimo". Ciò che è stato difficile capire era su cosa, e per quali riforme. Insomma qual'è la linea del PDS?
Se è vero che ci troviamo ormai alla vigilia di una nuova stagione costituente, è necessario predisporne gli ancoraggi riformatori e democratici, è necessario costruire una soluzione realmente riformatrice e realmente democratica alla crisi della Repubblica.
E' per questo che proponiamo -ed abbiamo esitazione a farlo perchè sappiamo quanto sia difficile, quanto sia improbo, quanto sia costoso, quanto sia rischioso -riprendere la strada dei referendum.
Naturalmente non possiamo farlo da soli. Potremo farlo solo se, strada facendo, nei prossimi mesi, troveremo le alleanze necessarie. E' possibile raccogliere le firme da ottobre a dicembre? Se le elezioni saranno a primavera, la prossima legislatura si troverebbe subito di fronte a questa scadenza. Ecco un modo concreto di aprire la stagione costituente. Se malauguratamente fossero ad ottobre, si dovrebbero raccogliere la prossima primavera. In un caso o nell'altro a primavera del '93 si dovrebbe votare.
E' una domanda che rivolgiamo innanzitutto a coloro che hanno fatto con noi il precedente comitato del referendum: a Mario Segni, che avevamo investito del compito di trasformare il Comitato per i referendum in Movimento per la riforma, e a quei cinquanta deputati cattolici che si sono costituiti in movimento "Popolari per la riforma". E ci rivolgiamo alle FUCI, alle ACLI, alle altre forze dell'associazionismo laico e cattolico che hanno dato un grande contributo alla prima raccolta delle firme. Ma ci rivolgiamo a tutti coloro che, di fronte agli ultimi gravi avvilimenti, hanno maturato la convinzione che una risposta democratica alla crisi bisogna costruirla.
Fra questi possono esservi, ed io spero che ci siano anche i socialisti. Se fra essi, e nel loro leader, prevarranno le volontà riformatrici sulle suggestioni populiste e le preoccupazioni tattiche, essi dovranno rendersi conto, che i loro alleati sono proprio nei radicali per la riforma, nei popolari per la riforma, nei comunisti, nei laici, nei liberaldemocratici che con la "Costituente democratica" intendono riprendere una reale strada riformatrice.
Proponiamo per questo ai radicali dell'ARCOD, subito, una grande campagna di informazione e di dialogo, da realizzarsi subito e che nelle nostre intenzioni dovrebbe culminare in una grande appuntamento a giugno, noi speriamo con Darhendorf e Montanelli, con Segni e Pannella e con quanto non si rassegnano alla lenta agonia di questo regime.