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Pannella Marco, Franchi Paolo - 5 giugno 1991
Referendum-Pannella: ecco perché no
Intervista di Paolo Franchi a Marco Pannella

SOMMARIO: Alla vigilia del referendum sulla preferenza unica (propone di ridurre ad uno il numero di preferenza che possono essere espresse ai candidati delle liste elettorali) Marco Pannella invita a votare "no" ma comunque di non astenersi. Con la preferenza unica si riduce la libertà di scelta degli elettori, si rafforza il potere degli apparati partitocratici, si penalizzano i candidati non sostenuti dagli apparati clientelari. No anche all'assenteismo "furbo e italiota" che non deve essere confuso con il responsabile e legittimo "sciopero del voto".

(Il Corriere della Sera del 5 giugno 1991)

"Io sono per il no, decisamente per il no. E invito i cittadini democratici a recarsi a votare no, senza squallidi assenteismi e menefreghismi suicidi." Alla vigilia del referendum sulla preferenza unica, Marco Pannella non nasconde i suoi due bersagli polemici. I fautori del sì. Ma soprattutto gli astensionisti.

- Pannella, perché voterà no?

"A suo tempo abbiamo fatto l'impossibile perché questa richiesta referendaria non venisse presentata. Spiegammo ad abundantiam che avrebbe meglio consentito alla Corte Costituzionale di affossare i due referendum che ci avevano mobilitati insieme. Quello per introdurre al Senato il sistema uninominale secco, anglosassone, con una modesta correzione di proporzionale pura e quello per l'elezione diretta dei sindaci. Una vera bomba antipartitocratica. Questo referendum, invece..."

- Invece?

"Mi sembra nel complesso debole, e per qualche aspetto anche contraddittorio. Si riduce la libertà di scelta degli elettori, si rafforza persino il potere degli apparati partitocratici, si penalizzano coloro che sono invisi ai signori delle tessere e del denaro. Specie per i partiti minori, occorreranno più soldi per tentare di battere il capolista designato dal partito. E si stimoleranno camorre e mafie da abbattere, o a condizionare e ricattare, il concorrente privilegiato, se non è dei loro... Io, semmai, avrei aumentato il numero dei preferenziali."

- Un quadro a dir poco fosco. Possibile che per lei non ci sia un solo argomento che parli a favore del sì?

"Uno, validissimo nell'immediato, c'è. Si colpirebbe radicalmente la possibilità di quel controllo del singolo voto che è peste bubbonica che si diffonde sempre più e già costituisce il fondamento della mafia partitocratica in una parte grande del Paese. Ma questo risultato si otterrebbe, assieme a molti altri, introducendo il voto elettronico. Tecnicamente sarebbe facilissimo. E, spese di investimento a parte, si ridurrebbe di molto il costo delle elezioni."

- Pannella, non capisco. Una vittoria del sì non sarebbe un primo passo verso la riforma elettorale che lei chiede?

"Di per sé, no. Anzi, il problema politico è proprio questo. Il vero e proprio tradimento del Pds, passato a sostenere la riforma elettorale demitiana, caricatura della famosa legge truffa (ma non lo era!) che moltiplicherebbe il parastato partitocratico con un uso truffaldino dell'uninominale e del doppio turno. Le esitazioni di Mariotto Segni, che spero vengano tempestivamente vinte. Le ultime dichiarazioni, finalmente leali, di De Mita. Beh, tutto ciò potrebbe fare della proposta referendaria l'uovo del cuculo, in parlamento, non per la riforma, ma per la controriforma."

- Torniamo al 9 e al 10 giugno. Lei si pronuncia per il no, non per l'astensione. Cosa risponderebbe a un astensionista che le obiettasse che così si favorisce la vittoria del sì? Forse per lei il voto è diventato un dovere?

"Ci sarebbe da sghignazzare. Il partito radicale, da dieci anni, e tra insulti pressoché unanimi, ha promosso boicottaggi e scioperi del voto, sostenendo che in democrazia votare (o non votare) è un diritto, e che è obbligo e dovere solo nelle dittature e nei regimi autoritari. Direi di più: lo sciopero degli elettori, dei consumatori, degli utenti, dovrebbe sempre più affiancarsi a quello dei lavoratori. Ma, per intraprendere questa strada, occorrono grande moralità, grande convinzione, grande organizzazione, grande disciplina."

- Continuo a non capire. Se la vede così, perché non propugna l'astensione?

"Proprio per quello che le ho detto. Nulla può colpire a morte questa nostra visione della lotta politica quanto la sua caricatura, la sgangheratezza di motivazioni, l'invito pseudo qualunquista non allo sciopero difficile e responsabile, al boicottaggio militante, ma all'assenteismo furbo e italiota, al menefreghismo plebeo e servile, al pernacchio organizzato e privo di spontaneità, alla disinformazione arrogante e menzognera fatta con l'abuso del servizio pubblico televisivo..."

- Ho capito che ce l'ha con Craxi...

"Se è per questo anche con Bossi. Mi spiace per lui, ma ha perso un'ottima occasione per tacere, o riflettere prima di parlare. Come per la guerra del Golfo, e ogni volta che per "fare politica" si impapocchia e rischia di funzionare da perfetto vassallo di Roma. Meno male che Miglio ha subito espresso i sentimenti della gente, dei militanti incazzati delle Leghe, e ha corretto il tiro..."

- Lei di Craxi è considerato il classico amico-nemico...

"Amico e basta..."

- Bene. Come spiega, l'amico Marco, la linea adottata dall'amico Bettino?

"Anch'io commetterei sbagli enormi, se mi trovassi a non avere attorno che qualche Rasputin di periferia con cui parlare, e i migliori tenuti a distanza, a occuparsi di tutto, di governo o di elezioni, ma non di politica. Senza strategia, senza tensione ideale, stanchi, si vive alla giornata, costretti ogni giorno a ricominciare con il senso di essere assediati dalle cose e dalla stupidità."

- La sua assomiglia all'ennesima dichiarazione di guerra.

"Macché. Sono invece convinto che si debba tornare insieme. Ma per qualcosa che ne valga davvero la pena.

 
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