PROPOSTA Dl LEGGE D INIZIATIVA DEI DEPUTATI:
ABETE, ALESSI, ANDREOLI, ANTONUCCI, ARMELLIN, BARBERA, BASSANINI, BECCHI, BERTONE, BIONDI, BONINO, BORDON, BORRI, CALDERISI, CARELLI, CASATI, CICCARDINI, CICCIOMESSERE, CRESCENZI, DE JULIO, DIAZ, FERRARI WILMO, FRONZA CREPAZ, FUMAGALLI CARULLI, GELPI, GOTTARDO, GRAMAGLIA, GUERZONI, LIA, MICHELINI, NEGRI, PELLIZZARI, PERANI, RAVASIO, RIGGIO, RIVERA, SAPIENZA, SARETTA, SCARLATO, SEGNI, SENALDI, STANZANI GHEDINI, TARABINI, TESSARI, USELLINI, VISCO, ZAMBERLETTI, ZEVI
Presentata il 23 luglio 1991
SOMMARIO: In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del referendum popolare per la modifica in senso uninominale della legge elettorale del Senato da parte della Corte Costituzionale, deputati di diversi gruppi politici propongono la modifica legislativa del sistema elettorale della Camera in senso maggioritario con un parziale correttivo proporzionale. Si propone in particolare l'elezione della Camera attraverso un sistema per tre quarti uninominale maggioritario (475 deputati) e per un quarto proporzionale (155 deputati), corrispondente a quello che scaturiva dal referendum relativo alla legge elettorale per il Senato.
(X Legislatura - Camera dei deputati - Documento n. 5872)
ONOREVOLI COLLEGHI ! -- Un vasto schieramento composto da persone di vario orientamento politico e culturale e da movimenti e associazioni espressioni diverse della società civile, aveva promosso lo scorso anno tre referendum popolari in materia elettorale, al fine di superare l'immobilismo e il gioco dei veti incrociati che ha sempre bloccato ogni iniziativa volta a riformare profondamente le leggi elettorali.
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili due delle tre richieste di referendum, proprio quelle più significative: la prima riguardante la legge per l'elezione del Senato della Repubblica, per passare ad un sistema effettivamente uninominale maggioritario (per i 238 collegi) con una correzione proporzionale (relativa ai restanti 77 senatori); la seconda riguardante la legge per l'elezione dei consigli comunali per estendere a tutti i comuni il sistema maggioritario oggi vigente solo per quelli con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, come premessa per introdurre l'elezione diretta del sindaco.
Questa sentenza (sulla quale in questa sede non riferiamo l'ampio ventaglio di giudizi critici mossi da numerosi e autorevoli giuristi e costituzionalisti) ha sottratto al Paese la possibilità di pronunciarsi su riforme elettorali profonde e incisive. Ciò nonostante, il risultato del referendum sulle preferenze del 9 e 10 giugno, oltre a introdurre alcune significative modifiche alla legge elettorale per la Camera dei deputati, ha dimostrato come sia avvertita dal Paese l'esigenza di una riforma elettorale capace di affrontare il nodo della degenerazione partitocratica del sistema politico.
Il sistema elettorale è condizione essenziale del buon funzionamento della democrazia. La proporzionale vigente in Italia, che dovrebbe garantire la libera e articolata espressione della società in tutte le sue componenti, di fatto si risolve oggi in una delega senza condizione ai partiti: con il nostro voto distribuiamo le carte di un gioco che si svolge poi sopra le nostre teste, al di fuori di ogni possibilità di controllo e del quale i partiti politici sono i soli protagonisti. Il sistema proporzionale è il vero pilastro della degenerazione della politica, dell'autoperpetuazione della miriade di partiti ed all'origine del regime consociativo.
La frammentazione e la proliferazione delle forze politiche non corrisponde più a grandi visioni ideali politiche; ma è il risultato di questo sistema elettorale e produce strapotere dei partiti, inefficienza della amministrazione, ingovernabilità e corruzione.
I partiti sono necessari alla vita democratica ma devono svolgere il loro compito nei limiti fissati dalla Costituzione e le elezioni devono tenersi ormai in una società cresciuta e matura, con un sistema elettorale che ricrei un rapporto fra elettore ed eletto e assicuri ai cittadini la possibilità non solo di scegliere i propri rappresentanti ma anche di decidere sul governo del Paese a tutti i livelli: comunale, regionale e nazionale.
Occorre una riforma elettorale che si basi sul sistema uninominale maggioritario al fine di passare da un sistema di tanti partiti, residuo di un passato non più significativo e tanto meno oggi adeguato, ad alcuni pochi schieramenti rappresentativi di grandi opzioni politico ideali tra cui i cittadini possono scegliere sulla base di proposte effettivamente alternative.
Oggi assistiamo alla contrapposizione di due schieramenti l'uno genericamente presidenzialista, l'altro di pseudo razionalizzazione del parlamentarismo che pur presentandosi come riformatori non esprimono effettiva volontà di riforma. Infatti entrambe le posizioni non toccano il sistema dei partiti e quindi il centro della crisi che è la degenerazione partitocratica.
Presentiamo pertanto la seguente proposta di legge per l'elezione della Camera dei deputati attraverso un sistema per tre quarti uninominale maggioritario (475 deputati) e per un quarto proporzionale (155 deputati), corrispondente a quello che scaturiva dal referendum relativo alla legge elettorale per il Senato (salvo la ripartizione della quota proporzionale su base nazionale anziché regionale). Un sistema che, prevedendo l'elezione di un quarto dei deputati con il sistema proporzionale, è simile a quell'additional member system che Ralf Dahrendorf e la Hanvard Society avanzano per temperare la rigidità del modello uninominale anglosassone: esso infatti salvaguarda la rappresentanza delle minoranze senza compromettere la sostanza del sistema uninominale maggioritario e quindi di una vera democrazia dell'alternanza.
All'interno di ciascuna lista si prevede come base di riferimento per i seggi di recupero proporzionale quella costituita dalle grandi circoscrizioni per il Parlamento europeo, in modo che anche la rappresentanza delle liste minori sia diffusa su tutto il territorio nazionale e non concentrata in alcune roccaforti elettorali.
A partire da questa e da altre proposte in capo urge iniziare un sollecito lavoro di riforma che il corpo elettorale ha invitato a compiere con sollecitudine e con coraggio riformatore. Il Parlamento deve avvertire tutta la forza di questo messaggio avanzato da 27 milioni di elettori non chiudendosi ancora una volta nella logica dei veti incrociati.
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1
(Collegi uninominali).
1. La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale, con voto diretto, libero e segreto, attribuito a candidati concorrenti in collegi uninominali.
2. Quattrocentosettantacinque seggi sono attribuiti nell'ambito di collegi elettorali uninominali. In ciascuno di essi è proclamato eletto il candidato che abbia conseguito il maggior numero di voti validamente espressi. In caso di parità prevale il più anziano di età.
3. La presentazione delle candidature per i singoli collegi è fatta per gruppi ai quali i candidati aderiscono con l'accettazione della candidatura. Ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidature non inferiore a tre e non superiore al numero complessivo dei collegi e deve essere contraddistinto da un contrassegno precedentemente depositato presso il Ministero dell'interno. Non è ammessa la presentazione di più gruppi di candidati contraddistinti dal medesimo contrassegno.
ART. 2.
(Recupero proporzionale).
1. L'Assegnazione dei centocinquantacinque seggi residui si effettua:
a) su base nazionale per calcolare il numero di seggi spettanti a ciascun raggruppamento, previa detrazione dei voti validi ottenuti dai candidati già eletti ai sensi del comma 2;
b) all'interno delle medesime circoscrizioni elettorali previste dalla tabella A allegata alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, per l'elezione dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo, come sostituita dalla tabella A allegata alla legge 9 aprile 1984, n. 61, per determinare gli eletti all'interno di ciascun raggruppamento.
2. Si determina in primo luogo la cifra elettorale nazionale dell'insieme dei candidati collegatisi col medesimo contrassegno ai sensi dell'articolo 1, costituita dalla somma dei voti validi ottenuti da tutti i candidati collegati, e, all'interno di ogni circoscrizione, la cifra individuale dei candidati che non siano stati proclamati eletti, costituita dalla moltiplicazione del numero dei voti validi ottenuti per cento e dalla divisione del prodotto per il numero complessivo dei voti validi del collegio. Si procede quindi nel modo seguente: si divide ciascuna cifra elettorale di gruppo successivamente per uno, due, tre, quattro... sino alla concorrenza del numero dei deputati da eleggere; e quindi si scelgono fra i quozienti, così ottenuti, i più alti iii numero eguale a quello dei deputati da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente.
3.La graduatoria è realizzata in maniera tale che all'interno di ciascun raggruppamento non si proceda all'assegnazione di più seggi nell'ambito della medesima circoscrizione prima che venga proclamato eletto il primo nella graduatoria di ciascuna circoscrizione. I seggi saranno assegnati ai gruppi in corrispondenza ai quozienti compresi in quella graduatoria. A parità di quoziente il posto è attribuito al gruppo che ha ottenuto la minore cifra elettorale.
4. Se a un gruppo spettano più seggi di quanti sono i suoi candidati, i posti esuberanti sono distribuiti secondo l'ordine della graduatoria di quoziente.
5. L'ufficio elettorale nazionale proclama quindi eletti, in corrispondenza ai seggi attribuiti ad ogni gruppo, i candidati del gruppo stesso, secondo la graduatoria determinata dalla loro cifra relativa individuale su base regionale. In caso di parità di tale cifra è graduato prima il più anziano di età.
6. Il seggio che rimane vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che, collegato con lo stesso contrassegno, segue immediatamente l'ultimo eletto nella graduatoria determinata in base ai commi precedenti.
ART. 3.
(Ritaglio dei collegi).
1. L'ampiezza dei singoli collegi uninominali è definita sulla base dei seguenti criteri:
a) ogni collegio uninominale deve, di norma, rappresentare una comunità territoriale;
b) i collegi non devono includere territori situati al di là dei limiti della regione di appartenenza e, per quanto possibile, devono osservare l'integrità territoriale dei comuni che ne fanno parte;
c) la popolazione di ciascun collegio uninominale non può differire dalla media nazionale al di là del limite di tolleranza del tre per cento per eccesso o per difetto.
2. Alla Valle d'Aosta è attribuito comunque un collegio uninominale.
3. La ripartizione del numero dei collegi tra le regioni in cui è ripartita la Repubblica, si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni stesse, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.
ART. 4.
(Commissione per i collegi).
1. E istituita una commissione permanente per i collegi uninominali presieduta dal Presidente della Camera e composta dal Presidente dell'Istituto centrale di statistica, da un presidente di sezione del Consiglio di Stato e dai membri esperti di questioni elettorali, che non siano parlamentari in carica, designati dal Presidente della Camera.
2. Sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione e delle variazioni annuali, spetta alla commissione proporre le modifiche da introdurre nella ripartizione dei collegi uninominali tra le regioni e nella configurazione territoriale dei singoli collegi. Entro il termine massimo di tre anni dall'inizio di ciascuna legislatura la commissione presenta una relazione con le sue proposte di modifica al Parlamento.