di Pierluigi BattistaSOMMARIO: Presentazione della Festa dell'Unità, nel corso della quale si dibatterà sul tema "Le culture della sinistra". Per venti giorni esponenti delle sinistre italiane ed europee discuteranno su questo argomento. Vengono brevemente sentiti alcuni dei partecipanti, da Ugo Intini ("Dirò che la vera sinistra in Italia siamo noi"), a Paolo Flores d'Arcais secondo il quale, invece, "il craxismo, assieme all'andreottismo, rappresenta la vera nomenklatura dell'Italia", a Luciano Canfora, fino a Marco Pannella. Questi difende da sinistra un mercato "che non sia giungla ma diritto" e ricorda Einaudi, sostenitore del libero mercato ed anche "federalista". A Intini, Pannella ricorda che in Europa la socialdemocrazia si è trasformata in "socialburocrazia". Sono intervistati anche Claudio Petruccioli ("Perché porre la questione in termini così ideologici?") e Mauro Paissan ("E' a sinistra chi non si è pacificato con l'esistente e non lo considera il migliore dei mondi possibili").
(LA STAMPA, 12 agosto 1991)
(Pannella: "La socialdemocrazia si è trasformata in socialburocrazia")
-----
ROMA - Sarà al centro della prossima "Festa dell'Unità" di Bologna, tanto che gli organizzatori le hanno addirittura dedicato un ciclo di dibattiti: "Le culture della sinistra". E per venti giorni socialdemocratici tedeschi e laboristi inglesi, socialisti francesi ed esponenti della perestrojka sfileranno accanto a socialisti italiani, Verdi, radicali, cattolici della Rete, comunisti e pidiessini per renderle omaggio o per denigrarla, per rimpiangerla o per rifondarla. Vengono a discutere della Sinistra e sarà tutt'altro che una discussione accademica. Sullo sfondo si stagliano il disastro dei regimi dell'Est, l'affanno delle socialdemocrazie, il terremoto psicologico e sociale degli Anni Ottanta. E in Italia c'è già chi affila le armi polemiche per la discussione. "Dirò che la vera sinistra in Italia siamo noi", preannuncia il portavoce di Craxi, Ugo Intini. Con una determinazione che sicuramente creerà sconcerto e irritazione tra i folti ranghi di quella sinistra che detesta Craxi come il peggior nemico.
E che detesta con pari vigore, salvo rare eccezioni, anche Intini: il fedelissimo di Craxi, l'anticomunista di ferro ironicamente ribattezzato Ugo "Palmiro" in virtù della sua, da taluni giudicata ossessiva, vis polemica verso il fantasma di Togliatti. Come si permette il "destro" Intini di rivendicare a sé e al suo partito addirittura il monopolio della gloriosa sinistra? "In trentadue anni mi hanno sempre definito "destro" per aver sostenuto ciò che ormai sostiene lo stesso Occhetto - contrattacca Intini - ma adesso è troppo se chiedo che si faccia come a Mosca e che finalmente si chiamino di destra i comunisti tradizionali e di sinistra i riformisti, i socialisti liberali e democratici?".
Sì, il "destro" Ugo Intini vuole che qualcuno, qui in Italia, gli spieghi il seguente paradosso: "A Mosca, Shevardnadze ha abbandonato il comunismo, si fida dell'Occidente, è contro l'economia di Stato: perciò viene definito progressista e di sinistra anche dalla stampa italiana. A Roma, Napolitano ha compiuto esattamente le stesse scelte ma viene indicato come la destra del partito. In Urss una parte del pc, da Ligaciov a Rizkhov, è per la tradizione marxista-leninista, conserva ostilità verso il cosiddetto capitalismo occidentale e verso la libertà economica: viene perciò definita conservatrice e di destra. Da noi, Tortorella o Cossutta, che sostengono le stesse tesi, vengono invece definiti si sinistra. I termini destra e sinistra, in Urss e in Italia, vengono dunque usati in modo specularmente capovolto". E come mai, secondo Intini? Risposta: "L'egemonia della cultura comunista è stata da noi così lunga da invertire, ancora oggi, persino sulla stampa di tradizione democratica, termini e punti di riferime
nto".
Fare come nell'Urss sconvolta da Gorbaciov. Raddrizzare il senso delle parole. Smantellare nella mentalità della sinistra italiana la perdurante "egemonia sul linguaggio e sul senso comune" esercitata in Italia dai "postcomunisti". Restituire alle classificazioni politiche questo parametro: è di "sinistra" il socialismo democratico, liberale e riformista e non chi ha in uggia l'Occidente e che, ostile al mercato, propone al mondo la solita ricetta statalista: è il psi e non Ingrao, Craxi e non Michele Serra. Ecco i temi della prossima "campagna ideologica d'autunno" preannunciata da Intini e dai socialisti.
Ma nella sinistra non craxiana già dicono che rispediranno la proposta al mittente. Per esempio Paolo Flores d'Arcais, interprete dell'ala più squisitamente "liberal" del pds, del discorso di Intini non condivide né i presupposti né gli esiti. "Intini scopre l'acqua calda con vent'anni di ritardo rispetto all'ala libertaria del '68, che giustamente definiva di "destra" i regimi autoritari dell'Est", spiega Flores d'Arcais, "ma poi non dice che nei Paesi che si stanno liberando dal socialismo reale anche "sinistra" è una parola impronunciabile perché troppo compromessa con l'antico regime. Infatti lì la contrapposizione non è tra destra e sinistra ma tra liberal e conservatori". E uno. Secondo: "Intini si propone come l'omologo occidentale dei liberal dell'Est? Ma andiamo. Piuttosto il craxismo, assieme all'andreottismo, rappresenta la vera nomenklatura dell'Italia: è il regime, è la quintessenza della partitocrazia. E infatti, non passa giorno che i craxiani non attacchino la magistratura e la libertà di sta
mpa. Le pare un atteggiamento liberal, rispettoso della divisione dei poteri di impronta occidentale?".
No ai socialisti e a Intini anche dall'antichista Luciano Canfora, studioso che in passato si è opposto con molto vigore alla scelta di cambiare il nome del pci: "Intini è accecato dalla polemica e non si avvede che il suo paragone è assolutamente incongruo, perché in Urss la "sinistra" si batte contro una "nuova classe" sfruttatrice, cresciuta all'interno del pcus. Che c'entra tutto questo con l'Italia?". "E poi - continua Canfora - chi l'ha detto che ogni cambiamento è innovazione e, in quanto innovazione, è progressista? Seguendo questo ordine di idee, dovremmo dedurne che in Italia il partito più rivoluzionario è il msi, che è da sempre contro la Costituzione che adesso molti hanno fretta di cambiare".
Due no, sinora. Poi, dal radicale Marco Pannella, arriva forse il primo sì a Intini: "Finalmente! E' da settant'anni, con Salvemini e con Ernesto Rossi, che ci battiamo con la sinistra ufficiale statalista e corporativa, per porre il mercato come un tema caratterizzante per la sinistra. E diciamo che la battaglia contro le bardature corporative, per un mercato che non sia giungla ma diritto, è l'unico antidoto contro l'assenteismo che inquina alle radici la sinistra ufficiale". "Non è un caso - prosegue Pannella - che un grande sostenitore del mercato come Luigi Einaudi fosse convinto federalista. E non è un caso se oggi noi radicali ci troviamo spesso a fianco Milton Friedman. Sì, proprio lui, il liberista che è la bestia nera della sinistra statalista, ma che ha contribuito a disarticolare il complesso militare-industriale degli Stati Uniti".
Ma poi ecco, da Pannella, l'ennesimo no a Intini: "Ugo propone ancora una ricetta socialdemocratica. Ma quand'è che i socialisti sceglieranno Dahrendorf e ammetteranno che anche la socialdemocrazia si è trasformata in socialburocrazia e che la nuova frontiera della sinistra è la libertà economica contrapposta allo statalismo burocratico e corporativo?".
"Non capisco proprio - ribatte il dirigente del pds Claudio Petruccioli - perché bisogna porre la questione in termini così ideologici. La sinistra nella sua storia talvolta è stata più statalista e talvolta meno". "E non capisco neanche come faccia Intini a proporre trasposizioni così meccaniche da una situazione ad un'altra - prosegue Petruccioli. Mettiamola così: quello che conta è l'atteggiamento verso la società, se la si vuole conservatrice e se ci si batte per l'innovazione. Per quello che ci riguarda non abbiamo dubbi da che parte stare. E naturalmente speriamo di trovare al nostro fianco anche Intini e i socialisti".
E il cuore di Mauro Paissan del "Manifesto" batte a "sinistra" con Elstin o a "destra" con Rizkhov? "Sta con Gorbaciov, che è di sinistra perché tenta di ovviare ai disastri del socialismo reale senza far pagare a milioni di potenziali disoccupati il prezzo del libero mercato". "E poi - sostiene Paissan - proporrei, al posto di quello un po' stravagante suggerito da Intini, il seguente parametro: è di sinistra chi non si è pacificato con l'esistente e non lo considera il migliore dei mondi possibili".
Allora Intini, cinque no anticipati, e variamente modulati, alla sua prossima "provocazione": stupito? "Nient'affatto. A Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, vicino a Montecchio, sede del recente festival di "Cuore", c'è sulla piazza principale la statua di Lenin. E a pensarci bene, l'Italia è l'unico Paese dove Lenin, cacciato dalla Georgia all'Etiopia, dalla Polonia e della stessa Leningrado, abbia ancora spazio e tanti ritratti, persino nelle sezioni dell'ex pci. Forse, come Cavriago, resta solo la Cuba di Fidel Castro, che infatti la televisione di Stato è l'unica, con Gianni Minà, a intervistare in modo deferente".