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Pannella Marco - 18 agosto 1991
"Ecco come avevamo organizzato il rientro del giovane Savoia"
Lettera di Pannella sull'esilio di Emanuele Filiberto

SOMMARIO: Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto di Savoia persistono nel voler percorrere la strada della "grazia" umanitaria invece che affrontare con chiarezza la battaglia contro la norma costituzionale transitoria che impedisce l'ingresso in Italia dei discendenti maschi di Umberto di Savoia. Il rifiuto del progetto radicale e nonviolento che avrebbe consentito loro di "conquistare il rispetto e l'esercizio del proprio diritto, servendo così anche il Diritto del proprio paese".

(Corriere della Sera, domenica 18 agosto 1991)

Vittorio Emanuele di Savoia ha dunque proclamato il suo: "jamais! mai!", ad un suo ritorno in Italia ed a quello del figlio Emanuele Filiberto, ove non sia ritenuto pienamente legittimo anche dalle autorità del nostro paese. Ma bravo!

E se queste autorità violano legge e Costituzione, ai suoi danni e soprattutto a quelli del buon diritto e della immagine dell'Italia, lui continuerà ad esser loro leale.

Egli continua quindi a percorrere il cammino dell'appello ai buoni sentimenti del regime ed a una sorta di "grazia" umanitaria, che Curcio - invece - in questi giorni rifiuta.

Ma qui si tratta di rimuovere un grottesco ed incostituzionale ostacolo all'esercizio di un buon diritto. Così come - d'altra parte - avrebbe dovuto essere anche per Curcio, alla fin fine condannato diverse volte per lo stesso reato associativo. Canea e papocchi complicano invece quel che dovrebbe esser semplice, chiaro, necessario, con mirabile concorso di ognuna delle parti interessate.

Ma torniamo ai Savoia.

Usi ad affrontare i problemi per risolverli, ritenendo cretino, per la nostra Repubblica, tutelarsi da chissà qual pericolo serbando per quasi mezzo secolo un divieto "transitorio", altrimenti odioso e incostituzionale, a carico dei discendenti maschi di Umberto di Savoia, noi radicali da molti anni abbiamo operato in ogni modo, in Parlamento, o nell'arena dei tori "antifascisti" dell'"arco costituzionale", o sui giornali, insomma ovunque, "da sinistra" per il ritorno di questi esiliati.

Da anni, per quanti mi riguarda, ritenevo che vi fosse un semplice, democratico, civilissimo e - soprattutto - molto dignitoso modo per risolvere la questione.

Ne ho parlato con qualche esponente monarchico di "massimo rilievo politico; ho cercato anche, in una occasione, di incontrare Vittorio Emanuele direttamente, senza esito. Ho infine, lo scorso anno, scritto al giovane Emanuele Filiberto esponendogli un nostro progetto, proposta. Di nuovo, me ne spiace per loro, senza ricevere alcuna risposta; ma ognuno ha il suo stile.

Si trattava, si tratta, non di farsi "graziare" dal Presidente Cossiga (si corre qualche rischio, pare) o da altri del regime che non ne hanno il potere, ma di conquistare il rispetto e l'esercizio del proprio diritto, servendo così anche il Diritto del proprio paese.

Per ristabilire, dunque, diritti e diritto, il giovane Emanuele Filiberto, entrato "illegalmente" in Italia accompagnato - per esempio - da qualche europarlamentare italiano, sarebbe stato ospite di una famiglia del Gotha nazionale, come si conviene. Avrebbe, poi, reso noto alle "autorità" competenti, con una sorta di "autodenuncia" con il massimo di discrezione o di pubblicità (a scelta), la propria presenza, magari precisando che era dovuta alla volontà di difendere prima ancora che i propri diritti individuali il diritto fondamentale del suo paese. Sarebbe scattata (aiutando noi lo scatto, se del caso) una qualche misura amministrativa, contro la quale il ricorso poteva già esser pronto, prestigioso per i giuristi firmatari, con esito pressochè sicuro sia sul piano giuridico, sia su quello politico e civile, sia su quello di immagine. per i cittadini Savoia, certo; ma anche e soprattutto per tutti noi. Un raro lieto fine assicurato, insomma.

V'è qualche dubbio che avevamo già contattato in via esplorativa, ed in modo del tutto soddisfacente, eurodeputati, famiglie del Gotha, autorità amministrative, e non, giungendo anche a individuare luoghi e giorni "convenienti" per esser meglio certi del buon e rapido esito dell'azione... di pretto stampo radicale e nonviolento? Penso, davvero, di no.

Ma ora confesso che questa storia mi sta venendo a noia; non mi diverte nemmeno più. Gli accidiosi del regime, le loro vittime, l'intera vicenda si somigliano troppo; l'assurdo di quest'esilio ne risulta ancor più rafforzato.

Non resta che sperare che questa solfa finisca presto.

Il Parlamento, il Governo, Vittorio Emanuele, il grande mediatore di regime Ciarrapico, perfino il Presidente Cossiga, chiunque possa e voglia, faccia; ma presto.

Per cortesia, per carità, se non per introvabile, o rifiutata, serietà. Grazie.

 
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