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Il Partito Nuovo - 1 settembre 1991
L'economia proibita

SOMMARIO: La commissione d'inchiesta sulla criminalità organizzata legata al traffico di droga nella Comunità europea si avvia verso le conclusioni del suo lavoro. Pubblichiamo una sintesi del rapporto sull'»economia della droga proibita , elaborato dal gruppo di lavoro antiproibizionista, formato da Marco Taradash, parlamentare europeo, iscritto al Partito Radicale, vicepresidente della commissione, Claudia Roth, membro supplente della commissione, parlamentare tedesca del gruppo verde e Jean-Luc Robert, collaboratore del gruppo verde.

(Il Partito Nuovo, n.4, Settembre 1991)

L'unica ragion d'essere dell'infiltrazione di esponenti della criminalità organizzata nel circuito economico legale è costituita dal riciclaggio degli enormi utili generati dal traffico di droghe vietate, nonché dall'integrazione di tale economia clandestina nel circuito economico legale. 0rmai l'economia sotterranea della droga funziona in simbiosi con il settore ufficiale. Per comprendere questa tappa fondamentale del circuito del denaro della droga rappresentata dal riciclaggio, bisogna rendersi conto dei meccanismi di tale circuito e analizzarlo, così come si presenta e non come si vorrebbe che fosse.

Il circuito della droga

Vari meccanismi, frutto dell'ingegnosità dei trafficanti, e segnatamente la loro capacità di trarre profitto dall'illegalità di questo commercio, nonché taluni effetti diretti delle legislazioni vigenti, spiegano l'accumulo degli utili da riciclare. Vietando talune sostanze, le leggi sulla droga hanno provocato un effetto generalmente qualificato »perverso , anche se si tratta più esattamente di una conseguenza logica di qualsiasi proibizione: la fissazione di un prezzo artificiosamente elevato. Così, il carattere particolarmente lucrativo di questo commercio diviene la sua principale attrazione per chiunque osi sfidare i rischi connessi con la repressione. Per convincersene, basti ricordare che il prezzo dell'eroina si moltiplica per 1.700, fra il commercio all'ingrosso e la vendita al dettaglio, e che tale rapporto è di 1 a 600 per la cocaina. La repressione non può scoraggiare i trafficanti, quando i profitti sono tanto alti. Lo stesso problema si ripropone al livello della coltivazione della materia prim

a: da un recente rapporto del governo brasiliano risulta che la coltivazione di un ettaro di marijuana rende 146 volte di più di quella di un ettaro di pomodori, 257 volte di più di quella di un ettaro di fagioli e 171 volte di più di quella di un ettaro di mais. In questa situazione ogni proposta di convertire le colture pacificamente soffre di assoluta astrattezza.

La clandestinità favorisce il mercato

Il prezzo elevato del prodotto obbliga il consumatore a trasformarsi a sua volta in venditore per finanziare il proprio consumo. E' proprio questo il paradosso: l'elevato prezzo del prodotto, lungi dall'ostacolarne il consumo, è il motore dello sviluppo del mercato. Entrano in gioco numerosi altri meccanismi che dimostrano che questo mercato è gestito nel modo più efficace e sfrutta nel modo migliore la situazione di clandestinità. Vedi, ad esempio, il meccanismo della diminuzione progressiva della qualità delle dosi in commercio, che funziona come uno strumento di aumento del prezzo. Esso induce il consumatore non solo a reperire nuovi clienti per far fronte all'aumento del costo, ma anche a prendere in considerazione nuovi prodotti, più efficaci o meno costosi. Diversamente, vengono anche praticati prezzi di richiamo, fino al limite della gratuità dei prodotti ceduti. Entrano in gioco tecniche assai sofisticate. Gli economisti propongono il concetto di »curva inelastica della domanda , per spiegare come, p

er certi prodotti, gli aumenti dei prezzi, diretti o occulti, non incidono negativamente sul livello di consumo e accrescono i profitti del venditore. La repressione ha storicamente prodotto quest'unico risultato: in certi casi il prezzo della merce droga si è alzato, ad unico profitto dello spacciatore. Quando si è invece creato un problema di eccesso di produzione - come negli Usa verso la metà degli anni '80 per la cocaina - la soluzione ha favorito i commercianti, diversamente da quanto sarebbe avvenuto nell'economia legale: la purezza delle dosi è aumentata, le scorte sono diminuite, i clienti sono aumentati; il margine di utile è diminuito provvisoriamente, ma le contromisure sono state rapide: il nuovo mercato europeo si è rivelato ancora piu' lucrativo di quello statunitense.

L'organizzazione criminale: un modello di redditività

Se i trafficanti riescono a trarre profitto nel modo migliore dalla situazione, una certa regolamentazione esterna è garantita direttamente - seppur involontariamente - dai poteri pubblici, a grande vantaggio del traffico. I servizi di repressione, arrestando i trafficanti più deboli e meno organizzati, il più delle volte sulla base di informazioni fornite da trafficanti concorrenti, garantiscono una selezione dal basso: resistono soltanto i gruppi meglio organizzati. Se la repressione colloca il trafficante in una situazione di monopolio di fronte all'acquirente, allo stesso tempo essa stimola la concorrenza fra i trafficanti; infatti, solo i più astuti, i più efficaci, i meglio organizzati possono far fronte alla repressione.

E' assicurata anche una selezione dall'alto. Quando un'organizzazione occupa una posizione di quasi monopolio, e diviene troppo ampia, troppo difficile da gestire e troppo nota alla polizia, essa diviene un bersaglio facile. Allora è molto più probabile che venga sgominata, come dimostra l'esempio dello smantellamento della French Connection: essa ha impedito il rifornimento di New York solo per un periodo assai breve, il tempo necessario perché altre organizzazioni venissero ad occupare il territorio. Insomma, l'economia della droga rappresenta un modello di redditività che riunisce i vantaggi tanto del monopolio quanto della concorrenza e utilizza la repressione per imporre prezzi elevati, a loro volta elementi di espansione del mercato.

Il legame tra la droga e le armi

Numerosi scandali hanno evidenziato che il traffico di droga è intimamente legato al traffico di armi. Così, fra l'Europa ed il Medio Oriente, e più in particolare la Siria e il Libano, l'hashish e l'eroina servono semplicemente da moneta di scambio per le armi esportate illegalmente. Secondo rapporti ufficiali della CIA, la maggior parte dei movimenti terroristici, di qualunque ideologia, oltre a funzionari governativi di altissimo livello, sarebbero implicati in questo scambio.

Mentre, in una prima fase, il denaro della droga era reinvestito in altri settori illeciti o al limite della legalità, quali l'estorsione, la prostituzione o il gioco d'azzardo, l'entità delle somme da riciclare ha via via indotto i trafficanti ad inserirsi nel settore economico legale. Ora sono settori chiave dell'economia ad essere colpiti: l'edilizia e il settore immobiliare, il turismo, le catene di alberghi e i trasporti, senza trascurare la finanza. I buoni del Tesoro, garanzia di anonimato, che molti governi europei emettono per lottare contro il disavanzo pubblico, costituiscono un metodo assai pratico di riciclaggio. In linea generale, il denaro sporco è reinvestito in tutti i settori dell'economia legale, che rendono necessaria l'utilizzazione di somme considerevoli in denaro liquido, come, ad esempio, il mercato dell'arte. A fianco delle imprese produttrici mafiose, che utilizzano la violenza per falsare la concorrenza e delle imprese a capitale mafioso che però producono legalmente, si distinguon

o le imprese »paravento , che sfruttano il settore finanziario e bancario per riciclare il denaro, che si dirige preferibilmente nei paradisi bancari e fiscali, dove vige il segreto bancario (assoluto o a determinate condizioni) e le imposte sono molto basse, se non nulle. Solo in Europa, la Svizzera, il Lussemburgo, il Liechtenstein, Monaco e le isole della Manica sono, a livelli diversi, paradisi fiscali.

Esportazione e riciclaggio illegale del denaro

Alcuni paesi europei hanno già modificato o stanno per modificare la rispettiva legislazione nazionale inserendovi il reato di riciclaggio. Anche la Comunità Europea ha reagito. Una proposta di direttiva del Consiglio relativa alla prevenzione dell'utilizzazione del sistema finanziario a fini di riciclaggio di capitali è in corso di adozione. Va tuttavia notato che non si è dimostrata efficace l'esperienza degli Stati Uniti, dove il »Bank Secrecy Act , promulgato nel 1970, impone il controllo di qualsiasi operazione a partire dalla somma di 10.000 dollari. Anzi, l'aumento del numero delle operazioni di valore inferiore ai 10.000 dollari ha complicato la situazione e, 13 anni dopo, il rapporto di una commissione d'inchiesta del Senato americano non potrebbe essere più esplicito: »Va constatato - sostiene il Rapporto - un gravissimo fallimento, con riferimento a due punti importanti. Innanzitutto, queste misure non sono riuscite a rallentare significativamente le esportazioni illegali di denaro dagli Stati Uni

ti, e tanto meno a bloccarle. Inoltre, anche se i pochi successi registrati permettono di avere una vaga idea dell'entità delle somme in questione, continuano a mancare dati sufficienti sul riciclaggio, per permettere una formulazione adeguata delle politiche da applicare . Oggi negli USA viene bloccato soltanto un dollaro ogni cento riciclati in valuta, mentre il sequestro di beni e azioni riciclate non supera il 10%. In Europa, la situazione non è migliore. Nessuno conosce l'importo delle somme riciclate né le banche coinvolte, e manca altresì una stima del numero delle società fasulle destinate al riciclaggio dei proventi del traffico di droga.

 
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