di Pietro Barrera *SOMMARIO: Difende la scelta referendaria compiuta dal PDS, senza il cui concorso non sarebbe stata possibile la raccolta delle firme che ha portato al successo del 9 e 10 giugno, e respinge la logica evidenziata nell'articolo di Marco Pannella apparso sul "Manifesto" del 7 settembre. Motiva quindi l'indicazione del PDS per una uninominale che concili "le opposte esigenze del pluralismo della rappresentanza e della scelta diretta...tra proposte di governo alternative". Auspica che nel PDS siano superati i dubbi che accompagnarono la prima raccolta di firme, quella che ha portato al voto di giugno, cui si deve "il primo colpo alla deriva...verso la soluzione presidenzialista".
(IL MANIFESTO, 13 settembre 1991)
E' così Marco Pannella ("il manifesto" 7 settembre) scoperta la doppiezza del Pds (sarà colpa di Togliatti?), l'ha espulso dal comitato per i referendum elettorali. Bontà sua ci ha lasciato Mario Segni ma con la condizionale. Non è facile capire a chi possa servire questa ricerca ossessiva ed arrogante dei »referendari doc . Senza l'impegno di tanti militanti del Pci e (poi) del Pds non credo che il primo round della raccolta di firme sarebbe giunto in porto e nel referendum del 9 e 10 giugno scorso non avremmo avuto quella straordinaria prova di »resistenza democratica che ha indotto a più prudenti consigli quanti giocavano ad accelerare il disfacimento della prima repubblica.
Insieme abbiamo superato con successo due traguardi difficili ed importanti. L'impegno comune di persone e forze diverse tra loro per cultura ispirazione e programmi politici ha regalato al paese una "chance" in più che oggi non abbiamo il diritto di sprecare. In politica del resto non vale lo spirito decoubertiniano: le lotte, le iniziative politiche e i referendum si fanno per vincerli. Per questo rifiutiamo la logica del »pochi ma buoni e cerchiamo anche oggi un leale patto unitario che ci consenta - cattolici e laici, »pidiessini e radicali, e tanta altra gente ancora - di fare insieme un altro passo in avanti.
A Pannella però, com'è giusto, sta a cuore la chiarezza. Non posso accontentarlo con giuramenti incrollabili a nome del Pds giacché questo partito - forse a differenza di qualcun'altro - non è più retto dai solidi princìpi bolscevichi e dunque ha bisogno di discutere e di decidere serenamente prima di impegnarsi in una iniziativa politica. Ma sperando fortemente che l'impegno del Pds venga rinnovato anche nella prossima campagna referendaria cerco da parte mia di aiutare Pannella a fare e trovare chiarezza. La proposta di riforma elettorale del Pds, ancora aperta al confronto e suscettibile di miglioramenti si fonda su due opzioni chiarissime che evidentemente Pannella non condivide: scegliere il collegio uninominale non come strada per disarticolare e cancellare i partiti di massa, ma perché è la soluzione più pulita e razionale per superare il mercato delle preferenze rafforzando al tempo stesso il rapporto diretto tra eletti ed elettori, e conciliare le opposte esigenze del pluralismo della rappresentanza
e della scelta diretta da parte degli elettori tra proposte di governo alternative. Una certa ferraginosità della proposta deriva dalla necessità di contemperare valori diversi che non ci sembra giusto sacrificare.
Se ci siamo impegnati per i referendum elettorali non è dunque per un'adesione acritica al sistema uninominale anglosassone (che Ralf Dahrendorf vorrebbe temperare con una iniezione proporzionalistica), ma perché ci siamo convinti dell'assoluta necessità di una iniziativa forte nel paese e tra la gente per trarre la questione istituzionale fuori dalle secche dei balletti di Palazzo. Per questo il Pci e le Acli, i liberali e Mario Segni, i radicali e la Fuci, Leoluca Orlando e Gianfranco Pasquino ed altri ancora notoriamente »portatori di diverse proposte di riforma, si sono trovati insieme, senza abiure e senza ipocrisie.
Oggi l'evidente patto al rinvio di ogni riforma, stipulato con il settimo governo Andreotti e confermato nel dibattito parlamentare sul messaggio di Cossiga, rinnova le ragioni del referendum.
Nello stesso Pds spero che i dubbi che accompagnarono la prima raccolta di firme si siano attenuati: il voto di giugno ha infatti dimostrato da un lato che è stata proprio l'iniziativa »trasversale del referendum che tanti timori suscitava, a dare il primo colpo alla deriva apparentemente inarrestabile verso la soluzione presidenzialista. Con più serenità - Pannella permettendo - potremo così impegnarci nei nuovi referendum tanto più se ad essi si affiancheranno - come da più parti si va proponendo - altre iniziative tese a raccogliere la grande spinta di giugno verso una politica più pulita libera da clientele e lottizzazioni.
(*) vicedirettore del Centro riforma dello stato