FRANCO MISIANI, magistratoSOMMARIO: »Come combattere la Mafia oggi, qui, nel sistema capitalistico dove il profitto è la molla di tutto e dove l'individualità e l'arricchimento ... sono le basi di questo sistema; non sono soltanto le basi della Mafia, ma sono le basi di questo sistema. Se noi vogliamo operare in questo quadro senza aspettare una risoluzione globale del problema, questa fetta del capitalismo, ammettiamo pure che sia una fetta del capitalismo, va in qualche modo combattuta. E allora io mi chiedo se non ci sono anche delle carenze in noi nell'affrontare questo problema, delle carenze su come sono state affrontate le indagini, se abbiamo avuto mai un'attività investigativa degna di questo nome ... un misura che io ritengo opportuna e che probabilmente è poco garantista: sequestare un capitale sulla base di indizi della illecita provenienza
(»Antiproibizionismo sulla droga e politica criminale contro la mafia dopo l'assassinio di Libero Grassi a Palermo - Atti della sessione speciale del Consiglio generale del Cora, Bologna, 14 settembre 1991)
Secondo un vizio o una virtù di una certa intellettualità di sinistra, prima di entrare a far parte della struttura dell'Alto Commissario ho letto tutta la letteratura sulla mafia. Poi, nel momento in cui volevo mettere in atto queste mie conoscenze particolari, ne parlai con un modestissimo funzionario della questura di Palermo, una delle prime volte che mi sono recato a Palermo con Sica. Questo mi stette a sentire per cinque minuti poi si stufò subito e mi disse così, brutalmente: »Che cos'è mafia qui a Palermo lo sappiamo tutti, la mafia è quella che comanda, la mafia è quella che pretende, che riscuote le tasse, dove per tasse si intendeva il pizzo, la mafia è anche quella che addirittura vuole una percentuale per un loculo al cimitero. Il difficile, forse, è sapere chi è mafia! Ma anche questo, dottore, chi è mafia, anche questo lo sappiamo. Il punto è perché i mafiosi stanno fuori? Perché i mafiosi non sono la parte operativa della mafia, ma tutti i politici, tutti gli industriali, tutti gli imprendito
ri, che sappiamo che sono mafiosi, stanno fuori. Ecco, dottore, lei deve tentare di risolvere questo problema, non deve venire a dire a me che cosa è la Mafia! .
Perché questo mi ha fatto riflettere? Perché il problema che ci si pone è come combattere la Mafia oggi, qui, nel sistema capitalistico dove il profitto è la molla di tutto e dove l'individualità e l'arricchimento, come diceva Colombo, sono le basi di questo sistema; non sono soltanto le basi della Mafia, ma sono le basi di questo sistema. Se noi vogliamo operare in questo quadro senza aspettare una risoluzione globale del problema, questa fetta del capitalismo, ammettiamo pure che sia una fetta del capitalismo, va in qualche modo combattuta. E allora io mi chiedo se non ci sono anche delle carenze in noi nell'affrontare questo problema, delle carenze su come sono state affrontate le indagini, se abbiamo avuto mai un'attività investigativa degna di questo nome. E mi veniva da pensare, sentendo prima Santino, di fare un paragone fra diverse categorie di imprenditori. Mi venivano in mente appunto i Costanzo per metterli a confronto, per esempio, con Grassi. Che cosa è successo a Catania? Hanno detto: »Il pizzo
non è reato, pagare il pizzo non è reato! . In effetti pagare il pizzo non è reato, ma arricchirsi con la Mafia pagando il pizzo è una cosa diversa. Arricchirsi con la Mafia è differente! Quando i Costanzo riconoscono di essersi arricchiti, di aver agito a Catania ed altrove come in regime di monopolio, prendendo tutti gli appalti, a differenza di Grassi che non voleva pagare, pagando il pizzo, pagando la Mafia, pagando i Calderone, pagando i vari assistiti e tutto il resto e poi essersi costruito un impero economico, è differente la situazione! Allora dobbiamo avere gli strumenti penali per agire nei loro confronti e ce li abbiamo. In questi casi si applica o no la misura di prevenzione, garantista o non garantista che sia? Che cosa c'è, se non si tocca la libertà personale di coloro che ostacolano l'applicazione di una misura economica nei confronti di imprenditori di cui non è provato che abbiano commesso l'omicidio Dalla Chiesa, non è provato che hanno commesso altri reati specifici, ma è provato un ill
ecito arricchimento proveniente dallo sfruttamento della Mafia, lo sfruttamento di quella mafiosità? In questo caso le sanzioni economiche che avrebbero potuto bloccare tutte le imprese dei Costanzo, perché bastava esercitare l'azione di prevenzione nei confronti dei Costanzo per arrivare prima al sequestro dei beni e poi alla confisca, erano una misura idonea o non idonea? Avrebbe potuto essere disposta in questo contesto o no? Anche questa è una scelta di valore su cui dobbiamo costantemente ragionare.
Nel primo maxiprocesso di Palermo rispetto al problema dei Costanzo (mi riferisco sempre a loro, ma quando parlo dei Costanzo mi riferisco a tutti i Cavalieri del lavoro, a tutta l'imprenditoria che ha riconosciuto di pagare il pizzo) l'imprenditoria è stata 'assolta' nella requisitoria perché il pizzo non è reato, si diceva infatti: »Adesso noi abbiamo rinviato a giudizio la Mafia scoperta: per la Mafia coperta ci mancherà poco, ci manca un tassello . Non pretendevo addirittura il rinvio a giudizio ma soltanto del]e misure di prevenzione. Poi abbiamo avuto i Calderone e i Mannoia che hanno parlato costantemente di questa situazione. Abbiamo avuto gli interrogatori dei fratelli Costanzo da parte di Falcone, io sono abituato a fare nomi e cognomi, i quali hanno ammesso esplicitamente di essere stati protetti e di aver potuto condurre a termine gli appalti grazie alla protezione della Mafia. In questo caso che cosa scatta? C'è una diversità di trattamento? Noi, noi 'sinistra', abbiamo applaudito il maxiprocess
o, tutto fino a vederci una svolta. Peppino Di Lello quando in seno a Magistratura Democratica ci 'indottrinava', nel senso che veramente eravamo all'oscuro di tutto, ci ricordava la svolta radicale che è avvenuta con il maxiprocesso, con la struttura del 'pool', in quanto per la prima volta si cominciava a procedere contro la Mafia, mentre nel passato - ricordo più o meno le sue parole - tutto si chiudeva con archiviazione per insufficienza di prove, senza che mai si arrivasse al dibattimento. Adesso dico, quella struttura di prove che voi così magnificamente avete raccolto, erano uguali per i Costanzo, non ci piove! Allora perché questa diversità di trattamento? Ecco perché denuncio una carenza prima in questo contesto, in questo sistema delle doppie misure, quello per cui si procede tranquillamente, con tutta l'opinione pubblica dietro le spalle, nei confronti della Mafia che spara, ma poi non si sa fare il salto di qualità. Io sono pragmatico, abbiamo in questo caso l'esigenza di una struttura investigat
iva veramente esistente. Noi non disponiamo di una struttura simile in Italia, e in Sicilia in particolare, da parecchio tempo. Dobbiamo pensare di ricostruirla sì o no? A livello di polizia, a livello di magistratura, la vogliamo o non la vogliamo?
Cominciamo a ragionare con le proposte che vengono fatte. Lo sappiamo tutti che quella di Martelli è una presa in giro. Quando parla di una struttura sull'esempio federativo, sappiamo che non vuol dire nulla, perché basterebbe saper distaccare pochi uomini, quattro o cinquemila uomini,- che si interessassero solo ed esclusivamente di questo. La struttura dell'Alto Commissario è nata proprio per questo, è stata istituita, subito dopo l'assassinio del generale Dalla Chiesa, quando l'opinione pubblica reclamava qualcosa, proprio perché avrebbe dovuto coordinare, dirigere e interessarsi esclusivamente della lotta alla Mafia. Sappiamo che l'Alto Commissario non l'ha avuta mai la possibilità di agire, è fallito anche per carenze soggettive, compresa la mia logicamente. Se così è, tutti i rimedi che sono stati proposti ultimamente e non sono stati applicati, sono sempre delle 'leggi manifesto'. L'unica proposta che era stata fatta dal generale della Guardia di Finanza Ramponi, adesso direttore del SISMI, era quella
di un'agenzia centrale capace di controllare tutti flussi di capitale. A questo proposito, io non condivido la linea di Colombo, perché rientriamo nel segreto bancario, segreto delle Fiduciarie, segreto delle Società che operano in Borsa e tutto il resto. Che significa questo? E' vero che non esiste il segreto bancario, a livello di processo penale può colpire soltanto i beni al sole e non può colpire il capitale finanziario. Però un'agenzia, in ipotesi quella di cui tu parli nel tuo libro sul riciclaggio, sull'esempio di quella che è stata istituita, non so se con successo o meno, negli Stati Uniti, che possa controllare tutti i flussi finanziari, cambia l'ottica del problema, il segreto bancario viene meno all'inizio non alla fine. Oggi il segreto bancario si può violare nel momento in cui c'è una vicenda processuale o una misura di prevenzione in corso in relazione al singolo caso, per poi risalire alla circolazione dei capitali limitatamente a quella vicenda giudiziaria o di prevenzione sottoposta all'e
same del giudice. Mentre se noi partiamo da sopra e arriviamo sotto, controlliamo tutti i flussi di capitale per arrivare non ad una singola vicenda, ma a una serie intrecciata di vicende che possono far capire qual è il movimento di capitali.
Qui interviene un'altra misura che io ritengo opportuna e che probabilmente è poco garantista, sequestare un capitale sulla base di indizi della illecita provenienza. Non illudiamoci con le garanzie, tengo a ripetere che vanno bene soltanto per quanto riguarda la libertà personale. Sarei meno garantista per quanto riguarda la ricchezza economica, anche lì io posso incidere, anche lì io posso sequestrare e dobbiamo decidere su questo punto. Dobbiamo decidere senza gingillarci sulle possibilità o non possibilità che ci sono. Ed è logico, evidente, scontato che non può essere delegato alla magistratura, unicamente alla magistratura, il problema della lotta alla Mafia. Non fosse altro perché la magistratura non lotta, salvo probabilmente il Pubblico Ministero. Questo è un difetto che abbiamo voluto quando ci siamo assunti tutto l'onere relativo al terrorismo, quando il potere politico ha delegato alla magistratura tutta intera la lotta al terrorismo. In quel caso è stato un compito relativamente facile, non avev
a radici sociali, non aveva collusioni e abbiamo applicato tutte le leggi di emergenza senza tanti scrupoli. Adesso la situazione è diversa, nel senso che una delega alla magistratura della lotta alla mafia non è possibile, perché la mafia non può essere combattuta a livello esclusivamente giudiziario ma può, e sono ancora ottimista nel senso che io ancora credo alla possibilità quanto meno di contenere il fenomeno,- essere combattuta soltanto se, non solo la magistratura, ma tutte le istituzioni, tutta la società civile, si impegnano su questo piano.